Perdonatemi
la grammatica e la sintassi, sono un ignorantone. Spero che il racconto
compensi questa mia mancanza.
PUNIZIONE
Francis era nel
suo letto. Piangeva. Cos’ho fatto?!? Cosa ho fatto!!! Che scemo che sono!!!
Scusami Emma,
scusami Ernesto.
Era pieno di
sensi di colpa. La rabbia era finita.
Il pianto no. Dalla notte che piangeva. Non sapeva che fare. Aveva paura di
finire in carcere. Quello minorile. Intanto al telegiornale si sentiva la
notizia. Più disperato che mai Francis era confuso e non sapeva cosa fare.Aveva
il senso di colpa a mille. Era immobile sul letto da almeno tre ore. Ma era
anche stanco. Stanchissimo. Si addormentò.
Al suo risveglio
aveva freddo. Tanto freddo. Perché così tanto? Era morto? No, purtroppo, pensò.
Il suo letto era
un pagliaio e la stanza era fatta di legno.
“ma dove sono
finito? ehi, nonna…ci sei? Cos’è questo posto? Sentite, se è una punizione vi
prego: mi dispiace, non sapeva cosa mi avesse preso. Ero in trans. Ero folle!
Perdonatemi, vi prego!”
Nessuno
rispondeva però.
C’era una porta.
Sempre di legno, senza maniglia. La spinse, si aprì e si trovo in una bufera di
neve. Ritornò dentro. Ma cos’era successo? Al suo paesino non nevicava da
decenni!
Prese lo scialle
e le coperte che c’erano sul pagliaio su cui aveva dormito, se li mise e uscì.
Cercò di
orientarsi. Non vedeva niente. Forse…Vedeva profili di giganteschi pini e sotto
di lui neve. E solo neve. Vedeva delle luci in lontananza e un rumore dietro di
lui. Si girò. STOCK.
Qualcosa l’aveva
colpito. Era svenuto.
“…ah, vedo che ti
sei svegliato, eh? Come ti è venuto in mente di inoltrarti nella foresta così,
senza protezione alcuna?”
“ cos…chi?”
Francis aveva ancora al mal di testa
“sssht, zitto.
Solo quando il mal di testa che hai sarà passato chiacchereremo un po’, ok?”
Era ancora troppo
intontito: “ok…va bene…” Si riaddormentò.
Quando si svegliò
aveva un senso acutissimo di fame. E mal di testa. E ricordava cosa era
successo.Quel che aveva fatto. Adesso la vedeva. Davanti a lui, seduta davanti
al camino acceso c’era una vecchia signora che stava canticchiando un motivatto
mai sentito. Stava cucendo all’uncinetto. Lei si accorse che lui la guardava:
“oooh, bravo.
Vedo che ti sei ripreso in fretta. Bene. Dimmi: cosa ci facevi questa notte in
mezzo alla foresta ? Senza alcuna precauzione? Eh? Rispondimi, da bravo”
“cos…quale
foresta?”
“ma che sei?
Scemo?”
“no, signora…come
si permette?”
“io come mi
permetto? Caro il mio ragazzino sfacciato, devi sapere che sono io che ti ho
salvato! Senza di me probabilmente saresti morto”
“allora mi doveva
lasciare lì. Grazie per l’aiuto , se c’è stato, ma adesso devo proprio andare”
“SE C’è
STATO?!?!?!?! Come ti permetti?”
“ma scusi…chi è
lei?”
“uh mamma…questo
viene proprio dal mondo dei sogni…Allora, siediti”
“Dove? Perché?”
“meno domande
sfacciatello”
“MA COME SI
PERMET…”
“ZUT, muto ti
voglio! Altri ne ho avuti come te. Adesso per le prossime due ore almeno starai
ad ascoltarmi e starai zitto. Senza fiatare. Ok?”
“altri come me??
Non ci credo”
“non crederci, a
me non cambia. Siediti e zittisci quella tua linguaccia!”
La stanza era
piccola e il calore emanato dal camino lo riscaldava e anche la nonnina le dava
fiducia. Non sapeva cosa volesse. Comuque si mise comodo e si preparò ad
ascoltare. L’anziana aveva capelli bianchi e faccia rugosa. Gli occhi
spiccavano per il blu accesissimo. Era molto bassa e abbastanza curva ma
rendeva l’idea, comunque, di una donna robusta.
“Devi sapere che
quando ti ho colpito tu stavi in mezzo alla foresta proibita. Proibita alla
caccia naturalmente, e tu sembravi piuttosto perso e confuso. Vagavi fuori da
quella casupola coperto di stracci. Ho deciso di aiutarti. ZITTO!!! Ho dovuto
colpirti. Molte volte mi è successo che per reazione gli altri mi avessero
colpito dallo spavento. Lasciamo perdere. Devi sapere che ti trovi in un
sobborgo di Helmut- Saizer, paesino tra le montagne Oscure e il mare Infinito.
Stai zitto, per favore. Ti trovi, ci troviamo nell’anno
tredicimilaquattrocentoquarantasette dopo la morte del Re Davide. MUTO! Siamo
in una zona pericolosa, con lupi e puma, e quindi per incamminarti la fuori ti
darò l’attrezzatura necessaria io, ok? Poi nel tuo viaggio amplierai il tuo
arsenale e diventerai più forte. Le domande a dopo. Mmm… vediamo, ti ho detto
tutto? Ah, si, già: chiamami Nonna Gisu, diminutivo di Gisucrenofacelatea.”
“che? Cosa?
Montagne che? Mare cosa? Diminutivo di che?”
“senti, ti dico
solo una cosa, domani appena sveglio, ti do il necessario e te ne vai da qui,
ok?”
“ e dimmi:”
“dammi del lei”
“e…mi dica, lei…
dove dovrei andare? Forse non lo sa ma io ho combinato un casino al mio paesino
e quindi…”
“sinceramente me
ne frego!”
“cosa? Guardi
che”
“guardi cosa, stolto.
Domani esci di qui, capito?”
“…”
“capito?”
“io vera…”
“ok, hai capito”
Francis era
confuso e preso in giro. Allo stesso tempo arrabbiato e depresso. Dov’era
finito? Era un sogno?No, era troppo reale. Forse lo avevano già scoperto e
questa era la sua punizione. Niente carcere, niente processo, niente di niente.
Solo prese per il culo a non finire. Che cazzo erano (se lo avesse sentito la
nonna con quel linguaggio…) le montagne oscure e il mare infinito?!? Bah,
l’importante era uscire da sto inferno. Domani avrebbe preso “l’attrezzatura
adatta” ( o era “necessaria??” boh!) e sarebbe uscito da sta presa per il culo.
Avrebbe trovato qualcuno di intelligente e sarebbe ritornato a casa a
dichiarare alla polizia lo sbaglio che aveva fatto.
La notte pianse.
Era disperato. Che cavolo era successo? Che cazzo volevano da lui??
********
Raggiunto il
mattino Francis si trovò a avere paura. Avere paura di cosa? Di vivere in un
sogno troppo reale, dove la vita costa cara. Perché non può che essere un
sogno, no? Non si era convinto del tutto ma comunque si alzò, chiese alla
vecchia le “attrezzature necessarie”. Come risposta l’anziana gli lanciò
addosso uno spadino, un piccolo scudo e degli stivaletti imbarazzanti.
Francis era
sempre più stupìto.
La vecchia gli
diede un’ultima raccomandazione prima di farlo uscire di casa: “pensaci molto,
anche cento volte, prima di prendere una decisione, vedrai che non farà male”
Già, si trovò a
pensare Francis, le decisioni affrettate, senza senso, folli e perverse avevano
già percorso la sua strada. E così Francis si trovò per strada. Non nevicava
più però era difficile camminare. Con quelli stivaletti imbarazzanti si
vergognava da morire. Ma cosa aveva da perdere? A quel punto, ormai, non sapeva
neanche più chi era.
Iniziò a
vagabondare per il villaggio trovandolo veramente strano. Al mercato non si
vendeva verdura o frutta o comunque mangimi freschi ma asce, spase, ferri
vecchi, pentole, rottami e altro ancora. Le case erano sotterrate dalla neve e
non c’erano finestre. Gli abitanti addirittura sembravano avere quasi caldo. Un
cartello gli indicava l’uscita dal villaggio. Prese un bel sospirone e si
allontanò.
Fuori dalle
piccole mura del villaggio c’erano praterie molto estese con erba alta fino a
mezzo metro, il tutto ricoperto di neve. Francis si ricredette quando notò che
gli stivaletti imbarazzanti erano impermeabilissimi da tutto. Davanti a lui
intravedeva la foresta. Rabbrividì pensando a quello che aveva detto la
vecchia: “ci sono puma e lupi qui”. E allora ci pensò anche cento volte prima
di entrare ma comunque non aveva altra strada.
Finalmente entrò
nella foresta. Era buia e si vedeva ben poco. Francis si poteva affidare ai
pochi raggi di luce che filtravano e al suo udito e/o olfatto. Con l’dito
sentiva ben poco, a parte il suo camminare sulla neve fresca.
Ormai camminava
da ore quando decise di accamparsi in uno spiazzo e di mangiare e di riposarsi.
Era un grandissimo spiazzo senza un filo di neve e l’erba tuttta appiattita.
Appena si sedette su un tronco cadutoudì urla lontane di persone, molte persone
che avanzavano verso di lui. Erano lontane, dietro gli alberi ma quelle urla
gli facevano venire la cagarella. Si nascose in un cespuglio e si accorse che
erano urla di guerra. “mamma mia, ma dove sono finito?!?”
In breve lo spiazzo
dove prima si era accampato era diventato lo spiazzo adatto per una guerra.
Si fronteggiavano
da una parte degli uomini neri tutti pitturati e completamente nudi e
dall’altra uomini bianchi a cavallo…oh no, erano centauri!
Che ribrezzo
tutti e due! Non riusciva a crederci, era come Fantasy Fable. Come Fantasy
Fable.
Lottavano con
lance, archi e spade simili a quella che aveva lui. La battaglia durò poco,
visto che si fronteggiavano due piccole tribù. I centauri sicuramente erano più
forti e dopo quella che a Francis sembrò un’oretta i neri indiani si
ritirarono. Sul terreno c’erano dei corpi. I centauri, senza aiutare i feriti
della loro stessa specie se ne andarono. Che scontro inutile. Nessuno
territorio conquistato e gente rimasta ferita. Bah.
Facendo immensa
precauzione si avvicinò lentamente all’unico centauro che veramente stava per
morire. Aveva sangue si tutta la parte destra del “corpo” e gravi ferite anche
in testa.
“caspio, sei
messo male eh?” mica si aspettava una
risposta. Voleva solo soddisfare la sua curiosità. Era davvero un centauro.
Capelli neri, e pelo nerissimo. Era anche abbastanza grosso. Aveva
un’espressione di sofferenza sul volto. A Francis dispiaceva. “cavolo, mi
piacerebbe aiutarti ma non credo di potercela fare sai? Sono capitato in questo
mondo di merda senza motivo…”
“mondo di merda
lo dici a casa tua, eh?” Francis sobbalzò e si affrettò a allontanarsi
correndo. “il centauro ha parlato. Ha parlato la mia stessa lingua!” aveva il
fiato corto quando si fermò.
In lontananza sentiva
il centauro chiedere aiuto. “aiutami ti prego”
Ehi, se faccio
qualcosa di buono magari fanno finire tutto questo immenso scherzo! Se è uno
scherzo, ovviamente.
Non era
assolutissimamente convinto delle sue parole. Però andò lo stesso dal centauro.
Cautamente gli si avvicinò e gli chiese ancora per convincersi che non era lui: “dimmi, sei tu che hai chiamato aiuto? Eh?” il centauro non rispose. Faceva fatica a prendere fiato. La vita lo stava per lasciare. “oooh, al diavolo! Questo...coso ha bisogno di aiuto!” Tirò fuori la coperta che gli aveva dato l’anziana per dormire e gliela posò sopra, sperando che questo cambiasse le cose. Gli dispiaceva davvero tantissimo non poterlo aiutare. “mi dispiace, amico, mi dipiace”
Con
immenso sforzo il centauro disse d’un fiato: “piantala di lagnarti e mettimi
sulle ferite le foglie dell’albero che ti è lì vicino, quello grosso, e poi
lasciami stare”
Colto
ancora di sorpresa Francis dopo che aveva assorbito tutte le informazione che
gli aveva dato, come se fossero tante, si mise a arrampicarsi sull’albero e ha
strappare foglie. Tante foglie. Subito gliele mise, con prudenza, sulle ferite.
Il centauro respirava ancora affannosamente ma Francis gliele mise ancora. Poi
aspettò a gambe incrociate per terra. Ma che sto qua a fare? Mò si riprende
e mi fa fuori senza pensarci due volte. Che scemo che sono. Nonostante
questi ragionamenti non si mosse di un millimetro.Si addormentò.
Al
mattino si svegliò di soprassalto. Il centauro si era svegliato e stava facendo
colazione con bacche e il pane preso dalla sacca di Francis. “oh, ben
svegliato. Ma quanto dormi, eh? Pensa che durante il tuo sonno chiunque avrebbe
potuto sgozzarti e tu non te ne saresti neanche accorto!”
Francis
si meravigliò guardando quell’esempio ,che adesso, era il centauro, di forza,
potenza e bellezza. In tutta la sua imponenza il centauro comprese la sua
meraviglia e il suo stato confusionale. “non ti preoccupare, non ti faccio
male. I centauri, in genere sono pacifici. Questa battaglia sinceramente non so
perché l’abbiamo fatta, probabilmente per ripicca, del nostro capo. Di sicuro
sono stati dei bastardi a lasciarmi a morire lì. Ti devo la vita. Come ti
chiami giovane? Dove vai? Non è sicuro andare in giro per questa foresta, sai?”
“mi
chiamo Francis e sinceramente non ti so dire da dove vengo, e dove vado. Ma ho
fiducia in te, se non mi avresti già ammazzato, no? Credo…”
“ragionamenti
un po’ infantili, eh?vabbè, dai…accendiamo il fuoco e poi andiamo a caccia,
ok?”
“a
caccia, va-va-va bene…non sono mai andato a caccia. Come ti chiami?”
“Carlos.
Mi chiamo Carlos”
*********
Tutta la mattina
cacciarono e poi ripresero il cammino; parlarono del più e del meno. Parlarono
di quanto Francis fosse confuso, di quanto la sua confusione lo portava a
camminare avanti senza una meta precisa, di quanto avrebbe dovuto subire questa
punizione. Carlos si meravigliò quando Francis gli raccontò del suo omicidio.
Si meravigliò di quanta rabbia può nascere e crescere in un innocente ragazzo.
Sì era già pentito, disse Francis, ma Carlos osservò che non era abbastanza,
magari, visto che era ancora lì, in quella strana avventura. Forse, non gli
permettevano di tornare indietro fino a quando non si sarebbero accorti che il
suo pentimento, la sua anima non erano del tutto ripuliti dal peccato che aveva
commesso. Il più grave peccato esistente. Questi discorsi facevano a Francis un
effetto particolare; come una nuova luce che penetra il buio. Qualcosa nella
sua mente stava cambiando; iniziava, finalmente a capire, a comprendere lo
scopo della sua missione. Ma anche lo stesso Carlos faceva effetto a Francis.
Dava senso di sicurezza, purezza dell’anima e rispetto. Insomma, era una grande
anima pura e gentile da rispettare e condividere. Era un ottimo compagno di
viaggio. Anche lui senza meta, senza un obbiettivo preciso ma con la
consapevolezza che il viaggio che stavano intraprendendo non era futile, aveva
uno scopo. Magari nascosto e misterioso, però aveva comunque uno scopo.
*******
Camminavano da
giorni, ormai, quando Francis , dalla groppa di Carlos, notò delle luci, dei
rumori. C’era qualcosa di vivo là avanti, finalmente. Dopo foreste disabitate,
pianure aride e fiumi secchi avevano trovato qualcosa. Magari una città, o un
semplice villaggio.
Superata la
collina che li divideva dalla vita , videro quella che era una splendida,
rigogliosa e viva città. Era enorme e luminosissima. Tutti segni che portavano
a pensare che era una civiltà fiorente e in cotinuo sviluppo.
Superarono enormi
campi coltivato e arrivarono alle porte della città. Quest’ultima, infatti, era
delimitata da enormi mura color mattone, alte ameno cinque metri. Le porte
della città erano in legno scurissimo e alte più delle mura. A proteggerla
c’era delle guardie; esse fecero entrare nella città i due avventurieri. Dopo che
le enormi porte erano state aperte finalmente la si vedeva. Era una città
brillante, rigogliosa, piena di vita. Era disposta su livelli. Al livello più
basso (dove si trovavano Carlos e Francis) c’era il mercato. Si vendeva di
tutto e le voci dei mercanti attirava la gente a comprare la loro mercanzia.
Tutte le bancarelle erano strapiene.
Francis, davanti
a sé, vide che c’era un’enorme vialone illuminato, con a lato i mercanti con le
loro bancarelle e in mezzo carri che trasportavao chissà cosa. Questo era,
forse, il viale più importante della città, perché conduceva a un enorme e
magnifico castello.
Vennero ospitati
in una osteria al secondo livello della città. Il mangime era buonissimo e il
letti erano più comodi che mai.
Il giorno dopo,
decisero che sarebbero andati a far visita al castello. Si notava a vista
d’occhio che la città riceveva raramente “turisti” o anche solo viandanti di
passaggio.
Il mattino si
diressero al castello. Tutti i cittadini, sorridenti, li salutavano e li
auguravano un buon incontro.
Bussarono al
portone del castello e furono accolti felicemente dal Re. Pranzarono; un
banchetto pieno zeppo di leccornie di tutti i tipi, forme e colori presero
posto sul tavolo. E Francis e Carlos non si fecero invitare.
Due ore dopo
iniziarono a discorrere; intrapresero tutti gli argomenti. Il Re spiegò come
millenni fa i suoi antenati crearono questo paese rigoglioso e come una
politica pacifista possa rendere quella città, LA città per eccellenza.
-cosa vi spinge
fino alla mia gloriosa città?-chiese il Re
-non abbiamo uno
scopo preciso, siamo viandanti, avventurieri- rispose Carlos
-già, e già che
ci siamo, se voi siete così magnanimi da offrirci un lavoro, saremo ben grati a
accettarlo- concluse Francis.
Il Re ci pensò su
e trovò il tanto agognato lavoro.-mmm, fatemici pensare, cari amici…Ah, sì, ho
la soluzione!!-
-ah, sì?? E qual
è, mio Re?- chiese tutto felice Francis
- dovrete per me,
e per il mio paese, uccidere un drago-
-chè?- chiese
stupito Carlos
-già, sono ormai
due anni che ci minaccia dalla sua montagna, tutti i volontari che sono andati
a ucciderlo non sono più ritornati ma sono sicuro che voi saprete farlo, no? In
compenso riceverete gloria e ricchezza che neanche potete immaginare-
Francis e Carlos accettarono non proprio volentieri ma le prospettive di ricchezza misero sul volto di Francis un bel sorriso.L’indomani avrebbero fatto provvista e sarebbe partiti.