23. Opposti.
La
sala grande, adornata con un tema prettamente invernale, era gremita di gente
festante, abiti eleganti e volti sorridenti. Abeti natalizi erano sistemati ai
quattro angoli della sala, e le pareti erano agghindate con finte lastre di ghiaccio
e ghirlande. Il tetto incantato riproduceva una tenue nevicata. Il pavimento
stesso sembrava una pista di pattinaggio sul ghiaccio sulla quale tuttavia non
si scivolava.
Areal
scorse appena le due coppie sedute poco lontano da lei. Canni conversava serenamente
con Erick, Jude ed il suo accompagnatore. Sembravamo molto sereni e allegri, i
ragazzi sorseggiavano una bevanda. Emma stava ballando nell’angolo della sala
ancora dedicato ai lenti.
John
era vicino a lei, a dire il vero non si era staccato dal suo fianco per tutta
la serata. Adesso rideva animatamente con dei suoi compagni di scuola e tre
ragazze di Hogwarts, tutte più grandi di Areal. Quest’ultima era distratta, e
si lasciava incantare dal movimento attorno a lei. Non aveva tanta voglia di
discutere con quelle persone che non conosceva affatto.
E
poi si sentiva strana. Inquieta.
-Ti
va di fare un giro fuori?- le sussurrò John in un orecchio. La sua voce era
melodica e tranquilla, tradendo appena una nota d’ironia.
-Certo-
affermò Areal, sforzando un sorriso.
Era
molto strano quel suo largo cucino che non aveva mai visto, e ancora non capiva
quanto realmente Foreberth fosse. Aveva ideali identici a suo padre e a suo
nonno? O come lei rappresentava un’accezione?
La
sua domanda avrebbe presto trovato risposta.
Quando
raggiunsero l’esterno innevato, si accomodarono sotto i portici sedendosi sui
muretti. A dire il vero fu Areal a sedersi, poiché dopo due secondi il ragazzo
si alzò e iniziò a passeggiare, facendo avanti e indietro.
-Allora-
esordì –cosa vi fanno fare ad Hogwarts per divertirvi?-
Areal
fece spallucce –niente di che-
-Quindi
è vero quello che si dice?-
-Cosa
si dice?- chiese Areal, le sopracciglia incurvate.
John
fece una breve risata, poi alzò gli occhi al cielo. Si era avvicinato alla
ragazza, aveva un piede appoggiato al muretto e il gomito sul ginocchio
sollevato.
–Che
Hogwarts è una scuola per santarellini, che obbediscono solo alle regole-.
-E
tu invece? Non le segui mai le regole?-
-Sì
che l seguo. Ma non sempre.-
Areal
abbassò la testa, uno strano dubbio le si insinuò dentro.
-Quindi,-
proseguì il giovane, –non hai mai provato magia nera, giusto?-
-No.- Areal trafisse John con un’occhiata truce.
-Peccato.
Sai, io non sono un mago cattivo come potrai pensare in questo momento, ma
provare qualche gioco di tanto in tanto non fa male.-
-Gioco?- strillò Areal, alzandosi in
piedi. –Non sono giochi e lo sai, non sei stupido.-
John
inarcò le sopracciglia, e staccò il piede dal muretto mettendosi in posizione
eretta. Studiò Areal, poi sorrise.
–Ma
io avevo intenzione di farti vedere una cosa che ho imparato. Scommetto che
alla fine ti piacerà-.
Senza
che Areal potesse fare altro che indietreggiare, il ragazzo estrasse la
bacchetta da sotto il mantello e la puntò contro il palmo della mano libera, su
cui si accese una sfera nera. Areal non riusciva a staccare gli occhi da quella
sfera crescente, e riprovò le sensazioni provate nel sogno della sera prima,
quando si sentiva inevitabilmente attratta dalla mano del Mangiamorte.
Quella
storia non le piaceva.
–Basta!-
strillò, riscoprendosi la gola secca. –voglio tornare dentro-.
John
mise fine all’incanto e la sfera nera scomparve. Mise via la bacchetta e puntò
i suoi occhi scuri in quelli di Areal.
–Non
volevo certo farti arrabbiare. Dai, non ti scaldare così tanto…-
Areal
indietreggiò quando il ragazzo azzardò un passo verso di lei. Era stata una
stupida a fidarsi, i Foreberth erano tutti uguali.
Erano
cattivi.
Non
aveva conosciuto altre donne della sua dinastia, ma tutti gli uomini conosciuti
tendevano sempre alla magia oscura. E quel John Foreberth non era da meno,
anche se un suo parente aveva litigato con un capostipite per difendere una
nata Babbana.
-Dai,
fai la brava. Stai tremando, ti scaldo soltanto…- sussurrò il ragazzo, fattosi estremamente
vicino, pronto a stringerla.
-No,
voglio che te ne vai.-
-E
io voglio che ti dai una calmata!- all’improvviso i modi gentili ed eleganti di
John scomparvero dietro una maschera autoritaria e impenetrabile.
Areal
capì di essere sola, nessuno era nel cortile, faceva troppo freddo. John era ad
palmo da lei.
-Non
osare fare un altro passo verso di lei.-
Areal
sussultò e spalancò gli occhi come un topolino davanti ad un serpente.
Quella voce.
Era
facile da riconoscere, era acuta ma maschile, e apparteneva ad una persona che
lei conosceva bene.
Davanti
a lei John Foreberth scattò allerta e scrutò con rabbia la figura appena
arrivata.
Draco
Malfoy era fermo a poca distanza da loro, il corpo rigido e minaccioso
nonostante mostrasse una certa indolenza. Lo sguardo autoritario ed il mento
sollevato non ammettevano repliche. I capelli biondi erano accuratamente pettinati,
peccato che ciocche ribelli gli coprissero la fronte. Vestiva con un classico
ed elegante smoking nero e la giacca era a mo dì mantello, la camicia ed il
papillon bianchi.
Con
un sorriso trionfante, John costatò che Draco era più masso di lui e
soprattutto meno largo di spalle.
-Cosa
vuoi? Non hai niente di meglio da fare, Malfoy?-
lo derise lo studente di Durmstrang.
Draco
assottigliò lo sguardo. –Dovresti temerlo il mio cognome, anziché beffeggiarlo,
e sai anche perché…-
Qualcosa
di nuovo balenò sul volto di John, ed Areal lo notò. Era come se il ragazzo
avesse capito l’avvertimento nascosto nelle parole di Draco.
La
ragazza fece scivolare il suo sguardo da un ragazzo all’altro, entrambi erano
seri mentre si fissavano negli occhi. Areal capì che fra i due stava avvenendo
una conversazione silenziosa su un argomento che lei ignorava.
John
piegò la testa all’indietro e rise. –Tuo padre non è qui, e al momento non
credo tu sia in grado di fermarmi. Forse quando avrò finito con questa ragazza
avrò tempo per occuparmi anche di te.-
-Forse.-
rispose Draco senza cambiare atteggiamento. Non batteva ciglio. –Ma se farai
anche una sola delle cose disgustose che hai in mente di fare alla ragazza, ne
informerò mio padre, che come ricordi è un caro amico del preside della tua
scuola. Se glielo chiede mio padre, il tuo preside non potrà che prendere
provvedimenti… Io dico che ti butterà fuori a calci…-
John
ringhiò silenziosamente. Alzò il mento, e senza guardare minimante Areal, abbandonò
la scena sparendo chissà dove.
Areal
si lasciò cadere sul muretto e tornò seduta, la testa abbassata.
Si
sentiva uno schifo.
Uno
schifo per essersi fidata di un ragazzo, illudendosi che qualcun’altro con il
suo cognome potesse rivelarsi una brava persona. Uno schifo, perché ancora una
volta aveva avuto bisogno di Draco Malfoy per uscire dai guai.
La
ragazza si accorse di stare gelando dal freddo solo quando una giacca di caldo
tessuto si posò cautamente sulle sue spalle.
-Fa
molto freddo. È meglio se ti riaccompagno dentro.- Disse Draco con noncuranza.
Appariva ancora arrabbiato, forse per quello che era successo. Ma soprattutto,
Areal lo trovò maledettamente distaccato, come se stesse discutendo con un
perfetto estraneo.
Areal
osservò appena la giacca nera del ragazzo posata su di lei, poi il ragazzo
stesso, con il capelli scompigliati, gli occhi color tempesta, e coperto solo
dalla camicia bianca.
Tutto
quello, fu troppo per lei.
Scattò
in piedi lasciando che la preziosa giacca di Malfoy cadesse rovinosamente a terra
inumidendosi con la neve residua. Draco seguì la caduta della giacca così come
avrebbe seguito il ronzare di una mosca.
-Dimmi
perché, Draco!- infuriò la ragazza. –Spiegami perché devi rispuntare fuori ogni
volta che sono in pericolo! Perché ti diverti a sconvolgere la mia vita? Perché
salti fuori quando decidi tu, mentre quanto ti vorrei vedere io, tu non ci
sei?-
Calò
il silenzio, Draco teneva gli occhi bassi sulla giacca ai piedi della ragazza,
le mani in tasca.
Areal
riprese parola, con voce appena più calma di prima.
–Perché
ti allontani da me, se poi torni in momenti come questi? Sono stanca di questa
giostra, Draco, voglio scendere. Voglio che decidi se stare con me oppure no.-
Il
ragazzo non alzò lo sguardo. –Siamo troppo diversi, Areal. La mia scelta l’ho
fatta da tempo. Noi non possiamo frequentarci. Fine della storia.-
Areal
sentì distintamente il pugnale affondare dentro il suo cuore e il gelo
invaderla. Fu quasi scioccata quando, abbassando lo sguardo, si accorse che non
c’era nessun pugnale a farla sanguinare. Oltre a sentirsi atterrita, però, si
accorse di poter anche essere molto arrabbiata.
Stava
per aprire bocca, ma Draco continuò.
-Non
voglio più sconvolgerti l’esistenza. Non dovrai più vergognarti di avere un
amico malvagio o fare finta che non lo sia mai stato. Io sono quello che sono e
non intendo cambiare. E tu… tu sei troppo immacolata
per unirti a me-.
Areal
era sconvolta, si sentiva come se una bufera l’avesse appena investita, e il
freddo nella voce di Draco la gelò ancora di più.
Scosse
il capo. –E se a me non importasse? Se io fossi disposta a fingere di non
vedere ciò che fai quando non sei con me?-
Per
la prima volta Draco la guardò negli occhi, ma la sua espressione era solo
rabbiosa e quasi disgustata. –Sei disposta a fingere che non sia io quello che
fa impazzire Vitious durante le lezioni? Sei disposta a fingere che non sia io
quello che crea scompiglio in tutta Hogwarts?-
-Sì-
fu la risposta.
Draco
tradì un attimo di incertezza, poi sorrise amaramente, prima di nascondere le
mani in tasca e avvicinarsi minacciosamente verso di lei.
Per
la prima volta Areal ebbe paura.
-Io
voglio solo ripulire la terra dai Babbani.- spiegò
con voce fredda e monocolore. –Voglio circondarmi solo di gente del mio rango.
E tu non ne fai parte.- fece una pausa nella quale indietreggiò. –Ho scelto io
per entrambi. Non possiamo essere amici. Dimenticami e basta.-
Dopo
aver pronunciati tali orribili parole, Draco si chinò per raccogliere la giacca
e, nel farlo, sfiorò Areal.
Si
voltò e se ne andò, lasciando la ragazza pietrificata. Quest’ultima provò a
controllarsi, a dirsi che andava tutto bene, ma fallì.
Cadde
in ginocchio, il suo vestito panna che si confondeva con il candore della neve.
Si coprì il volto con le mani ed iniziò a piangere.
Draco,
anche se di spalle, aveva udito i suoi singhiozzi e si era voltato. Anche se
per pochi secondi, aveva visto con i suoi occhi la peggiore delle scene: Areal
che piangeva per lui. Era orribile veder piangere una ragazza per colpa sua, ma
il sapere che quelle lacrime venivano versate per affetto nei suoi confronti,
gli diede un brivido piacevole. D’altra parte non si lasciò piegare dal dolore,
serrò la mascella e tornò dentro.
Doveva
farlo.
Areal
si ripromise, fra le lacrime, di dimenticarsi per sempre del Serpeverde, ma era
una promessa infranta già in partenza.
Dentro
gli occhi cattivi di Draco c’era ancora una luce a cui lei voleva bene.
Continua…
Grazie
tante a:
Per
aver recensito, spero che il capitolo sia piaciuto e chiunque volesse lasciare
un commento mi farebbe felice.
Grazie
e a presto ^^