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Autore: pk82    16/01/2011    6 recensioni
«Dovrai vederlo tu stessa». Ron fece scivolare il ricordo nel Pensatoio. Si voltò verso Hermione. «Da sola».
Hermione si avvicinò al Pensatoio: era la prima volta che lo vedeva da vicino e doveva ammettere con se stessa che provava qualcosa a metà tra la riverenza e il timore.
Ma quello era il modo in cui Ron la stava rendendo partecipe dei suoi pensieri: era quello il mezzo usato da Ron per permetterle di chiarire i suoi dubbi.
Fece un piccolo sorriso a Ron prima di chinarsi e infrangere la superficie col viso.
Un attimo dopo venne risucchiata all’interno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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… La Risposta

… La Risposta.

 

 

Si ritrovò distesa, con la faccia sul tappeto dell’ufficio della preside.

Sentì dei passi veloci avvicinarsi e due mani la presero delicatamente.

«Hermione» La voce preoccupata di Ron le arrivò alle orecchie prima ancora di vederlo. La aiutò a mettersi seduta. «Stai bene?»

Hermione aveva ancora la mente annebbiata dal “viaggio”: sbatté un paio di volte le palpebre, come per schiarirsi la mente. Fece un piccolo sorriso. «Si» mormorò. «Credo di si».

Si alzò in piedi, le mani di Ron a sostenerla. Gli fece un sorriso di ringraziamento, ma Ron sembrò accorgersi del fatto che le teneva ancora le mani sulle braccia e si allontanò bruscamente, rischiando ancora di farla cadere visto che la ragazza si era appoggiata a lui.

Le immagini di quello che aveva visto all’interno del Pensatoio ritornarono tutte insieme, in un turbinio che quasi le fece girare la testa. Posò ancora lo sguardo su Ron che guardava ogni cosa tranne lei.

Ron si mosse verso il Pensatoio spingendolo nuovamente dentro l’armadio, richiudendo poi le ante. Fece un sospiro, voltandosi poi verso di lei.

«Torniamo in Sala Comune».

Non era una domanda, non era un ordine. Era solo un modo per muoversi, per non restare in un solo posto, fermi, con l’imbarazzo che rischiava di allontanarli di più.

Hermione seguì Ron e, prima di lasciare l’ufficio, gettò un’occhiata al ritratto del professor Silente: doveva essere appena tornato visto che era in piedi accanto alla poltrona, un piccolo sorriso gentile s’intravedeva sotto la lunga barba bianca.

Percorrevano lentamente i corridoi, Hermione un passo dietro Ron. Seguendo l’istinto, Hermione accelerò il passo, quel tanto che bastava per affiancarlo e prendergli la mano con la propria. Ron quasi sobbalzò, voltandosi verso di lei: sembrava sorpreso e intimorito da quel contatto.

Spostò lo sguardo sul volto della ragazza: Hermione non sorrideva, non lo guardava con pena o altro. Il suo sguardo era… intenso.

Riportò l’attenzione a dove metteva i piedi, ma non lasciò la stretta: si concesse questa debolezza, la voglia di poterla sentire vicina.

Felice perché Ron non l’aveva allontanata, Hermione tornò a riflettere: lo sapeva. Sapeva che la paura più grande di Ron era quella di essere messo in disparte… essere il secondo… solo l’amico… solo un amico… L’aveva visto nel corso degli anni, a volte ben mascherato, altre ben visibile…

Ma non poteva dimenticare il volto di Ron pieno di dolore e sofferenza quando l’anima di Voldemort lo aveva torturato mostrandogli le sue paure: avrebbe tanto voluto essere lì con lui, nella realtà, scuoterlo e sorreggerlo.

Voleva fare per Ron ciò che lui aveva fatto per lei.

 

 

Si ritrovarono davanti lo scheletro del Basilisco. Hermione puntò la bacchetta verso la testa del mostro e con un sonoro schiocco le zanne, imbevute di veleno, caddero a terra.

«Perfetto» disse Ron, recuperando le zanne. «Vieni, spostiamoci»

I due ragazzi si portarono nella grande sala che era stata la dimora del Basilisco. Hermione tirò fuori la coppa dalla borsina di perline che aveva sempre con sé. La pose a terra.

«E ora?»

«Tieni» Ron le porse una delle zanne. «Uccidilo».

«COSA!?!» Hermione spalancò gli occhi. «Perché?»

«E’ il tuo turno» rispose Ron seriamente. «Harry ha distrutto il diario. Io…» negli occhi di Ron passò il ricordo, «… io ho distrutto il medaglione. Tocca a te. Devi essere tu a distruggere la coppa».

Hermione spostò lo sguardo sull’ultimo Horcrux, mordendosi il labbro. «Io… io non sono sicura…»

Ron la prese per le spalle. «Devi esserlo. L’Horcrux ti farà vedere delle cose… cose non vere… tu non crederle, non credere a quello che vedrai o sentirai…» Hermione sembrava ancora più impaurita e Ron continuò. «Io non ti lascio» disse guardandola dritta negli occhi. «Sono qui». E le prese una mano.

Hermione fece un respiro profondo prima di voltarsi verso la coppa. Alzò la mano che reggeva la zanna del Basilisco pronta a colpire quando all’interno della coppa apparve un liquido scuro che traboccò oltre il bordo.

«Non puoi uccidermi»

La voce sibilante di Voldemort sembrò uscire dalle pareti stesse della camera. Hermione urlò.

«Colpisci Hermione!»

«Non puoi» ripetè la voce di Voldemort, «non hai il potere necessario per uccidermi. Sai solo ripetere a memoria ciò che qualcun altro ha già scritto. Non hai nessun potere particolare. Sei solo una Mezzosangue… sei sola…»

Sotto lo sguardo impotente di Hermione il liquido fuoriuscito dalla coppa formò una sorta di pozzanghera: i volti di un uomo e una donna apparvero sotto la superficie, chiari nel loro distacco nei confronti della figlia.

«Mamma» sussurrò Hermione con occhi lucidi. «Papà».

L’immagine divenne più grande mostrando i genitori di Hermione in una bella casa: sembravano felici. Poi la porta si aprì e due figure mascherate entrarono, uccidendoli entrambi.

«NO!».

«Perché l’hai fatto, Hermione?» era la voce di un uomo, del padre di Hermione. «Perché ci hai abbandonato?»

«No» ripetè Hermione, «Vi ho salvato»

«Siamo morti» disse la voce della madre di Hermione. «Siamo morti e tu non eri con noi a proteggerci».

«Non credergli Hermione!» urlava Ron, colpito anch’egli dalla visione.

L’immagine mutò: i corpi senza vita dei genitori lasciarono il posto ad un'altra persona, dagli occhi verdi e con una cicatrice sulla fronte.

«Quando ero in pericolo» stava dicendo Harry, guardandola con odio e disprezzo. «tu non c’eri. Sono stato io a uccidere il Basilisco… sono stato io a sconfiggere i Dissennatori, io ho affrontato un drago. Ho combattuto con Voldemort». Il volto di Harry si fece più cattivo. «Tu dov’eri quando avevo bisogno di te?»

«Harry» sussurrò Hermione, le lacrime che scendevano copiose.

«Non ascoltarlo» Ron non riusciva a scuotere Hermione. E sotto il suo sguardo orripilato l’immagine di Harry lasciò il posto a una copia di se stesso.

«Credevi davvero» disse il falso Ron, un ghigno non suo sul volto, «che potevo provare qualcosa per te? Tu mi servivi solo per i compiti, nulla più».

«Ron»

«Non sono io Hermione!»

«Lavanda è la ragazza giusta per me. E’ più bella di te… è più sensuale di te… ed è una Purosangue» continuò il falso Ron. «Pensavi davvero che potessi essere innamorato di una Mezzosangue?»

«Hermione!» questa volta Ron scrollò la mano di Hermione e la ragazza spostò lo sguardo pieno di dolore su di lui. «Io sono qui. Sono qui. Con te. Credi a me, non a lui».

Hermione sbattè le palpebre. «Sei qui».

«Si» annuì con vigore Ron. «Sono io. Mettiamo fine a questo. Puoi farlo Hermione. Puoi farlo».

Hermione spostò ancora lo sguardo sul falso Ron che continuava a guardarlo con arroganza. Alzò la zanna di Basilisco sopra la testa. «Posso farlo» e colpì la coppa.

Un urlò si liberò dalla coppa mentre il liquido si disperdeva attorno senza più mostrare quelle immagini che avevano torturato Hermione.

La ragazza s’inginocchiò, coprendosi il volto con le mani, piangendo. Ron recuperò ciò che rimaneva dell’Horcrux e si avvicinò ad Hermione.

«Hermione» la chiamò dolcemente.

Hermione si voltò verso di lui, gli occhi colmi di lacrime. Si gettò fra le sue braccia, sfogandosi ancora contro il suo petto. «I miei… i miei genitori… Harry…» singhiozzò.

Ron le accarezzò i capelli, dolcemente. «Sono vivi Hermione. Sono vivi. E Harry sa benissimo che se non fosse stato per te sarebbe morto molto tempo fa»

Hermione alzò lo sguardo fino ad incontrare quelli del ragazzo. «E… tu…»

«Non è vero niente Hermione» rispose deciso Ron. «Niente di quello che ha detto è vero».

Hermione annuì, asciugandosi gli occhi. Fece un piccolo sorriso, ricambiato dal rosso.

«Andiamo» disse Ron aiutandola ad alzarsi. «Dobbiamo trovare Harry».

 

 

Hermione lo aveva seguito fuori dalla Camera ma, si ricordava, avrebbe voluto chiedergli se anche lui aveva dovuto affrontare la stessa cosa quando aveva distrutto il medaglione, se anche lui era stato torturato come lei.

Aveva avuto la sua risposta.

Incrociando alcuni studenti diretti in Sala Grande i due ragazzi si ritrovarono davanti al ritratto della Signora Grassa.

«Come mai siete qui?» chiese la Signora Grassa. «E’ ora di cena».

«Sapientia» disse Ron.

Il ritratto scattò lasciando libero il passaggio. Nella Sala Comune non c’era nessuno, erano tutti in Sala Grande.

Ron si avvicinò al camino, trafficando con la bacchetta: non appena riuscì ad accendere il fuoco, un tepore cominciò a riscaldare la stanza.

Hermione, rimasta in piedi vicino ad una delle poltrone, non aveva smesso di tenere il proprio sguardo su Ron, ancora fermo in piedi vicino al camino.

«Credo di essere sempre stato invidioso di Harry» cominciò Ron, rompendo il silenzio. «Mi ritenevo fortunato ad essergli amico ma provavo anche una certa invidia nei suoi confronti. Lui era Harry Potter, il Ragazzo Che E’ Sopravvissuto, il Prescelto. Era famoso. E io lo invidiavo». Ron non si muoveva da quella posizione ed Hermione voleva che buttasse fuori tutto quanto. «Sapevo che era stupido: chi vuole essere famoso perché ha perso i genitori? Forse era lui che doveva invidiarmi perché almeno io ho vissuto con i miei genitori e con una famiglia che mi voleva bene. Credevo che mi fosse passata… fino al quarto anno quando il Calice ha sputato fuori il suo nome. E ci sono cascato ancora».

La voce di Ron era piena di rabbia. Rabbia, capì Hermione, che era rivolta a se stesso. «Era ancora al centro dell’attenzione, era sempre e solo lui. Sembrava quasi che lo facesse apposta a mettersi in mostra. Ancora una volta ho dimostrato quanto fossi stupido. Ho capito che Harry voleva solo una vita normale, senza pericoli. E da quel momento non mi è pesato essergli secondo, a scuola o nel Quidditch. Poi…» il tono di Ron si fece doloroso. «…poi ho capito quello che provavo per te. E sono tornato ad invidiarlo. Gli invidiavo le attenzioni che avevi nei suoi riguardi, gli invidiavo i tuoi sorrisi, i tuoi sguardi, il modo in cui lui riusciva a starti accanto senza litigare».

Ron si voltò verso di lei. «Potevo sopportare di essergli secondo in tutto… ma non essergli secondo ai tuoi occhi».

Hermione, che aveva un nodo in gola e gli occhi lucidi, dovette impiegare qualche istante prima di riuscire a parlare con calma.  Si avvicinò a lui «Ron».

Ron sembrava avere troppa paura per guardarla ancora in volto. Sobbalzò quando sentì Hermione prendergli la mano: sul suo volto c’era un piccolo sorriso e questo lo rasserenò almeno in parte.

«Quello che hai visto non è vero. Lo sai» disse dolcemente. «Non ero io» aggiunse. Vide Ron guardarla attentamente: sembrava rassicurato da quella constatazione.

«Per Harry non ho mai provato altro che una forte amicizia» riprese Hermione. «E’ come un fratello» disse lei, ricordandosi delle parole di Harry. «Non puoi impedirmi di provare affetto per lui, lo sai vero?».

Il ragazzo annuì e lei continuò. «Solo affetto Ron, non di più. Lo stesso affetto che provi tu per Ginny…» ripensò a ciò che aveva visto nel Pensatoio e un piccolo sorriso ironico fece capolino sul volto. «… e non credere a quello che hai sentito: lo sappiamo entrambi che sei il preferito di tua madre».

Anche Ron si lasciò scappare un piccolo sorriso. «Ginny non sarebbe contenta se ti sentisse».

Hermione ridacchiò. «Guarda che sono parole sue».

Ron annuì. Alzò la mano, ancora intrecciata con quella di Hermione, posando un piccolo bacio sul dorso della mano di lei. «Puoi perdonarmi» Il viso di Ron si era fatto ancora pieno d’insicurezza. «Puoi perdonarmi per aver creduto a delle menzogne e non a te?»

Hermione lo guardò con tanta tenerezza che non riuscì a non sorridere. «Solo ad una condizione».

«Qualunque cosa» rispose subito Ron.

«Baciami».

Le orecchie di Ron si tinsero leggermente, ma non si fece pregare: si chinò su di lei, baciandola, stringendola a sé mentre lei si aggrappava alle sue spalle. Il bacio, dapprima leggero, si fece via via sempre più deciso e profondo; era da tempo che i due non si scambiavano un bacio del genere ed era come se volessero recuperare il tempo perduto. Si staccarono solo quando si rese necessario respirare. Rimasero vicini, fronte contro fronte, ad occhi chiusi.

«Ti amo».

Hermione spalancò gli occhi e si ritrovò ad affrontare la serietà degli occhi di Ron. Le guancie si arrossarono mentre un sorriso lacrimoso spuntava sul suo volto.

«Anche io ti amo, Ron»

Finalmente sembrava che anche Ron avesse ritrovato la serenità; si chinò ancora su di lei, posando le labbra sulle sue in un altro bacio leggero…

Un gorgoglio li fece allontanare.

Come rovinare un momento romantico.

Le orecchie di Ron divennero rosse mentre Hermione scoppiava a ridere… ed era bello poterlo fare, riderevivere… assaporare anche momenti come quelli… insieme…

Hermione lo prese per mano. «Vieni. Dev’essere rimasto ancora qualcosa in Sala Grande».

Ron sorrise, passandosi una mano sulla nuca… ma l’altra mano era stretta a quella di Hermione e niente al mondo l’avrebbe allontanato ancora da lei.

 

**

 

E qui si conclude questa storiella.

Spero davvero che vi sia piaciuta.

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, che hanno letto la storia e chi l’ha messa tra i preferiti / storie da ricordare.

 

Spero che continuerete a seguire le mie storie: è in fase di sviluppo Ritornare a Vivere…Capitolo 3, con la partecipazione di EDVIGE86.

Stiamo lavorando alacremente per poter postare la storia il prima possibile ed anche in modo da non dovervi far aspettare troppo tempo fra un capitolo e l’altro.

 

Quindi un saluto a tutti voi e a presto.

  
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