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Autore: Valpur    18/01/2011    7 recensioni
Come nelle fiabe, no? "C'era una volta"...
Ma anche no. Niente principesse, niente elfi, fatine, cavalieri, niente bei tenebrosi o unicorni o draghi. Niente. Nada de nada.
In compenso nell'iperuranio c'è chi si annoia di brutto. Anzi, magari si annoiasse.
E così succede che le frustrazioni degli Immortali vanno a riversarsi su qualcuno di molto, molto sfigato e inadatto.*Storia scritta in occasione del NaNoWriMo 2010*
Genere: Avventura, Comico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tic-tic-tic… tic.

Le grosse dita colpivano la tastiera con entusiasmo. La scrivania di nuvole attutiva il suono.

Tic… tic-tic. Tic.

Una mela morsicata lampeggiava dietro lo schermo color alluminio.

“Papà!”

Tic-tic-tic.

“Papà, dove ti sei cacciato?”

Tic.

Il pavimento bianco e soffice inghiottiva lo sciabattare. Passi rapidi. Uno sbuffo.

“Che palle… papà!”

“Eh! Cosa c’è? Sto scrivendo!”

Dietro un cumulonembo grigio fece capolino una faccia, seguita a ruota dal resto del corpo.

Gesù roteò lo sguardo.

“Da quando hai il Mac nuovo sembri un ragazzino, papà. Ti stai fomentando con ogni stupido gadget tecnologico… a cosa ti serve quell’iPad che ti ha portato Gabriel l’altro giorno?”

Dio stese le gambe ed agitò le dita; con un colpo di talloni fece ruotare la sedia e si voltò verso il figlio. Alzò le mani e le fece roteare.

“Ho le dita grosse! L’iPhone non riuscivo a usarlo!”

“E infatti lo hai scaricato a me… vabbÈ, cosa stavi scrivendo?”

Un sorriso radioso si schiuse sul volto del Creatore, facendogli fremere i baffi bianchi. “Una festa!”

Questo promette poco di buono, pensò Gesù passandosi una mano tra i capelli. L’aureola ballonzolò al contatto. Con un dito la tenne ferma mentre si spettinava.

“Che tipo di festa?”

Dio alzò le spalle (da qualche parte sulla Terra ci fu un terremoto) e, con la più innocente delle espressioni, fissò il figlio.

“Oh, bÈ, sai… musica, luci colorate, qualcosa da bere. A proposito, potresti pensare tu al vino?”
Gesù strinse le labbra. Incrociò le braccia, le ampie maniche della tunica che sventolavano.

“Il fatto che lo abbia fatto una volta –peraltro perché tu me lo avevi chiesto- non significa che… oh, che diamine, va bene, lo farò. Bianco o rosso?”
“Che domande, entrambi!”

Un sospiro.

“E sia. Comunque, stavo dicendo che…”
Qualcosa passò sopra le divine teste, proiettando una fugace ombra sulle nubi.

“Ehi, ciao Jay!”

Gesù agitò distratto la mano verso l’angelo in armatura che era già passato oltre.

“Ciao, Mike. Dicevo… papà, di preciso chi intendi invitare?”
“Tutti!”

Gli occhi azzurri del Figlio si spalancarono.

“Cosa intendi?”
“Tutti vuol dire tutti”.

“Ma solo quelli di questo Distretto, vero? Non vorrai trasformare Casa in un rave party!”

Dio annuì solennemente, incrociò a sua volta le braccia e assunse un’espressione decisa. Il triangolo sopra la sua testa brillò più luminoso.

“Quando hai annuito… era in riferimento alla prima parte della mia frase, vero?” chiese Gesù con un fremito di speranza nella voce.

“No. Mi riferivo al rave party. Sennò perché avrei invitato anche Cerridwen e le sue amiche?”

Gesù si portò la mano alla fronte e la fece scorrere in giù fino alla punta della barba. Avrebbe voluto coprirsi gli occhi con le mani ma sapeva bene che le stigmate hanno qualche inconveniente (se solo Tom –San Tommaso, tra amici lo chiamavano così- l’avesse smessa di lanciargli piccoli oggetti per poi ridere quando cadevano al suolo sarebbe stato più contento).

Respirò a fondo.

“Quindi tutti sono proprio… tutti. Posso vedere l’elenco degli invitati, pa’?”

“No no, sorpresa! Ovviamente devi venire, figliolo! Sarà la festa più divertente che questo lato della realtà si ricordi da sempre. Non mancherai, vero?”

E come faccio a dirgli di no?

“Va bene, ci sarò. Però ti prego, non esagerare. Sai che poi la Mamma si arrabbia… l’ultima volta che hai bevuto troppo hai fatto esplodere il Vesuvio. È arrivata qui un sacco di gente e mamma ha dovuto stare a sentire tutte quelle persone che non capivano cosa fosse successo e che portavano in giro un sacco di fuliggine. Ho più paura di lei che di te, quando si arrabbia…”
“Non preoccuparti. Essere Dio ha i suoi vantaggi, e a cosa serve essere onnipotenti se non posso neanche divertirmi coi miei amici? Andrà tutto bene, fidati di me”.

Detto ciò si rigirò verso il computer e riprese a digitare rapidamente.

Gesù guardò giù attraverso uno squarcio tra le nuvole e sperò vivamente in un’assenza di cataclismi nei giorni successivi.

 

Di una cosa si deve rendere atto a Dio. È di parola. Aveva detto che avrebbe bruciato Sodoma e Gomorra, quelli hanno provato a deflorargli l’angelo e lui le ha bruciate.

Gesù, seduto su un pouf di stelle un po’in disparte, sorseggiava un mojito e guardava la folla.

Suo Padre lo aveva detto, che avrebbe invitato tutti. E lo aveva fatto.

Probabilmente non avrebbe mai saputo quanta gente era presente.

“Ehi, ragazzo, il mio bicchiere è vuoto!” berciò una voce alle sue spalle.

Facendo appello a tutta la propria santità Gesù si voltò lentamente con un sorriso amabile.

Spongebob gli stava agitando un calice sotto il naso. Il Messia lo prese e all’istante fu colmo di Chardonnay.

“Per la cronaca, comunque, sarei il Figlio di Dio, non il barman…” protestò debolmente, ma la sagoma gialla si era già smarrita in mezzo alla folla.

“Tutti. Li ha invitati tutti”, sussurrò sgomento mentre Batman e Robin gli passavano davanti mano nella mano; poco più in là Anubi cercava di montare la gamba di un Odino alle prese con Xena, una Valchiria e una discinta Ishtar.

La musica era davvero alta, ma Gesù non riuscì a lamentarsene: quei Valar sapevano il fatto loro, quando si trattava di cantare.

Un cerchio gli strinse la testa. Controllò subito di non aver stretto troppo la corona di spine, ma non era quella la causa.

In mezzo a tutta quella gente si sentiva soffocare. La folla si estendeva fino all’orizzonte visibile e probabilmente oltre. Inclinò il bicchiere e scolò l’ultimo sorso di rum, schioccò le labbra e si alzò.

Un barcollante Pippo gli oscillò davanti e stramazzò sul pavimento, venendo parzialmente inglobato dalle nuvole. Gesù lo scavalcò e si allontanò di qualche passo.

A una certa distanza dai Valar e dalla folla ululante riuscì a respirare meglio. Si rese conto di essere uno dei pochi, lì dentro, a sapere cosa volesse dire “respirare” e la cosa lo depresse un po’. Abbassò le spalle e sospirò.

“Tutto bene, amico?”

Gesù spostò lo sguardo.

“Ah, sei tu, Mike. Mi chiedevo perché non fossi alla festa”.

L’Arcangelo Michele stirò le braccia e le ali, scrollando la chioma bionda.

“Sono di turno. Lou –Lucifero- ha fatto carte false per poter venire alla festa e cercava di imbucarsi. Si era travestito da Wolverine, patetico. Comunque mi tocca fare servizio di sicurezza, una palla”.

“Forse un po’ti invidio…”
Michele inclinò la testa e si puntellò alla spada. Era più alto di Gesù di almeno trenta centimetri.

“Jay, che ti prende?”

“Mah, mi sento un po’di troppo qui…”

L’Arcangelo gettò indietro la testa e rise. Le stelle presero a cadere, sfrecciando nel cielo.

“Tu? Di troppo? Sei il figlio del Capo! Chi più di te dovrebbe sentirsi a casa, qui?”

“È… strano. Forse io sono strano. Vedi, tutta quella gente non è mai…”
“Non dirlo”, lo interruppe Michele. “So cosa intendi. Sei come tua madre, anche lei i primi tempi che era qui si faceva di queste domande. E un paio di lustri fa ne discutevo con Maometto. Non è un cattivo ragazzo, sai? Ostinato come pochi, ma ha un gran cuore. Secondo me anche Frank –sai, San Francesco- e tutti gli altri provano le stesse cose”.

Gesù si girò, sagomò un angolo di nuvola e ci si accomodò.

“Mike, mi spiace averti intristito. E tu di sicuro hai altro da fare, mentre io ti faccio perdere tempo…”

San Michele fece spallucce.
“Non dirlo neanche, amico”. Si lasciò cadere su un cirro sfaccendato di passaggio e lo fermò piantando la spada. “Lou si è offeso troppo quando ho scoperto il suo travestimento e non si farà vedere per qualche tempo. Poveraccio, ogni tanto mi fa pena. Un grosso errore di tuo Padre, ma forse non dovrei dirlo”.

Gesù sorrise.

“Non dovresti, ma tanto lui sta brindando ed è distratto e comunque sia io potrei assolverti. Ma non c’è nulla da perdonare, hai ragione. Povero Lou, è diventato il capro espiatorio e ora gli tocca fare il lavoro più sporco. Papà dovrebbe persino ringraziarlo, se non fosse per lui non avrebbe tutto ‘sto successo”.

Sospirò e abbassò lo sguardo.

“Jay, c’è qualcos’altro di cui vorresti parlare?”

Sbuffo.

“… tipo, problemi con Madda?”

Michele vide distintamente il collo del Messia virare allo stesso color porpora della tunica che indossava. Alzò di scatto la testa.

“BÈ, non mi sembra il caso di…”
“Tu e Maddalena siete insieme da tanto tempo, e la gente parla spesso della crisi del terzo millennio. Io e Uriel ci siamo passati. L’importante è voler stare assieme e tutto si…”
“No, non è quello. Io adoro Madda, è un angelo…”

L’Arcangelo inarcò un sopracciglio dorato e Gesù si concesso una mezza risata.

“Per modo di dire, dai! È solo che… bÈ, è fortunata. A lei non la venera nessuno, o quasi. Non ha responsabilità. Anche per mio Padre è facile, e con Mamma preferirei non parlarne, che poi si agita e le sue statue in giro piangono e la gente va in crisi. Non saprei, è che…”
“È che l’umanità non brilla per intelligenza, vecchio mio! Li ho sentiti, l’altro giorno, negano persino l’evoluzione!”

“Forse”, lo interruppe Gesù fissando una stella lontana, “mi servirebbe qualcuno che sappia cosa vuol dire venire fraintesi, magari a un livello diverso da quello che potrebbe essere…”

L’Arcangelo Michele non disse una parola. Mise la lunga mano sulla testa del Cristo e gliela girò di lato.
“Lei”.

“Eh?”

“Guardala. Capelli castani, fiori, piedi nudi. Lì, su quella panchina”.

“Chi è?”

“Lo scoprirai. E Madda non sarà gelosa, ti sto mandando da una persona a cui della gente importa poco… su, va’ da lei”.

“Ma io… cioè, non passerò per maniaco? Non so chi sia e vado lì ad attaccare bottone come se niente fosse!”

Michele si schiaffeggiò la fronte. A Santo Domingo iniziò a piovere.

“Certo che per essere figlio di Dio ogni tanto sei lento. Non passerai per stalker, tranquillo. E soprattutto scoprirai che la conosci benissimo, solo che non ci hai mai fatto molto caso. Su, sono sicuro che potrà aiutarti”, concluse spingendolo delicatamente avanti.

“Mike…”
“Eh”.

“Sei un buon amico. E non maltrattare troppo Lou. Fagli avere un bicchiere di qualcosa, così si sente meno escluso”.

L’Arcangelo sorrise e sollevò la spada in gesto di saluto.

Gesù si allontanò verso la sconosciuta, titubante ma incuriosito.

 

Era seduta su una panchina. Le gambe, nude dal ginocchio in giù, erano tese in avanti, cosicché i piedi non toccassero terra.

Ed era pure piuttosto carina, pensò Gesù. Non gli era nuova… folti capelli castano scuro, mossi e lunghi fino alla vita, tempestati di fiori colorati; fianchi abbondanti, seno generoso, viso pieno e dalle guance rosse. Gli occhi verde scuro erano fissi sugli alluci.

“Ehm… ciao”, esordì incerto.

La quasi sconosciuta trasalì e abbassò i piedi, che si posarono sulle nuvole. Da sotto le piante iniziarono a spuntare fili d’erba e a sbocciare fiori, tanto che in pochi secondi l’intera panchina era circondata da un grazioso, piccolo giardino con tanto di farfalle, scoiattoli e insetti vari.

Gesù capì al volo.

“Tu sei Madre Natura, vero?”

La giovane annuì con un sorriso e si spostò sulla panchina per fargli spazio.

“Sì. Puoi chiamarmi Gaia, se vuoi. È più comodo”.

Gesù si accomodò al suo fianco. Sapeva di terra umida e muschio.

Rimasero in silenzio per qualche istante. Lei gli sembrava ancora più abbattuta di lui.

“Non ti stai divertendo alla festa?” le chiese col tono più gentile che avesse.

“Oh, è molto bella. Priapo mi ha inseguita per qualche tempo, è stato carino”. Sorrise brevemente, poi tornò pensierosa.

Tacquero per un po’.

“Sei Gesù, dico bene? Tuo Padre mi ha invitata e non so perché, ho sempre avuto l’impressione di stargli antipatica…”
“No! Ma figurati! Lui vuole davvero bene a tutti, senza distinzioni, è solo che… che…”

Le parole gli morirono in gola. Gaia si sporse di fianco e lo osservò a lungo.

“Ti pesa essere uno dei pochi, qui dentro, a dover sopportare il peso della devozione avendo vissuto, vero? Ti pesa essere reale ma dover vedere la gente fare cose stupide in tuo nome”.

Gesù alzò la testa e la fissò con gli occhi sgranati. Da vicino sembava un po’ più vecchia, ma era difficile a dirsi. Sembrava senza età.

Gaia si accorse di quello sguardo e piegò le labbra in un sorriso di sbieco.

“Esisto da prima di chiunque altro, qui dentro. Io ero già quando non c’era nessuno se non qualche stupida alga monocellulare a rendere l’aria più respirabile. Sono vecchia e un po’ più furba di quanto si possa credere”.

“Io credo che tu sia incredibile. E hai ragione”.

Gesù si alzò in piedi e si mise a camminare nervosamente con le braccia intrecciate dietro la schiena.

“La gente capisce sorprendentemente poco. Guarda!”

Così dicendo agitò il piede nelle nuvole e fece un buco. Quindi mosse la mano come per scacciare un insetto e spostò il paradiso, portandolo sopra una grande città.

“Io l’avevo detto chiaro e tondo: ama il prossimo tuo. Questo è sufficiente. E invece guarda quei poveri stupidi: si arrabattano con cose inutili come i santini e i rosari e intanto guardano male la ragazza che chiede l’elemosina fuori dal supermercato. Guarda, ti prego!”

Gaia si avvicino al buco. Gesù stese la mano e si avvicinarono.

In effetti signore attempate con borse della spesa cariche di ogni tipo di cibo, con al collo crocefissi e medagliette votive, passavano schifate di fianco a una giovane donna con un braccio un bambino infreddolito. Tendeva la mano e chiedeva un po’di latte. Tutti la ignoravano.

“E poi… ecco, guarda qui. Questo mi fa imbestialire!”

Spostò la mano e la visuale cambiò. San Pietro, a Roma. Cardinali con migliaia di euro di croci al collo, grassi e paciosi.
“Non parlano in nome mio! Non voglio che sia così! Questi non capiscono nulla… o, peggio ancora, prendono tutto alla lettera. Quando ho detto “Lasciate che i bambini vengano a me” non intendevo questa… schifezza!” terminò indicando una scena turpe poco più in basso.

Gaia non si era scomposta per il resto, ma lì si trovò a distogliere lo sguardo. Era troppo persino per lei.

Si rialzò. Gesù era rimasto inginocchiato con aria afflitta.

“Sai, a me interessano relativamente queste cose. Il più forte vince, il più debole muore. Tu servi per ‘bilanciare’, per far sì che il più debole non lo sia troppo. Però so bene cosa intendi”.

“Come puoi capirlo? Tu… tu non sai quanto siano noiose le preghiere e le richieste e le lamentele. Ah, se potessi filtrare le chiamate, praticamente darei retta solo ai bambini. Loro hanno capito perfettamente cosa intendo. Si arrabbiano per le ingiustizie e danno un soldino a chi ha bisogno senza che questo li renda orgogliosi. Se tutti fossero come loro, io non servirei più, e nemmeno mio Padre, e il mondo sarebbe perfetto. Se la gente avesse davvero capito cosa intendevo dire non avrebbero bisogno di pregare perché sarebbero felici. Tutti, ciascuno di loro”.

Gaia si riaccomodò sulla panchina e incrociò le braccia.

“Come posso capirlo? Guarda che io esisto davvero! Sono più reale di ogni altra cosa, perché non sono solo nel cuore della gente, sono sopra le loro teste, sotto i loro piedi e nei loro piatti (be’, questo ormai non è più tanto vero, forse). Quando decido di lasciar sfogare la mia forza la gente piange e cerca conforto in quelli come te!”

Si stava arrabbiando, era evidente. I lampi cominciarono a solcare il cielo.

Gesù si rialzò e mise i pugni sui fianchi.

“Ok, ok, un punto per te. Però almeno non hai dei cretini che ti invocano e ti chiedono cose stupide!”

Madre Natura si alzò e sogghignò.

“Scommettiamo?”

Agitò la mano verso il buco. La visuale si strinse su un quartiere di villette a schiera e sui loro giardini ben curati.

Gesù e Gaia si misero comodi a osservare.

 

 

*******

 

La gestazione di questa storia è durata un mese esatto. Proprio quanto il NaNoWriMo (per chi non sapesse di cosa parlo, c'è Google).

L'ho sistemata qua e là, senza stravolgere troppo l'idea iniziale. Ma una premessa è necessaria: NON intendo offendere nessun appartenente a un qualsivoglia credo religioso. Ciò che scrivo è solo funzionale alla trama e non vuole essere blasfemia. Non che io abbia qualcosa contro la blasfemia, anzi, ma questo caso in particolare non lo è. Anzi, spero di aver mantenuto i personaggi non originali (i vari Gesù e compagnia bella) il più IC possibile^^

Enjoy!

 

   
 
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