Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: 68Keira68    19/01/2011    7 recensioni
Non ti accadrà niente, io ti posso giurare che non sarai mai più sola per davvero. Attraversa il varco e sarai protetta."... Volevo scoprire la verità e se il mio destino era dietro quella sfera, l’avrei afferrato senza altre esitazioni. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, dopodiché avanzai decisa all’interno del varco. Una ragazza con speciali e unici poteri magici cerca di vivere la sua esistenza nel nostro mondo, sentendosi perennemente isolata ed emarginata a causa delle sue capacità, finché un giorno le voci di due figure sconosciute, un leone e una donna, la invitano ad entrare nel loro mondo per non sentirsi più sola e per scoprire la verità che le era stata nascosta da sempre. La giovane accetta senza sapere le enormi conseguenze che avrà il suo gesto su tutti gli abitanti di Narnia, primo tra tutti il re Peter Pevensie, che incontra in circostanze burrascose ma con il quale instaurerà un legame dolce quanto pericoloso. In una Narnia già in lotta con il tiranno di Telmar, un nuovo male, proveniente direttamente dagli incubi più reconditi di ogni abitante magico, tornerà dal suo limbo più potente e assetato di vendetta che mai. NB: La storia segue gli eventi del secondo film e ci sono tutti i personaggi, anche se i principali sono Peter, Caspian, un nuovo personaggio e una vecchia conoscenza^^
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Aslan, Caspian, Jadis, Peter Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao ragazzi e ragazze! Come sono trascorse le vacanze di Natale? Le mie bene, all'insegna del relax più completo :-)! L'unica pecca è che purtroppo sono finite lasciando il campo alla scuola, sob! Poco male, ho già iniziato a fare il conto alla rovescia per Pasqua hihihi! Passando al capitolo, lo scorso si era incentrato su Jadis e la sua personalità bloccando il corso della storia, questo invece cambia completamente il ritmo. I telmarini lasciati in secondo piano per molti capitoli ora sono tornati più numerosi di prima con i loro progetti di conquista. Vi avviso che questo capitolo non brilla per la fantasia, poiché seguirà molto da vicino le scene del film seppur qualche cambiamento ci sia. Questo perchè essendo la ficcy ambientata nel secondo film volevo comunque tenere conto della sua trama nonostante l'inserizione del personaggio di Cathrine e della sua vicenda, spero che non vi dispiaccia e che troviate comunque interessante rivisitare le scene del film dal punto di vista della nostra protagonista. Vi posso assicurare però che ciò si limita a questo cappy e che nel prossimo prenderò di nuovo le distanze dalla pellicola di Adams :-)
P.S.
A fondo pagina trovate una piccola sorpresa, ho postato un fotomontaggio di Cathrine e Peter nella loro spiaggia, spero che vi piaccia!

Ringraziamenti:

bex: Ciao! Grazie per la tua recensione, sono felicissima di sapere che il cappy scorso ti sia piaciuto così tanto e un grazie di cuore per tutti i tuoi complimenti *me felice con gli occhi a stellina*! Concordo, i ragazzi come Peter dovrebbero abbondare un po' di più, è semplicemente perfetto! (tranquilla, anche io mi farei chiudere da lui in una stanza, in cima ad una torre, in una baita in montagna, su un'isola deserta...ho reso il concetto? hihihihii!!!!!) Ci tenevo a dare il giusto spazio a Jadis, non mi piaceva che l'idea che Cathrine alla fine considerasse la madre solo una strega malvagia, e non mi sembrava minimamente giusto trattare un personaggio come Jadis al pari di un cattivo qualunque assetato di potere, la strega bianca meritava di essere analizzata meglio secondo me ed è uno dei motivi che mi ha fatto scrivere questa fan fiction :-) Telmar è tornata a combattere, però temo di doverti dire che nn sarà l'ultima difficoltà che i nostri due ragazzi dovranno affrontare per avere la loro felicità, un altro problema ancora più grave si affaccia all'orizzonte ma non aggiungo altro (lo so, sono cattiva, ma la suspance altrimenti dove sta?). Spero di leggere presto il tuo commento su questa capitolo e che ti piaccia! Un bacione grande grande!

sweetophelia: Ciao! Dopo molti rinvii sono riuscita a pubblicare questo cappy che come hai immaginato tratta della guerra contro Telmar! L'altro cappy effettivamente avevo interrotto il flusso narrativo, però mi sembrava doveroso concludere con una nota positiva la storia di Jadis, come ho detto anche a bex non era giusto ridurre il suo personaggio a quello di un cattivo qualunque con manie di grandezza, ho sempre pensato che nascondesse una psicologia più profonda e poi non potevo lasciare Cathy con la terribile consapevolezza di avere per madre una sadica pazza. L'arcano del papà di Cathy è finalmente svelato, però posso anticipare che non è l'ultimo dei segreti che la rossa scoprirà prima della parola fine :-) Per ora però ciò che principalmete occuperà i suoi pensieri sarà la guerra contro Telmar. Sono un po' timorosa riguardo alla scena della guerra, spero di non aver deluso nessuno volendo seguire il film, ci ho pensato e ripensato però alla fine credo chela fan fiction basandosi su le cronache di Narnia 2 doveva avere un collegamento stretto con il film per quanto l'introduzione di un nuovo personaggio lo consentisse. Cosa ne pensi? Aspetto ansiosa il tuo reponso! Grazie mille per la tua recensione che come ben sai apprezzo sempre tanto tanto tanto!!!!!!!! Ti mando un grande bacio!

Eve_Cla84:  Ciao! Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto tanto specie il ritratto del carattere di Jadis e grazie infinite per i tuoi complimenti, davvero grazie :-)! Concordo con te, anche secondo me vedere Jadis solo come la crudele strega è sbagliato, è un personaggio psicologico di grande spessore, non sarebbe giusto ridurla ad un semplice cattivo con il cuore di pietra, secondo me ha una personalità molto complessa e profonda dietro l'immagine che da di sé, e poi non volevo che Cathrine credesse che sua madre fosse solo la gelida strega conquistatrice! Il capitolo Ian non è ancora chiuso, si sentirà ancora parlare di lui, però purtroppo 1300 anni sono troppi anche per uno stregone, quindi temo che Cathy nn avrà mai il piacere di poterlo incontrare dal vivo :-(, Effettivamente hai ragione, finito il pericolo Jadis subito che ne arriva un altro a distruggere la quiete dei nostri protagonisti! Prima o poi però Telmar doveva tornare a farsi sentire, e per fortuna troverà i Pevensie pronti ad accoglierla! Mi auguro che anche questo capitolo ti piaccia nonostante sia rimasta molto fedele alla trama del film, spero di sapere presto cosa ne pensi! Un bacioneoneone e ancora mille grazie per la tua recensione!

Grazie infinite anche ovviamente a tutti coloro che mi hanno aggiunta tra seguite e/o preferite, thanks^^ e se avete il piacere di farmi sapere cosa ne pensate della storia sappiate che i commenti sono sempre accolti più che a braccia aperte!

Buona lettura

kisskisses

68Keira68

witch

20_La speranza in un miracolo

Vedere le espressioni allibite dei Pevensie, di Caspian, di Ripicì, di Nikabrik e di alcuni degli ufficiali per la nostra improvvisa apparizione nella sala era uno spettacolo impagabile.

“Come siete…?” balbettò Susan all’indirizzo mio e di Peter rompendo il silenzio stupito che era calato dopo il nostro arrivo.

“Cathy ci ha smaterializzato entrambi” spiegò il biondo con semplicità.

Susan scosse leggermente la testa e strabuzzò gli occhi, ma si riprese subito. “Bene” commentò “molto utile considerando la situazione in cui vertiamo” concluse introducendo subito il motivo per cui ci aveva fatti convocare.

Vidi i lineamenti di Peter indurirsi, la spensieratezza, con la quale aveva risposto divertito dal viso sorpreso della sorella, del tutto svanita.

“Quanto è grave?” domandò diretto.

“L’esercito è qui fuori, con ben cinque catapulte. Stanno sistemando l’accampamento” illustrò Edmund con tono grave.

Le labbra di Peter si serrarono. “Cinque?” chiese conferma a denti stretti.

“Purtroppo. E ci saranno almeno un migliaio di uomini” proseguì Caspian tetro.

Il Re Supremo chiuse gli occhi, come se cercasse di assorbire la nefasta notizia. Quando li riaprì però nelle sue iridi color zaffiro scorsi solo un’assoluta determinazione.

“Ce lo aspettavamo. Sapevamo che avevano delle catapulte, che ci erano numericamente superiori e soprattutto che la battaglia sarebbe arrivata. Non dobbiamo farci prendere dal panico.” Esclamò, con un’evidente tentativo di risollevare gli animi dei narniani presenti che si stavano dando allo sconforto e dei suoi fratelli stessi.

“Si ma non così tanto numericamente superiori” commentò amara Susan.

“Nonostante il numero dobbiamo combattere. Non abbiamo altra scelta se vogliamo salvare Narnia” disse piccato il ragazzo.

“Non ci resta che lottare allora” concordò Edmund, poggiando una mano sul pomo della spada come ad attingere forza da essa.

“E sperare in un miracolo” aggiunse caustica Lucy.

Noi tutti la guardammo, colpiti dal suo insolito pessimismo, ma nessuno ribatté, nemmeno Peter. Ognuno sapeva fin troppo bene la critica situazione in cui ci trovavamo per avere obiezioni se non ostentando un falso e inutile ottimismo.

Era vero. I telmarini erano più numerosi di quello che pensavamo come anche il numero delle catapulte, batterli sarebbe stato difficile. Noi eravamo in pochi e nonostante l’idea di Caspian, del grosso dei soldati nemici se ne sarebbe occupata la fanteria, la nostra piccola per quanto brava fanteria. Un miracolo, se mai fosse stato possibile, sarebbe stato opportuno.

Sospirai frustrata. Volevo rendermi utile, poter fornire una soluzione, ma come? Purtroppo io ero una semplice strega alle prime armi, i miracoli erano fuori dalla mia portata. Chi mai avrebbe potuto compierne uno? Forse Jadis ci sarebbe riuscita. Con semplicità aveva congelato tutta Telmar rendendola innocua, per lei probabilmente spazzare via il loro esercito sarebbe stato un gioco da ragazzi. Ma Jadis, anche se avessimo trovato il modo di convincerla a lottare dalla nostra parte, era morta. Oltre lei chi altri avrebbe potuto aiutarci? Poi l’eco di parole lontane e quasi dimenticate mi tornò alla mente. Le uniche parole che avrebbero potuto ridare una speranza non falsa ma tangibile, appartenenti all’unica persona che avrebbe realmente potuto operare un miracolo.

“Forse il miracolo potrebbe non essere così impossibile da far avverare” esordii.

Cinque paia di occhi sorpresi si posarono su di me con un’implicita ma chiara domanda.

“Non avevo ancora avuto occasione di dirvelo, ma prima di andare a cercare la chiave sono andata alle rovine e a Telmar per rendermi conto dell’entità del danno che avevo fatto” iniziai. Peter aprì bocca per ribattere alla mia ultima affermazione ma io lo precedetti. Non volevo udire per l’ennesima volta che non dovevo sentirmi responsabile per i misfatti di mia madre, avevo la mia parte di colpa nell’intera questione e non volevo che venisse sminuita o persino cancellata. “e lì ho incontrato Aslan” conclusi.

A Peter morì la sua obiezione sulle labbra. Per un lungo e interminabile minuto tutti i presenti trattennero il respiro, increduli a ciò che avevano appena udito. Susan iniziò persino a scuotere con piccoli scatti la testa in segno di diniego, incapace di interiorizzare l’informazione appena sentita.

“Ne… sei proprio sicura?” sussurrò infine Peter, recuperando l’uso della parola.

Gli regalai un sorriso convincente e annuii con il capo. “Gli ho parlato, non posso sbagliarmi”.

“E cosa vi siete detti?” volle sapere Susan. Il suo tono era cauto, circospetto, come se temesse di abbandonarsi alla speranza che una notizia come quella del ritorno di Aslan avrebbe potuto dare.

“Mi ha consigliato su dove potevo trovare la chiave per aprire le vostre celle e mi ha detto di fidarsi di me e di voi, che se fossimo rimasti uniti saremmo riusciti a battere la strega” raccontai ricordando con precisione la discussione avuta con il Grande Felino. “E infine mi ha detto che quando avreste avuto bisogno di lui, quando lo avreste cercato, vi avrebbe aiutati” rivelai.

“Cate perché non ce lo hai detto prima? Questo cambia tutto!” mi aggredì Susan, improvvisamente infervorata.

“Giusto, con tutta la calma che c’è stata in questi giorni non so proprio come ho fatto a scordarlo” ironizzai sibillina. Sapevo perfettamente anche io che avevo scordato un’informazione di assoluta importanza, ma la regina avrebbe dovuto capire che la morte di Jadis per me aveva avuto la precedenza sul resto.

Peter cercò di camuffare una risata per la mia risposta con un colpo di tosse e lo stesso fecero Edmund e Caspian.

La regina si morse il labbro, rendendosi conto dell’accusa che mi aveva rivolto.

“Scusa, hai ragione.” ammise “L’importante è che ora lo sappiamo.” Si rivolse poi al fratello maggiore, gli occhi brillanti di nuova energia, pieni di vita e, finalmente, di speranza “abbiamo una possibilità Peter”.

“Si” concordò il re Supremo con un sorriso trionfante. “Ora dobbiamo solo decidere chi andrà a chiedere l’aiuto di Aslan”.

“Andrò io”. La voce pacata ma risoluta di Lucy non esitò a proporsi.

“Come? Ma mia regina, dovreste addentrarvi nella foresta e con i telmarini alle porte sarà pericoloso!”

L’obiezione veemente giunse da Trumpkin, rompendo il silenzio in cui si era tenuto finora.

Lucy gli si avvicinò e gli sorrise per tranquillizzarlo. “Lo so, ma è un mio dovere. Non temere, sono certa che non mi accadrà nulla.”

“Non potete esserne certa. Di noi non ne sono già morti abbastanza? Dovete per forza rischiare anche la vostra vita?” ribatté infervorato e sinceramente preoccupato il nano.

“Riflettici bene Lucy. NIkabrik ha ragione.” si accodò Peter corrugando la fronte.

Gli occhi grandi e sicuri della piccola regina si posarono sul fratello. “Ci ho pensato attentamente. Peter, trovare Aslan è la nostra unica speranza e io sono l’unica che può cercarlo senza far perdere all’esercito un valido membro. Perfavore”. Inisté.

Come sempre, rimasi stupita da quanta forza d’animo potesse risiedere in un corpo così piccino. Lucy non doveva avere più di unidici anni, eppure parlava con la stessa fermezza e la stessa coscienza di un’adulta. Era convinta di quello che affermava, sapeva quali responsabilità comportava il compito che stava per prendersi ed era pronta a farsene carico senza esitazioni.

Peter prese un gran respiro, preda dell’indecisione. L’idea di lasciare alla sorella più piccola un incarico come quello, pericoloso quanto impegnativo, gli pesava come un macigno, ma sapeva che probabilmente se esisteva una persona in grado di trovare Aslan, quella era Lucy, la bimba che con il suo cuore dolce e ingenuo aveva il più stretto legame con il felino e che aveva avuto ben due contatti con lui da quando era tornata a Narnia.

Vidi il suo sguardo correre verso Susan in cerca di aiuto e trovò negli occhi color cioccolato della sovrana la risolutezza che sperava. Sua sorella aveva già in mente quale fosse la decisione più giusta da prendere.

“Lucy è la nostra unica speranza” disse a Trumpkin.

Il nano spalancò gli occhi, contrariato. “Almeno permettetemimi di venire con voi” supplicò rivolto alla piccola.

Lucy scosse la testa. “No, tu sei più utile qui”.

“E poi non sarà sola. Io andrò con lei” propose Susan, sorprendendoci.

Sentii i muscoli di Peter rilassarsi, evidentemente felice della decisione presa dalla ragazza.

“Perfetto. Insieme dovreste avere più probabilità di successo” constatò il re. La sua fronte non era più corrucciata, eppure nella sua voce non potei non notare ugualmente una sfumatura di preoccupazione. Certo, sapere che Lucy non sarebbe andata da Aslan da sola lo tranquillizzava in parte, ma sarebbe stato impossibile per la sua indole lasciare andare le sue sorelle senza avere un minimo di timore. 

“Quindi ora il nostro principale problema è quello di intrattenere l’esercito di Miraz finché Lucy e Susan non trovano Aslan?” chiese retoricamente Edmund, cambiando la direzione del discorso.

Peter annuì, l’espressione di nuovo grave. “E temo che l’unico modo per far ciò sia resistere il più a lungo possibile combattendo” commentò amaro.

Dalla tavola di pietra, Caspian si schiarì la voce, catturando su di sé l’attenzione. “Forse c’è un altro modo per prendere tempo” rivelò.

“Quale?” domandò interessato Peter.

“Miraz sarà pure un tiranno, ma come re di Telmar deve attenersi alle tradizioni del suo popolo, e ce n’è una in particolare che farebbe al caso nostro” ci informò “Il re di un esercito può sfidare a duello il re dell’esercito avversario risparmiando ai loro uomini di guerreggiare. Il vincitore, vince la guerra. Il perdente” si interruppe, fissando intensamente Peter prima di concludere con tono nefasto “muore”.

Il respiro mi si bloccò al suono di quella macabra parola. I miei occhi cercarono quelli di Peter ansiosi di scorgere in essi una risposta negativa a quella proposta. Ma la fermezza che scorsi in quelle iridi zaffiro mi fece sprofondare il cuore.

“No, troveremo un’altra maniera” mi opposi con fervore. Non potevo nemmeno pensare che Peter corresse un rischio simile.

“Temo non ce ne siano” si inserì Edmund fissandomi serio. “Anche io non sono entusiasta dell’idea, ma è l’unico modo che abbiamo per dare a Lucy e Susan il tempo per svolgere la loro missione” ragionò.

Mi morsi forte il labbro, frustrata dalla verità che quelle parole avevano.

“è una decisione rischiosa.” Disse Susan, dandomi ragione. “Peter non può correre un pericolo simile. Se… Peter dovesse perdere, il popolo di Narnia perderebbe il suo re e a quel punto sarebbe futile anche tutto il tempo di questo mondo” osservò piccata.

“Concordo. Dobbiamo trovare un’altra via” la appoggiai, guardando Peter supplichevole di non compiere un gesto tanto avventato.

Purtroppo però l’espressione decisa del viso del re mi informò di quanto inutili fossero le obiezioni mie e della sorella prima che parlasse.

“Non c’è un’altra via” obiettò riprendendo la frase del fratello. Peter prese un bel respiro prima di rivelare la sua decisione. “Se questa tradizione ci darà il tempo necessario per contattare Aslan, sfiderò Miraz a duello. In quanto re è mio dovere fare tutto ciò che posso per il mio popolo, e data la vostra scarsa fiducia nelle mie capacità vi ricordo che sono uscito da più di uno scontro vincitore, non è il caso quindi di disperarsi già per la mia sconfitta.” Aggiunse poi diretto a me e a Susan.

Mi sentii avvampare, offesa dall’insinuazione, ma prima che potessi aprire bocca, la regina ribatté. “Nessuno mette in dubbio le tue abilità Peter. Sei probabilmente il più abile combattente di Narnia e lo sappiamo. Ma Miraz non è uno dei soldati semplici che abbatti come niente in battaglia, è un membro della famiglia reale, è stato educato a vincere nei duelli da quando è nato. Lo scontro non sarà semplice.”

Peter la fulminò con lo sguardo, risentito dalle osservazioni corrette della sorella. “Ciò nonostante” disse gelido “combatterò”. Sentii il cuore perdere un battito a quella decisione. Avrebbe di nuovo rischiato la vita per il suo popolo, e questa volta in una sfida ancor più pericolosa delle precedenti.

“Bene. Edmund, prendi carta e penna per favore. Scriverò a Miraz la mia intenzione di sfidarlo e tu andrai in ambasciata con due soldati come scorta per consegnargli la lettera.” Proclamò risoluto, senza ulteriore indugio.

Edmund annuì e si adoperò immediatamente per esaudire la richiesta del fratello.

Sentivo un senso di disperazione crescermi nel petto e cercai nei visi dei ragazzi presenti segni della mia stessa angoscia. Caspian era serio ma, almeno in apparenza, calmo. Susan aveva il viso di pietra, solo gli occhi lasciavano intravedere la preoccupazione e la rabbia per la testardaggine del fratello. I lineamenti di Lucy invece erano contratti quanto i miei dalla paura per la sorte di Peter.

Accidenti a lui, ma perché doveva essere così eroico in qualsiasi situazione? Perché aveva un senso dell’onore e del dovere così grandi? Non poteva per una volta essere egoista e pensare prima di tutto alla sua vita? Era così complicato avere un briciolo di istinto di autoconservazione?

Sentii la pressione calda di una mano accarezzarmi la guancia. Mi voltai verso destra e vidi il volto della fonte della mia preoccupazione più vicino di quanto mi aspettassi. Aprii bocca per cercare di dissuaderlo dal suo intento in un ultimo tentativo, ma rimasi bloccata quando scorsi nelle sue iridi zaffiro un altro sentimento oltre la sicurezza di quali erano i suoi obblighi. In quel cielo azzurro albergava l’inquietudine. Ciò fece capitolare le mie accuse. Peter possedeva uno spirito di autoconservazione e non era stato avventato nella sua scelta. Sapeva con esattezza a cosa andava in contro duellando con Miraz, ai pericoli in cui poteva incorrere e aveva paura. Paura di lasciare il suo regno privo di una guida, i suoi fratelli da soli, la sua vita tra le braccia della morte. Eppure era disposto a pagare quell’alto prezzo, a correre il rischio per il bene di Narnia.

Con riluttanza, a quel punto mi rassegnai. “Fa attenzione, ti prego” bisbigliai a suo solo beneficio.

“Tornerò vincitore” mi promise in un dolce sussurro e io sperai che avesse ragione con tutte le mie forze, supplicando l’entità divina che proteggeva quel magico mondo, chiunque essa fosse.

 

*

 

“Destriero mi ha sempre servito fedelmente. Siete in buone mani” assicurò Caspian finendo di stringere i lacci delle staffe della sella di Susan e Lucy, già montate sulla schiena del cavallo nero.

“O zoccoli” disse Lucy, in un blando tentativo di alleggerire l’atmosfera che aleggiava tra i tre ragazzi, resa grave dall’importanza del compito che le due sorelle Pevensie si apprestavano a eseguire.

“Oh, a proposito” esclamò il principe. “Questo credo sia tuo.” Il ragazzo trafficò con la cinghia alla quale era appesa la spada, sciogliendo il cordino che legava ad essa un corno bianco con ghirigori dorati sul bordo. “è giusto che te lo restituisca” concluse porgendo l’oggetto a Susan.

“Il mio corno magico” osservò sorpresa la regina. Lo prese tra le mani, accarezzando la superificie linea, affatto intaccata dallo scorrere dei secoli. Un accenno di sorriso le curvò le labbra vedendo l’oggetto che in più di un’occasione l’aveva aiutata in passato. Poi però lo riconsegnò al giovane. “tienilo tu. Potrebbe servirti per chiamarmi.” Gli rispose ammiccante.

Una luce di malizia si accese negli occhi scuri di Caspian. “Con un tale invito, rischi che potrei usarlo molto spesso.” Ribatté stando al gioco.

Lucy si schiarì la voce, facendo notare la sua presenza del tutto dimenticata dai due giovani. “Ragazzi, tic tac, il tempo scorre. Potreste continuare a tubare come due colombe dopo che avremo vinto la guerra?”.

“Lucy!” Susan riprese la sorella, le guancie che si imporporarono celeri.

“B…bene. In bocca al lupo ragazze” balbettò imbarazzato Caspian allontanandosi di un passo.

La piccola scoppiò a ridere divertita. Susan borbottò qualcosa di poco carino nei confronti della sorella, ma l’invettiva si perse nel rumore degli zoccoli di Destriero, spronato con forza dalla regina.

Quando il sole investì le due figure però il riso si spense. La loro missione era iniziata, una missione dalla quale dipendeva Narnai intera. Lucy chiuse gli occhi e pregò con tutta se stessa di non deludere i suoi fratelli e chi credeva in lei. Doveva assolutamente trovare Aslan, non poteva permettersi errori, e sapeva che per trovarlo esisteva un unico modo. Doveva credere che ciò fosse possibile.

 

*

 

Alla fioca luce delle candele, il leone dorato, simbolo di forza e onore, brillava come il resto della lama di metallo lucido. La strinsi al petto come fosse un amuleto e la scongiurai di aiutare il suo possessore come sempre aveva fatto.

“Ecco l’elmo” Edmund passò l’ultimo pezzo dell’armatura al fratello maggiore che lo prese sotto il braccio.

“La spada” dissi io, porgendogli la nobile arma che venne prontamente infilata nella fodera.

Un’ora fa Edmund era tornato con la risposta di Miraz alla sfida lanciata da Peter, una risposta, purtroppo per me, positiva. Edmund aveva dovuto sfoderare le sue migliori doti di diplomatico, ma alla fine il sovrano di Telmar aveva accettato di duellare con il re di Narnia. Ed ora Peter, scintillante nella sua armatura, si apprestava a combattere come annunciato.

Il biondo mi si avvicinò e prese una ciocca dei miei capelli tra le sue dita coperte dal guanto in pelle.

“Vi aspetto fuori. Peter, cinque minuti” si congedò Edmund, intuendo il desiderio mio e del fratello di essere lasciati soli.

“Peter, ti prego, se ti succedesse qualcosa io…” iniziai con tono più petulante di quello che avrei voluto. Probabilmente stavo facendo la figura della sciocca, ma non mi interessava. Al momento le mie energie erano troppo concentrate a sperare nella vittoria di Peter per preoccuparsi di mantenere un certo contegno.

“Shh” mi zittì il ragazzo, poggiando un dito sulle mie labbra. “Non mi accadrà niente. Te l’ho già detto. Sono troppo egoista per permettere a qualcuno di privarmi del piacere di tornare da te.”

La serietà e la convinzione nel suo sguardo erano tali da riuscire quasi a convincermi. Quasi. Perché nonostante i suoi sforzi, l’ombra di inquietudine che avevo scorto prima c’era ancora.

Volevo aggiungere qualcosa, la mia mente mi urlava di fargli sapere quanto tenessi a lui e di come non poteva assolutamente permettersi di rimanere ucciso in quel duello, ma ogni frase che pensavo mi sembrava banale e ripetitiva. Così mi sollevai sulle punte dei piedi e lo baciai con passione e preoccupazione, optando per un gesto che a differenza delle parole non sarebbe mai stato banale.

Quando ci separammo, Peter aveva un sorriso malizioso dipinto in volto. “Se volevi darmi un ulteriore incentevo per tornare, ci sei riuscita” scherzò.

Mi permisi di ridacchiare, finché Peter non si diresse all’uscita, portandomi con sé.

La breve salita che dall’ingresso dell’edificio conduceva al cortile mi parve infinita. Ad attenderci c’era tutto l’esercito di Narnia sparso lungo il muro delle rovine e alla vista del suo sovrano proruppe in urla e incitamenti. Par contro, un centinaio di metri prima dell’arena dove si sarebbe svolto l’incontro, gli uomini di Telmar sostenevano il loro re in silenzio, impettiti nelle file ordinate del loro battaglione, emanando solennità e compattezza.

Dal lato più vicino dell’arena, dove ancora il resto di un trilitico stava in piedi, ci attendevano Edmund, anche lui con indosso l’armatura, Warwik, il centauro ufficiale dell’esercito, Ripicì e Trumpkin. Notai che mancava Caspian. Lo cercai con lo sguardo, ma senza successo. Dov’era finito il principe di Telmar?

“Sei pronto fratello?”

La voce di Edmund era tesa, specchio della sua apprensione. Peter annuì con un cenno del capo, apparendo esattamente come voleva apparire, forte, determinato, invincibile. Infilò l’elmo, celando il suo viso da ragazzo per divenire un combattente la cui identità si fondeva con quella della sua spada.

Con un movimento elegante, sfoderò quest’ultima recante l’effigie di Aslan, facendola scintillare al sole, poi avanzò verso il centro dell’arena.

Dalla parte opposta, re Miraz lo imitò, indossando l’elmo che gli nascose completamente il volto e impugnando la sua spada, lasciandosi alle spalle il generale Glozelle e due Lord del consiglio di Telmar.

I due avversari iniziarono a camminare in cerchio, studiandosi a vicenda.

“C’è ancora tempo per ritirarsi” sentii pronunciare a Miraz.

Stupido, pensai, non ha idea di con chi ha a che fare.

“Fate pure” rispose Peter mordace.

“Quanti ancora dovranno morire per il trono?” lo provocò il sovrano.

“Soltanto uno” e detto questo, Peter partì con il primo affondo. Miraz parò con più agilità di quello che ci si poteva aspettare da una persona della sua età, e ricambiò con una serie di colpi dall’alto. Gli attacchi di Miraz puntavano sulla forza, sperava di piegare Peter sotto i suoi poderosi affondi contando su una superiorità fisica che doveva essere certo di possedere. Lo stile di combattimento del biondo invece era totalmente diverso. Peter mirava a sopraffare l’avversario con l’agilità e la precisione dei colpi.

I due contendenti per diversi minuti parvero uguagliarsi. Riparandosi dietro lo scudo, Miraz riusciva a schermirsi dagli attacchi di Peter mentre quest’ultimo riusciva a schivare quelli avversari. Un colpo violento al viso da parte di Miraz fece arretrare Peter che reclinò il capo facendo cadere a terra l’elmo e sfilare il cappuccio della maglia in ferro. Subito dopo però un affondo di Peter andò a segno, ferendo la gamba del sovrano poco sopra il ginocchio.

Esultai. Uno a zero per Peter.

Purtroppo però questo attacco parve dare nuovo vigore a Miraz che iniziò ad incalzare una serie di affondi furiosi e possenti. Peter schivò a più riprese, ma l’ultimo attacco, diretto al fianco destro, fu troppo veloce e per pararlo il ragazzo fu costretto a sbilanciarsi usando lo scudo sul lato opposto rispetto a dove lo portava. Peter, in equilibrio precario, non riuscì a sostenere il colpo violento e cadde a terra.

Miraz colse l’occasione per caricare un colpo dall’alto ma il biondo, rotolando sul fianco, riuscì ad evitarlo. Purtroppo però non riuscì a schivare anche il calcio che il sovrano di Telmar diede ad un lato dello scudo concavo. Un urlo di dolore si propagò nell’aria e il mio cuore si strinse quando si rese conto che proveniva da Peter. Lo scudo, abbassato dal calcio da un lato, si era con un colpo secco alzato all’altezza dell’avambraccio del ragazzo, slogandogli la spalla.

Trattenni il respiro portandomi le mani al petto, gli occhi pieni di orrore. Senza pensare, feci due passi in avanti, in direzione di Peter. Dovevo andare da lui. Avrei interrotto il duello se necessario ma doveva raggiungiungere il ragazzo e guarirlo.

Ma due forti braccia mi trattennero afferrandomi per la vita.

“Cate, cos’hai intenzione di fare?” la voce di Edmund mi giunse allarmata all’orecchio.

“Lasciami. Ha bisogno di aiuto, sta male, io posso aiutarlo” gli risposi, il tono trapelante panico e ansia, cercando di svincolare dalla sua presa che per tenermi ferma aumentò.

“Se piombassi lì con la pretesa di aiutarlo non ti rivolgerebbe mai più la parola. È un re e un ottimo combattente. È sopravvissuto a ferite peggiori, ma quella che tu faresti al suo orgoglio soccorrendolo come fosse un bambino davanti all’esercito suo e avversario non guarirebbe mai. Credimi.” Affermò con risolutezza.

“Ma…” provai ad obiettare ma Edmund non me lo permise parlandomi sopra. “Lo so. Anche io sono preoccupato, cosa credi? Ma dobbiamo fidarci di lui e lasciarlo fare.”

Mi morsi il labbro e presi un bel respiro, cercando di calmarmi per ammettere con me stessa che il moro aveva ragione. Peter non avrebbe mai perdonato un’intromissione da parte mia. Era difficile da accettare, ma purtroppo l’unica cosa che potevo fare era restare a guardare e sperare.

 

“Lucy tieniti forte!”

La bimba cinse con più forza la vita di Susan mentre quest’ultima con un colpo di redini aumentò l’andatura della corsa.

“Quanti sono?” domandò Lucy intimorita.

“Credo cinque”

Cinque. Cinque soldati erano loro alle calcagna. Erano apparsi dal nulla, appena si erano inoltrate al galoppo nella foresta. Simili ad ombre si erano buttati al loro inseguimento, come se non stessero aspettando altro.

“Riusciamo a seminarli?”

Alla richiesta della piccola non giunse alcuna risposta. Lucy cominciò a temere il peggio. Erano in cinque contro due, di cui solo una capace di difendersi con un’arma inutilizzabile in groppa ad un cavallo in corsa. L’unica possibilità era riuscire a staccarli, ma i destrieri di Telmar si stavano rivelando più veloci del previsto, rendendo l’impresa difficile.

Susan tirò le redini a sorpresa, fermando il cavallo. Con un balzo scese giù e consegnò le briglie alla sorella minore, prendendo al loro posto arco e faretra.

“Susan!” la richiamò allarmata la piccola. “Cosa intendi fare?”.

La regina guardò Lucy dritta negli occhi castani, divenuti grandi e spauriti.

“Mi dispiace Lucy ma temo di non poterti più accompagnare” la informò cercando di sorriderle nonostante la serietà del momento.

“No Susan, sali a cavallo. Li semineremo” tentò la bimba. Si fidava ciecamente della abilità di arciera di Susan, ma cinque avversari erano troppi per una sola persona. Non poteva abbandonare la sorella in una situazione tanto critica.

“Non temere. Tu trova Aslan, questo ha la precedenza su tutto” decretò la sovrana. Lucy tentennò, aprì bocca per ribattere, ma prima che potesse aggiungere altro un rumore di zoccoli annunciò quanto i loro nemici fossero vicini. Susan urlò “Vai!” e diede un colpo a Destriero per farlo partire. Lucy si aggrappò alle redini e il cavallo corse fin sopra un’altura. La piccola si girò all’indietro, il cuore pesante al pensiero del pericolo che Susan stava per correre. La sorella maggiore si voltò incrociando lo sguardo della piccola regina. Le sorrise, cercando di tranquillizzarla e di non far trapelare quanto invece lei per prima sapesse come la missione che l’attendeva fosse difficile se non impossibile. Gli occhi color nocciola della bimba si riempirono di lacrime, ma trovò la forza per dare un colpo di redini a Destriero e proseguire la corsa come Susan voleva.

Quando Lucy si allontanò, la regina sospirò di sollievo pensando che la sorella sarebbe senz’altro riuscita a raggiungere Aslan, salvando Narnia. Se lei fosse riuscita nel compito di difendere lei e il suo viaggio. Era conscia di essere in svantaggio numerico e di rischiare la sua stessa vita, ma era consapevole anche del fatto che affrontare i nemici frapponendosi tra loro e Lucy era l’unica cosa fattibile per dare a quest’ultima una possibilità di trovare il Grande Felino. E poi non avrebbe mai permesso a degli ignobili soldati di torcere un capello a sua sorella. Sarebbero dovuti passare sopra lei e il suo arco prima di riuscirci.

Con un respiro profondo prese una freccia rossa dalla faretra alle sue spalle. Alzò l’arco dinanzi a sé e posizionò la freccia. Lentamente tese la corda, sfiorando il piumaggio delicato che decorava il dardo, e attese.

Il rumore si faceva sempre più vicino. Ora si poteva udire anche il suono delle voci concitate e del cozzare delle spade contro le armature. Tese ulteriormente l’arco, iniziando a puntarlo verso la fonte del rumore.

L’espressione era concentrata, priva della paura che le batteva nel cuore. Non si sarebbe mai mostrata terrorizzata davanti al nemico. Li avrebbe affrontati a testa alta. Dritta, impavida, perfetta quanto temibile nella sua posa da arciera, si sarebbe fatta vedere altera e pericolosa come una dea della caccia.

Quando un raggio di sole illuminò l’elmo del primo soldato, il dardo partì sibillando centrando in pieno il bersaglio, letale come sempre. L’uomo non era ancora caduto a terra quando una seconda freccia era già stata incoccata e scagliata, conficcandosi nel collo del secondo soldato.

I tre rimasti avevano sguainato la spada. Il più vicino si diresse con la lama alzata, pronta a sferrare un colpo mortale dall’alto diretto alla regina di Narnia, ma Susan era pronta e una terza freccia venne lanciata con precisione uccidendo il telmarino. Peccato che concetrata nel tiro non aveva scorto il quarto soldato avvicinarsi. All’ultimo riuscì ad abbassarsi per evitare la lama, ma con un calcio l’uomo la fece cadere. Nell’impatto con il terreno alla giovane sfuggì di mano l’arco. Tentò di alzarsi, ma prima che potesse far qualsiasi cosa, i due cavalieri le si avvicinarono a spada tratta. Susan sentì il cuore sprofondare. Serrò gli occhi preparandosi all’affondo letale che presto sarebbe inevitabilmente giunto.

È finita.

Un paio di occhi neri, ma ardenti come brace, occuparono il suo ultimo pensiero insieme alla consapevolezza che non vi ci sarebbe mai più specchiata al loro interno, prima che il rumore metallico di due lame che si scontravano le riempisse le orecchie.

Alzò le palpebre di scatto, sorpresa di non provare dolore alcuno. Sorpresa di poter scorgere ancora il mondo reale e non il paradiso. Sorpresa di vedere la persona, che all’ultimo aveva impegnato la sua mente, combattere contro il quinto soldato dopo aver abbattuto il quarto.

Caspian, in groppa ad un cavallo nero, con indosso l’armatura e la spada sguainata, l’aveva salvata.

Un movimento di polso e la lama del telmarino fu strappata dalla mano del suo proprietario. Un affondo, rapido e deciso, e il duello finì.

Caspian si voltò rivolgendole un sorriso solo leggermente incrinato dalla fatica appena compiuta.

“Sicura di non rivolere il corno?” la provocò ilare porgendole una mano per aiutarla a salire sul dorso del destriero.

Bello, vittorioso, sereno, illuminato dal sole, sembrava più che mai un’apparizione. Un angelo custode comparso unicamente per lei, quasi lo avesse evocato.

Susan si alzò, recuperò l’arco e si aggrappò alla mano del ragazzo per salire sul cavallo. Gli cinse la vita e poggiò il suo capo nell’incavo della spalla del giovane.

“Grazie” sussurrò al suo orecchio, depositandogli un bacio sulla guancia.

“Dovere. Potevo permettere a due insignificanti soldati di privare Narnia della regina più bella che avesse mai visto?”.

Susan rise, il cuore improvvisamente alleggerito dall’angoscia provata poco fa. Non riusciva ancora a credere di essere scampata ai telmarini. Più o meno quanto non riusciva a credere che il principe fosse lì con lei.

Riassumendo, era viva, era con Caspian e Lucy era al sicuro, diretta verso Aslan. Aveva assolto il suo incarico. Grazie all’aiuto del principe che in quel momento più di qualsiasi altro sentì di amare come non aveva mai amato nessun’altro. Quella piccola saggia di sua sorella aveva visto davvero giusto. Caspian era un ragazzo d’oro e non si sarebbe mai pentita di aver fatto cadere le palizzate attorno al suo cuore per consentirgli l’accesso. Per una volta, l’aver agito seguendo i sentimenti e l’istinto l’aveva condotta sulla via più difficile da trovare, la via della felicità.

 

Peter rotolò sul braccio sano e cercò di alzarsi in piedi. I lineamenti erano contratti dal dolore, ma gli occhi brillavano di rabbia e sfida, desiderosi di rivalsa. Si portò la mano al petto, per non sostenere a peso morto lo scudo e con la destra caricò un colpo dall’alto. Dopo qualche affondo però i duellanti si bloccarono. Peter era voltato di schiena, ma vidi che la testa non era rivolta a Miraz, bensì ad un punto alla sua sinistra.

“Sua altezza ha bisogno di una tregua?” chiese il telmarino mellifluo.

“Cinque minuti?” propose Peter, cogliendo l’occasione.

“Tre!” decretò Miraz, agitando la spada.

Sospirai di sollievo. Una tregua avrebbe permesso a Peter di venire da noi, in modo che potessi soccorrerlo con la magia.

Il biondo abbassò la sua lama e si volse nella nostra direzione. La sua espressione malcelava il dolore che provava alla spalla, il che incrementò a dismisura la mia apprensione.

Resistetti all’impulso di corrergli incontro, memore delle osservazioni di Edmund, ma quando finalmente Peter ci raggiunse, non riuscii ad impedirmi di accarezzargli il viso sudato e di scostargli una ciocca di capelli da davanti gli occhi.

“Sto bene, tranquilla” mentì spudoratamente.

Scossi la testa ma non lo contraddii. Peter rivolse l’attenzione a qualcuno dietro di me e io seguii la direzione del suo sguardo.

Con mia sorpresa alle nostre spalle erano comparsi Susan e Caspian. Una lampadina mi si accese in testa e compresi perché Peter poco prima non stava guardando il suo avversario e aveva chiesto una tregua.

“Lucy?” domandò con tono allarmato, chiamando l’unica assente.

“è riuscita a passare” lo rassicurò Susan. “Con un piccolo aiuto” e indicò Caspian con l’estremità del suo arco che stringeva tra le mani, segno che doveva essere da poco uscita da uno scontro, aiutata dal giovane principe.

“Grazie” la voce di Peter era impregnata di gratitudine.

“Bhè, tu eri impegnato” minimizzò Caspian.

“Ascolta” disse poi il re rivolto alla sorella “vai dagli arcieri, in ogni caso non credo che quelli di Telmar manterranno la parola. E vai anche tu, mettiti al sicuro” concluse al mio indirizzo.

Scossi la testa. “No, resto qui finché il duello non è finito. Dopo andrò dove vorrai” mi impuntai.

Peter sospirò ma non tentò di persuadermi, capendo che sarebbe stata fatica sprecata.

“Fa attenzione” Susan gli si avvicinò per abbracciarlo, ma appeno lo cinse, un’esclamazione di dolore fuoriuscì dalle labbra di Peter.

“Scusa”

“Non importa”

Susan corse via mentre il biondo si sedette, lasciando spada e scudo ad Edmund.

“Credo sia slogata” ci informò Peter sfiorando la spalla con la mano.

“Aspetta, ci penso io” mi proposi immediatamente, sentendo già la magia formicolare nelle mie mani.

“No!” si oppose il ragazzo con inaspettata veemenza. Mi bloccai, incredula.

“Possibile che ogni volta che cerco di curarti hai qualche obiezione?” mi infervorai.

Peter addolcì l’espressione. “Scusa, ma farmi curare dalla tua magia sarebbe come imbrogliare”.

Lo squadrai con aria interrogativa. “Perché? Anche Miraz si starà facendo curare” obiettai.

“Certo, ma con i metodi normali che possono solo alleviare il dolore e non farlo sparire. Se tu mi curassi tornerei come nuovo, e questo non sarebbe corretto poiché costituirebbe un vantaggio che non dovrei avere.” Mi spiegò con convinzione.

Sbuffai, incredula a ciò che sentivo. “Oh ti prego! Riesci a mettere da parte il tuo smisurato senso dell’onore per cinque minuti e comportarti in maniera ragionevole? Ti assicuro che al tuo popolo fa più comodo un re con l’onore leggermente intaccato ma vivo, che morto ma senza macchia!” gli feci notare piccata.

“Vorresti veramente farmi scrivere la storia del mio popolo su di un imbroglio? Mi spiace, ma non posso farlo” ribatté imperturbabile dinanzi al mio fervore.

Sospirai sconsolata. “Sei impossibile” borbottai, arrendendomi. Cercare di far andare Peter contro il suo senso del giusto era come chiedere al sole di non tramontare, un battaglia persa.

“Se vincerò, sarà alla mia maniera, Cathy.” Concluse Peter, stringendomi dolcemente la mano.

Capiva il mio desiderio di aiutarlo e non deplorava la mia proposta, ma non sarebbe mai sceso a patti con ciò che riteneva giusto e sbagliato.

Stupido re senza macchia e senza paura. Neanche l’Orlando di Ariosto rispettava così fedelmente l’ideale dell’eroe perfetto.

“Pensi che se Miraz fosse stato al tuo posto si sarebbe comportato come te?” osservai retorica.

Peter mi guardò di sbieco. “Certo che no. Ma io non sono Miraz” sottolineò.

“E poi ci sono io. Non sarò un mago ma qualcosa posso fare.” Si intromise Edmund poggiando una mano sulla spalla dolente del fratello. “Sei pronto?”

Peter annuì, preparandosi psicologicamente a ciò che il moro stava per fare. Edmund tirò il braccio di quest’ultimo con la mano libera.

Si udì un “crack” e Peter soffocò un grido di dolore.

“Meglio?” si informò il giovane re.

“Più o meno”

Peter si rialzò e riprese spada e scudo, roteando lentamente la spalla rimessa a posto.

Dall’altra parte dell’arena, anche Miraz si era alzato. Si stava rivolgendo al suo generale mentre quest’ultimo gli rendeva la sua spada.

“Peter, sorridi”

La richesta di Edmund mi colse di sorpresa. Era del tutto fuori luogo, come poteva chiedere al fratello di sorridere in un momento come quello. Il biondo corrucciò le sopraciglia ma il ragazzo per tutta risposta indicò con il capo i narniani alle nostre spalle.

Mi voltai lentamente. Quello che vidi mi atterrì. Il popolo di Narnia, prima energico e fiducioso, pareva aver abbandonato ogni speranza. I loro visi erano sconsolati, pronti ad arrendersi, certi della sconfitta.

Compresi il perché della frase di Edmund. Il popolo era sfiduciato perché vedeva il suo sovrano in difficoltà. Se Peter avesse sorriso, li avrebbe rassicurato, ridando loro la speranza.

E così il biondo fece. Ostentando un falso ottimismo, puntò la sua lama al cielo, in segno di una vittoria che poteva essere prossima. Il gesto parve funzionare. Le creature esultarono, rincuorate dalla visione del loro re tornato forte, affatto provato dal duello. Solo quando Peter si voltò verso Miraz fece scomparire il sorriso cedendo il passo ad un’espressione seria e concentrata, visibile solo da me, Edmund, Caspian e, purtroppo, Miraz.

Rifiutando l’elmo appena recuperato che il fratello gli porgeva, Peter si avviò di nuovo verso il centro dell’arena.

Un singhiozzo strozzato fuoriuscì dalle mie labbra prima che potessi fermarlo. Mi sentivo impotente a causa della mia impossibilità di aiutarlo e questo aumentava la mia sensazione di aver lasciato il ragazzo da solo ad affrontare uno scontro che avrebbe potuto costargli la vita.

Un braccio mi avvolse le spalle, in un gesto di conforto. Caspian mi si era avvicinato. I suoi lineamenti erano tesi, ma attraverso i suoi due pozzi scuri cercava di trasmettermi speranza e sicurezza.

Il duello non è ancora finito e Peter ha tutte le possibilità di vincere. Mi dissi e continuai a ripetermelo come un mantra quando le due lame avversarie si scontrarono, mettendo ufficialmente fine alla tregua.

Affando, parata, affondo, parata. Poi, Miraz disarmò Peter. Sobbalzai, trattenendo il fiato. Il biondo era rimasto solo con lo scudo, dietro il quale cominciò a ripararsi disperatamente. Uno, due, tre colpi. Al quarto però riuscì a contrattaccare. Mentre Miraz stava per caricare dall’alto, Peter colpì l’avversario al viso con lo scudo. Il telmarino arretrò tramortito, perdendo la spada. Peter incalzò colpendolo di nuovo, ma al secondo attacco Miraz afferrò lo scudo, creando una situazione di stallo. La forza dei due contendendi sembrava equivalersi mentre si impegnavano per sovrastare l’altro, finché il re di Narnia non riuscì a girare lo scudo fino a portarlo alle spalle di Miraz e bloccargli le mani, ancora ancorate al clipeo, dietro la schiena. Ripresi a respirare, purtroppo però subito dopo il sovrano di Telmar si liberò e sferò un pugno al viso di Peter. Il giovane indietreggiò di un passo, ma si riprese in fretta e con un grido di carica cominciò a colpire a suo volta con il guanto ferrato. Presto Miraz si trovò in difficoltà. Inciampò andando all’indietro e cadde. Alzò entrambe le mani per coprirsi il viso, ma mentre tutti noi ci aspettavamo che Peter proseguisse nell’attacco, questi gridò forte “Tregua!”.

“Non è il momento di essere magnanimi Peter!” urlò Edmund, contrariato dalla generosità del fratello.

Fui d’accordo con lui. Come poteva interrompersi? Andava bene essere giusti e onesti, ma rinunciare ad una situazione favorevole fornendo al nemico la possibilità di ucciderti sfiorava l’assurdo. Specie se la posta in gioco era la vita.

Eppure Peter si rialzò e, dando le spalle al sovrano, si diresse verso di noi. Era visibilmente stanco, aveva il fiato pesante e il naso sanguinava. Avrebbe retto difficilmente ad un altro round. Perché aveva dovuto fermarsi quando avrebbe potuto porre fine al duello con la sua vittoria? Ma forse se lo avesse fatto non sarebbe stato Peter, il Magnifico Re che aveva donato al suo popolo trent’anni di pace e prosperità.

Un rumore di sfregamento, il tintinnare metallico di un’armatura. L’azione si svolse fulminea. Miraz raccolse la spada, si alzò e correndo si diresse con la lama alzata alle spalle di Peter.

Urlai di terrore e istintivamente mi strinsi a Caspian, chiudendo gli occhi contro la sua spalla nell’esatto istante in cui Edmund urlò il nome del fratello.

Suoni di colluttazione, un grido di sforzo poi un tonfo, a cui fece eco il mio cuore che sprofondò sotto terra.

Tremai, presa da una paura cieca, incapace di sollevare le palpebre e controllare cosa fosse successo. Se quello che temevo era accaduto, non avevo la forza per guardare, non l’avevo nemmeno per pensare.

“Cosa c’è? È troppo per te togliere la vita ragazzo?”

Una frase pronunciata con tono affaticato. Una frase pronunciata da una voce che sarebbe dovuta risuonare vittoriosa e che avrebbe dovuto lanciare ben altro messaggio.

Con il cuore ancora fermo, non osante riprendere a battere per una falsa speranza, trovai la forza per osservare la scena.

I miei occhi quasi faticarono a mettere a fuoco la scena che gli si presentava davanti. Peter era in piedi, ansante ma in piedi, e soprattutto era vivo. Aveva la spada appoggiata alla spalla, il braccio piegato pronto a sferrare il colpo che avrebbe tolto la vita all’uomo inginocchiato dinanzi a lui. Sbattei le palpebre più volte, incredula. La situazione si era capovolta. Miraz, ormai sconfitto, guardava Peter negli occhi con sguardo di sfida per difendere un orgoglio che non voleva venire meno neanche ad un passo dalla morte. In qualche modo il re di Narnia era riuscito ad evitare l’assalto a tradimento di Miraz, a togliergli la spada e a costringerlo alla resa. Ed ora passata l’ansia, non mi restava che ammirare la figura slanciata di Peter che si ergeva vittorioso nell’arena. Vittorioso ma incerto. Miraz gli aveva lanciato una provocazione che Peter non coglieva. Tentennava stringendo l’elsa della spada sempre più forte, le spalle che si abbassavano e alzavano per gli sforzi compiuti. L’odio lampeggiava nelle iridi azzurre, mostrando una rabbia che veniva a stento tenuta sotto controllo, eppure non sferrava l’attacco.

“Non sta a me togliertela” disse in un ringhio infine.

Si voltò e porse la spada a Caspian. Sentii i muscoli del principe tendersi sorpresi. Il suo sguardo saettò confuso dal biondo a Miraz per tre volte, poi parve prendere coscienza della sua posizione e della richiesta che gli veniva fatta. Tolse il braccio da attorno alle mie spalle e si incamminò verso Peter, il volto serio e più pallido di quello che probabilmente avrebbe voluto che fosse.

Capii l’esitazione di Peter. Il ragazzo si era fermato chiedendosi se era suo il compito di decidere della vita di quell’uomo e aveva pensato che Miraz, pur essendo un suo nemico, era prima di tutto lo zio di Caspian, nonché l’assassino del padre del ragazzo. La decisione spettava quindi al giovane principe. Un principe che con un’inaspettata mano ferma aveva afferrato la spada che Peter gli aveva porto.

Caspian alzò il gomito e tirò indietro il braccio, trascinando la spada in alto con sé nel movimento, facendo scivolare la lama sotto l’altra mano. La punta tagliente e letale dell’arma era puntata contro Miraz come il suo sguardo. Due occhi neri che, a discapito della freddezza che il corpo cercava di mantenere, rivelavano il tumulto che lo dominava internamente. Si scorgeva l’avversione per i crimini che il re di Telmar aveva commesso, la voglia di vendicare i soprusi subiti e la morte del padre, il desiderio di mettere la parola fine a quella battaglia. Ma anche la repulsione per compiere un gesto come un omicidio a sangue freddo. Caspian in quel momento aveva il potere di condannare Miraz, suo zio, a morte, poteva decidere se l’uomo davanti a lui doveva vivere o morire e se avesse optato per la seconda si sarebbe automaticamente eletto a boia. Un gesto la cui sola idea lo ripugnava.

Caspian era un cavaliere, un soldato, e come tale per difendere i suoi ideali, le persone a cui teneva e se stesso, aveva già dovuto macchiarsi del sangue dei suoi nemici, aveva già tolto la vita a persone sconosciute, individui senza volto per lui ma che avevano parenti, sogni, speranze e soprattutto un futuro prima che venissero trapassati dalla spada del principe. Ma quando si uccide in battaglia, quando si è in mezzo alla mischia, quando non si ha il tempo per riflettere sulle proprie azioni perché ogni secondo speso senza attaccare potrebbe portare alla propria morte, non si deve scegliere se dare la vita o la morte alle persone che si affrontano. La scelta in guerra è del tutto diverso. Si è soli con il proprio avversario e l’opzione è “se stessi o lui”. Non si è giudici e boia, ma semplici individui che cercano di sopravvivere in un turbine di spade tra cui la più affilata e la più veloce vince, compiendo azioni dettate più dall’istinto di sopravvivenza che dalla ragione.

“Forse mi sono sbagliato”

Miraz parlò. Un brillio di orgoglio che copriva una muta rassegnazione negli occhi neri, identici a quelli del nipote.

“Forse hai le qualità per regnare dopotutto”.

Vidi la schiena di Caspian irrigidirsi a quel commento che pronunciato dal re ormai sconfitto risuonava simile a un complimento o ad una benedizione, un consenso per prendere la sua corona. Gli occhi del principe si fecero umidi, ma la mano che stringeva l’elsa rimase ferma, resa immobile dall’indecisione che attanagliava l’animo del giovane. Vita o morte?

Miraz non si era fatto scrupoli quando aveva dovuto uccidere il proprio fratello. Per lui non c’era stata alcuna differenza tra l’ammazzare qualcuno in battaglia e l’assassinare il sangue del proprio sangue nel suo letto per sete di potere. Perché allora Caspian avrebbe dovuto aver timore di agire allo stesso modo? Miraz forse non meritava di essere ripagato con la stessa moneta? Essere ucciso dal nipote per la corona e dimostrate così di saper fare tutto ciò che necessario per ottenere il regno.

Caspian urlò e sollevò in alto la spada che brillò sinistra. Poi con un colpò secco e deciso l’abbassò colpendo il suo bersaglio.

Il terreno tra le lastre di marmo sottostanti.

“Non certo le tue”

Il sussurro di Caspian fu appena udibile. Le parole erano uscite a forza tra i denti, parole frustrate e rabbiose come le lacrime che aveva ai bordi degli occhi.

Miraz guardava incredulo il nipote, il respiro ansante per la paura di una condanna che non era giunta.

“Tieniti pure la tua vita, ma io restituisco alla gente di Narnia la sua terra” decretò Caspian vicino al viso del vecchio re.

Il moro con un’ultima occhiata allo zio, si allontanò volgendogli le spalle. Peter gli si avvicinò e gli pose una mano sulla spalla. Non si dissero niente. Non c’era bisogno, tutti noi sapevamo che Caspian aveva fatto la scelta più giusta.

Miraz forse non meritava di essere ripagato con la stessa moneta? Si, lo avrebbe meritato. Era un assassino e un tiranno, un cancro sia per Telmar che per Narnia.

Caspian avrebbe dovuto aver timore di agire allo stesso modo di Miraz? Si, perché anche se il re avesse meritato la morte, nessuno avrebbe avuto il diritto di dargliela con un’esecuzione. Il suo assassinio non avrebbe giovato a Narnia né a nessun altro, erano ben altre le imprese da compiere per aiutare quella terra. Compiere quel crimine avrebbe unicamente macchiato l’animo del giovane e avrebbe fatto scrivere l’inizio di quella che doveva essere una nuova era per Narnia e Telmar sopra altro sangue, un inizio inaccettabile per chi si dichiarava portatore di pace. L’unica cosa che veramente contava era aver vinto il duello.

Abbiamo vinto.

Quel pensiero mi colpì con forza, portando con sé un enorme sollievo. Sorridendo mi avvicinai a Peter, Caspian ed Edmund.

Peter era stremato dal duello e si teneva il braccio slogato, Caspian aveva ancora i lineamenti tesi ma tutti e tre sorridevano sollevati, con in mente il mio stesso pensiero.

“Ora posso guarirti o hai qualche obiezione?” chiesi sarcastica a Peter.

“Sono tutto tuo” rispose porgendomi la parte lesa.

Meno di un minuto, e il braccio tornò come nuovo. “Posso sdebitarmi?” il biondo mi si rivolse malizioso.

Io risi, notando come avessi bisogno di lasciarmi la tensione precedente alle spalle. “Se proprio insisti…” dissi stando al gioco avvicinando il mio viso al suo. Ma prima che le sue labbra potessero posarsi sulle mie che le attendevano ansiose, un grido si sparse per la raduna.

“Narnia ha violato l’accordo! All’attacco!”

Peter, Caspian, Edmund ed io ci voltammo di scatto verso il centro dell’arena. Sentii una sensazione di gelo invadermi quando vidi il corpo privo di vita di Miraz accasciato a terra con una freccia nel fianco, senza dubbio la causa della sua morte. Volsi lo sguardo ai bordi delle rovine e con orrore e paura scorsi Lord Glozelle e un altro Lord preparare le loro truppe per dar battaglia.

“Ma abbiamo vinto! Perché ci attaccano?” balbettai confusa, rifiutando di accettare il precipitare della situazione.

Peter mi afferrò per le spalle e catalizzò tutta la mia attenzione. Il suo sguardo e la sua espressione erano tornati ad essere quelli del sovrano, decisi, seri e pronti a tutto.

“Come pensavamo non avevano alcuna intenzione di rispettare l’accordo. Vogliono il regno e non se ne andranno finché non lo otterranno.”

“Dobbiamo combattere?” chiesi con tono rassegnato.

“Si.” Rispose secco. “Ecco perché tu ora correrai a metterti al riparo vicino a Susan, e attenderai lì il mio segnale, intesi?” mi impose.

Annuii con il capo, gli occhi pieni di apprensione. Avrei voluto ripetergli di fare attenzione, di tornare vivo, di non esporsi inutilmente al pericolo, ma non c’era tempo. Tuttavia, dalla veloce e lieve carezza che mi diede al viso, ebbi la consapevolezza che sapeva già ciò che volevo dirgli, non occorreva che aprissi bocca.

Con un ultimo sospiro, mi separai da lui e cominciai a correre verso l’edificio, cercando di non vedere il mio allontanamento come un abbandono.

Attraversai il salone e salii a perdifiato le scale che conducevano alle camere superiori. In breve sbucai fuori, sul balconcino del secondo piano, dove molte sere addietro Peter ed io ci eravamo abbracciati per la prima volta al chiarore della luna.

“Cate!” la regina, arco e freccia in mano pronti all’uso, mi chiamò a sé.

“Hai visto quello che è successo?” le domandai. Magari dalla sua postazione era riuscita a comprendere meglio il perché di come si erano evoluti gli eventi.

“Si, uno dei Lord si è avvicinato a Miraz con la scusa di aiutarlo ad alzarsi e lo ha infilzato con una freccia a tradimento. Poi ha dichiarato l’attacco facendo ricadere su di noi la colpa del delitto.” Mi mise a parte brevemente.

Scossi la testa con espressione sprezzante. “Vili. Proprio un’azione da loro” sputai con rancore.

“Già, ma oltre che resistere fino all’arrivo di Lucy non possiamo far altro” asserì Susan.

“Ci riusciremo” affermai, cercando di infondere sicurezza a me per prima. Dovevamo riuscirci.

Cercai con gli occhi la figura di Peter. Spada sguainata, accanto ad Edmund aspettava che la carica dei nemici fosse alla distanza giusta per dirmi di mandare il segnale a Caspian, che sotto di noi attendeva impaziente con la sua fanteria, e far scattare la nostra trappola.

Il biondo alzò la lama. Richiamai la magia e una sfera comparve all’istante nel mio palmo. Quando il braccio abbassò l’arma, ordinai alla bolla di luce di materializzarsi davanti a Caspian, rispondendo all’ordine di Peter.

Pochi secondi, e la terra cominciò a tremare. Sotto i miei occhi il terreno sopra il quale la cavalleria di Telmar stava passando si aprì in mille crepe fino a cedere totalmente sotto il peso dei cavalli. Sorrisi soddisfatta. Il piano del principe aveva funzionato egregiamente, il terrapieno era crollato trascinando con sé parte dell’esercito telmarino.

Dalle due aperture sotterranee Caspian uscì seguito dai narniani che subito attaccarono i soldati di Telmar sopravvissuti al crollo e che disperatamente cercavano di aggrapparsi al terreno per ilzarsi su di esso.

Il nostro attacco fu ben organizzato. L’esercito bloccò le vie di fuga laterali dividendosi in due e Peter ed Edmund si unirono alla carica celeri, seguiti dalla fanteria.

L’occhio mi cadde sui soldati telmarini posizionati un paio di centinaia di metri più distanti. Avevano cominciato a marciare accompagnati da cinque catapulte, notai preoccupata. Avevamo praticamente distrutto la loro cavalleria, ma la fanteria di Telmar era il triplo della nostra.

“Susan, laggiù” indicai allarmata.

La ragazza seguì la direzione segnalatele e impallidì, rendendosi conto della vicinanza del pericolo.

“Soldati, puntare” la regina incoccò la sua freccia, imitata immediatamente dai suoi arcieri. “Tirare!” ordinò.

Una pioggia di freccie cadde letale sopra ciò che restava della cavalleria, annientandola del tutto.

Ora tocca a me. Pensai puntando con lo sguardo la catapulta più vicina. Presi un respiro e riscaldai le dita richiamando il flusso magico. Quando lo sentii pulsare potente nelle mie mani, lo lanciai in direzione della macchina da guerra come una fune, creando un collegamento tra l’arnese e me. Quando lo raggiunsi, lo avvolsi interamente con la mia magia, facendola adattare come un guanto alla forma della catapulta. A quel punto serrai forte i pugni, riducendo bruscamente di conseguenza l’estensione del campo di magia avvolgente la macchina. Un forte fragore accompagnò la visione della catapulta che collassava su se stessa. Meno una.

Ma non feci in tempo a rallegrarmene perché la terra tremò di nuovo. Impiegai qualche istante a comprendere che la causa stava nelle pietre scagliate con violenza dalle altre quattro catapulte restanti. Avevano attaccato l’edificio e stavano distruggendo il balconcino sopra il quale ci trovavamo.

Susan gridò “Mettetevi al riparo” e mi apprestai ad ubbidirle, ma all’improvviso sentii la terra mancarmi sotto i piedi. Precipitai nel vuoto seguita dalla regina. Gridai dallo spavento, ma proprio la paura mi fece avvertire la magia scorrere veloce e potente nelle vene. Senza rifletterci la liberai ed essa avvolse sia me che Susan. Ad un metro dal suolo riuscii miracolosamente a frenare la nostra caduta. Adagio, feci atterrare entrambe, sane e, incredibilmente, salve.

Cinque secondi dopo mi sentii stritolare in un abbraccio.

“Diamine Cathrine, mi hai fatto perdere dieci anni di vita! Stai bene? Tu Susan?”

“Se riuscissi a respirare starei bene” risposi cercando di sorridere, nonostante il cuore battesse ancora all’impazzata per il rischio appena superato. E pensare che non ero mai voluta salire sulle montagne russe proprio per evitare emozioni simili…

“Anche io tutto bene” rispose con voce flebile Susan. Un’occhiata al colorito pallido delle sue guancie mi suggerì che lei dovesse pensarla come me sulle “emozioni forti”.

Caspian le si era materializzato al fianco proprio come Peter era apparso al mio, mentre Edmund, meno impetuoso, si limitava a squadrare sia me che la sorella con occhio clinico per accertarsi della nostra salute.

“Possibile che Lucy non sia ancora arrivata da Aslan?” esclamò il biondo frustrato.

“Non è una missione facile. Dobbiamo cercare di darle altro tempo” ragionò Susan.

“è un suicidio continuare a combattere. Ci schiacceranno subito, hai visto quanti sono?” osservo Edmund, pragramatico quanto nefasto.

“Quindi cosa facciamo? Ci ritiriamo?” domandò Caspian.

Peter lo fulminò con lo sguardo. “E dove di grazia? L’apertura della fortezza è crollata e se andassimo nella foresta ci inseguirebbero come il gatto con il topo finchè non ci avessero ammazzati tutti” gli rispose. “Se devo morire, personalmente preferisco farlo affrontando e cercando di battere il nemico. Finché possiamo brandire una spada, abbiamo una possibilità di vittoria.” Dichiarò, fiero e regale come solo lui poteva essere. Nei suoi zaffiri vidi brillare quella sicurezza e quel desiderio di non arrendersi che lo caratterizzava e che tanto amavo.

Gli strinsi forte il braccio e cercai di mostrarmi sicura e pronta almeno un decimo di qaunto lo era lui.

“Ha ragione. Non è ancora finita, Telmar non ha ancora vinto. Combattiamo e prendiamo il tempo che serve a Lucy. Riuscirà a portare a termine il suo compito, ne sono certa” lo appoggiai senza esitare.

Dopo qualche attimo, vidi la determinazione lampeggiare negli occhi dei tre ragazzi, scalzando via le remore che li avevano colpiti.

I ragazzi sguainarono le spade e Susan si preparò ad usare l’arco. Poi però Peter si volse nella mia direzione ed ebbe un tentennamento.

“Edmund, tu resta con Cathrine” decretò.

“Cosa?”

“No!”

Sia io che il giovane re ci ribellammo.

“Peter, è ridicolo, Edmund è uno dei migliori combattenti di Narnia, è mille volte più utile sul campo che accanto a me!” obiettai con grinta.

“Mi spiace Peter ma questa volta non posso obbedire. Il mio popolo ha bisogno di me quanto di te” proseguì Edmund.

“Cosa dovrei fare, lasciarti qui priva di difesa?” Dal suo sguardo capii che aveva compreso le nostre opposizioni ma che non poteva condividerle. Era tormentato, diviso, come spesso capitava quando c’ero io di mezzo, tra il suo dovere e i suoi desideri.

Accennai un sorriso sconsolato. “Priva di difesa? Peter sono un strega! Credi che Jadis avesse bisogno di guardie del corpo? Sono perfettamente in grado di difendermi se dovesse giungere qualcuno, i miei poteri si sono triplicati dall’assedio al forte”.

Peter mi fissò con una muta supplica negli occhi, ma alla fine dovette cedere dinanzi alla decisione mia e del fratello. Dopotutto sapeva anche lui quanto la sua richiesta fosse controproducente e illogica.

“Anche io sono troppo egoista per permettere a qualcuno di uccidermi” aggiunsi a suo solo beneficio, usando le stesse sue parole.

A malincuore, Peter acconsentì con un cenno della testa.

Il sovrano sguainò la spada, che risplendette della luce della speranza, e si rivolse ai suoi fratelli e a Caspian.

“Per Narnia!” urlò e tutti e quattro corsero a combattere il nemico.

Il mio cuore volò con loro. Saperli esposti al pericolo mi angosciava. Avrei voluto seguirli, esserli vicino per aiutarli e proteggerli, ma non riuscivo. Per andare con loro in prima linea avrei dovuto combattere e uccidere altrimenti sarei stata unicamente di intralcio, ma questo andava al di là delle mie possibilità. Non sarei mai stata capace di togliere la vita, neppure per salvare Narnia. Ero molto più utile nelle retrovie, a occuparmi delle catapulte.

Focalizzai la seconda, richiamai i miei poteri e quando fui pronta lasciai correre la magia da me ad essa fino ad avvolgerla interamente. Chiusi le mani a pugno e la catapulta fece presto la stessa fine della precedente.

Ripetei l’operazione per la terza macchina, la penultima, ma finito l’incantesimo sentii un sibillo vicino al fianco sinistro. Mi scansai in tempo per evitare un colpo di spada, con una prontezza di riflessi della quale mi stupii io per prima. I miracoli dell’istinto di sopravvivenza…

Mi voltai per guardare in faccia il soldato che mi aveva attaccata. Alto poco più di me ma piazzato, con un viso aggressivo che non prometteva niente di buono, si preparò per un secondo affondo. All’ultimo riuscii a scansarlo, mossa che fece dipingere un ghigno sul volto del mio aggressore.

“Sei indefesa e sei una donna, pensi sul serio di riuscirmi a sfuggire?” mi provocò.

Assottigliai lo sguardo, infiammandomi a quella frase. “Hai tralasciato una cosa. Prima di tutto io sono una strega”. Caricai il palmo di energia e con rabbia gli lanciai contro una sfera in pieno petto. L’impatto fu talmente forte da mozzargli il respiro. Bastò solo un’altra sfera per tramortirlo. Il soldato, privato della sua sbagliata sicurezza, si accasciò a terra.

Mi permisi di squadrarlo con disprezzo, senza il minimo rimorso. Misogeno e violento, pessimo binomio da trovare in un uomo. Aveva avuto la lezione che si meritava.

Gli voltai le spalle e iniziai ad occuparmi dell’ultima catapulta. La raggiunsi e l’avvolsi come le altre, e infine la annientai, eliminando il pericolo che costituiva.

Sorrisi sollevata di aver eliminato uno dei maggiori pericoli. Mi ero difesa da sola ed ero stata utile all’esercito di Narnia, ero fiera di me stessa.

Facendo scorrere gli occhi su tutta la raduna, cominciai a cercare i Pevensie e Caspian intenti a combattere.

Impiegai del tempo, ma alla fine riuscii a visualizzarli tra la folla di soldati che combattevano. Susan era sulla destra, intenta a scagliare freccie a raffica con precisione o a difendesi usando l’arco come un bastone se necessario.

Caspian poco distante dava prova che la sua abilità con la spada era degna di un principe, ma Edmund, dall’altra parte del campo, non era da meno. Riusciva ad affrontare i nemici due alla volta senza il minimo sforzo, sferzando l’aria con la lama della sua spada in ampi giri donatori di morte per i telmarini.

Infine trovai Peter, poco più avanti rispetto al fratello, che mulinava la spada in una danza aggraziata quanto letale. Per abbattere l’avversario di turno gli bastava un colpo e subito passava ad un altro, senza esitazione, senza riposarsi. Era abile come nessun altro e pareva imbattibile, proprio come un re deve sembrare agli occhi del suo popolo e dei nemici. Eppure non potevo impedirmi di provare apprensione per lui e per gli altri.

Lucy, ti supplico, fai presto.

 

L’intervento di Susan non era servito. Non del tutto almeno. Sua sorella aveva eliminato i cinque soldati che le stavano inseguendo ma purtroppo non erano gli unici telmarini a stare di guardia nel bosco. Lucy se ne era presto accorta dopo qualche metro, quando un rumore di zoccoli aveva rivelato la presenza di un sesto uomo dietro di lei.

La piccola aveva dato un colpo di redini per distanziarlo, ma il soldato era veloce e molto più bravo di lei a cavalcare evitando gli alberi.

Il cuore di Lucy batteva come le ali di un colibrì dall’agitazione. Se l’avesse presa sarebbe stata perduta, dato che non aveva armi con sé, e con lei l’intera Narnia. Non poteva permettersi di essere catturata. Aveva una missione importante da portare a termine, una missione che i suoi fratelli le avevano affidato, non poteva tradire la loro fiducia e le loro aspettative non dimostrandosi all’altezza dei suoi doveri. Ma soprattutto non poteva deludere il suo popolo.

“Fermati!” gridò il soldato.

Lucy aumentò il ritmo della corsa, ma dentro di lei si faceva inesorabilmente strada la consapevolezza che la sua fuga sarebbe durata ancora poco. Dannazione, cosa poteva fare?

Un movimento sospetto verso destra. Volse lo sguardo, temendo l’arrivo di un secondo soldato. Una figura correva tra gli alberi. Faticava ad identificarla a causa della fitta vegetazione, ma non sembrava un abitante di Telmar a cavallo. Sembrava più…

La misteriosa figura si avvicinò e un ruggito potente squarciò l’aria. Destriero si alzò su due zampe terrorizzato, facendo cadere Lucy dal suo dorso. Ma la piccola regina non provò alcun male, troppo impegnata a fissare incredula un grande e maestoso felino fare un balzo, superandola, addosso al soldato che la stava inseguendo, sbranandolo.

Lucy si alzò e si voltò verso il leone. Un sorriso radioso le si dipinse in viso quando riconobbe nel felino, che regale si ergeva sopra un promontorio, colui che stava cercando. Il re Supremo di Narnia, Aslan.

L’agitazione scomparve, come ogni altra preoccupazione. Non si curò nemmeno di chiedersi da dove e come fosse apparso per salvarla. Era riusciva a trovarlo, Aslan era tornato. Narnia era salva.

Senza ulteriore indugio gli corse incontro, le lacrime agli occhi per la felicità.

“Aslan!” gridò. Lo abbracciò di slancio, affondando il viso nella sua folta criniera, facendo cadere entrambi per terra.

“Ho sempre saputo che non ci avevi abbandonati, che saresti tornato!” esclamò gioiosa. “Ma perché non ti sei rivelato? Perché questa volta non sei venuto ruggendo a salvarci?” chiese poi, fissandolo smarrita non comprendendo il suo comportamento, tanto diverso da quello che aveva addottato la prima volta che erano giunti a Narnia.

“Le cose non avvengono mai due volte allo stesso modo” si giustificò il Re, guardando la bimba con indulgenza e dolcezza.

Lucy abbozzò un sorriso a quella filosofica spiegazione. “Ma adesso ci aiuterai vero? Telmar ci ha attaccati ma il nostro esercito non è abbastanza numeroso per fronteggiarlo. Stiamo per perdere, abbiamo bisogno di te” lo supplicò, portando subito alla luce il motivo del suo arrivo lì.

“Ma certo” confermò immediatamente. “Sconfiggeremo Telmar e Narnia riavrà la sua meritata pace” promise solenne. “Sai Lucy, credo che i tuoi amici alberi abbiano dormito a sufficienza” e detto questo, emise un forte ruggito che scosse l’intero bosco, dalle radici più profonde degli alberi alle loro cime più alte. Un ruggito che si disperse presto per tutta Narnia con il chiaro messaggio che il suo sovrano aveva finalmente fatto ritorno.

 

Mi mordicchiai il labbro, presa dall’irrequietezza. Dovevo fare qualcosa, non potevo starmene con le mani in mano o sarei stata divorata dall’angoscia. Ma come potevo rendermi utile? Poi, come un lampo, mi venne in mente. Non volevo uccidere e non lo avrei mai fatto, però avrei potuto tramortire i soldati avversari con semplicità lanciando sfere di energia come avevo fatto con il militare di prima. Una mossa simile avrebbe assottigliato le loro file.

Alzai al cielo i palmi delle mani, coagulai la mia magia al loro interno e feci apparire una decina di sfere di energia.

Colpite solo i telmarini. Ordinai, dopodiché abbassai le mani con forza, portandole all’altezza delle spalle. Le sfere sfrecciarono nell’aria come proiettili. Il tempo di raggiungere il campo di battaglia che dieci soldati caddero a terra tramortiti.

Uno di essi era vicino a Peter, il quale lo vidi volgersi sbigottito nella mia direzione. Gli sorrisi vittoriosa. Il biondo incurvò le labbra all’insù al metà tra il sorpreso e il soddisfatto, prima di riprendere a combattere.

Rialzai le mani in cielo ed evocai altre dieci sfere. Prima però che potessi lanciarle, una voce inaspettata mi colse di sorpresa, facendomi dissolvere le bolle di luce.

Giovane Cathrine, ho bisogno del tuo aiuto.

Conoscevo bene quella voce e sapevo da dove proveniva. L’avevo sentita diverse volte nella mia testa. Era la voce di Aslan.

La sorpresa scemò in felicità. Se Aslan mi aveva contattata sapeva che Narnia era in guerra, forse era lì vicino, ed ero pronta a scommettere che il merito era da attribuirsi interamente a Lucy. Ci era riuscita.

Devo chiederti di unire i tuoi poteri ai miei ancora una volta.

“Come nel boschetto?” lo assecondai avendo fiducia che qualsiasi cosa mi avesse chiesto sarebbe stata utile al paese.

Si. Solo che questa volta risveglieremo Narnia intera.

Il mio cuore fece un balzo. Davvero avremmo risvegliato tutta Narnia? Era realmente possibile un’azione tanto meravigliosa quanto desiderata?

“Non credo di essere sufficientemente forte” obiettai considerando quanta energia aveva richiesto ridar vita solo ad una piccola zona.

Fidati di me Cathrine. Sei molto più potente di quanto immagini.

Mi morsi il labbro, indecisa. Impegnarmi in un incantesimo tanto potente era pericoloso. Lanciai uno sguardo a Peter immerso nella battaglia. Vedere la sua Narnia risplendere come un tempo era ciò che bramava di più. Così come i suoi fratelli e il suo popolo. Potevo io essere di ostacolo alla realizzazione di questo desiderio per scrupolo?

“D’accordo” accettai, cercando di mettere a tacere i miei timori.

Presi un respiro e chiusi gli occhi. Feci scorrere la mia magia lungo le braccia fino alle mani. Richiamai alla memoria le immagini che avevo del boschetto una volta tornato in vita. Mi focalizzai su di esse prima di liberare la magia con una semplice parola celante un importante significato, “risvegliala”.

Ma non avvertii il flusso magico raggiungere subito il terreno, meta alla quale lo avevo destinato, bensì lo sentii andare a confluire con un altro potere, uno molto più potente del mio. Quello di Aslan, un flusso di magia caldo e denso, a differenza del mio, più leggero, che scorreva lento ma inarrestabile.

Sentiii la magia scorrere via dal mio corpo come un fiume in piena per diversi minuti, ma non provai nessun cenno di indebolimento, constatai sorpresa. Possibile che avesse ragione Aslan, che fossi davvero più potente di quanto pensavo? Sapevo di aver fatto notevoli progressi dopo la Cerimonia, ma non pensavo fino a questo punto. L’incantesimo che il felino mi aveva chiesto non era solo complesso, ma richiedeva una quantità spropositata di energie se ad Aslan per primo occorreva il mio aiuto.

Era passata un’altra manciata di minuti quando avvertii la terra tremare per la terza volta in quella giornata. Questa volta però il terremoto mi procurò gioia invece di apprensione perché sapevo quale significato aveva. L’incantesimo stava funzionando, il terreno e le sue piante a poco a poco si stavano risvegliando, rinvigorite dall’energia che io e il loro re gli stavamo mandando.

Ma dopo altri cinque minuti la stanchezza cominciò a farsi sentire. Ero migliorata certo, ma restavo pur sempre una strega in erba, non ero inesauribile né invincibile, e l’incantesimo consumava diverse energie per molto tempo. Le braccia iniziarono a tremare, seguite presto dalle gambe. Strinsi i denti e cercai di farmi forza, stendendo i muscoli degli arti. Il mio respiro aumentò il ritmo e delle goccie di sudore colarono giù dalla fronte. Il tremore aumetò e in breve caddi sulle ginocchia, incapace di sostenermi in piedi. Ciò nonostante però non interruppi il flusso di energia. La vibrazione salì lungo le spalle fino a raggiungere l’intera schiena che prese ad oscillare. Sentivo l’energia scorrere via da me con rapidità, lasciandomi spossata come solo una volta mi era successo, quando avevo curato Peter per la prima volta.

Resisti giovane Cathrine, manca poco.

La voce di Aslan mi infuse la determinazione necessaria per tenere duro. Dovevo riuscirci e ci sarei riuscita, per Peter e per Narnia.

La terra venne scossa con violenza e il rumore del terreno che si apriva accompagnò la fine dell’incantesimo.

È fatta. Sentii il leone affermare soddisfatto.

Il flusso di energia si interruppe. Le mie braccia smisero di tremare e caddero lungo il busto lasciandosi andare come il resto del mio corpo. Mi accasciai sulla schiena, sfinita ma con la consapevolezza di aver fatto tutto ciò che potevo per quella terra che mi aveva dato tanto. Un sorriso beato mi si dipinse in volto mentre cercavo di regolarizzare il respiro. Adesso potevo stare tranquilla. Narnia si era risvegliata e Aslan era tornato, la guerra era senza ombra di dubbio ormai vinta.

Un braccio mi sollevò la nuca mentre una mano mi accarezzò la guancia.

“Cathrine! Cathy apri gli occhi! Cosa è successo?”

Il mio unico desiderio in quel momento era quello di poter dormire, anche lì sul prato mentre la battaglia si concludeva, ma l’apprensione che avvertivo in quella voce mi indusse a sforzarmi di aprire gli occhi e di non abbandonarmi al sonno ristoratore. Sapevo che se non lo avessi fatto, probabilmente il povero Peter sarebbe morto d’ansia prima di constatare che il mio cuore batteva ancora.

Con lentezza riuscii a sbattere le palpebre, focalizzando due occhi azzurri splendidi anche se agitati.

“Sto bene” borbottai abbozzando un sorriso.

I lineamenti contratti del re si rilassarono. Mi sollevò il busto per abbracciarmi e mi sussurrò all’orecchio con tono di rimprovero: “Accidenti Cathy, mi sono girato verso di te e ti ho vista cadere a terra, per oggi puoi smettere di farmi prendere dei colpi?”.

Risi a quell’affermazione esasperata.

“Invece di ridere guardati attorno” mi rimbrottò fintamente offeso.

Allungai uno sguardo oltre la sua spalla ubbidendo e quello che vidi mi fermò il respiro. Gli alberi si stavano allontanando dalla foresta, stavano raggiungendo il campo di battaglia per allontanare gli invasori! Le loro possenti radici entravano dentro il terreno e uscivano diversi metri distanti sbaragliando decine di soldati con un solo colpo. Era strabiliante! Lanciai un’occhiata alla postazione del nemico e non potei evitare di accennare un ghigno quando li scorsi correre via come topi impauriti.

“Narnia si è svegliata per ricacciare i telmarini da dove sono venuti, non è fantastico?” esclamò Peter.

Contemplai il suo viso. Se gli alberi che lottavano erano strabilianti, lui era semplicemente meraviglioso. I suoi zaffiri irradiavano gioia pura mentre il suo sorriso, così aperto e sincero, illuminava più del sole. Se quello era il risultato, avrei ripetuto l’incantesimo altre mille volte se fosse stato necessario.

“Lo so, chi credi che sia stato a riportarli invita?” insinuai tranquilla.

Peter mi scostò per fissarmi in viso stupito e ammirato. “Sei stata tu?”.

Annuii, divertita dalla sua sorpresa. “Insieme ad Aslan. È riuscito a contattarmi, probabilmente dopo che Lucy lo ha trovato, e mi ha chiesto di unire la mia magia alla sua per ridare energia a Narnia” spiegai.

Il giovane mi abbracciò di nuovo, con più forza. “Oh Cathy, non ci sono parole per descriverti quanto ti sia grato e quanto questa terra ti debba.”.

Mi allontanai di poco e gli poggiai due dita sulle labbra per zittirlo. “È anche la mia terra, non dimenticarlo. Una terra che mi ha dato delle origini, degli amici, un luogo da chiamare casa e te. Quello che ho fatto è il minimo” ribattei, fissandolo seria.

Peter mi baciò le mie due dita prima di prendere la mia mano nella sua.

“Allora andiamo a completare il lavoro. Facciamo capire a Telmar una volta per tutte a chi appartiene Narnia”.

Annuii sorridendo decisa. Mi aiutò ad alzarmi e, poiché seppur debole riuscivo a stare in piedi, constatai felice quanto anche la mia capacità di ripresa fosse notevolmente migliorata.

Veloci, corremmo contro i telmarini che cercavano invano di scappare nella foresta, inseguiti da Narnia intera, alberi compresi.

La  ritirata si fermò quando giunsero al fiume. I soldati rimasti avanzarono di qualche passo lungo il ponte, capitanati dall’uomo che riconobbi come l’assassino di Miraz. Anche noi ci bloccammo poco distanti dalla riva, raggiungendo il resto dei soldati con Susan, Edmund e Caspian.

Guardai confusa Peter, non comprendendo il perché della resa dei telmarini. Ma Peter stava guardando oltre il ponte alibito. Seguii la traiettoria dei suoi occhi e focalizzai la fonte del suo stupore. Un sorriso di sollievo e felicità curvò le mie labbra. La piccola Lucy era in piedi dall’altra parte dell’impalcatura in legno, incolume fortunatamente, e vicino a lei, dritto e regale, c’era Aslan.

Il mio cuore batté forte. Dopo averne tanto sentito parlare, dopo aver ascoltato la sua voce guidarmi, dopo aver sperato che riapparisse per salvarci, Aslan era lì, dinanzi a noi. Non era un miraggio, né una breve comparsa. Era veramente lì per noi, per aiutarci. Alla fine, il miracolo dentro il quale riponevamo tutte le nostre speranze, si era avverato. Narnia aveva ritrovato il suo Re Supremo.

Con la folta criniera preda del vento, fissava con sguardo severo i soldati di Telmar, attoniti e spaventati. A rompere la situazione di stallo fu il comandante dei telmarini. Puntò la sua spada in alto e gridò “All’attacco!” spronando il suo cavallo, non sospettando minimamente contro chi stava avendo la presunzione di scontrarsi.

Ma quando attraversarono metà del fiume, Aslan spalancò le fauci, mostrando i denti affilati come lame, per emettere un assordante ruggito. I soldati si bloccarono, terrorizzati dalla potenza e dal senso di pericolo che il felino trasmetteva. Ma non fecero in tempo a battere in ritirata che l’acqua cominciò a scorrere più velocemente, finché un’enorme onda giunse da destra. L’acqua si fermò davanti al ponte e l’onda divenne più grande, cominciando a prendere le sembianze di un gigante busto umano. Con gli occhi pieni di stupore, osservai lo spirito dell’acqua risvegliarsi dal suo sonno secolare e sollevare il ponte con sopra i soldati. Gli bastò un solo movimento, una minima dimostrazione di forza, per spazzare via le travi di legno che avevano osato tentare di contrallare e domare il suo corso d’acqua e punire i suoi costruttori.

La maggior parte dei telmarini fu sommersa dall’acqua. Quando riemersero avevano perso sia le armi che la forza per combattere. L’unica possibilità che gli restava era la resa.

spiaggia

   
 
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