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Autore: Love_in_idleness    21/01/2011    3 recensioni
Howard Link conosce benissimo il confine tra la fantasia e il mondo reale. Ed è un luogo tutto da esplorare.
[One-sided Link/Allen; Link-centric]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Link | Coppie: Link/Allen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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imm 01

Titolo: Camera
Capitolo: 2/5
Raiting:
Arancione (scuro?)
Genere: Introspettivo. Implied Lemon (ma non esiste questo genere). Romantico (concetto da applicare a Link).
Avvertimenti: shonen-ai. Siamo nel capitolo "Centoottantaquattresima notte: nuova ingessatura". Lo riconoscerete. La mia mente, leggendo, è andata in alto mare.




2.
Camera

 

 

Link entra nella camera come ci entra tutte le volte. Ha un fascio di documenti perfettamente ordinati sottobraccio, la camicia perfettamente abbottonata, i capelli perfettamente raccolti e l’aria perfettamente compunta. Apre la porta lentamente perché sa che Allen sta dormendo, e anche se è un uomo pratico ed energico ha rispetto per il (meritato) riposo altrui.

Immagina Allen tutto sommato rilassato e –

Apre la porta e fa un passo, sul suo letto vede Linalee. Lei dorme scomposta sopra le coperte. Probabilmente è entrata solo per dare un’occhiata a Walker, probabilmente voleva solo assicurarsi che stesse bene, ma devono aver dato anche a lei dei calmanti, e si è seduta sul letto perché si sarà sentita debole e si è addormentata senza nemmeno accorgersene, perché, in fin dei conti, ha combattuto fino allo sfinimento, oggi –

Ma –

Il mio –

Per un istante si chiede se è più irritato per il fatto che lei sia sul suo letto senza permesso, o perché è proprio Linalee, gambe scoperte, faccia rilassata, posizione indecorosa.

 

 

Se lo può immaginare.

Walker dorme profondamente annientato dalla morfina, e allora lo lascia lì, sorvegliato da Timcampi, mentre si allontana a cercare il materiale su cui lavorare. Non è un’infrazione del protocollo, perché con tutto l’anestetico che gli hanno iniettato non aprirà gli occhi per almeno un paio d’ore.

Immagina la stanza perfettamente silenziosa se non per il fruscio delle ali di Timcampi che prima o poi si stancherà, scivolando sul letto accanto al suo padroncino – forse sistemandosi nel caldo e morbido spazio tra il collo e la spalla -, e la luce del giorno che penetra schermata dalle pesanti tende tirate. La stanza è piccola, appena sufficiente per due persone. È una delle poche a disporre di due letti in tutta la stazione operativa. E il suo, di letto, è orientato verso quello di Allen di modo che possa osservarlo sempre, sempre, in ogni momento.

Immagina la porta scostarsi lentamente, emettendo il minimo rumore possibile. Il volto tranquillo di Lenalee, occhi-carbuncoli neri e in questo momento non troppo svegli, sulle guance ancora i graffi arrossati lasciati dall’ultima battaglia. Può immaginare la sua espressione lievemente assonnata ma soddisfatta, i denti che morderanno il labbro inferiore e il sorriso che si aprirà appena, quasi timido, quasi cauto, quando scoprirà che nella stanza non c’è nessuno tranne Allen, ed Allen dorme. Linalee si avvicinerà e si siederà sul bordo del letto, facendolo cigolare un po’, spostandone l’inclinazione e lasciando scivolare il viso assopito di Allen verso di lei. Alzerà appena quella sua piccola mano bianca – la alzerà come la alza in battaglia – ma senza renderla letale, senza imprimervi né forza né disperazione, solo affetto, affetto o – e poi la poserà delicatamente, accarezzando i suoi capelli argentei (mano bianca che scompare in un mare bianco e un contrasto così forzato), scorrendo le dita sulla fronte, sulla cicatrice pentacolare, sulla guancia, sulla linea della mascella, sulle labbra.

Sulle –

Link se le è immaginate molte volte. Sono piccole e sottili, lui si è immaginato la loro consistenza, il loro calore.

Ora Allen socchiuderà appena gli occhi, impastati dal sonno innaturale della droga, la vedrà, e concentrerà tutte le sue energie per mostrarle il suo sorriso migliore, e lei si chinerà appena, senza spostare la sua piccola mano bianca dalla sua guancia, lui richiuderà gli occhi e –

 

Non può svegliarsi, è sotto l’effetto della morfina!  

Link è fermo nel corridoio da almeno venti minuti. A volte sbircia da una fessura della porta, per assicurarsi che – che a Walker non stia succedendo nulla di compromettente, e che Linalee sia al sicuro, ma tutto quello che ha visto è stata la parigina nera di lei scivolare arricciandosi sotto al ginocchio.

Lo sa che non è successo niente di quello che si è immaginato, eppure non può fare a meno di sentirsi agitato e – forse – geloso. Linalee è sdraiata in quella posizione indecorosa, non può entrare e lavorare in quelle condizioni, non può, è irrispettoso.

 

È fuori dalla porta da due ore, ormai, quando sente le loro voci attutite dal diaframma della porta. Raccoglie in fretta i documenti che ha sistemato in pile ordinate sul pavimento e si rialza. Tende l’orecchio. Non sente cosa dicono. Parlano piano, quasi come se nascondessero qualcosa.

“Lenalee, se sei lì dento, esci subito!” Grida.

Lei chiede scusa, ma passa qualche minuto prima che i due aprano effettivamente la porta. Parlano ancora con quel tono segreto, e Link darebbe qualsiasi cosa, pure la pila di documenti che ha in mano, per sapere che cosa si stanno dicendo. Sente solo il nome di Lavi pronunciato da Walker…

Poi lui apre la porta, Linalee esce, occhi pesanti, abiti stropicciati e capelli spettinati per la dormita. La fulmina con uno sguardo di pura gelosia – ma sta molto attento a farlo passere per un semplice rimprovero.

“Walker –“

“Link, non arrabbiarti così tanto, dai…”

“Ho dovuto aspettare due ore fuori dalla stanza. Sarebbe potuto succedere qualsiasi cosa. Questo è – sei un incosciente e dovrò fare rapporto.”

Non lo farà. Ma non lo ammetterà nemmeno. Si avvicina a grandi falcate alla sua scrivania e vi lascia cadere la pila di fogli con un tonfo. Allen è di nuovo sul letto, stordito. Sta lottando contro il sonno, contro la nebbia che gli ottunde il cervello.

Link sospira. Sembra un sospiro di rassegnazione ma è qualcosa di molto più doloroso. Perché due ore prima, così… gli aveva detto –

 

Link se l’è immaginata più volte. Non una vera e propria confessione. Si immagina piuttosto delle parole vaghe e molto poco consistenti, qualcosa che potrebbe essere e potrebbe benissimo non essere, ma che è per forza – si capisce dagli occhi.

E quella frase sembra proprio uscita da uno dei suoi irrealizzabili sogni ad occhi aperti, è così spontanea che per un momento, un piccolo, breve, indescrivibile momento, Link pensa che farà sul serio quello che la sua mente ha immaginato. Ma è un irreprensibile, per cui le gambe, come due macigni, rimangono ben piantate al suolo nonostante l’impulso elettrico che gli sta invadendo il corpo.

“Forse,” dice Walker, “per me ormai sei una presenza naturale come l’aria.”

Ma qui – qui non ci sono quegli sguardi rivelatori… qui potrebbe significare qualsiasi cosa.

Link reprime l’impulso di precipitarsi verso di lui, è così allenato che all’esterno non lascia intravedere la minima traccia, il minimo segno di cedimento strutturale. Perché, anche se viaggia spesso con la fantasia, ha ancora le idee molto precise su dove stia il confine col mondo della realtà.

Per cui si volta e torna alla sua sedia. E dalla sedia lo guarda addormentarsi.

 

Se lo può immaginare perfettamente.

Walker si stenderà sul letto, stanco, e il letto emetterà un cigolio poco convincente, e fisserà il soffitto senza realmente vedere qualcosa. Solo, parlerà, dirà quelle parole vaghe e molto poco consistenti: “Sai, forse per me sei diventato una presenza naturale – come l’aria.”, e si volterà verso di lui – lo guarderà con quello sguardo – con quegli occhi lunari che dischiuderanno tutto il significato. E a Link tremeranno le gambe come se avesse preso una scossa improvvisa, tremeranno le gambe e tutto il resto, si stringerà qualcosa nella cassa toracica, e tutti i suoi muscoli urleranno di muoversi – e lui lo farà, gambe torace e tutto il resto, lo farà, si avvicinerà al letto mantenendo fisso lo sguardo rivelatore nello sguardo rivelatore di Allen, e si arrampicherà su quella specie di rupe inconquistabile fatta di materasso e lenzuola, appoggiando le ginocchia contro i due stretti fianchi di Allen fasciati dalla benda appena più pallida di lui – si puntellerà sulle braccia, guardandolo dritto negli occhi senza dover dire una parola, una sola parola vaga e davvero poco consistente.

Può immaginarselo benissimo perché ormai è una visione quasi familiare. Si lascerà scivolare – questione di qualche secondo – verso il basso, verso il suo viso. Allen si tenderà lievemente all’insù, inarcando la schiena, accerchiandolo con le sue braccia, trascinandolo a sé… giocherà con la sua frangia, dita arricciate tra i capelli, e poi scorrerà sulla linea appuntita del suo volto per prenderlo in giro. Ma alla fine dovrà baciarlo. Per forza. Lo lascerà esplorare con la bocca tutti quei punti che sembrano aver conservato in lui ancora la morbidezza dell’infanzia – le guance, il collo, la lieve curvatura delle spalle. Lo lascerà giocare con quelle parti del torso che non sono coperte dalle bende mentre lui gli slaccerà il cravattino e gli sfilerà il gilet e la camicia. Così potrà rialzarsi, potrà fare più o meno qualsiasi cosa. Ma, prima di qualsiasi cosa, accarezzerà con la punta delle dita: torace ventre inguine cosce polpacci, fino alle caviglie, strette, piccole caviglie bianche che spuntano nude dall’orlo dei pantaloni  - le sue caviglie troppo magre, l’osso sporgente. Accarezzerà le sue caviglie ossute prima di potersi dedicare a qualsiasi altra cosa, come ad annientare i vestiti e –

 

“Link. Mi è venuta fame.”

Link posa il foglio su cui finge di scrivere un rapporto inesistente e lo guarda con un’espressione perfettamente stoica.

Dice: “Allora andiamo.”



***

Forse avrei dovuto avvertire tutti i lettori di una cosa molto, molto, molto importante: a volte mi dimentico per un po' delle mie storie. Nel senso che magari ci metto un mese ad aggiornare. Comunque ho tutto sotto controllo, ho scritto cinque capitoli su cinque, la vita è meravigliosa e un mese è sempre meno dei tempi escatologici di uscita del manga.
Detto questo: sono sopravvissuta alla sessione d'esame! Sono una donna libera! Il mondo è un posto migliore, adesso. Vi faccio notare la mia totale incompetenza nello  scrivere lemon. Ve le risparmio perché le lemon scritte male sono la cosa peggiore che uno possa leggere. In compenso siete libere di immaginare tutto ciò che volete (come Link, che è un naughty boy), di scrivere spin-off, di disegnare, di esprimere il fansevice in ogni sua forma. 

Bene, ringrazio XShadeShinra ed Eli_star per la recensione. HarleyQuinn va ringraziata anche per avermi accompagnata il Giorno Del Giudizio, ma questa è un'altra storia. Grazie a chi mette nei preferiti/seguiti/ricordatih!
Alla prossima X*

   
 
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