Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Payton_    12/01/2011    11 recensioni
Non ce la faceva; non riusciva a creare un ritratto che fosse degno d’essere definito tale. Erano passati ben cinque anni da quando Thomas Prince aveva acconsentito ad insegnargli la pittura, ma nonostante quegli insegnamenti, Severus ancora non aveva finito il suo quadro.
Questa storia si è classificata sesta al contest Only one-shot indetto da Only_.
Questa storia si è classificata prima al contest Give it a seconde chance di Fabi (24.04.2012).
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
- Questa storia fa parte della serie 'Perché il Canon è il Canon. ♥'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tramonto d’orzo

 

«Io devo apprendere la sottile arte della pittura» ribadì il concetto, deciso, Severus Piton. «Ho bisogno di comprenderne la tecnica ed imparare ad utilizzarla».

La stanza dove Piton si trovava in quel momento era buia e sporca. Sembrava che il proprietario non avesse molto a cuore l’ordine delle proprie tele e dei propri colori, vista la casualità con cui erano disposti. Uno spesso strato di polvere ricopriva tutti gli oggetti, rendendo grigiastra la stanza alla fievole luce delle candele. Un anziano mago era seduto su un vecchio sgabello sgangherato ed osservava, apparentemente concentrato, la tela di fronte a sé. Era interamente bianca, se non per una piccola parte di un ritratto appena accennato a matita.

Era da dieci minuti che Severus parlava con il pittore senza ricevere alcuna risposta, sembrava troppo indaffarato per prestargli attenzione.

Finalmente l’uomo si voltò, mostrando il viso pallido e scavato, incorniciato da un ristretto numero di capelli neri e scompigliati portati lunghi fino alle spalle. I suoi occhi sembravano più neri nell’oscurità della stanza, e non velati come lunghi anni passati a dipingere alla luce fioca di piccole candele li avevano resi. Non avevano perso però, nonostante la leggere velatura, l’acquosità che li aveva sempre contraddistinti.

«E perché ti sei preso la briga di venire da me, Severus?» chiese stancamente, alzando lo sguardo verso la rigida figura a pochi passi da lui.

«Speravo che, in memoria di mia madre, avreste acconsentito a mostrarmi le vostre tecniche»

«Ed in memoria di cosa, Severus, del disonore che ha inflitto alla nostra famiglia sposando quel Babbano di tuo padre?» chiese l’anziano mago.

«Pensavo più in onore dell’amore di un fratello per una sorella» suggerì Piton, una maschera di freddezza come sempre.

«É vero, non ho mai smesso di amare mia sorella, ma non trovo motivi per aiutarti, Severus. I miei allievi porteranno avanti la mia conoscenza quando non mi sarà più possibile, non ho quindi intenzione di sprecare il mio tempo con inutili insegnamenti». Severus aveva veramente bisogno di apprendere l’arte della pittura, non aveva intenzione di arrendersi per nulla al mondo: aveva bisogno di un ritratto.

«Vi sto pregando, Thomas» disse Piton. «Siete la mia sola speranza. Ho bisogno di dipingere quel ritratto, io devo averlo. Credo che questo» disse scostando il mantello e sollevando la camicia per mostrare il Marchio Nero, perfetto nella sua terribile bellezza «possa farvi ben capire quanto anch’io, come voi, non avrei apprezzato le scelte di mia madre». L’anziano mago rimase immobile per qualche istante ad osservare il Marchio Nero con malcelata ammirazione, per poi sollevare lo sguardo sul nipote.

«Severus, non credevo che fossi un servitore dell’Oscuro Signore, e non credevo odiassi i Babbani, date le tue origini»

«Se potessi considerarmi solo un Prince lo farei, Thomas» rispose secco Piton. E sincero. «Mio padre non ha mai suscitato le mie… simpatie» aggiunse, coprendo il proprio marchio d’infamia.

Thomas Prince osservò a lungo il nipote, cercando qualche traccia di menzogna in quegli occhi così simili ai suoi, anche se Il marchio parlava per sé.

Quando Lord Voldemort era stato potente, Thomas Prince aveva sempre provato ammirazione per lui, ma non aveva mai trovato il coraggio di unirsi ai Mangiamorte. Era un pittore, non un combattente, e non avrebbe mai potuto uscire vivo dagli scontri con gli Auror, per questo era rimasto solo un muto sostenitore della causa. Anche ora che Voldemort era sparito da più di un anno, Thomas continuava a provare ammirazione per quel mago che, sapeva, un giorno sarebbe risorto ed avrebbe liberato il Mondo Magico dai Babbani; per questo il Marchio l’aveva così colpito.

«Ti insegnerò quello che so, Severus, visto che ti dimostri molto più nobile di tua madre» concluse il mago, tornando poi ad osservare la sua tela.

Se al posto di Piton ci fosse stato un altro mago, chiunque avrebbe capito quando grande fosse la sua felicità, ma lui si limitò ad un sorriso di cortesia e poi voltò i tacchi, in direzione di Hogwarts. In poco tempo, avrebbe finalmente ottenuto il quadro tanto bramato. Forse.

*

Non ce la faceva; non riusciva a creare un ritratto che fosse degno d’essere definito tale. Erano passati ben cinque anni da quando Thomas Prince aveva acconsentito ad insegnargli la pittura, ma nonostante quegli insegnamenti, Severus ancora non aveva finito il suo quadro.

Ogni sera era chiuso nella sua stanza, concentrato a ricordare tutti gli insegnamenti di Thomas, ed ogni sera i suoi pennelli e la sua tavolozza finivano scagliati contro una parete.

Si sedeva, rigido e concentrato, sul piccolo sgabello posto davanti alla tela e si sforzava di ricordare.

Quando dipingi un quadro magico, devi farlo con il cuore, Severus, devi sentire dentro di te la voce della persona che devi ritrarre.

Le istruzioni del vecchio pittore scorrevano nella mente di Piton chiare e precise, ma erano altri i ricordi che mancavano al mago per poter finalmente continuare il quadro.

Devi saper ascoltare. Senti la voce e focalizza il soggetto nella tua mente, abbi chiari tutti i particolari, tutte le sfumature. Abbi chiara ogni cosa, Severus, perché più i tuoi ricordi saranno limpidi, più il quadro sarà vivo.

Severus Piton, però, non ricordava. Si sforzava ogni maledetta sera, ma più passavano gli anni, più i suoi ricordi sfumavano, mutavano, e assumevano quella velatura amara che segna i ricordi troppo dolorosi per restare nitidi nella mente.

Era come se qualcosa li avesse bloccati in un angolo remoto della sua mente, come se non volessero essere ricordati.

Si sforzava, ma quello che vedeva era sempre troppo pallido per riversare la magia sulla tela.

Nove anni dopo, quando oramai era da tempo che aveva rinunciato a dipingere quel quadro, Severus Piton ricordò.

Apparentemente, era un primo settembre come gli altri, anche se tutti i professori – e non solo – sapevano che qualcuno di molto importante avrebbe iniziato a frequentare Hogwarts quell’anno. Lo Smistamento seguiva sempre lo stesso piatto ritmo, e Piton non aveva prestato molta attenzione fino a quando un nome non era stato pronunciato.

«Harry Potter» aveva esclamato Minerva McGranitt, e tutta la sala era ammutolita di colpo. Il bambino sopravvissuto, quello che era riuscito, a solo un anno di vita, a dissolvere il mago più nero di tutti i tempi era a pochi metri da lui.

Un bambino minuto, più piccolo del nome che portava e della bizzarra cicatrice che spiccava sulla sua fronte, aveva attraversato titubante il percorso dalla fila degli studenti del primo anno allo sgabello dove si sedevano per essere smistati.

Era maledettamente uguale a suo padre; aveva gli stessi capelli scuri e ribelli, gli stessi lineamenti, perfino la stessa magrezza ossuta, forse solo più accennata. Nessuno avrebbe avuto dubbi sul fatto che fosse il figlio del defunto James Potter, il figlio del ragazzo che Piton aveva odiato con tutto se stesso. Del ragazzo che gli aveva portato via la cosa a cui lui teneva più al mondo…

Fu solo quando il bambino arrivò vicino al tavolo dei professori che Severus Piton notò ciò che cancellò per un istante il suo odio riflesso per lui. Guardando i suoi occhi, nessuno avrebbe avuto dubbi nemmeno sul fatto che fosse anche il figlio di Lily Evans, la donna che Piton aveva sempre amato e che James Potter aveva avuto la fortuna di sposare.

Erano così verdi gli occhi di Harry, così identici a quelli di Lily, oramai spenti da anni. Spenti per colpa sua, colpa di Severus, per colpa della sua stupidità e della sua mal riposta fiducia nel Signore Oscuro. Non si sarebbe mai perdonato per aver involontariamente condannato a morte la sua Lily, ed il suo Patronus, una cerva come quello di lei, ne era la prova più lampante.

Per tutta la durata del banchetto di inizio anno, Severus non era riuscito a non portare lo sguardo ogni qualvolta gli fosse concesso verso quegli occhi verdi, tornati dopo dieci anni da lui dal mondo Babbano in cui li aveva conosciuti la prima volta, pronti per togliere la nebbia che circondava i suoi ricordi.

Quando, a banchetto finito, era andato nel suo alloggio, s’era seduto sul letto rivivendo tutti i migliori ricordi che aveva di Lily, ora chiari e limpidi, e il desiderio di finire il quadro che aveva abbandonato anni prima era stato troppo forte per non tentarlo.

Aveva evocato tela, tavolozza, colori e pennelli e s’era messo all’opera. E quella sera, Severus sentiva; sentiva con il cuore, sentiva la voce di Lily, la sua risata allegra, vedeva chiaramente i suoi occhi, il suo viso, il colore dei suoi capelli.

Severus vedeva e sentiva ogni sfumatura di Lily Evans, e grazie a questo in una settimana il suo quadro fu quasi terminato.

Solo due colori erano rimasti sulla sua tavolozza: l’orzo e il verde chiaro. Severus prese il pennello e lo intinse nell’orzo, per poi sfumare con quel colore il tramonto che faceva da sfondo al quadro. Poi, intinse un pennello nel verde, e lo terminò una volta per tutte dando colore agli occhi di Lily. Quando l’ultimo pezzo di tela assorbì quel colore, un’intensa luce avvolse il quadro, movendo la donna che vi era ritratta.

Magicamente, Lily Evans sorrise a Severus Piton.

Era riuscito nel suo intento; c’erano voluti nove anni e l’apparizione del figlio di Lily per dare vita al quadro, ma quell’attesa ora sembrava nulla agli occhi di Severus.

Il ritratto di Lily si soffermò un attimo ad osservare il tramonto, per poi riportare lo sguardo su Piton.

«Ciao, Sev» disse sorridendo, e per poco Piton non pianse per la gioia: la voce di Lily era perfetta.

«Ciao, Lily» salutò di rimando il mago, impietrito e quasi incredulo. Non sperava più di poter parlare ancora con Lily, seppur fosse solo un quadro.

«L’hai fatto colore dell’orzo» disse lei indicando il tramonto alle proprie spalle «alla fine avevo ragione: i tramonti hanno le sfumature dell’orzo»

«No, non avevi ragione, ma ho pensato che così ti sarebbe piaciuto di più» rispose Piton sorridendo, ora più rilassato. Aveva discusso talmente tante volte con Lily per la sua bizzarra idea che i tramonti fossero colore dell’orzo che non avrebbe saputo dire esattamente quante, ma ora non importava, aveva regalato a Lily un tramonto davvero di quel colore.

«Sono passati dieci anni, Sev… sei invecchiato» disse dolcemente Lily, e Severus si limitò a sorridere. «Lui come sta? Dovrebbe essere ad Hogwarts adesso…»

«Sta bene» rispose brusco. «Sta bene, è stato smistato a Grifondoro» aggiunse più affabile. Non voleva parlare del figlio Lily e Potter, ma sapeva che era inevitabile.

«Chi si è preso cura di lui, Sev?» chiese ancora Lily, lasciandosi sfuggire una lacrima.

«Petunia. Ha vissuto con lei e suo marito»

«Vorrei poterle dire grazie».

Calò un silenzio pesante dopo le parole di Lily; era il momento, per Piton, di dire ciò che l’aveva spinto a dipingere Lily, ma era come se qualcosa avesse avvolto le sue corde vocali. Ci volle molto tempo prima che quel qualcosa si decidesse a lasciarlo parlare.

«Lily… Io… Sono stato io a dire all’Oscuro Si…»

«Ti perdono, Sev» lo interruppe Lily. «Lo so. Hai versato una parte di te in questo quadro» aggiunse, vista la faccia sconvolta di Piton. «So cosa hai fatto, so tutto, e ti perdono» spiegò poi.

«Non merito il tuo perdono, Lily» sussurrò Severus, mentre delle lacrime amare gli rigavano il volto. «Non lo merito»

«So che non mi volevi morta, e so chi era James per te, quindi non sono così illusa da credere che ti spiaccia per lui» continuò Lily, anche lei con le lacrime che le rigavano il volto dipinto.

«Promettimi una cosa, Sev» chiese Lily, quasi supplicante «promettimi che proteggerai Harry».

Severus avrebbe fatto qualsiasi cosa per Lily Evans, aveva atteso dieci anni per confessarle il proprio sbaglio e ricevere quel perdono immeritato che lei gli aveva appena concesso.

«Lo proteggerò, Lily, lo prometto» rispose deciso, pienamente convinto della promessa appena fatta.

«Grazie, Sev» rispose lei, sollevata. Nonostante tutto, si fidava di Severus. Lui aveva davvero riversato una parte di sé nel quadro, e Lily sapeva quanto l’amasse.

Dopo la commozione iniziale, Severus e Lily parlarono fino a notte fonda. Lei volle sapere ogni cosa della vita del suo migliore amico, e lui gliela raccontò con gioia.

Appese il quadro di Lily nei proprioi alloggi con il cuore che gli batteva forsennato nel petto. Quella era la sua Lily, sua e di nessun altro, nemmeno di Potter. Era il suo quadro, l’aveva fatto con tutto l’amore che provava ancora per quella donna, e sarebbe rimasto per sempre a fargli compagnia.

Non aveva ricevuto il perdono dalla vera Lily, ma già quello che aveva ottenuto dopo undici anni d’attesa era in grado di alleggerire l’enorme macigno che poggiava sul suo cuore.

Era un’illusione quel perdono, ma era l’illusione più bella che Piton avesse mai visto. Era la sua Lily.

 


 

Contest Give it a seconde chance di Fabi (24.04.2012):

Prima classificata:

Payton_  – Tramonto d’orzo –

Grammatica e sintassi:       9.8/10

Lessico e stile:                     9.9/10

Caratterizzazione:               12/12

Originalità:                           10/10

Sviluppo della trama:         5/5

Gradimento personale:       3/3

 totale:  49.8/50

 Quando penserò al significato di originalità credo che lo assocerò a te e a questa storia.

Posso dire di non avere parole? Perché è così.

La caratterizzazione dei personaggi è davvero ben riuscita, a cominciare da quella di Piton, così attaccato al ricordo di lei e così bisognoso di essere perdonato da decidere di creare un quadro pur di parlarle ancora.

Mi è piaciuto molto lo zio di Severus, gli hai dato una personalità molto ben definita, rivelata da una scena d’effetto come quella del Marchio, che mi è sembrata perfetta per creare una giustificazione che permettesse al vecchio pittore di insegnare al nipote rinnegato la sua arte.

Hai usato uno stile delicato e semplice, nel senso buono del termine: ti sei servita dei dettagli per dare spessore ai personaggi e per dare senso alla trama, lasciando pochissimo al caso e alla pura forma.

Per quanto riguarda la grammatica, l’unico errore riguarda l’uso della ‘d’ eufonica di fronte alla parola ‘Hogwarts’, che come Harry e Hermione inizia per acca aspirata e per questo andrebbe trattata come  una consonante, la ‘d’ va quindi omessa.

 Dire che questa tua storia mi è piaciuta è davvero poco, ci sono spesso fanfiction che restano impresse, ma questa è speciale perché oltre a essere originale di per sé, è anche molto personale. Hai aggiunto ai personaggi caratteristiche interessanti e caratterizzanti che non si discostano dal canon e l’hai fatto con naturalezza.

 Che posso dirti se non: complimenti e grazie per aver partecipato.

 

 

Contest Only One-shot indetto da Only_ (12.01.2011):

Sesta classificata:

Tramonto d'orzo, Payton_

 Grammatica e forma: 9.5/10;
Caratterizzazione dei personaggi: 5/5;
Originalità della trama: 5/5;
Attinenza al tema assegnato: 10/10;
Utilizzo dell'elemento assegnato: 4.25/5;

Utilizzo dei prompt: 3/5;
Gradimento personale: 2/2;
Cambio pacchetto: //


Totale: 38.75/42.

Una delle storie che mi sono piaciute di più, senza dubbio.
La grammatica e la forma sono quasi impeccabili, a parte un errore ripetuto soprattutto nella prima parte: Babbano va scritto maiuscolo, non minuscolo. A parte questo e un errore di battitura, il resto è perfetto.
Severus, Thomas, Lily e persino Harry sono splendidamente caratterizzati; sembrava quasi di averli davanti agli occhi, talmente erano nitidi i loro sentimenti, le loro emozioni e i loro pensieri. Davvero un buonissimo lavoro.
È anche una storia molto originale, perché hai saputo prendere un pairing che, tutto sommato, non è molto sfruttato e l'hai inserito in una storia davvero molto buona. Chi ha mai immaginato la fabbricazione di un quadro magico al punto da scriverne una storia?
Passando al pacchetto, le uniche pecche della tua storia sono legate all'udito e all'orzo. Erano presenti, sì, ma li avrei voluti leggere in modo più approfondito. Interessante comunque l'uso che ne hai fatto, specialmente dell'udito. Il tema è assolutamente centrale nella tua storia; sin dall'inizio è presente e non si perde mai. Anche l'elemento è stato ben utilizzato, perché rimane comunque fondamentale fino alla conclusione del quadro e, di conseguenza, della storia.
Devo aggiungere altro? Ho adorato la tua storia dal primo momento che l'ho letta, è davvero splendida. Bravissima, hai saputo rendere “umano” Severus senza cadere nel “già visto”, ma senza stravolgere il personaggio e, anzi, mantenendolo completamente IC. Davvero, davvero brava.

 

 

 

   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Payton_