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Autore: Matteo87    18/12/2005    1 recensioni
Una sera in una scuola pubblica un giovane segretario si aggira per i corridoi della scuola quando...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera mi trovavo a scuola a riordinare le varie pratiche della segreteria, Clara, la donna delle pulizie, se ne era anda

Note: Scritto in un raro momento di tempo libero questo testo era nato come sceneggiatura, poi quando l’ho scartato ho deciso di trasformarlo in fan fiction. Dato che non mi è sembrata totalmente da buttare ho deciso di pubblicarla. Spero che vi piaccia…

 

 

 

L’eroe della scuola

 

Quella sera mi trovavo a scuola a riordinare le varie pratiche della segreteria, Clara, la donna delle pulizie, se ne era andata da un pezzo ed io ero rimasto lì da solo. Ormai erano un paio d’ore che lavoravo senza sosta e fuori si era fatto buio, non sentivo più nemmeno una macchina che passava in strada lì accanto. Alla luce della lampada sulla mia scrivania stavo finendo di riordinare le pratiche degli studenti, ma mi stavo attardando a leggere le cartelle con le perizie psicologiche degli studenti; era interessante conoscere quali fossero le paure ed i sogni dei ragazzi tra i quindici e i diciotto anni e, considerato che io ne avevo venticinque, mi sentivo ancora legato a quel mondo. In quel momento mi stavo facendo due risate sulla cartella di una certa Jenny che annoverava tra le sue paure quella dei coniglietti rosa, il che mi fece presumere che la ragazza fosse profondamente disturbata, ma quella non era la cosa più strana. Sotto la voce c’era scritto:

La ragazza in questione aspira ad entrare, finte le scuole superiori, in un istituto di danza classica…

Al che mi vidi costretto a scoppiare in una grassa risata poiché, avendo prima controllato i suoi dati personali, avendo notato il suo consistente peso di centoquattro chili per un altezza approssimativa di un metro e settanta, la mia mente ha rifiutato l’immagine di una piccola balena in tutù rosa a coniglietti che cercava di fare una giravolta su se stessa. Essendo ancora scosso da spasmi di risate e conati di vomito ritenetti giusto o quantomeno appropriato fare una pausa per calmare gli animi. Uscii  dalla segreteria e mi avviai per il lungo corridoio che portava alle scale, mentre camminavo pensai a quanto poteva essere deprimente per una ragazza pesare così tanto alla sua età, innanzitutto non avrebbe mai trovato uno straccio di uomo, non che l’amasse, ma che almeno ne sopportasse la vista tutti i giorni. In secondo luogo chissà quante umiliazioni aveva sopportato già allora e quante altre ne avrebbe sopportate in futuro, aggiungendo poi il periodo trascorso a scuola che sarà forse il più mortificante della sua vita, dove dovrà ingoiare un numero infinito di bocconi amari, tanto che potrà essere veramente dannoso per la sua autostima che potrebbe risentire di danni permanenti anche in futuro. Lasciai perdere questi discorsi, sarebbe stato lo psicologo della scuola a doversene occupare, non io. Salite le scale mi ritrovai nella hall degli studenti e andai dritto alla macchina del caffè, che a quell’ora sembrava sarebbe stata la mia salvezza, inserii trenta centesimi e osservai la nera bevanda fumante colare nel bicchiere di carta, quando anche la paletta fu scesa tolsi il caffè ed iniziai a mescolare lo zucchero. Mentre lo facevo mi avvicinai alla bacheca per vedere se c’era qualcosa di nuovo e mi ritrovai faccia a faccia con una gigantografia di un’immagine pornografica omosessuale dove i due protagonisti avevano le facce sorridenti del preside e del vicepreside. Il mio primo istinto fu quello di toglierla di lì, l’immagine era talmente grande da coprire tutta la bacheca e avrebbe certamente fatto un po’ di scompiglio nell’ambiente, ma poi pensai allo stipendio che quei due mi passavano e lo lasciai dov’era, anzi, con un pennarello aggiunsi due fumetti ai protagonisti dando voce al loro compiacimento. Fatto ciò pensai che mi meritavo un po’ di relax e mi sedetti sulla poltrona appoggiata al muro; da lì potevo vedere i tre tentacoli della scuola, davanti a me il corridoio che, passando per le prime e per la stanza dei bidelli (o camera d’asilo) terminava nella tana dei lupi, o meglio nella sala professori in cui si diceva venivano commessi i più gravi misfatti e gli intrighi politici e sociali perpetrati negli anni che determinavano il controllo sulle menti e le azioni degli studenti e del personale, la macchinazioni dietro le quinte che conformavano e plasmavano il destino di tutti coloro che osavano posare il piede all’interno dell’istituto. In pratica lì si decidevano i voti e gli stipendi. Alla mia sinistra si dilungava il corridoio dedicato alle seconde e alle terze, il luogo più tranquillo della scuola dove si rassicurava e si preparava il corpo studenti al vero apprendimento. Questo era un punto di transito tra il traumatico arrivo alla scuola e ciò che comportava (scherzi, anche pesanti, degli studenti più grandi, prepotenze dei professori e del personale) e quello che sarebbe poi sto l’approdo all’ultimo atto. Alla mia destra si estendeva come la mano di Dio il temuto e rispettato braccio della morte, quello che ospitava le quarte a le quinte; queste due classi comandavano indiscutibilmente e insindacabilmente tutte le altre, naturalmente i ragazzi di quarta e alcuni di quinta erano coloro che si muovevano e facevano la voce grossa, che agivano, protestavano e si battevano. Dietro a tutto questo c’era però l’organo che manovrava i fili, il burattinaio che muoveva i suoi pupazzi, il giocatore che spostava le sua pedine, il direttore d’orchestra, il cosiddetto consiglio supremo: esso era formato da i rappresentanti delle classi quinte, dal membro della consulta provinciale e dal rappresentante d’istituto. Quest’ultimo presenziava il consiglio ed era l’unico autorizzato ad incontrare da solo il preside. Dal rappresentante d’istituto partivano le direttive sui comportamenti da tenere e sugli atteggiamenti da evitare, la sua parola doveva essere legge e rispettata da tutti, benché questa carica passasse normalmente di mano ad ogni anno il suo controllo sugli studenti doveva essere totale, pena, la disgregazione degli studenti ed il sopravvento dei professori. Il contrasto tra la tana dei lupi ed il braccio della morte era sempre vivo e anche quando sembrava che la pace ragnasse senza problemi, sotto le braci un piccolo fuoco bruciava sempre. In quel momento mi resi conto di aver mentalmente trasformato una normalissima situazione scolastica in una faida sanguinaria tra due fazioni molto lontane politicamente e fisicamente tra di loro. Con un ultimo sorso terminai il mio caffè, ma quando feci per alzarmi dalla sedia sentii un rumore proveniente dalla mia destra: il suono era come di un carrello con le ruote che si muoveva e, incuriosito andai a vedere di che si trattava. Girato l’angolo mi ritrovai davanti ad un’immagine alquanto particolare, nel corridoio c’era una donna delle pulizie con un lungo camice azzurro e un paio di pantofole da ospedale ai piedi; portava i capelli neri legati in una crocchia dietro la testa, da cui ricadevano alcuni ciuffi e mi dava le spalle mentre passava la cera sul pavimento. Sarà stata alta all’incirca un metro e settanta, era snella e, senza vederla in volto non gli avrei dato più di una trentina d’anni. Accanto a lei c’era un carrellino con un sacco di prodotti per la pulizia, detergenti, diluenti eccetera. Il tutto era incorniciato dall’opalescenza della luce lunare che entrava dalla finestra a fianco e che conferiva alla scena un’aria spettrale. Senza neanche voltarsi la donna mi rivolse la parola:

“Hai bisogno di qualcosa?”

“Credevo che fossero già andati via tutti, di solito Clara e l’ultima…” risposi spostandomi di lato per cercare di vederle il volto

“Invece ci sono rimasta io” disse lei tranquilla

“E tu chi saresti?” chiesi

“Sono Roana, molto piacere” rispose lei cercando sempre di evitare il mio sguardo

“Io mi chiamo…” iniziai

“Samuele, lo so” mi interruppe lei, in quel momento la mia testa scattò all’indietro come se cercasse di riflettere indipendentemente dal resto del corpo

“Ci conosciamo?”

“Il tuo lavoro non ti piace, perché hai odiato profondamente la scuola e adesso ti trovi a dover vivere grazie a lei” punto sul vivo “Che ironia, vero?”

“Già, che ironia…” cercai di girarle intorno per vederla in volto e forse capire come facesse a sapere queste cose su di me, ma lei continuava sempre a darmi le spalle

“Dimmi, sei a conoscenza del fatto che ultimamente sono stati introdotti in questa scuola bevande alcoliche e sostanze stupefacenti?” mi chiese con leggerezza. Pensai un po’ alla risposta da dare

“Dovrei…?”

“Beh… si, dato che sei tu ad aiutare i ragazzi ad introdurli nella scuola” a quelle parole rimasi di stucco, come poteva quella donna, mai vista in vita mia, sapere tante cose su di me

“Anzi, già che ci sono” continuò “vorrei pregarti di interrompere la relazione che hai con quella ragazza del secondo anno, mi pare che si chiami Vittoria, no?”

In quel momento il mio cervello cercò di elaborare una serie di spiegazioni diverse, ma nessuna di esse poteva risultare plausibile, cominciai a guardarmi intorno come alla disperata ricerca fisica di una soluzione che mi permettesse di fuggire da quella discussione e, proprio quando stavo per darmela letteralmente a gambe, lei mi diede una mano

“Accidenti come si è fatto tardi, sarà meglio che tu vada a finire il lavoro” disse continuando a passare la cera in terra. Dopo qualche secondo di smarrimento finalmente le mie gambe presero a muoversi, arrivai a passo svelto fino alle scale che scesi molto velocemente per poi continuare verso l’ufficio. Spensi la mia luce sulla scrivania, presi il cappotto e mi avviai verso l’uscita con un’andatura più rapida del normale, appena fuori chiusi la porta e mi avviai nella notte verso casa ancora scosso.

La mattina dopo mentre percorrevo il corridoi della segretaria diretto alla reception non mi sentivo molto bene, avevo dormito poco e mi sentivo gli occhi gonfi. Durante il tragitto pensai che avrei dovuto parlare con Roana il giorno stesso, chissà forse avrei potuto offrirle dei soldi per il suo silenzio, o magari una qualche fornitura di droga o alcol sarebbe stata sufficiente. Nel peggiore dei casi avrei potuto convincere alcuni degli studenti che mi compravano la roba ad acconsentire a qualche sua avances in cambio di un paio di foglie di maria. Arrivato al bancone della reception vi appoggiai i gomiti e salutai la bidella che era di turno quella mattina

“Buongiorno Katia” Katia era sui quaranta e divorziata, aveva cresciuto da sola la sua unica figlia e credo che avesse un debole per me

“Buongiorno Samu, come va stamattina?” mi salutò alzando lo sguardo dal computer

“Una meraviglia, ma dimmi quando è di turno Roana?” chiesi con una certa fretta

“Chi?” mi rispose sorpresa

“Roana, la donna delle pulizie, quando è di turno? Dovrei parlarle” Katia abbassò lo sguardo sul terminale e cercò il nome Roana tra i turni del personale

“Mi dispiace, ma qui non lavora nessuna Roana”

“Che cosa? Guarda meglio… deve esserci?!” il mio tono risultò più duro di quanto non volessi far intendere, ma non potevo essermela sognata

“Ok Ok… non ti arrabbiare” Katia cercò ancora estendendo i termini nella sua ricerca “In effetti ho trovato una certa Roana che faceva la donna delle pulizie, ma…” si fermò alzando lo sguardo verso di me

“Ma…?!” la incalzai spazientito

“…non lavora più qui da sette anni” fu come se una stalattite di ghiaccio mi avesse passato da parte a parte, tutti i miei muscoli si contrassero e la mia gola si asciugo nell’arco dei cinque minuti che rimasi fermo immobile a riflettere.

“Ma che ti prende stamattina?” mi chiese Katia notando il mio evidente stato di confusione

“No… è solo che ieri ho lavorato fino a tardi e ora non sono molto in forma?” risposi cercando di riprendermi

“Quanto volte devo dirtelo che lavori troppo, non c’è bisogno che lavori fino a tardi, e poi cosa mai dovrai fare di così importante tutti i sabato sera da costringere un ragazzo come te a non uscire con gli amici?”

“Devo lavorare per tenere tutto in ordine; la contabilità è importante, soprattutto in questa scuola, dove le entrate e le uscite sono numerose” dissi cercando di darmi un certo contegno

“Lavori tutti i giorni e il sabato sera sempre fino a tardi solo perché ti piace il tuo lavoro, tu si che sei un eroe” mi disse cingendo le mani a mo’ di preghiera e sorridendo a trentadue denti

“Eh già…” constatai con soddisfazione “…un vero eroe”

 

Fine

 

 

 

Note finali: Allora, che ne pensate, vi prego recensite e ditemi che ve ne pare… by by alla prossima

 

  
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