.Around Him
Chapter Two: Why YOU? Why HERE? Why NOW?.
Thalassa
quella mattina era andata a fare la spesa.
Avendo
passato una vita intera su un palcoscenico, non era molto abituata a quel tipo
di commissioni, ma in ogni caso se la cavava egregiamente.
E poi,
ora, aveva due figli di cui occuparsi.
Non era stato poi così complicato rivelare a quei due ragazzi di essere loro
madre.
Per quanto riguarda Trucy.
Thalassa
ricordava benissimo la sensazione di ansia, gioia e trepidazione che l’aveva
afferrata poco prima di entrare nell’ufficio di quella stramba agenzia.
Ricordava anche il calore della mano di Phoenix che si posava sulla sua spalla,
per farle coraggio, ed il suo sorriso un po’ malinconico.
Poi era
entrata ed aveva detto tutto. Come una diga che si spezzava sotto la potenza
della corrente.
La
piccola Gramarye, dopo qualche secondo di mutismo (durante il quale Thalassa
aveva temuto di non riuscir ad essere accettata come ciò che si stava
mostrando), le era saltata al collo come se avesse sempre saputo che lei fosse
la sua mamma, in silenzio. Ma la donna aveva potuto percepire il sorriso della
ragazza sul suo collo, trasformatosi poi in una risata, oltre alla stretta
soffocante che gli cingeva il collo.
Con
Apollo era stata un po’ più… Burrascosa,
come cosa.
Mentre
lei raccontava, l’aveva visto strabuzzare
gli occhi, diventare rosso, poi viola, avere un principio di infarto e infine era quasi svenuto. Era rimasto zitto anche dopo che la sorellastra era
partita di slancio per strangolare la donna, come stesse a rimuginare su
qualcosa di complicatissimo; lo sguardo fisso dritto davanti a sé.
-Ahah.- aveva deglutito una falsa
risatina nervosa, portandosi una mano dietro il capo. Poi si era stropicciato i
pantaloni rossi, mentre gli occhi di Thalassa si posavano dolci sui suoi.
Cinque minuti dopo, i pantaloni erano da buttare, Trucy aveva smesso di ridere
e fissava Apollo con un mezzo sorrisetto e gli occhi lucidi, e come Thalassa
tentava di incitarlo a… fare qualcosa.
Qualsiasi cosa.
Allora
Apollo aveva deciso di rimandare tutti i pensieri logici a più tardi, aveva
sentito gli occhi riempirsi di lacrime, e come la sorella, si era buttato al
collo di Thalassa, che tutto si aspettava tranne una reazione così… calorosa (si era figurata urla, dita
puntate e robe del genere). E, semplicemente, aveva preso a singhiozzare come
un bambino.
I chiarimenti li avrebbe avuti più
tardi.
Trucy aveva ricominciato a ridere, ma piano piano, non riuscendo più a
trattenersi, aveva preso l’esempio del fratello come buono e misto alla risata
era arrivato anche il pianto.
E
Thalassa, per non fare la terza incomoda, aveva seguito a ruota i figli,
sorridendo ed accarezzandoli in mezzo alle lacrime, felice più che mai.
Quelle
sensazioni non le avrebbe dimenticate mai. Mai.
Per
strada aveva incontrato Phoenix che tornava verso l’ufficio, il solito
cappellino azzurro in testa, la solita barba ispida ed incolta sul mento, la
solita tuta scura e le solite infradito che, Thalassa ed Apollo avevano
concordato, stonavano in maniera indicibile col resto.
Camminava
lento, un passo dopo l’altro, e fissava la strada sotto i suoi piedi, le labbra
contratte come se dovesse fischiare, dalle quali però non usciva alcun suono.
Lo aveva
chiamato con la mano alzata, e lo aveva raggiunto.
I soliti
saluti, le solite risatine di circostanza.
-Passi in
ufficio?-
-Ah-ah.-
Phoenix
gli prese dalle mani le buste della spesa.
Avevano
cominciato a darsi del tu da poco tempo.
Il loro
rapporto era molto buono, e non solo perché erano la madre ed il padre della
stessa ragazza; Thalassa doveva molto a quell’uomo che l’aveva ricongiunta alla
sua famiglia, e Phoenix era felice di aver ritrovato la madre di sua figlia. E la
madre del suo allievo.
Avevano
fatto la strada del ritorno insieme, chiacchierando del più e del meno.
-Trucy ha
preso un bel voto, a scuola.- sorrise Thalassa –Va sempre meglio, i professori
ne sono entusiasti.-
Phoenix
sorrise, alzando lo sguardo, socchiudendo gli occhi per il troppo sole –Apollo
comincia a farsi conoscere. Ha sempre più richieste di difesa.- non lo dava a
vedere, ma era parecchio orgoglioso.
La donna prese a legarsi i capelli, e con il laccio tra i denti, sorrise –E
tu?- chiese.
-Mmh.
Io cosa?- vagheggiò l’altro, facendo vagare lo sguardo per la strada. Erano
quasi arrivati.
Imboccarono
la porta del palazzo dove si trovava l’ufficio.
Thalassa ci mise un po’ a rispondere.
-Tu
quando ricomincerai a ricevere richieste di difesa?-
Phoenix
la fissò, lievemente sorpreso, ma poi tornò al solito atteggiamento di sempre,
sbottando in una lieve risata delle sue.
Aveva imparato a parlare con quella donna come se la conoscesse da una vita. La
considerava una sorta di “mamma” anche lui, e spesso si rendeva conto di
provare stima nei suoi confronti, per la sua forza d’animo e la sua voglia di
ricominciare.
E non
discuteva mai, con lei. Mai. Si era ripromesso di non farlo da quell’incidente.
Si fece largo nel corridoio che conduceva fino alla porta dell’ufficio, e con
le buste ancora in mano poggiò una mano sul pomello della porta.
Indugiò
qualche secondo.
-Spero
presto.- sussurrò. Thalassa udì quel suono impercettibile e sorrise. Lui si
voltò e increspò le labbra in un altro sorriso. Poi, aprì la porta.
-...
Papà!- la voce di Trucy mentre faceva capolino dalla porta.
Apollo.
E qualcun altro.
Un nuovo
talento.
No.
Qualcuno
di familiare. Un vestito rosso. Dei
capelli scuri. Un paio di occhi grigi.
Le buste
della spesa gli scivolarono dalle mani, e con un tonfo caddero a terra.
*
Il
telefono squillava da un quarto d’ora a vuoto.
Non era concepibile.
Attaccò con veemenza l’apparecchio, cominciando a battere ritmicamente il piede
a terra, aspettando la chiamata.
Dopo
qualche secondo rialzò la cornetta e ricompose il numero.
Nessuna
risposta.
Perfetto.
Controllò
l’orologio. Quasi le due di notte. In America dovevano essere circa le cinque e
mezzo del pomeriggio, l’ora del suo arrivo. Eppure, non rispondeva nessuno.
Alzò gli occhi al cielo e si sistemò la vestaglia, picchiettando con le dita il
ripiano scuro della scrivania.
Non avrebbe lasciato messaggi, ma avrebbe direttamente rimproverato
quell’idiota non appena l’avesse richiamata.
Aveva urgentemente bisogno di quei Dossier, e se quel buono a nulla non glieli
avesse mandati entro un paio di giorni, sarebbe andata a prenderli di persona.
-Herr
Miles Edgeworth, giuro che non la passerai liscia, per questo.- Franziska Von Karma strinse tra le mani la sua adorata frusta,
pregustando già il momento in cui l’avrebbe utilizzata.
*
Nella stanza il silenzio regnava sovrano.
Perlomeno,
così viveva Apollo la cosa.
Al contrario,
a Miles sembrava di sentire miliardi di vocine che si moltiplicavano nella sua
testa.
Wright
era di fronte a lui.
E oltre a
lui c’era una donna.
E Little
Houdini aveva chiamato qualcuno “Papà”.
Le
possibilità erano due: o quel “papà” era
indirizzato all’uomo, cosa molto probabile; o quella donna era in realtà un
travestito.
La logica
di Edgeworth lo condusse senza dubbio a considerare la prima ipotesi, che,
necessariamente, fece nascere nuovi quesiti nella sua mente.
Possibile
mai che all’età di circa diciotto anni, quel cretino fosse andato a letto con
una donna mettendola incinta, e che quella donna si fosse ripresentata anni
dopo con una pargoletta, un delizioso sorriso e un “Ora te ne prendi cura anche
tu”…?
Forse non era la sua unica figlia.
Fissò l’altro ragazzo.
Sembrava troppo grande.
Lo
sguardo guizzò nuovamente su Wright.
Decisamente
più alto di come lo ricordava, aveva della barba lasciata volutamente incolta
sul mento, una tuta inguardabile un paio di infradito sotto di essa, peggio del
cappellino azzurro che calzava in testa.
Possibile
che avesse mollato la sua carriera di avvocato per recuperare il tempo perduto, e di conseguenza essersi ridotto a
quel modo?
Non
riuscì nemmeno a stupirsi dell’effetto che aveva avuto su di lui la cosa, visto
che i suoi ragionamenti si erano prepotentemente accalcati uno sopra l’altro in
pochissimi secondi.
E i suoi
stessi ragionamenti furono, per fortuna della sua sanità mentale, stroncati
dalla voce di Trucy, che aveva capito che qualcosa non stava andando per il
verso giusto.
Quel
Miles era bianco come un cencio e boccheggiava come un pesce fuor d’acqua.
-Papà, questo signore ti cercava.- disse ovvia, fissando suo padre, che, dal
canto suo, era rimasto immobile come una statua sulla soglia della porta, gli occhi
spalancati e le labbra contratte.
Thalassa
cominciava a chiedersi chi fosse quello strano individuo nella stanza per far
stare Phoenix a quel modo.
La
situazione sembrava non volersi sbloccare, e, fosse stato per Miles, sarebbe
anche andato bene, perché discutere con qualsiasi persona presente in
quell’ufficio, che iniziava a sembrare decisamente stretto, era fuori
discussione.
Poi,
Phoenix parlò, come se si fosse risvegliato da un sonnellino pomeridiano,
riprendendo possesso di sé –Ah, si?- si schiarì la voce, raccolse da terra le
buste della spesa ed entrò nella stanza, seguito da Thalassa, che ad un cenno
interrogativo dei figli rispose con un’alzata di spalle.
Compassato,
l’ex avvocato difensore passò oltre Miles e poggiò le buste da qualche parte in
mezzo al marasma della stanza, poi si voltò e sorrise, come se avesse visto il
procuratore solo il giorno prima –Edgeworth.- salutò, per nulla imbarazzato.
Anzi,
sembrava quasi infastidito, di vederlo.
Gli occhi
di tutti erano puntati su di lui, ma non sembrava curarsene, anzi, con un cenno
indicò la porta a Thalassa e agli altri, che eseguirono senza fare domande.
Quando la
porta dell’ufficio si chiuse, il silenzio tornò simpaticamente ad aleggiare
nella stanza, tanto per far sentire ancora più imbecille il povero Miles, che
non aveva idea di cosa fare.
Qualche
cambiamento si, se l’era aspettato, ma... Non così.
La prima
cosa che riuscì a dire fu –… Perché porti delle infradito sotto una tuta?-
E Phoenix
scoppiò a ridere, buttando indietro la testa, le mani saggiamente infilate
nelle tasche della felpa –Sono comode.- rispose poi, fissando Miles dritto
negli occhi.
Quest’ultimo
era nel panico più totale. Lui, solitamente calmo e ragionevole, si trovava in
una situazione assurda.
Si
ridiede un contegno, e prese una bella boccata d’aria. Aveva molte domande che
gli si affollavano in testa, ma non riusciva a domandare nulla.
-Come mai
da queste parti?- lo precedette allora Phoenix, fissando il soffitto e dondolandosi
avanti ed indietro, come se avesse voluto terminare quella discussione in
fretta.
-…- mi ci
hanno portato i piedi, era tentato di rispondere il procuratore, ma si limitò
ad una scrollata di spalle.
-Devi
esserti divertito, in questi anni.- sorrise nuovamente l’altro bloccandosi di
botto.
-Wright,
tu hai una figlia?-
-Si.-
Ok. Miles
cominciava seriamente a temere che le sue supposizioni fossero vere.
-Però…-
cominciò Phoenix, ma venne bruscamente interrotto da un’alzata di mano di
Edgeworth –Non voglio saperlo. La vita è tua e io non c’entro nulla.- borbottò
–Ero solo venuto a trovare un vecchio amico.- ammise, spostando lo sguardo su
un piatto di spaghetti di plastica –E l’ho fatto. Me ne vado, devo ancora
sistemare le valige.- in quel momento si ricordò che le chiavi di casa sua
erano ancora attaccate alla porta e che le sue valige si trovavano ancora sul
pianerottolo, sommerse da quintali di pacchetti regalo.
Imprecò
mentalmente.
Wright
rimase interdetto, ma poi si aprì in un altro sorriso –Bene, allora. E’ stato
veramente un piacere rincontrarti. Ci si vede in…-
-Una
domanda sola.-
Lo
sguardo interrogativo del suo interlocutore spinse Miles a continuare.
-Sei
ancora avvocato?-
Silenzio.
-No.-
Miles se ne andò dall’ufficio pochi secondi dopo, sbattendo la porta.
*
All right!
Ecco a
voi svelata l’identità della donna misteriosa xD!
Ed è apparsa anche Franziska, oh yeah!
Ora, la
reazione di Miles. Si, forse l’ho un po’ esagerata, me ne rendo conto.
Ma me lo
immagino troppo a farsi seghe mentali per capire come possa Phoenix avere
effettivamente una figlia.
L’eventualità
che l’abbia presa in affidamento manco l’ha sfiorato, poverino xD *patta*
Comunque
sia, i due non hanno avuto tempo di chiarirsi, e forse nemmeno vogliono.
Bah, chi
lo sa *vagheggia*
Anyway xD Ringrazio moltissimo cicacica
per aver aggiunto la fic alle preferite e ginnyx
e Lusty per averla inserita tra
le seguite!
Grazie!
Lusty: Mmh, l’idea di avere un orso gigante in casa mi piace. Però
penso che poi mia sorella si nasconderebbe sotto il letto e non ne uscirebbe
più xD
La storia doveva ovviamente essere ambientata ai tempi di Pollo! Sennò come la
facevo la Apollo X Phoe...
*tossisce* Uhm.
Trucy, ti
anticipo, avrà un bel ruolo, ed anche Apollo. Klavier
sinceramente non so ancora come inserirlo per benino, ma ho già qualche idea *si
strofina le manine*
...
Vogliamo parlare di Investigations? Ne vogliamo
parlare VERAMENTE? *rabbrividisce* Voglio Apollo Justice
2, eccheccavolo >_>
Bhè,
la reazione di Edgey non è stata proprio quella che
avevi predetto ma dai, più o meno ci siamo, no xD!?
Grazie
per i complimenti, spero che questo capitolo ti sia piaciuto!
Irene
Kirsh: Grazie! Eheh,
come vedi, Thalassa è la donna misteriosa! Mi spiace per tutti i fan di Maya
*rotola*
Eggià,
povero Edgey, è sempre così stressato… xDD!!
Grazie per la recensione, spero che questo capitolo ti sia piaciuto!!
Bien bien!
Alla prossima!
E ricordate... Il Samurai d’Acciaio combatte per voi! *fugge*
.Thanks For Reading
Greta.