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Autore: RoxanneNO    14/01/2011    3 recensioni
Lei, la ragazza dai ricordi offuscati; lui, colui che glieli ha offuscati.
Eveline non vuole più essere la ragazza speciale di una volta, ha deciso di chiudere con il suo passato e con tutto ciò che ha rappresentato per lei in quei dieci anni. Almeno fino a che...
cit.: Il cuore mi saltò in gola quando vidi che c’era seduto qualcuno. Un ragazzo forse poco più grande di me, biondo e...bello. non saprei come definirlo altrimenti. “Scusami non volevo spaventarti.” Mi disse mentre mi alzavo per riprendere fiato e darmela a gambe levate “Tranquillo, stavo andando via.”
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passò anche quella settimana e come tutti i 15 novembre fui intrattabile con il mondo intero. Uscii dall’università che era già buio pur essendo passate da poco le cinque del pomeriggio. Ero con il mio solito gruppo di amici e aspettavamo l’autobus per tornare a casa.
Era tutto il giorno che mi sentivo osservata eppure poteva essere solo una sensazione, lo sapevo bene, eppure continuavo a guardarmi intorno completamente tesa. “Eve hai sentito?” sobbalzai sentendo Greta che si rivolgeva a me, cosa mi aveva chiesto? Le sorrisi dispiaciuta sperando non si offendesse, ma lei mi conosceva troppo bene per offendersi ed era la sola in grado di farmi ridere anche in punto di morte. “Terra chiama Eve! Tesoro ti senti bene? Sicura di non avere la hofattoisoldinonmitifilopiù malattia o qualcosa di simile?” ovviamente risero tutti, compresa me, e dopo un abbraccio mi sentii un po’ meglio. “A parte gli scherzi, vuoi che venga a casa con te stasera?” mi chiese a bassa voce con fare circospetto, e l’adorai ancora di più per quella riservatezza “no, sto bene...devo solo fare una cosa.”
“Lasciami indovinare...devi passare una mezz’ora estenuante a dondolarti su quell’altalena cigolante.”
“Ma quanto mi conosci?”
“So che quello è il tuo rito personale del giorno, e mi chiedo ancora come faccio a non trovarti strana come il resto del mondo.”
“Ma è semplice, perché mi ami.”
“Eh sì ma chèrie, sei il mio amore segreto.” E tanto per fare la commediante fece finta di svenire.
Salutai gli altri prima di scendere dall’autobus e mi diressi al parco dove era iniziato tutto, dove avevo conosciuto il bambino. Mi sedetti sulla solita altalena e abbandonai la borsa al lato della giostra, iniziai a dondolare. Pensavo a mia sorella e immaginavo che fosse li accanto a me a dondolarsi sull’altra altalena, la vidi felice e radiosa come ogni quindicenne dovrebbe avere la possibilità di essere e con un sorriso scemo stampato sulla faccia mi girai in direzione di dove l’avevo immaginata. Il cuore mi saltò in gola quando vidi che c’era seduto qualcuno. Un ragazzo forse poco più grande di me, biondo e...bello. Non saprei come definirlo altrimenti. “Scusami non volevo spaventarti.” Mi disse mentre mi alzavo per riprendere fiato e darmela a gambe levate “Tranquillo, stavo andando via.”
“Non è vero, e non vedo perché non possiamo andare entrambi sull’altalena.” Ancora con il cuore che batteva a mille mi voltai verso di lui per guardarlo in faccia prima di rispondere e appena i miei occhi incontrarono i suoi ebbi una vertigine: erano verdi, liquidi e puri come quelli di un bambino, solo che questa volta erano sul volto di un adulto. Mi sorrise “Ciao Eve.” Indietreggiai terrorizzata, specialmente nel vederlo alzarsi e venire verso di me. “Chi sei?”
“Ehi non scappare non voglio farti del male.”
“Oh non fare il furbo con me, ti ho fatto una domanda.”
“Davvero non sai chi sono?” si fermò allargando le braccia come per indicare se stesso. Lo osservai meglio. I capelli oltre che biondi erano più lunghi di quanto mi piacessero su un ragazzo e scompigliati fino all’inverosimile, le labbra erano ancora rivolte ad un sorriso, ma non riuscivo a decifrare se fosse di scherno o di agitazione. I jeans che portava erano logori e la maglietta dei Coldplay ero sicura fosse una dei loro primi concerti. “Eve?”
“Smettila!” azzardai “Tu non esisti, vattene.” Abbassò le braccia e alzò gli occhi al cielo.
“Non esisto? E questa da dove salta fuori? Possibile che non mi riconosci?” rimasi in silenzio alla ricerca di qualcosa di intelligente da dire. Poteva davvero essere lui? Il bambino di cui non ricordavo il nome? Ero terrorizzata all’idea che nel caso in cui fosse lui era casualmente riapparso precisamente dieci anni dopo la sua scomparsa. “Cosa diavolo vuoi?”
“Sapevo di trovarti qui, così…”
“O ma fammi il piacere, e come lo sapevi? No, anzi non dirmelo. Ho già un forte mal di testa non voglio che peggiori. E con te non dovrei nemmeno parlarci.” In un secondo fu davanti a me, così vicino che potevo sentire il suo odore, il suo buonissimo odore che sapeva di familiare benché un bambino di dieci anni non profumi proprio allo stesso modo di un ventenne strafico. Posò le mani sulle mie braccia e iniziò ad accarezzarmi per farmi tranquillizzare, io non riuscivo a guardarlo negli occhi. “Non devi avere paura di me.” Alzai lo sguardo e trovai il suo, stranamente carico del timore denso di non essere accettato, da me.
Iniziai a piangere come una fontana, a singhiozzare e ad aggrapparmi alla sua maglietta come se fosse la mia ancora di salvataggio dopo dieci anni di nubifragi e lui mi abbracciò come se quella mia reazione fosse normale, non come se fossi una pazza psicolabile che aveva bisogno di un bravo dottore, no, come se fosse il mio fidanzato appena tornato dalla guerra. “Dai calmati, so che è stata una giornata pesante, ma non sono venuto qui per farti piangere.” Mi allontanai da lui asciugandomi gli occhi con la manica della felpa e tornai a guardarlo negli occhi “E allora perché sei qui?”
“Dovevo vederti.”
“Come sapevi che ero qui?”
“L’ho immaginato.” Lo guardai scettica. “Okay, lo sapevo e basta ma non è questo il punto.”
“E qual è allora?”
“Beh, ecco vedi io...insomma...mi chiedevo come stavi e so che oggi è l’anniversario della morte di tua sorella.”
“Tu vorresti farmi credere che dopo dieci anni ti sei ricordato di me e della morte di mia sorella e così come se ci fossimo visti fino a due giorni fa, hai pensato bene di venirmi a fare un saluto in un parco giochi in cui eri sicuro di trovarmi?”
“Sì, più o meno.” Disse soddisfatto del mio riassunto delle puntate precedenti. Lo sorpassai e dopo aver preso la borsa feci per darmela a gambe levate. “Come va con i disegni?” mi immobilizzai all’istante. “Ormai dovresti essere circondata da amici di carta.” Sentii la mia mano tremare di una forza mai avuta, tornai indietro e gliela schiaffai in faccia.
“Non avresti dovuto farlo, Eve.” Non riuscii a spiccicare una parola di più. Ero terrorizzata dal suo sguardo duro e mortificato allo stesso tempo e non potevo fare a meno di notare il rossore sulla guancia che avevo appena schiaffeggiato. Alla fine, da brava codarda qual ero, optai per la fuga.




ANGOLO DELLE CHIACCHIERE:
Ecco qui il secondo capitolo della mia new story!
Voglio ringraziare tutti quelli che hanno iniziato a seguire le vicende di Eve e del ragazzo per noi ancora misterioso, ma tranquilli presto si saprà almeno il suo nome. In questo periodo aggiornerò spesso perché i primi capitoli di Drawing sono già scritti sul mio PC, ma non uccidetemi se piano piano allenterò con i tempi per via dell'università e dei miei mille impegni.
Recensite mi raccomando, fatemi sapere se la storia vi sta piacendo.
A presto
Roxanne.

   
 
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