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Autore: Miyan    21/12/2005    1 recensioni
Questa è la storia di una giovane ragazza che si ritrova ad aver di nuovo a che fare con Hogwarts qualche anno dopo al suo diploma... la storia di simpatie, amori e il proseguimento della vicenda di Harry, ipotizzando la morte di Lord Voldemort alla fine del settimo anno... spero che vi piaccia... è stato scritto prima dell'uscita del sesto libro...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

CAPITOLO 3

L’autunno stava avanzando, i giardini della scuola erano ricoperti dalle foglie gialle e rosse. Per May l’insegnamento stava andando bene e ormai si era anche abituata alla presenza costante dei professori…

Un tardo pomeriggio, mentre era chiusa nel suo studio a preparare le lezioni per l’indomani sentì il rumore di un becco che picchiettava alla finestra. Riconobbe subito Shade. Si alzò e aprì il vetro della finestra, e la civetta scura volò subito sulla sua spalla. Aveva una busta nel becco. La ragazza la prese e Shade volò in cima ad un armadio. Prese un taglierino d’argento dal primo cassetto della sua scrivania e aprì la busta.

Ciao May,

siamo molto contente che l’insegnamento vada bene e ogni tanto quando incontriamo i tuoi genitori ci raccontano di quello che fai. Scusaci se ti importuniamo ma sentiamo enormemente la tua mancanza. Non preoccuparti noi stiamo bene, il lavoro va per il meglio ma non è la stessa cosa senza di te.

L’unico problema è che un cliente ha chiesto espressamente di te. Abbiamo tentato di fargli capire che non puoi ma insiste e noi non sappiamo che fare. Si tratta di Gregory Thorning, credo che tu sappia bene chi sia. Non possiamo perdere un cliente come lui…

Ti preghiamo di farci avere tue notizie al più presto, dacci un consiglio…

Shannon e Victoria

Nel leggere la missiva la ragazza si preoccupò subito. Raggiunse il prima possibile l’ufficio del preside Silente. L’uomo era seduto alla sua scrivania e appena la vide la salutò.

"Professoressa Pereights, la vedo preoccupata. Ma mi dica, cosa posso fare per lei?"

l’uomo si tolse gli occhiali a mezzaluna e li appoggiò sul ripiano della scrivania, la ragazza rimase in piedi di fronte a lui…

"Avrei urgente bisogno di andare a Londra…"

"Problemi familiari?"

"No, ma altrettanto importanti per me. Le mie colleghe hanno bisogno di me per qualche giorno. Non dovrei farle perdere molto tempo."

"Capisco…"

l’uomo pulì gli occhiali con uno straccio, era solo un pretesto per prendersi qualche minuto per pensare.

"Dovrei perdere due ore di lezione domani e una dopodomani… ho già dei compiti preparati per gli studenti, ci sarebbe solo bisogno di qualcuno che li sorvegli"

"Non si preoccupi, vedrò cosa posso fare. Per quanto riguarda lei, può partire anche subito ma ormai il sole sta calando. Le consiglierei di aspettare l’indomani mattina."

May sorrise.

"La ringrazio molto. Saprò sdebitarmi."

"Sì, una cosa potrebbe fare… potrebbe andare a Diagon Alley a recuperare un pacchetto che il professor Hagrid ha dimenticato al negozio di bacchette. Olivander mi ha fatto sapere che lo sta custodendo per me."

L’uomo stava sorridendo, sicuramente pensava ad Hagrid che distratto perdeva il pacchetto.

"Va bene."

La ragazza lasciò la stanza.

Il mattino seguente partì per Londra. Il sole era appena sorto all’orizzonte e sui prati c’era una leggera bruma. A cavallo della sua scopa fece l’incantesimo di invisibilità e si diresse a tutta velocità verso il suo ufficio.

Dopo un’ora buona atterrò sulla terrazza dell’edificio. Il mantello grigio era bagnato dell’umidità delle nuvole, come i suoi capelli. Con il suo solito passo lungo e veloce raggiunse il suo ufficio. Diede due colpi alla porta e poi entrò senza aspettare risposta. Victoria era in piedi mentre di Shannon non c’era traccia.

"May, ma che ci fai qui?"

domandò stupita l’amica.

"Sono qui per risolvere il problema di Gregory Thorning."

"Spero che non ti abbia creato problemi la nostra lettera…"

Victoria si sedette alla sua scrivania mentre May si slacciava il mantello e lo appendeva all’appendiabiti accanto a quello dell’amica.

"Che problema ha adesso? Capisco che il sua castello di famiglia è molto vecchio, ma non può aver problemi ogni mese!"

"Ma May, mi sembri un po’ scontrosa…"

"Più che altro mi spiace di dovermi far sostituire. Silente è stato molto gentile ma non vorrei sembrare inopportuna."

"Non so che problema abbia Thorning, non ha voluto parlarne con noi. Pensi di andare subito da lui?"

May prese delle pozioni dall’armadio e un plico da un cassetto della sua scrivania.

"Sì, ma dov’è Shannon?"

"Orchi di montagna. Ne avrà per un po’."

"Capisco. Vuoi venire con me?"

"Mi piacerebbe, ma se arrivano altre chiamate non c’è nessuno in ufficio."

"Ok, come vuoi. Ci vediamo più tardi… e stasera usciamo a mangiare qualcosa insieme."

"Ciao."

May si infilò il mantello, ripose gli oggetti che aveva preso dallo studio nella sua tracolla, e raggiunse il tetto, dove inforcò la scopa e si diresse verso il castello dei Thorning.

Il castello dei Thorning si trovava a nord di Londra in una zona isolata e nascosto ai babbani da un incantesimo. Tutte le volte che vi giungeva May sentiva un brivido scorrerle lungo la schiena, c’era un non so che di strano in quel luogo e lei lo sentiva ma non sapeva capire che cosa. Il signor Thorning era stato uno dei suoi primi clienti, era un uomo molto facoltoso, e aveva aziende e terreni a dismisura. May lo trovava troppo costruito, come se sotto i suoi modi gentili ci fosse qualcosa da nascondere, ma non poteva permettersi di indagare su di lui… doveva ai suoi soldi e ai suoi innumerevoli lavori buona parte delle entrate della sua attività.

Giunta sopra il castello planò con precisione nel giardino, proprio davanti al portone d’entrata. Lasciò la scopa appoggiata al muro e salì i pochi gradini, tirò la catena del campanello e pochi minuti dopo un maggiordomo, anch’esso altezzoso quasi quanto il padrone, la fece accomodare nel solito salottino accanto all’ingresso.

"Il signor Thorning sarà da lei fra pochi minuti. Se vuole accomodarsi intanto."

"La ringrazio…" e voltò le spalle all’uomo che si allontanava, mentre lei evitò di sedersi in una delle splendide poltrone e si avvicinò alla finestra per osservare il rosaio.

"Signorina Pereights, finalmente è venuta qui." La voce melliflua dell’uomo la fece sobbalzare, non lo aveva sentito entrare.

La giovane si voltò e il suo sguardo si posò distrattamente sull’ometto calvo che aveva di fronte.

"Signor Thorning, devo ammettere che lei è uno dei miei clienti più difficili. Sa bene che le mie colleghe sono in gamba quanto me, non capisco il suo ostinarsi a volermi qui."

Anche se con riguardo, la giovane non riuscì a tenere a freno la sua lingua, e fece capire all’uomo il suo punto di vista.

"Mi perdoni, ma avevo bisogno di lei… succedono cose troppo strane in questa casa."

"Parli, ora che sono qui vedrò come risolvere il suo problema"

l’uomo era visibilmente preoccupato e ogni tanto si passava il fazzoletto sulla fronte per asciugare il sudore frutto della sua tensione.

"I ritratti dei miei avi stanno sparendo uno ad uno, dal più recente al più antico…"

"Strano, non si saranno nascosti in un altro quadro?"

fu la risposta impulsiva della ragazza.

"Li ho fatti cercare dappertutto e non ci sono stati risultati. Gli ultimi rimasti non fanno altro che ripetere che hanno paura e che è la punizione per il mio comportamento…"

"Mi faccia vedere i quadri."

La ragazza seguì l’uomo in un lungo corridoio dove erano esposti almeno un centinaio di quadri di cui almeno la metà vuoti. La cosa non le piaceva per niente. Si avvicinò a quello che probabilmente sarebbe stato il prossimo, una donna sui cinquant’anni, dai capelli biondi raccolti in una crocchia e gli occhi cerulei.

"Signora, non ha visto cosa è successo ai suoi famigliari?"

"Ah… è una punizione… noi veniamo puniti per colpa sua…!"

continuava ad urlare indicando il signor Thorning.

"Signora, mi spieghi, forse potrei aiutarla…"

ma la donna non la smetteva di urlare e allora l’uomo trascinò via la ragazza ritornando sui loro passi.

"Vede, non c’è nulla da fare… non rispondono ad altre domande. Continuano ad urlare per ore ed ore, tutti assieme appena mi vedono, per poi calmarsi solo dopo. Non so più che fare. Ho tentato un incantesimo per farli addormentare, ma non ha funzionato, e varie pozioni, ma niente da fare."

L’uomo pareva infinitamente spossato e privo di fiducia.

"Ora come ora non posso fare niente oltre ad un incantesimo di protezione, sperando che sia abbastanza potente. Studierò sui miei libri e cercherò qualcosa. Nel caso in cui la faccenda si complichi chiami le mie colleghe, arriveranno subito e io le raggiungerò appena possibile."

L’uomo era senza speranza, si sedette su una poltrona e accennò ad un sì.

La ragazza ritornò verso i quadri e ad uno ad uno fece l’incantesimo che aveva detto. Quando ebbe finito il sole era rosso all’orizzonte. Dopo aver salutato l’uomo ed essersi assicurata del fatto che era al sicuro, ripartì verso Londra.

Giunse in ufficio che il sole era ormai tramontato. Appena entrata vi trovò Victoria e Shannon che l’aspettavano con i mantelli in spalla pronte per partire. Shannon la guardò minacciosa con le mani appoggiate sui fianchi

"Sempre in ritardo. Era ora che arrivassi."

May sorrise, sapeva che l’amica stava scherzando.

"Thorning ha davvero un bel problema. Non so come farò ad aiutarlo."

Victoria le si avvicinò e la prese sottobraccio trascinandola al di fuori dell’ufficio.

"Non voglio sentire parlare di lavoro. Adesso andiamo a mangiare che ho una fame da lupo."

Raggiunsero una piccola locanda. Il portone era nascosto dietro un grosso abete. Appena entrate sentirono un forte odore di spezie, salutarono con un cenno della mano la proprietaria e si sedettero ad un tavolo vicino al caminetto, posto che occupavano tutte le sere quando May lavorava ancora con loro.

La proprietaria, una corpulenta signora sui sessant’anni, si avvicinò al tavolo.

"May, da quanto tempo non ci si vede. Quando le ragazze mi hanno detto che ci saresti stata anche tu stasera ho preparato i tuoi piatti preferiti."

"Non dovevi disturbarti, qualsiasi piatto esca dalla tua cucina è ottimo."

"Oh, nessun disturbo. Chissà che cosa mangerai in quella scuola, con tutti gli impegni che ti sei assunta non avrai nemmeno il tempo di cenare decentemente."

May sorrise, ringraziando di nuovo la donna. Poco dopo incominciarono ad arrivare i piatti, pasta al sugo di verdure, brasato e patate, e alla fine una porzione di dolce molto abbondante.

Intanto che mangiavano Shannon e Victoria vollero sapere tutto quello che stava accadendo ad Hogwarts, come stavano i professori e Silente, i punti delle Case e via dicendo.

"Scusate, vado in bagno."

Disse May alzandosi da tavola. Poco dopo stava tornando al suo posto quando sentì una voce chiamarla…

"Professoressa Pereights, professoressa Pereights…"

si voltò e vide al bancone, in compagnia di una ragazza bionda, il signor Potter con il lungo mantello nero ancora indosso.

May si fermò accanto a lui e lo salutò.

"Buonasera signor Potter."

"Buonasera a lei, non pensavo di trovarla a Londra."

"Un piccolo problema di lavoro, e una commissione da parte di Silente."

La ragazza bionda accanto al giovane continuava a fissarla con i suoi grandi occhi da gatta.

"Beh, è meglio che vada, non vorrei disturbarvi troppo." Disse May guardando Potter negli occhi.

"Ma che dice. È un piacere parlare con lei."

"Scusate ma devo proprio andare, mi aspettano. Arrivederci."

La ragazza sorrise sia al giovane che alla ragazza bionda e raggiunse il tavolo delle amiche.

"Ma stavi parlando con Harry Potter?"

chiese Victoria continuando a guardare verso il bancone.

"Sì, l’ho incontrato due o tre volte ad Hogwarts."

"È diventato molto più carino di come era. Certo, non è bello come il mio David, ma carino." Disse Shannon osservandolo.

Il mattino dopo May andò a Diagon Alley che come al solito era sovraffollata. Passando davanti al negozio di animali si ricordò di quando aveva comperato Shade e sorrise nel vedere una piccola civetta scura che le somigliava. Raggiunse il negozio di Olivander, era scuro e polveroso e vuoto. Poco dopo l’uomo si avvicinò a lei da dietro facendola spaventare.

"Buongiorno signorina, cosa posso fare per lei?"

dopo aver fatto un profondo respiro per riprendersi dalla sorpresa rispose

"Mi manda il preside Silente. Devo ritirare un pacchetto che il professor Hagrid ha dimenticato qui qualche giorno fa."

L’uomo la osservò di sottecchi soppesando le sue parole, non era molto convinto.

"E lei sarebbe?"

"May Pereights, la professoressa Pereights, insegnante di Difesa contro le Arti oscure ad Hogwarts."

"Sì, è il nome che mi ha detto Silente. Prego, aspetti un minuto che vado a prenderle il pacchetto."

L’uomo si allontanò nel retro e lei rimase di nuovo sola per alcuni minuti mentre osservava le migliaia di scatoline lunghe impilate sugli scaffali.

"Ecco a lei"

dissi l’uomo di ritorno porgendole un pacco quadrato non molto grande incartato in carta marrone.

"La ringrazio e arrivederci."

La giovane ringraziò ed uscì dal negozio. Aveva appena fatto qualche passo che vide davanti a sé qualcuno che le fermava il passaggio.

"Mi scusi, permesso…"

nell’alzare il volto vide Harry Potter che la osservava sorridendo.

"Signorina Pereights, ma che coincidenza. Era proprio destino che noi ci incontrassimo."

"Già…" la ragazza rispose al sorriso incerta sul da farsi.

Il ragazzo si passò una mano tra i corti capelli castani.

"Non vorrei essere invadente, ma che ne direbbe di bere qualcosa insieme… non siamo mai riusciti a fare una discussione completa noi due."

Non poteva rifiutare il suo invito, sarebbe stata molto maleducata, quindi accettò, anche se con poca voglia.

"Va bene."

Raggiunsero un bar e si sedettero vicino alla finestra. Il ragazzo ordinò due burrobirre e incominciò a parlare.

"Penserà che sono invadente, ma la trovo una persona interessante."

"Ma non si preoccupi. Devo dire che però è stano essere qui a conversare con lei."

"Senta, se per lei non è un dispiacere, che ne dice di darci del tu?" il giovane la guardava fissa negli occhi e a lei sembrava di non potersi più staccare dal suo sguardo.

"Va bene. Chiamami pure May…"

"May, mi spiace che ieri sei scappata via subito."

Intanto la cameriera era tornata con le ordinazioni, e mentre le appoggiava al tavolo tra i due ci fu silenzio.

"Ho visto che la ragazza che era con te mi guardava un po’ male e ho pensato che le desse fastidio."

"Oh, no. Linda non lo farebbe mai. È la mia collega, avevamo appena finito un lavoro e siamo andati a bere un caffè…"

"Pensavo fosse la tua ragazza…"

May si sentiva un po’ sciocca, come al solito era corsa a conclusioni affrettate.

"No, siamo amici."

"Allora… di che parliamo… sinceramente non so cosa abbiamo in comune…"

disse la ragazza abbassando lo sguardo sulla sua burrobirra.

"Raccontami come mai sei a Londra. È strano che una professoressa lasci Hogwarts durante il periodo di lezioni"

il ragazzo si appoggiò alla seggiola incrociando le braccia al petto e posando i suoi occhi verdi sulla ragazza.

"Problemi di lavoro… intendo il mio lavoro vero… io non sono realmente un’insegnante."

"Sì, ho sentito che hai una azienda con delle tue amiche."

"Ci occupiamo di creature magiche e incantesimi impossibili"

nel nominare il suo lavoro il suo sguardo si era come illuminato.

"Capisco. E dimmi, che problema hai?"

May bevve un sorso della sua bevanda prima di rispondere.

"Un cliente ha un problema con alcuni ritratti di famiglia…"

"E sei riuscita a risolverlo?"

chiese incuriosito il giovane continuando ad osservarla.

"In realtà credo di no, ho solo rimandato… devo documentarmi su alcuni libri. Appena tornerò ad Hogwarts proverò a cercare nella sezione proibita della biblioteca."

"Se ti serve un aiuto puoi sempre rivolgerti a me."

"Sei molto gentile, ma credo che tu abbia problemi molto più urgenti dei miei. Piuttosto raccontami di te… sinceramente è da un po’ che non leggo tue notizie sulla Gazzetta del Profeta!"

May sorrise per la sua affermazione e anche il giovane la guardò sorridendo prima di risponderle.

"Finalmente la Gazzetta ha capito che non sono un personaggio tanto importante. Adesso ho un lavoro normale…"

"Normale? Per te è normale essere un Auror? Scelgono i migliori per potervi farne parte!"

la ragazza lo guardò stupita invidiandolo in qualche modo.

"Certo, ma ora che Voldemort è stato definitivamente sconfitto anche io non sono più sotto i flash delle macchine fotografiche."

"E ne sei contento…"

"Ne sono molto contento."

Rispose sorridendo il giovane.

"Ma che fine hanno fatto i tuoi amici? Mi hai nominato la Granger alcune volte, ma se non sbaglio eri molto amico anche di Ron e Ginny Weasley."

"Hermione lavora al San Mungo, è un’ottima dottoressa ed è sempre subissata di lavoro. Ron invece lavora anche lui per il ministero ma, come il padre, per il dipartimento dei collegamenti con i babbani. Mentre Ginny ha una serra vicino a casa sua dove coltiva piante rare che sono ricercate in tutto il mondo."

"Vedo che sei rimasto in contatto con loro."

Disse la giovane appoggiandosi anche lei allo schienale della sedia e passandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

"Fortunatamente sì… Ron e Hermione sono fidanzati, non so se lo sapevi."

"Mi ricordo che si piacevano quando eravate ancora a scuola…"

"Già e probabilmente l’anno prossimo si sposano."

"Bello."

Adesso May non sapeva proprio che dire…

"Ora devo proprio andare, devo ritornare ad Hogwarts prima di sera. Spero di rivederti presto."

Disse imbarazzata la ragazza alzandosi da tavola e lasciando alcune monete per pagare la bevanda.

"Anche io spero di rincontrarti. Oh ma non pagare, te lo offro io."

"No, davvero preferisco pagare io."

Disse la giovane vedendo il ragazzo ridarle le monete ed alzarsi anche lui da tavola.

"Te lo offro io. Al massimo tu ripagherai la gentilezza un’altra volta."

Disse il giovane sorridendo cercando di convincerla.

"Va bene. Ti ringrazio. Ciao."

May salutò il giovane e lasciò il bar diretta verso Hogwarts.

Giunta ad Hogwarts entrò nel salone d’ingresso e si diresse subito verso l’ufficio di Silente. Mentre saliva le scale incrociò la professoressa McGranitt.

"Professoressa Pereights vedo che è tornata."

"Buonasera professoressa McGranitt. Sono appena rientrata, sto andando dal preside… è occupato adesso?"

"L’ho appena lasciato. Dovrebbe essere da solo."

"La ringrazio per l’informazione"

"Ci vediamo a cena."

May raggiunse la porta dell’ufficio e bussò. L’uomo la invitò ad entrare. Lo vide che stava leggendo qualcosa. Alzò lo sguardo su di lei.

"Professoressa, bentornata. Tutto a posto?"

"Sì, grazie ancora per avermi lasciato andare. Le ho portato il pacchetto che mi aveva chiesto."

Appoggiò il pacchetto incartato sulla scrivania dell’uomo. Lui lo osservò e poi la guardò di nuovo.

"La ringrazio. Le ho fatto fare da fattorino."

May sorrise…

"Non importa, è stato un piacere."

"Bene. Non ho altro da dirle. Se vuole può andare a rinfrescarsi prima della cena."

"È quello che voglio fare. A dopo allora."

May lasciò lo studio e si diresse in aula professori. Vi trovò Vitius, Piton e Sprite che stavano leggendo ognuno in un angolo diverso della stanza.

"Buonasera."

Salutò la giovane facendo alzare lo sguardo dei presenti su di lei.

"Professoressa Pereights, lo sa che i suoi alunni sanno cose che non dovrebbero sapere?"

la voce arcigna di Piton si alzò nel silenzio della stanza.

"Mi perdoni, ma non capisco di che parla."

Lo osservò stupita la giovane facendosi piccola piccola per la soggezione che aveva dell’uomo.

"I suoi alunni del settimo anno conoscono magie oscure di cui non dovrebbero sapere nemmeno l’esistenza."

"Capisco. Ma non si preoccupi non le utilizzeranno… ma devono conoscerle per potersi difendere da esse…"

l’uomo si alzò dal tavolo avvicinandosi a lei e girandole attorno.

"Non capisce, spero che il consiglio dei genitori non abbia nulla da ridire… rischia grosso…"

"All’inizio dell’anno ho esposto il programma dei corsi al preside, e Silente ha approvato il mio metodo. Se vuole sapere ne ha anche parlato con il consiglio e ho avuto il permesso."

"Meglio per lei. Ma terrò sott’occhio i suoi studenti."

L’aveva vinta lei. Chi l’avrebbe mai detto che una giovane professoressa avrebbe tenuto testa al professore più temuto di tutta Hogwarts.

La giovane raggiunse la sua stanza chiudendo la porta dietro di lei e appoggiandosi contro. Chiuse gli occhi e fece un profondo sospiro. Dopo alcuni minuti li riaprì e togliendosi il mantello e il cappello li gettò sul letto raggiungendo il bagno. Si lavò il viso fissandosi nello specchio davanti a lei. Aveva gli occhi gonfi e i rossi capelli scompigliati. Si asciugò il viso e cercò di sistemarsi i riccioli e il viso con un po’ di trucco. Dopo essersi cambiata d’abito scese a cena. Si sedette al suo posto osservando la marea di studenti che chiacchieravano. Rispose con un cenno della mano al saluto rivoltole da lontano dal fratello e mangiucchiò qualcosa, ma non aveva molto appetito.

Dopo cena si fermò a parlare con la professoressa Sprite su una partita di Quiddich che i Corvonero avevano giocato in sua assenza, poi dopo averla salutata, si diresse verso la biblioteca. Gazza la guardò arcigno ma non ebbe il coraggio di contraddire una professoressa e la lasciò passare. Si diresse verso la sezione dei libri proibiti e incominciò a cercare.

Erano ormai passate alcune ore e la giovane era seduta ad un tavolo con decine di libri aperti, ne aveva in mano uno che stava sfogliando, i capelli raccolti che le sfuggivano dalla forcine e in mano la piuma intinta di inchiostro che le macchiava le dita, la pergamena di appunti aperta accanto a lei. Sbadigliò portandosi una mano alla bocca. Strinse gli occhi e li riaprì poco dopo per guardare l’ora. Quasi le due e mezza. Decise di riporre i libri e piegò la pergamena lasciando la biblioteca e dirigendosi verso camera sua.

 

Salve a tutti…

Sono un po’ dispiaciuta che non siano in molti a commentare i mio racconto… devo comunque ringraziare Luca er meyo…se però ci fosse anche qualcun altro che volesse lasciare due parole sarei contenta!!! Anche se fossero delle critiche…

Ciao a tutti

Miyan

  
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