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Autore: VictoriaBook    18/01/2011    0 recensioni
Un racconto giallo che dipinge a tinte fosche un'anomala notte di Natale.
La "quasi investigatrice" Anne Wilson, aiutata dal formidabile intuito del commissario Anderson, si districa tra intrighi nascosti dal posticcio candore della vigilia di Natale.
Perché niente è come sembra.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Buonasera, sono il vice commissario Wilson. >>

Le due sagome che si stagliavano nel buio si voltarono. 

<< La aspettavamo, signorina Wilson. Sono l'ispettore Holmes.

L'abbiamo dovuta contattare perché purtroppo ci sono state delle emergenze nel nostro distretto e avevamo bisogno di un detective. 

Camden Town era la soluzione migliore.>>

<> Anne si girò a guardare la ragazza in piedi vicino all'ispettore. La riconobbe subito; era Sarah, la figlia maggiore della signora Stevenson. Aveva lo sguardo vuoto. 

<< Anne, è un sollievo sapere che il caso è stato affidato a te. >>

Anne e Sarah avevano solo pochi anni di differenza e, anche se non si erano mai frequentate, capitava che si incontrassero. 

Amberville non è poi così grande. 

Anne abbracciò la ragazza, ma avvertì subito lo sguardo sospettoso dell'ispettore. Doveva mantenere un certo distacco professionale. 

<> Disse l'ispettore. 

Entrambi si voltarono verso Sarah, che annuì. I due si spostarono di qualche metro. << Si tratta quasi sicuramente di un omicidio. Il corpo senza vita della signora Stevenson è nella sua camera da letto e nel comodino c'è un bicchiere che contiene tracce di cianuro, molto probabilmente. Non è pensabile che si tratti di un suicidio dato che la signora non poteva più camminare e non se lo sarebbe potuto procurare. Sicuramente qualcuno gliel'ha somministrato spacciandolo per un innocuo bicchiere d'acqua, magari per le sue medicine. Ora, ci chiediamo chi possa essere stato. >>

Anne ascoltava attentamente. << Non credo che qualcuno si sia introdotto nell'abitazione. Ma questo significherebbe...>>

L'ispettore non le diede il tempo di terminare la frase: << ... Che l'assassino si trovava tra le mura della casa. >>

Anne l'aveva già capito da sola, ma sentirlo aveva un sapore inquietante. << Andiamo, ora. Mantenga il sangue freddo e sia lucida. >> Fece un sospirò. << Ora saliamo su, in casa... >>

<< Ci accompagna, signorina? >> Disse poi, rivolgendosi a Sarah.

Lei annuì e fece strada ai due, che la seguirono. 

C'era una rampa di scale in legno che separava il giardino dalla casa. 

Salito l'ultimo gradino si trovarono davanti ad una porta in vetro che faceva intravedere la sagoma di una donna robusta e tarchiata.

Era una notte fredda e la veranda era particolarmente esposta al vento. La donna, da dentro, aprì la porta permettendo ai tre di entrare. Dopo Sarah e l'ispettore anche Anne si fece avanti ed entrò dentro. La porta si richiuse con un sibilo dietro di lei e Anne non riuscì a trattenere un sussulto. 

 

 

                                                       * 

 

Di spalle, davanti alla finestra del grande salone della casa, c'era un uomo. Stava in piedi, rigido e con le braccia conserte. Guardava fuori dalla finestra, sembrava che stesse aspettando che da un momento all'altro le risposte che cercava si scrivessero da sole sul vetro.

<< E' il signor Stevenson. Credo che sia sotto choc. >> Disse a bassa voce l'ispettore.

Anne gli si avvicinò e gli toccò delicatamente una spalla. Lui si girò e appoggiò il suo sguardo su di lei ma in realtà non la stava guardando. Aveva gli occhi appannati di lacrime ma, almeno all'apparenza, sembrava che avesse il pieno controllo di sé. 

<< Sono addolorata, dottor Stevenson. Davvero. >>

Lui, che riconobbe in lei le ragazzina di paese che era fino a poco tempo prima, le diede un buffetto su una guancia come avrebbe potuto fare con una delle sue figlie e si voltò di nuovo a guardare il vuoto. 

Il silenzio stava riempiendo la stanza quasi fino a farla scoppiare. 

All'improvviso, però, fu spezzato da un rumore cristallino e sfaccettato. Sembrava un rumore di vetri rotti. Come il rumore che si sente ai matrimoni, quando viene rotto scaramanticamente un piatto di vetro lanciandolo al suolo. In quel frangente, però, aveva avuto tutt'altro effetto. 

Sarah si precipitò nel corridoio, che si trovava oltre il salone. 

Il corridoio apriva la strada a un dedalo di stanze, tra cui le camere da letto. Le luci erano tutte spente e Sarah si immerse nel buio, in parte mitigato dalla fioca luce della sala da pranzo. 

<< Su, stai calma, Emily. Cerca di non agitarti, fai un respiro profondo. >> Era la voce di Sarah, che veniva continuamente spezzata da quella che, secondo la logica di Anne, doveva essere necessariamente quella di Emily. 

<< Su, ecco brava. >>

L'ispettore si avvicinò a Anne. << Come avrà immaginato, si tratta della secondogenita degli Stevenson. Purtroppo non è completamente in sé. E' una ragazza molto problematica e instabile. 

Appena siamo arrivati era terribilmente sconvolta. Ho il timore che, in situazioni del genere, possa essere quasi pericolosa. >>

Disse ad Anne, con un tono di voce così basso che sembrava un sussurro. 

<< Dov'è il corpo della signora Stevenson? >> Disse Anne di risposta, anche se non aveva nulla a che fare con quello che le aveva appena detto l'ispettore. 

<< Mi segua. >> E si diresse verso la porta che si trovava al lato della stanza. Era un'altra entrata che permetteva di accedere al corridoio. 

In fondo c'era una stanza che saltava subito all'occhio perché la luce all'interno era accesa e rischiarava il buio del resto del corridoio. 

Quella era la camera da letto della signora Stevenson. Anne e l'ispettore si diressero lì. La porta era quasi completamente aperta e Anne si fece subito avanti. Quello slancio di spavalderia, però, vacillò per un momento quando il suo sguardo cadde sul letto che stava ospitando il cadavere della donna. 

La signora Stevenson giaceva su quelle lenzuola color lavanda.

Le braccia ricadevano senza vita ai lati del corpo, terminando nelle mani pallide e ossute. La pelle del viso era del tutto distesa tanto da rubarle qualche anno di vecchiaia e qualche ruga. Ma le labbra livide tradivano il suo stato, tutt'altro che invidiabile. 

La camicia da notte bianca candida le conferiva un'aria da spiritello tormentato e lo stesso facevano i capelli bianchi, che però godevano ancora della messa in piega. 

<< Tutto a posto, signorina Wilson? >> attirò l'attenzione l'ispettore. 

<< Si, naturalmente. Non creda che sia così vulnerabile. >> 

<< No, certo. Il bicchiere nel quale abbiamo trovato tracce di cianuro è  lì sul comodino, ma la prego di non toccarlo. Siamo in procinto di raccogliere le prove e portare via il cadavere. >>

<< Capisco. Immagino che ora ci sia un'indagine da fare. >>

<< Naturalmente. E' proprio per questo che l'abbiamo chiamata, per collaborare nell'indagine. Questo caso patisce uno strano paradosso. 

La banalità dell'omicidio è sconcertante quanto lo è l'indecifrabilità del movente che ha spinto l'assassino ad agire. >>

La mente di Anne, però, era già completamente immersa nel caso. 

<< Direi di tornare di là. >> Disse, poi. 

I due, così, tornarono nel grande salone. L'uno con l'atteggiamento di chi ha già visto tanto e ormai ai cadaveri ci ha fatto il callo e l'altra con l'aria visibilmente soprappensiero. 

Dalla cucina, alla quale si poteva accedere direttamente dal salone stesso, sbucò una donna robusta e tarchiata. Era la stessa sagoma che Anne aveva intravisto dal vetro della porta d'ingresso. 

Guardandola con più attenzione si poteva notare che la donna indossava un grembiule bianco candido e aveva i capelli raccolti in una coda ordinatissima. Era la cameriera della famiglia Stevenson. 

<< Gradisce una tazza di tè? >> Olga si ricordava bene di Anne. Il suo ricordo, però, non va oltre l'infanzia della ragazza, che da allora era decisamente cambiata. Ma quello sguardo vispo e inquisitore Olga lo riconosceva ancora. Aveva una buona memoria e tutti la sottovalutavano. 

L'ispettore attirò Anne verso di sé: << Non mi sembra il caso di familiarizzare in questo momento. Si ricordi che lei è qua in veste di pubblico ufficiale. E poi dobbiamo andare in commissariato: per quanto mi riguarda sono tutti sospettati. >>

<< Conosco la famiglia Stevenson da sempre e non credo saranno necessarie inutili formalità. Non si agiti, ispettore. >>

Anne si liberò da quella presa leggera ma irritante e rivolse di nuovo lo sguardo verso la cameriera. Olga, ecco come si chiamava. Le era tornato in mente il suo nome. 

<< Sì, grazie. Un tè lo bevo volentieri. >>

  
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