CAPITOLO
3
INCONTRI E PAZZIE
Entrare nella villa sulla
collina tutto sommato non era stato particolarmente complicato
per Sabo,
non più delle altre volte. I suoi movimenti erano stati
veloci ed automatici,
tanto ci aveva fatto l’abitudine a fare quella vita. Tutti i
sistemi di sicurezza
istallati avevano finito con il rivelarsi insufficienti.
Una volta entrato
aveva preso a vagare soddisfatto e indisturbato per le grandi e
maestose stanze
pulite da poco, attento a non fare il minimo rumore che potesse mettere
in
allarme servitori, guardie o magari gli stessi padroni di casa. Il
rivoluzionario
procedeva lento, soffermandosi con attenzione su ogni dettaglio,
cercando
qualcosa che valesse la pena essere rubato o quanto meno distrutto.
Vagando da una stanza
all’altra finì con il trovare un ritratto di
famiglia, all’apparenza uno come
tanti.
La solita nauseante scenetta familiare che gli faceva venire il
voltastomaco.
C’era una bella donna
bionda, un uomo dall’aria sicura ed una ragazzina
fastidiosamente sorridente.
Lo guardavano tutti e tre dalla cornice, felici e realizzati,
prendendosi gioco
di lui e della sua vita che era andata a rotoli. Ogni secondo che
passava
a guardare quel dipinto non faceva altro che ricordargli che lui una
famiglia
ormai non l’aveva più, e che la colpa era
principalmente sua. Aveva sempre
pensato che i suoi fratelli fossero in gamba, che non avessero di certo
bisogno
del suo aiuto e che infondo avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per
rivederli,
abbracciarli e fare di nuovo festa con loro. Si sentiva invincibile,
quasi immortale, e pensava
che fosse lo stesso per i suoi fratelli. Per questo motivo non si era
mai
curato troppo di restare aggiornato su quanto accadeva nel
mondo.
Quando si era
trovato il giornale tra le mani tutte le sue certezze erano scomparse
di fronte a lui, aveva realizzato che era stato un idiota ma che
ormai non aveva possibilità di rimediare: il tempo era
finito.
Ace era stato
giustiziato, Rufy era morto mentre cercava di salvarlo ed il suo
cadavere non
era mai stato ritrovato. Arrivato a quel punto Sabo aveva
appallottolato il
giornale senza leggerlo fino in fondo tanto era disgustato da quei giri
di
parole. Da allora si era chiuso in se stesso, chiudendo fuori il resto
del mondo. Non gli importava più di sapere quel che
succedeva intorno a lui perchè nessuna dannatissima guerra
gli avrebbe restituito quello che aveva perso. Arrivati a quel punto
leggere il giornale era solo una fastidiosa incombenza, una perdita di
tempo.
Quando si riscosse da quei
tristi ricordi, il rivoluzionario scoprì il suo volto
bagnato da quelle che
sembravano senza dubbio lacrime. Con un gesto di rabbia fece cadere la
cornice,
lasciando che si infrangesse a terra con un rumore sordo. Subito dopo
averlo
fatto realizzò la stupidità del suo gesto che non
aveva fatto altro che
attirare l’attenzione. Tanto valeva scrivere il suo nome da
qualche parte a
quel punto. Sabo si mise in posizione di attesa, sicuro che da un
momento
all’altro sarebbe certamente arrivato qualcuno, attirato da
tutto quel baccano.
Aspettò a lungo, ma non vide arrivare nessuno. Rimase ancora
un po’ a guardare
i cocci rotti, sorpreso, poi decise di passare alla stanza successiva.
Quello che vide lo
lasciò
interdetto, immobile sulla porta. Di fronte a lui c’era la
stessa ragazzina del
ritratto, solo un po’ più grande e decisamente
meno felice. Il suo sorriso
aveva lasciato il posto ad un’espressione stanca e assonnata.
La ragazza era
addormentata sopra un’immensa pigna di volumi polverosi di
anatomia, chimica e
medicina. Doveva essere crollata mentre studiava, quasi sicuramente per
diventare medico ed aiutare la gente. Sul volto della giovane donna non
vi era
più l’aria spensierata che tanto gli aveva dato ai
nervi nella stanza
precedente, al contrario. Il suo bel viso era segnato da profonde
occhiaie che
le davano un’aria decisamente distrutta.
Sabo scartò subito
l’idea
di farle del male, colpito da qualcosa in lei che non riusciva bene ad
individuare. Non poteva colpirla e basta. Per la prima volta dopo mesi
di
sofferenza che lo avevano reso insensibile a tutto e a tutti, la sua
coscienza
tornava a farsi sentire.
Sconvolto da
quell’incontro
inaspettato, decise di uscire prima di fare altri danni e di lasciare
al più
presto quel villaggio. Una voce dentro di lui gli suggeriva che per il
suo bene
doveva restare, ma il rivoluzionario era fermamente deciso a non dargli
retta.
Forse era la stessa voce che lo aveva fermato poco prima, nella stanza.
Non
poteva mettere la testa a posto, tornare a fare il bravo ragazzo e fare
finta
che non fosse mai successo nulla. C’erano colpe che non
potevano essere lavate
così come c’erano posti dai quali non era proprio
possibile fare ritorno.
Rifece il percorso dal
quale era entrato al contrario, quasi meccanicamente. La sua mente era
altrove,
persa in un’infinita lotta con se stessa, ma il suo corpo
sembrava non averne
bisogno per non farsi scoprire. Era già in giardino quando
vide l’ombra
aggirarsi nei pressi della casa.
Sabo capì subito di cosa
doveva trattarsi. Gli ultimi mesi che aveva passato a fare il criminale
gli
avevano permesso di concludere che probabilmente quel tizio che si
stava
nascondendo con un pesante ferro in mano stava per fare quello che non
era
riuscito a lui.
Sarebbe entrato di
soppiatto fino al cuore della casa, avrebbe trovato la ragazzina
addormentata e
non avrebbe esitato nemmeno un momento prima di spaccarle la testa con
quell’arnese e scappare con il bottino. Era lo stesso che
avrebbe dovuto fare
lui, prima del grande ritorno della sua nemmeno tanto compianta
coscienza.
Sabo valutò ancora per
qualche istante l’idea di andarsene e di lasciare gli
abitanti di quella casa
al proprio destino ma si scoprì incapace di farlo sul serio.
Cambiare idea fu
quasi automatico, disturbato dall’idea della ragazza sola con
quel disgraziato. Maledisse se stesso ed il
mondo che lo aveva reso un ladro, si voltò e prese a correre.
Fermare il ladro
fu incredibilmente semplice, molto di più di quello che Sabo
pensava. Schivò
senza problemi quell’inutile ferro, lanciandolo lontano,
assestò un pugno
deciso e questi era già a terra, inerme.
La parte difficile venne
dopo. Aveva pensato che una volta
messo al tappeto il tizio avrebbe potuto andarsene per la sua strada
senza
problemi e senza alcun rimorso, ma non aveva fatto i conti con alcuni
fastidiosi
ragazzini del luogo che erano accorsi attirati dalle urla e dal
trambusto.
- Sei un eroe, signore. -
Esclamarono estasiati,
fissando increduli il tizio riverso al suoi piedi.
Nei loro occhi il ragazzo
scorgeva una sorta di ammirazione che non vedeva da tanto, troppo
tempo. Chiuse
gli occhi solo un momento e quando li riaprì si ritrovo su
un’altra isola,
molto lontana da quella dove si trovava in realtà. I bambini
di fronte a lui
erano scomparsi ed al loro posto ne era rimasto solo uno, con un grosso
sorriso
ed un buffo cappello di paglia.
- Eccezionale, fratellone!
-
Esclamò quella sorta di
fantasma prodotto dalla sua mente che stava di fronte a lui,
ostinatamente
reale.
Il rivoluzionario mosse una mano cercando di afferrare Rufy ma questi
svanì insieme a quella sorta di visione, lasciandolo solo ed
in lacrime in
mezzo ad un sacco di gente che lo credeva una sorta di eroe buono.
Sabo imprecò, cercando di
dileguarsi, subito bloccato dalla gente era accorsa alle grida dei
ragazzini.
Tutti sorridevano, gli davano pacche sulle spalle e gli facevano
domande.
Nessuno di loro aveva capito come stessero realmente le cose. Nessuno
metteva
in dubbio le sue intenzioni.
- Che succede? -
Chiese Kaja, comparendo
sulla porta con un’aria spaventata.
Sabo si girò lentamente, sorpreso da quella
voce tanto sottile e spaventata, per trovarsi di fronte la ragazza che
aveva
visto poco prima, questa volta sveglia.
- Ti ha appena salvato la
vita. -
Spiegò uno dei bambini,
correndo incontro alla ragazza che prese a fissare il rivoluzionario
con
un’espressione decisamente incredula.
Lo studiò attentamente in modo severo e
sospettoso, quasi dubitasse che davvero quello sconosciuto comparso dal
nulla
potesse davvero avere fatto un gesto tanto nobile, poi sorrise. In
pochi
istanti fu accanto a lui e si lanciò tra le sue braccia,
stringendolo forte.
Sabo non faceva altro che
guardarsi intorno, intontito. Era bastava un ora in quel villaggio
dimenticato
dal mondo ed era passato dallo status di ladro a quello di eroe, senza
quasi
accorgersene e soprattutto senza che gli altri si accorgessero di
quell’imbroglio.
Ora, nonostante le
reticenze dell’interessato stavano cercando di convincerlo a
partecipare ad una
festa in suo onore. Sebbene l’istinto di Sabo continuasse a
dirgli di lasciare
quel posto, prima che fosse troppo tardi, alla dine decise di lasciarli
fare,
godendosi quel momento fino in fondo.
Era sempre lo sciacallo,
dopo tutto.
***
Nojiko ed il ragazzo
sconosciuto vivevano insieme ormai da qualche mese, per quanto gli
abitanti del
villaggio ritenessero del tutto improbabile quella convivenza. Qualcuno
di loro aveva
protestato, ma aveva finito per fare i conti con la testa dura della
ragazza.
Come sua madre aveva portato a casa due orfane ed aveva deciso di
crescerle
come sue figlie, lei aveva deciso che avrebbe aiutato quel ragazzo o
quanto
meno ci avrebbe provato.
Quello che ripeteva a
tutti, furiosa, era che tra loro non c’era assolutamente
nulla. Non era di
certo innamorata dello sconosciuto, ne credeva seriamente di poter
perdere la
testa per lui. Nojiko era affascinata da quel ragazzo perché
aveva visto
qualcosa nei suoi occhi, dietro quello sguardo deluso e spento. Una
sorta di
spirito battagliero, deciso, in grado di tenerle testa. Insomma,
più che un
compagno da amare la ragazza lo vedeva come un amico con cui litigare
che non
tremasse di fronte alla sua rabbia.
Dopo le difficoltà iniziali
la convivenza aveva preso ad andare piuttosto bene, tra alti e bassi,
litigate
e discussioni. In quel lasso di tempo avevano condiviso molte cose, dal
tetto
al cibo, ma nonostante questo la ragazza non sapeva ancora nulla del
suo
silenzioso amico. Non sapeva da dove veniva, per quale motivo si fosse
ridotto
in quel terribile stato e nemmeno il suo nome.
- Il mio nome è
maledetto.
Chi lo conosce è destinato a soffrire. -
Ripeteva lo straniero
quando Nojiko tirava fuori l’argomento, di solito durante i
pranzi che
consumavano insieme alla piantagione oppure a casa.
La ragazza, dal canto suo,
era decisa a non darsi per vinta. La testardaggine di Nojiko era pari
solamente
alla testa dura di Ace. Ogni volta che erano a tavola la giovane donna
si dava
da fare per riempire quei silenzi raccontando di se al suo ospite.
Lui non faceva mai domande,
ascoltava e basta. A volte sembrava annoiato, altre distante e qualcuna
persino
affascinato dalle parole della ragazza. Nojiko gli aveva raccontato nei
minimi
dettagli la guerra che si era consumata nel suo villaggio contro gli
uomini
pesce, di come erano infine riusciti ad uscirne grazie
all’aiuto di una ciurma
di pirati sgangherati usciti dal nulla e di come sua sorella aveva
deciso di
partire con loro per realizzare i suoi sogni. L’unico
dettaglio che aveva volontariamente
trascurato era il nome della ciurma, spaventata che
quell’informazione potesse
mettere in qualche modo in pericolo Nami. Contrariamente a quanto si
aspettava,
il ragazzo non reagì. Si limitò a guardarla a
lungo prima di brontolare che gli
uomini pesce che aveva conosciuto durante la sua vita in fondo non
erano poi
così male. Questo aveva scatenato la rabbia della ragazza,
svanita quasi subito
dopo che il ragazzo si fu allontanato.
Ad ogni modo per la maggior
parte del tempo Ace restava immobile, fingendo il massimo disinteresse.
Per
quanto quella ragazza fosse in gamba e cercasse con tutta se stessa di
vincere
la barriera di indifferenza dietro la quale lui si nascondeva, non
poteva
aiutarlo.
Da quando il mondo gli aveva
mostrato tutta la sua crudeltà,
portandogli via le due cose che amava di più al mondo, Ace
aveva deciso di
estraniarsene. Da allora non aveva più letto un giornale, ne
chiesto a qualcuno
cosa stesse combinando la marina o il governo mondiale. Le tragedie del
mondo,
così come le conquiste dei pirati sognatori, non erano
più affari che
suscitavano il suo interesse.
- È una bella giornata,
vero? -
Chiese Nojiko una mattina,
mentre i due si stavano dirigendo verso il campo di mandarini.
Il sole era
sorto da poco, eppure era già caldo e rendeva il piccolo
tratto di strada
decisamente piacevole.
- Mhm.. -
Mugugnò l’altro in
risposta.
Le belle giornate lo rendevano ancora più triste e di
cattivo umore.
Ace amava la pioggia, la neve e tutto ciò al quale si
accostava meglio tutto il
dolore che provava dentro il suo cuore.
- Perfetta per raccogliere
i mandarini da spremere.. -
Continuò Nojiko, ignorando
il tetro brontolio del suo compagno.
- Mhm.. -
Ripeté Ace, sbuffando.
Segretamente sperava che la ragazza la finisse con tutte quelle domande
e con
tutte quelle chiacchere ma ormai la conosceva abbastanza da sapere che
era una
speranza vana. Nojiko non sarebbe mai stata zitta, in nessun caso,
anche a
costo di mettersi a parlare con dei granelli di polvere o con dei fili
d’erba.
- Sai, è stata mia madre
ha
insegnarmi tutto. Questo campo.. -
Cominciò Nojiko, indicando
la prima fila di mandarini che spuntava dietro lo steccato.
- Era suo, lo so. Non fai
che ripeterlo.. -
Sbuffò Ace, indispettito.
Nojiko si fermò, fissando intensamente il
ragazzo. Qualunque donna sarebbe
stata profondamente offesa dal modo in cui era stata zittita, eppure
lei
rideva. Più la guardava, più la scopriva
divertita e sorpresa.
- Ne ero sicura! -
Esclamò la ragazza,
saltellando felice.
- Di che parli? -
Chiese Ace, disturbato la
tutta quella felicità a cui non riusciva a dare una
spiegazione logica.
Lui
l’aveva ferità, eppure lei sembrava la ragazza
più felice di tutta l’isola.
- Tu fingi solo di non
ascoltarmi.. -
Concluse Nojiko, correndo
avanti a lui.
Ancora una volta Ace avrebbe voluto dire qualcosa ma si
obbligò a
stare zitto. Non voleva affezionarsi a lei, tutte le persone che gli
volevano
bene erano destinate a soffrire. Tutte, a partire da suo fratello per
continuare con suo padre, i suoi fratelli e chiunque lo avesse
conosciuto.
Nessuno era scampato a quella maledizione.
Per tutto il resto della
giornata, Nojiko ed Ace non si rivolsero più la parola presi
come erano dal
lavoro nei campi. Il ragazzo eseguì tutti i compiti che lei
gli aveva
assegnato. Finito il lavoro Ace tornò verso casa. Era
solo, Nojiko gli aveva
chiesto di aspettarlo in cucina e così lui aveva fatto. Era
così che si era
trovato di fronte alla foto ed era iniziato tutto. Nella foto
c’era una donna
con due bambine. Tutte e tre erano felici, sorridevano. Erano una
famiglia,
proprio quello che lui non aveva più. Subito la sua mente
tornò a Rufy e a Sabo
e il suo cuore si strinse.
Quando il dolore divenne
troppo, Ace si alzò dalla sedia e corse fuori senza meta
fino a che non arrivò
ad un burrone a strapiombo sul mare. Alla sua destra c’era
una lapide, ma il
ragazzo non ci fece caso. Nella sua testa c’era spazio
solamente per un
pensiero; tutto quello che voleva era smettere di soffrire, chiudere
gli occhi
e non sentire più niente.
Si passo la lama del
coltello che aveva usato quella mattina per cogliere i mandarini sui
polsi, poi
si lasciò cadere nel vuoto.
Mentre cadeva, prima di
scivolare lentamente nell’oblio, si sentì
libero.
Finalmente il suo dolore
avrebbe avuto una fine.
***
Rufy si era trovato davanti
Keira una mattina presto, appena sveglio. Era talmente addormentato che
all’inizio non l’aveva quasi notata convinto come
era di non essere ancora del
tutto uscito dal mondo dei sogni. Rey era partito da circa
una settimana, giorno più giorno meno, dicendo che avrebbe
preparato la nave
per il grande incontro fissato per sei mesi più tardi. Rufy
aveva annuito,
abbozzando un sorriso. Per quanto fosse diventato forte e avesse ancora
tempo
per migliorarsi, l’idea di tornare dai suoi compagni non lo
rendeva felice come
avrebbe dovuto essere. Aveva ancora bene impresso nella mente i loro
sguardi
spaventati e i loro corpi feriti. Il timore di non essere
all’altezza di
proteggerli era grande, ma il ragazzo di gomma sapeva bene che si
sarebbe
dovuto rassegnare a conviverci.
Dopo la battaglia al
quartiere generale della marina, nulla sarebbe stato più lo
stesso. Il suo modo
ingenuo e spensierato di guardare il mondo era andato perso, forse per
sempre.
Ormai si era abituato a fingere, ma in realtà non riusciva a
fidarsi di
nessuno. La sola idea di affidarsi ad uno sconosciuto, come
più volte avevano
fatto nel corso del loro viaggio, gli sembrava una pazzia.
Rufy ricordava bene quando
si era svegliato, qualche settimana dopo gli scontri, ed aveva
realizzato di
essere ancora vivo. Allora aveva iniziato a piangere, come un bambino.
Jimbei,
al suo fianco, aveva creduto fossero lacrime di gioia, ma aveva subito
dovuto
ricredersi. Il ragazzo gomma sapeva
bene che avrebbe dovuto morire insieme ad Ace e forse una parte di lui
l’aveva
fatto. Quello che era rimasto di lui aveva promesso che avrebbe
protetto i suoi
compagni e continuato il viaggio, anche se parte del suo entusiasmo era
andato
perduto. Insieme a Rey ed al grosso uomo pesce era tornato nel luogo
dove aveva
perso il fratello per mandare un messaggio ai suoi compagni, poi era
sparito.
Credeva che due anni lo avrebbero aiutato a tornare quello di prima ma
ora,
dopo un anno e mezzo, poteva tranquillamente affermare che non erano
serviti a
nulla. Era diventato più forte, certo, ma i cambiamenti si
fermavano a quello.
Non si sentiva lo stesso di prima e tanto meno una persona migliore.
L’unica
cosa che aveva ben chiaro in mente, il suo pensiero fisso, era la
necessità di
allenarsi che lo portava a non riposare per più di quattro
ore.
a Rufy era servita
una seconda
occhiata per rendersi conto che la ragazza non era del tutto umana e
soprattutto era piuttosto minacciosa. Lo fissava dritto negli occhi con
una
furia che non aveva apparenti spiegazioni.
- Che razza di mostro sei?
-
Aveva chiesto il ragazzo di
gomma, grattandosi la testa perplesso.
Keira lo studiò, attenta. Il ragazzo non
sembrava spaventato, solo curioso. Forse era convinto che fosse
solamente un
sogno bizzarro, oppure era davvero coraggioso a parlarle in quel modo
senza
curarsi di quelle che potevano essere le conseguenze.
- Non sono un mostro,
idiota. -
Aveva sibilato lei, in
risposta.
A quelle parole Rufy aveva sospirato, visibilmente sollevato, aveva
alzato le spalle e le aveva offerto un grosso frutto succoso. Keira,
spiazzata,
era rimasta immobile. Mai prima d’ora aveva incontrato un
umano così. Persino
quel Roger a confronto sembrava essere più sano di mente di
lui.
- Sei un tipo strano. -
Dichiarò lo spirito, con
una espressione tremendamente seria.
Benchè non fosse la prima
volta che qualcuno gli diceva una cosa del genere, Rufy si sorprese. Le
parole
dello spirito avevano una solennità ed una
complessità che affascinava ed allo
stesso tempo spaventava il ragazzo.
- Cosa sei? -
Chiese Rufy, serio.
Ad
un’occhiata superficiale quella che si trovava di fronte a
lui poteva sembrava
una ragazzina di appena qualche anno più grande di lui
dall’aspetto bizzarro,
ma qualcosa gli diceva che c’era di più. La
solennità con cui aveva parlato, la
profondità dei suoi sguardi e la sicurezza dei suoi
movimenti sembravano
portare con se una saggezza secolare.
- Sono uno spirito di
questa foresta, proteggo questa isola... -
Spiegò Keira, afferrando il
frutto dalle mani del ragazzo e mordendolo avidamente.
Normalmente non si
cibava di vivande umane per rispetto dell’isola, eppure
trovò quel frutto
estremamente buono.
- Accidenti, allora devi
essere vecchia! –
Esclamò il ragazzo di
gomma, ingenuo, tornando a grattarsi la testa.
- Insolente, non sono un
essere umano! –
Ringhiò Keira, furiosa,
meditando vendetta; come poteva un idiota del genere parlargli
a quel modo?
Prima che lo spirito potesse fare qualsiasi mossa, Rufy divenne
improvvisamente
serio. Keira si sorprese di quella trasformazione, impensabile pochi
istanti
prima.
- Quindi per te io sarei
una specie di minaccia per la tua isola, giusto? -
Chiese il ragazzo, senza
ombra di ironia nella voce, guardando affascinato la strana creatura
che aveva
appena smesso di mangiare e che ora lo fissava senza staccare lo
sguardo.
- All’inizio lo pensavo,
lo
ammetto. -
Dichiarò Keira, stranamente
sincera.
Non era da lei dire la verità, soprattutto di fronte ad un
umano, ma
per qualche ragione sentiva che doveva fare un’eccezione.
- Cosa ti ha fatto cambiare
idea? -
Chiese Rufy, curioso ed
affascinato da quella donna che racchiudeva uno spirito ed
un’esperienza di
secoli nel corpo di una ragazzina.
- Gli spiriti come me hanno
segreti che non rivelano. Tuttavia, posso leggerti nel cuore -
Rispose lei, stizzita.
Avrebbe davvero voluto leggere cosa passava per la testa di quel
ragazzo, così
come avrebbe voluto essere in grado di prevederne il futuro.
- Non mi va, devo
allenarmi.. -
Mormorò Rufy, alzandosi.
Alle parole di Keira il suo volto si era fatto scuro, quasi temesse che
lei
potesse arrivare ad indovinare i suoi punti deboli, i suoi demoni e le
sue
paure.
- Posso leggere il tuo
futuro, se vuoi. -
Propose ancora Keira,
aspettando attenta la risposta del ragazzo.
Gli era bastata un’occhiata attenta
per capire che quel ragazzo faceva parte di un ristretto gruppo di
umani
destinati a grandi cose. Ne aveva incontrati molti, ma oltre a lui
solamente
quel Roger era riuscito a sopravvivere così a lungo sulla
sua isola.
Qualunque umano sarebbe
stato più che felice di una proposta del genere. Gli
spiriti, si sa, non
mentono mai. Le loro predizioni sono rare almeno quanto sono preziose.
Imbattersi in uno di loro e
vedersi fare una predizione non è un’esperienza
che molti possono vantare,
nemmeno nella seconda parte della rotta maggiore.
- No, grazie. Se sapessi
già tutto per cosa varrebbe una pena continuare questo
viaggio? -
Chiese Rufy, sorprendendo
lo spirito con la sua ingenua risposta.
Nessuno prima d’ora aveva risposto in
quel modo. Persino Roger l’aveva lasciata fare prima di
correre dietro al suo
sogno.
- Sei testardo, moccioso. -
Sibilò lei, osservando il
ragazzo allontanarsi a grandi passi verso il profondo della foresta.
Avrebbero parlato ancora, ne era certa.
per prima cosa, grazie a tutti quelli che hanno letto la mia storia; sia a quelli che commentano che ai lettori silenziosi!
spero che con l'avanzare della storia spariscano anche tutti i vostri dubbi. mi rendo perfettamente conto che la trama di questa storia è complicata. vi assicuro che nella mia testa è ben chiara, forse meno sulla carta!
Akemichan: grazie mille!
questa volta ti ho fatto aspettare un po' di più, mi spiace. per quanto riguarda Sabo, dato che di lui sappiamo veramente poco, mi sono presa la briga di metterci del mio. per come la vedo io è si un rivoluzionario, ma anche piuttosto distratto. lui credeva che non sarebbe mai potuto succedere nulla ai suoi fratelli quindi non si è mai preoccupato di sapere dove fossero. quando ha letto della loro morte è andato in crisi, si è chiuso in se stesso e quindi non è venuto a sapere che il realtà Rufy stava bene.
per quanto riguarda le coppie, invece, posso dire che per il momento non ho in programma di fare nascere storie d'amore. si tratta principalmente di compagni di viaggio che aiuteranno i tre fratelli a capire alcune cose ed andare avanti.
per quanto riguarda gli errori, grazie, lo scorso capitolo ho litigato abbastanza con il mio pc!
Brando: grazie mille!
Ace e Sabo hanno letto il giornale, uscito subito dopo la guerra, nel quale Rufy veniva dato per morto. nessuno dei due si è preso la briga di leggerne altri quindi non sanno della gita con Rey e Jimbei ne tanto meno che il loro fratellino è vivo!
Tre 88: grazie mille!
questa storia si basa sul fatto che ognuno dei tre fratelli crede gli altri due morti quando il realtà sono tutti vivi. spero di averti chiarito le idee e non avertele confuse ancora di più!
riguardo Ace non dico nulla, nel prossimo capitolo la parte dedicata a lui sarà principalmente introspettiva e risponderà a tutte le tue domande!
Keira è uno spirito, non ha età. ha il corpo di una ragazzina ma ha svariate centinaia di anni.
Chibi_Hunter: grazie mille!
spero che questo capitolo non ti abbia deluso e che abbia risposto almeno a qualcune delle tue domande!
Raffa_Chan: grazie mille!
mi spiace, niente anticipazioni su Ace tranne che sono quasi certa che non si metteranno insieme.
:D non ti resta che aspettare!
Koruccha: grazie mille!
ho fatto tesoro dei tuoi consigli e delle tue note!
Micyu_chan: grazie mille!
bah onestamente io un Rufy innamorato non riesco ad immaginarmelo bene. lo vedo più come il compagno di avventure sempre sorridente. ad ogni modo, mai dire mai!
GRAZIE MILLE, AL PROSSIMO CAPITOLO!