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Autore: Cuore di Inchiostro    18/01/2011    1 recensioni
Ho sempre avuto paura di conoscermi, di scoprire di essere diversa dagli altri. Lo sono sempre stata. Ed è il mio punto di forza e la mia più grande debolezza. Nessuno mi ha mai conosciuta veramente. Forse nemmeno io.
Amanda Kent è una ragazza alla continua ricerca di se stessa e attraversa un percorso che la aiuterà a trovare finalmente la desiderata serenità.
Il percorso è lungo.
E la sorpresa è che non sarebbe mai finito.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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come una pallonata Come una pallonata.
In pieno volto.
Le nostre debolezze fanno crollare crudelmente tutte le barriere e le protezioni che così faticosamente avevamo cercato di costruire.
E una vera pallonata l'ho ricevuta veramente!
Mi è piombata in pieno viso durante l'ora di educazione fisica, giocando a pallavvolo.
Sempre se il termine giocare abbia anche la sfumatura semantica "stare in campo senza nessuna abilità o competenza".
Poco prima stavo sorridendo allegramente dando la possibilità a una mia parte di carattere di esprimersi prepotentemente.
Parlo di quella parte cinica, sarcastica e forse anche un pò falsa.
Non so se fossi pienamente me.
A volte credo di essere un pò esibizionista.
O meglio, non che io lo sia nel senso letterale, ma volevo farmi notare per certi aspetti che consideravo positivi ma che la vocina magica ben strutturata nel mio profondo io mi diceva ehi quella non sei pienamente tu, lascia che io mi possa esprimere.
Sono ancora alla ricerca di me o forse io so chi sono ma non voglio che la vera me viva.
Credo di essere influenzata da un sacco di fattori ma nel contempo c'è la parte di me che fa di tutto per non esserlo e che nega di essere influenzata.

E fu così che in un attimo il pallone mi piombò addosso facendo volare via i miei odiati occhiali rosa.
Il soggetto dell'azione funesta era il biondino della classe; colui che si faceva chiamare Zeus visto che di cognome faceva Giove! Senso dell'umorismo, eh?
Nel preciso momento in cui la palla scaraventò via gli occhiali udii un impercettibile brusio di voci indistinte che non riuscivo a riconoscere.
L'attimo dopo mi ritrovai accerchiata dalla classe.
Stavo cercando di fare tutto pur di non piangere!
E' strano, non mi ero fatta granchè male, ma quando si viene colpiti si ha la sensazione di qualcosa che ti opprime il volto!
Lo avvertivo deformata.
Tutto il resto accadde molto velocemente.
Il compagno dai capelli dorati con cui poco prima stavo discutendo scherzosamente si ritrovò un bel 5 stampato sulla faccia.
Eh sì, gli avevo dato uno schiaffo, anzi due!
Facendo un passo indietro, c'è da dire che poco prima io e lui, che ci trovavamo l'uno di fronte all'altro in parti opposte del campo, ci stavamo "stuzzicando" bonariamente.
Fin quando non fui infastidita dai suoi commenti.
Effettivamente erano davvero stupidi.
Però io credo che viviamo nella nostra bolla, consapevoli dei nostri difetti.
Chi ci conosce meglio di noi stessi?
Ci riproponiamo ogni volta di essere migliori però, puntualmente, non appena qualcuno fa leva sulle nostre debolezze, che magari dall'esterno possono apparire insulse, ci trasformiamo e il nostro lato cosiddetto oscuro emerge in tutta la sua selvaggia e brutale essenza.
Ebbene, lui si era semplicemente espresso sui miei occhiali e sulla maglia che indossavo.
E cosa c'è di più stupido? direbbe qualcuno.
Ma, vedete, gli occhiali e la maglietta sono tutto quello che gli altri vedono.
Sono la nostra apparenza.
Sono tutto quello che milioni di persone osservano senza conoscerci.
Sono quello che noi utilizziamo per far conoscere la nostra persona, persona che neanche noi conosciamo: noi.
La reazione del mio amico mi fece sentire terribilmente cattiva e in difetto, lo ero!
Il volto era paonazzo e riuscì a emettere un goffo sc-scusa st-stavo scherzando pr-pr-ima.
Il mio amico in quel momento mi ha fatto ricordare mio fratello, mio fratello di nove anni.
Ecco, aveva assunto la stessa espressione confusa e imbarazzata di mio fratello nel momento in cui viene severamente rimproverato.
Lo rimproveravo, se così si può dire, perchè volevo fargli rivivere quello che anch'io da bambina avevo vissuto.
Un'infanzia senza dubbio felice ma ero molto silenziosa.
Probabilmente perchè non sapevo ancora come approcciarmi al mondo e mi rinchiudevo, e tutt'ora lo faccio, in un mondo alternativo, utopico: quello dei libri e quello che creavo nella mia testa.
Era come se io volessi far rivivere agli altri gli stessi disagi che avevo riscontrato quand'ero piccola.
Alla mia violenta reazione seguì il dissenso della professoressa, il suo moralismo, senz'altro giusto, cosa che mi costa caro ammettere ma che non fece altro che farmi sprofondare più giù.
Adducevo scuse insostenibili, non sapevo dove nascondere la faccia.
La classe mi aveva visto praticamente nuda.
Non che io fossi spogliata, sia chiaro, ma aveva visto la parte di me che cercavo sempre di reprimere.
Ho sempre odiato farmi vedere piangere, mi fa sentire totalmente stupida. Dopo poco tutto tornò alla normalità, se così si può dire.
Si ricominciò a giocare.
Carlo, il ragazzo che mi aveva colpita batteva ancora e la palla raggiunse nuovamente la mia zona, la raggiunse più volte e io la scansavo puntualmente.
Mi sentivo così stupida e fuori luogo.
E fu in un momento indefinito che gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime che più cercavo di trattenere e più loro, prepotenti, cercavano di sgorgare con la stessa impetuosa forza con la quale cercavo di frenarle.
Proporzionalità inversa si chiamerebbe in algebra, o forse no, non sono mai stata una cima in questa disciplina d'altronde.
Gli sguardi delle compagne seguirono un è meglio che vai in bagno a sciacquarti la faccia per sbollire la rabbia o qualcosa del genere della professoressa.
Mi diressi immediatamente verso lo spogliatoio dove le mura che mi circondarono crollarono seppellendomi tra le macerie.
E non mi importava nulla degli occhiali rotti o del rimprovero della professoressa per lo schiaffo.
Perchè qualcosa si era rotto in me.
Da un momento all'altro, in qualsiasi momento, le nostre debolezze possono emergere.
Per una pallonata, come una pallonata.
Non avevo dato uno schiaffo, ero stata io a riceverlo e me l'ero dato da sola.
  
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