Capitolo XXXIII
Solo ieri c'era lei,
nella vita mia,
solo ieri c'era un sole
che metteva allegria
e io mai
credevo proprio che mai
mai più andasse via
Prima cosa che farò
via non butterò
tutto quello che di buono
ho costruito fino a qui
e da qui,io ripartire vorrei
dai nuovi passi miei
ricomincerò.
[ Solo ieri – Eros Ramazzotti ]
Ore 06.00 –
Autostrada
Irina stiracchiò le
braccia anchilosate, sbattendo contro il finestrino chiuso della Punto, e si
lasciò andare a un gemito di fastidio sentendo i muscoli del collo indolenziti.
Aprì gli occhi, mentre la luce grigia del mattino illuminava l’abitacolo, una
leggera musica di sottofondo a farle da sveglia. Oltre il vetro, la strada poco
trafficata scorreva veloce sotto un cielo plumbeo e particolarmente triste.
Guardò l’orologio,
la testa ancora abbandonata sul sedile, e fece un rapido conto… Si era
addormentata verso l’una di notte, quindi Dimitri aveva guidato più o meno…
<< Cinque
ore! >> gridò, voltandosi verso il russo, che teneva lo sguardo stanco ma sveglio fisso sulla strada, la barba lunga più del
solito e una ruga profonda in mezzo alla fronte, << Ti avevo detto di
svegliarmi alle tre! Hai guidato fino ad ora senza fermarti?!
>>.
<< Non ne
avevo bisogno >> ribatté lui, << E poi mi sembrava dormissi troppo
bene per voler essere svegliata… >>. Non c’era
derisione né tenerezza nel suo tono: era una semplice constatazione.
Irina lo guardò
male.
<< Quanto
sei… >> cominciò, poi lasciò perdere, <<
Adesso ti fermi e ci diamo il cambio >>.
<< E’
inutile. Siamo quasi arrivati >>.
Irina inarcò un
sopracciglio, poi vide scorrere oltre il vetro della Punto un
cartello che indicava dieci chilometri a Mosca… Allora erano arrivati,
finalmente.
Un giorno e mezzo.
Un giorno e mezzo ci avevano impiegato da Cherepova a Mosca, guidando a turno per non perdere troppo
tempo, e fermandosi solo quando era necessario. Era stato un viaggio
estenuante, e nonostante la dormita Irina si sentiva distrutta: forse mai
quanto Dimitri, che aveva guidato molto più di lei, soprattutto di notte. La
Punto aveva resistito solo perché non l’avevano tirata al massimo, e si erano
accontentati di una media un po’ più bassa ma costante. La gara si faceva
sentire, anche se avevano vinto, e il poco riposo non era bastato; l’unica cosa
che li teneva in piedi era il pensiero di Yana.
Avevano parlato
poco: erano entrambi nervosi e preoccupati, e si erano lasciati più spazio per
pensare che per conversare. Irina aveva detto a Dimitri che Xander
tornava a Los Angeles, e quando aveva rivelato i suoi sospetti su Nina, si era
rivelato molto scettico: secondo lui la ragazza non era la Lince, almeno non
quella vera. Forse si spacciava per lei per avere qualche vantaggio, ma lui era
sicuro che non lo fosse. Da dove derivava quella sicurezza, Irina non riuscì a
capirlo, ma si rese conto che anche lì il Mastino sapeva qualcosa che a lei era
oscuro.
Non si era
soffermata a pensare troppo al suo piano perché, anche se non si era pentita,
non voleva far vacillare il suo coraggio. Mettersi lì e cercare di capire cosa
poteva succedere avrebbe rischiato di farle cambiare idea… Era anche per quello
che aveva fatto la proposta a Vladimir subito, senza indugiare: ormai non
poteva tornare indietro, anche se la paura c’era.
Né McDonall né Xander avrebbero
saputo dello scambio: non glielo avrebbe detto, perché questo non riguardava la
missione, e poi si sarebbero sicuramente opposti. Le avrebbero rinfacciato il fatto che il suo compito era un altro, che
non poteva rischiare tutto, anche se c’era di mezzo una bambina… Era sicura di
poter mettere in atto il suo piano senza che nessuno sapesse niente, anche se
non dipendeva veramente tutto da lei.
Guardò Dimitri,
sapendo che molto, forse gran parte, della riuscita del suo piano dipendeva da
lui: una volta effettuato lo scambio, lei non avrebbe potuto fare più niente,
oltre che aspettare. Vladimir voleva lui soprattutto, e di sicuro non si
sarebbero seduti insieme a bere un tè. Doveva sperare che Dimitri riuscisse a
uccidere il suo nemico, per uscirne viva anche lei. E questo significava
mettere la sua vita nelle sue mani.
Ma tanto ormai si
fidava di Dimitri, si fidava di lui più che di se stessa.
<< Dove
dobbiamo incontrarci? >> chiese a bassa voce, mentre attraversavano la
città nel traffico del mattino.
<< In un
vecchio magazzino nella periferia della città, questa sera verso le undici
>> rispose Dimitri.
<< Non fare
stronzate, quando saremo lì >> disse Irina, << Tipo cercare di
portarci via tutte e due insieme o sparare a Vladimir…
Prima riporti Yana a casa, poi torni e fai tutto il
casino che vuoi >>. Meglio mettere in chiaro le cose, visto
che il russo aveva l’aria piuttosto bellicosa.
Dimitri sembrò
nascondere un sorriso, di fronte al suo tono.
<< Tu fai
stronzate dalla mattina alla sera, e poi mi vieni a fare la ramanzina? >>
ribatté.
<< Era per
accertarmi che lo sapessi… >> disse lei.
Dimitri scosse il
capo.
<< Non sono
stupido >>.
<< Lo so che
non lo sei >>.
Dimitri la guardò
stranito, e lei sorrise.
<< Avanti,
siamo arrivati a casa >> disse Irina, facendo finta di niente, << Ho
bisogno di dormire in un letto vero, prima di questa sera. Non credo che
stanotte mi daranno una bella stanza con vista sul lago, no? >>.
Il russo entrò nel
garage sotterraneo lentamente, e a Irina sembrò che fossero passati secoli da
quando erano partiti… Tutte le belle di auto di Dimitri erano al loro posto,
compresa la Ferrari California bianca. Nulla sembrava essere stato toccato,
però nell’aria c’era qualcosa di nettamente diverso… O forse era la
consapevolezza che loro erano diversi.
Parcheggiarono la
Punto al suo solito posto, e scesero. Irina si stiracchiò, recuperò la sua
borsa e insieme a Dimitri prese l’ascensore, entrambi
troppo stanchi per avere voglia di dire qualcosa. Arrivati sul pianerottolo,
trovarono Emilian ad aspettarli, lo sguardo truce sul
volto sfregiato. Forse li aveva visti entrare in garage.
<< Siete
arrivati… >> disse, facendoli passare, << Ci avete messo meno del
previsto… >>.
Dimitri lo scansò e
andò ad aprire la porta dell’appartamento. Sembrava vagamente arrabbiato con il
cugino.
<< Vilena? >> chiese solo.
<< Di là
>> rispose Emilian, << Sai già che fare?
>>.
Dimitri spalancò la
porta, gettò la borsa sul pavimento e si voltò a guardare suo cugino.
<< A parte
ammazzarlo? >> ringhiò, << Stasera lo incontriamo, faremo uno…
>>.
<< Dimitri
>>. Irina lo interruppe, lanciandogli un’occhiata
eloquente: non voleva che parlasse del suo piano, non voleva che sapessero cosa
si era proposta di fare… Era chiaro che non era tenuta a farlo, ma non voleva
passare per l’eroina della situazione: meglio che non sapessero niente,
soprattutto Vilena, che si sarebbe profusa in
ringraziamenti che lei sentiva di non meritare.
<< Non ne
voglio parlare >> aggiunse, per farsi capire meglio.
Dimitri ricambiò il
suo sguardo, ed Emilian sembrò arrabbiarsi decisamente troppo in fretta, come se essere escluso dalla
conversazione lo avesse profondamente offeso. Era evidente che la tensione era
alle stelle.
<< Che cazzo
vuol dire? >> sbottò, << Adesso si mette anche a dare
ordini? Lo sai che Vladimir voleva lei, Dimitri! Yana
è con lui, ed è anche in parte colpa sua… >>.
Irina rimase
paralizzata per l’improvviso sfogo di Emilian, ma non Dimitri. Il Mastino fece un passo verso il
cugino e ringhiò: << Infatti avrà lei. Stasera si scambierà con Yana e farà da ostaggio. E vorrei farti sapere che l’idea
non è stata mia >>.
Emilian rimase di sasso,
poi spostò lo sguardo su Irina, come se non credesse alle parole del cugino.
Lei non si mosse, senza sapere che fare, irritata dal fatto che il Mastino
aveva comunque rivelato la sua idea.
<< Vedi di
non dirlo a Vilena >> aggiunse Dimitri, senza
degnarla di uno sguardo.
<< Perché?
>> domandò Emilian.
<< Perché lei
non vuole >> rispose il Mastino, facendo un cenno verso Irina.
Emilian le gettò un’altra
occhiata, borbottò qualcosa poi si voltò. Irina lo seguì con lo sguardo mentre
usciva dall’appartamento, come se fosse troppo spiazzato dalla situazione per
avere altro da dire.
<< Non è
passato tutto sotto silenzio come volevo, ma almeno Vilena
non saprà niente… >> borbottò Irina, una volta che Emilian
si fu chiuso la porta alle spalle, rivolta a Dimitri, << Grazie comunque
per aver cercato di mantenere un minimo di segretezza… >>.
Lui fece una mezza
smorfia, poi si girò per guardare il soggiorno vuoto.
<< Non mi
devi ringraziare, visto che ti sto facendo commettere un suicidio… >>
borbottò.
Irina sorrise,
guardando la sua schiena, e provò un’irresistibile voglia di abbracciarlo.
Dimitri non era quel pezzo di ghiaccio che tutti che credevano, e lei ogni
volta si stupiva di quanto potesse rivelarsi umano, certe volte. Aveva paura di
pensare a cosa esattamente lui provasse nei suoi confronti, perché la metteva
in imbarazzo e in ansia: si sentiva in colpa al pensiero che erano finiti a
letto insieme, senza che lei fosse innamorata di lui… Però sapeva di non
essersi ancora pentita, e ringraziava Dimitri per non aver insistito, per non
averci provato di nuovo, per aver rispettato la sua scelta. Era successo una
volta, poteva succedere di nuovo, ma dovevano volerlo
davvero entrambi.
Si avvicinò,
accorgendosi che Dimitri sembrava stranamente frustrato, come se volesse fare o
dire qualcosa ma non riuscisse o non volesse farlo. Non intendeva darlo a vedere,
ma Irina sapeva che era preoccupato, teso e forse anche spaventato per via del
rapimento di Yana, e che ormai la stanchezza lo
rendeva più irascibile del solito. Gli sfiorò la spalla e lui si voltò di
scatto, inchiodandola con i suoi occhi grigi sul posto.
Si guardarono un momento, e Irina si pentì di essersi
avvicinata così tanto. La sua vicinanza la turbava, ma riusciva a sentire il
calore della sua pelle senza nemmeno toccarla…
<< Dimitri…
>> sussurrò appena.
Lui alzò una mano e
la afferrò per il mento, costringendola a guardarlo proprio dritto nelle sue
iridi color tempesta. Irina sentì il suo fiato sulle labbra, e con il panico
addosso si chiese se potesse di nuovo succedere qualcosa…
<< Sei una
stupida, sciocca ragazzina senza cervello >> disse Dimitri, a bassa voce,
<< Sei così avventata che certe volte… Certe volte…
>>.
Sembrava senza
parole, e Irina non sapeva che fare. Continuò a fissare quegli occhi di
profondi e scuri, il viso del russo a pochi centimetri dal suo, senza riuscire
a respirare.
<< Sei così
stupida che certe volte ti vorrei baciare solo per farti stare zitta ed evitare
che tu dica le tue solite stronzate >>.
Irina lo guardò, e
si accorse che Dimitri sorrideva. Arrossì, sentendosi spogliata da quello
sguardo di ghiaccio, e non disse nulla, perché aveva il cervello ingolfato e il
cuore che batteva troppo forte… Dimitri era bello, in fondo, e si stava
mostrando per come lei non lo aveva mai immaginato: le
piaceva quel suo modo di fare, quel suo essere estremamente virile e distante,
anche quando non lo era…
Con lui tante cose
sarebbero state più facili: Dimitri la lasciava essere se stessa, le lasciava commettere tutti gli errori che voleva, la
accettava per quello che era… Forse iniziare qualcosa con lui non si sarebbe rivelata
una scelta sbagliata… Forse Xander era stato davvero
solo un “passaggio”, qualcosa che l’aveva cambiata e l’aveva preparata a…
Dimitri.
Ma qualunque fosse la
ragione del fatto che solo ora, solo adesso, si capivano davvero, quando
avevano passato anni nello stesso posto senza nemmeno guardarsi, disprezzandosi
addirittura, Irina non riusciva a cancellare quello che aveva dentro il cuore,
non riusciva a fargli spazio come avrebbe dovuto…
Improvvisamente le
venne da piangere, e si morse il labbro con rabbia. Si odiava per non riuscire
a provare verso Dimitri qualcosa che fosse di più di affetto e amicizia. Era
confusa, ma non abbastanza da non capire che ancora non era innamorata di lui.
Il russo si accorse
dei suoi occhi lucidi, e il suo sorriso svanì lentamente. Irina distolse lo
sguardo, frustrata.
<< Ti prego
Dimitri, io non voglio giocare con te… >> mormorò.
Lui si allontanò
appena.
<< Questo lo
so già >> disse, e si voltò.
Irina tornò a respirare,
poi vide Dimitri girarsi nuovamente verso di lei, serio.
<< Nemmeno io
voglio giocare con te >> aggiunse il russo, << Soprattutto adesso
che… >>.
Si
interruppe
e le fece cenno di andarsi a sedere sul divano, come se facesse ancora fatica a
dire quello che gli passava per la testa. Irina capì che si trattava di
qualcosa di importante, così si accomodò in silenzio e
attese. Dimitri rimase in piedi, gli occhi grigi che non si staccavano da lei.
<< Vilena ti ha raccontato come sono andare le cose con
Vladimir >> disse, << Che è cominciato tutto con l’uccisione di mio
padre… >>.
Irina annuì, anche
se non era una domanda. Improvvisamente, il Mastino aveva deciso che era ora di
parlare del suo passato, e la cosa la lasciò spiazzata. C’era ancora qualcosa
che non era stato rivelato?
<< Ti ha detto anche il motivo, immagino >> aggiunse Dimitri.
<< Tua
sorella… >> rispose Irina, titubante.
<< Quello è
ciò che credono Vilena e tutti gli altri >>
ribatté Dimitri, incrociando le braccia, << E’ non è la verità. Vladimir
non avrebbe aperto una faida familiare se non ci fosse stato qualcos’altro
sotto, qualcosa di molto grosso e di molto importante… Mia sorella era solo una
scusa. Non c’entrava >>.
Irina fissò
Dimitri, con la sensazione che ci fosse davvero qualcosa di strano.
<< Che vuoi
dire? >> sussurrò.
Dimitri la trafisse
con lo sguardo, gli occhi grigi che non si staccavano dalla sua faccia come se avesse una calamita… Attese un momento prima di rispondere,
poi disse, secco: << Irina, io dovevo essere la Lince >>.
Ore 17.00 –
Mosca
William sputò una
boccata di fumo in direzione del soffitto, sdraiato sul letto con una mano
dietro la testa e gli occhi chiusi. La leggera musica di sottofondo lo rilassava,
mentre aspettava che le ore scorressero lente fino a portarlo a quella sera,
alle undici, all’incontro che tanto aspirava…
Nel momento stesso
in cui aveva sentito la voce di Irina, tutto era passato in secondo piano:
Dimitri e Went erano diventati solo due figure
indistinte ai margini dei suoi pensieri, qualcosa di cui si sarebbe
occupato con calma più avanti. Tutto era iniziato con Irina, ed era lei ad
avere la precedenza: averla davanti sarebbe stato come essere di nuovo il
numero uno della Black List.
<< Ho vinto
>> disse una voce di bambina, limpida e chiara. << Di nuovo
>>.
Qualcuno borbottò.
<< Incomincio
a rompermi le palle di questo gioco >> disse Dan, << Perché proprio
io devo fare da baby-sitter? >>.
William aprì gli
occhi e guardò Yana e Dan seduti al tavolino a
giocare a carte, con la bambina che faceva penzolare le gambe con aria furba,
contenta per l’ennesima vittoria.
<< Sta zitto
e gioca >> disse William, secco.
Per far smettere Yana di lagnarsi aveva costretto Dan a passare del tempo
con lei, e anche a giocarci se era necessario; l’idea era stata ottima perché
la bambina non aveva dato segni di voler piangere ancora, nonostante ogni tanto
chiedesse quando l’avrebbero riportata a casa.
Intanto lui si
godeva l’attesa con una sensazione di euforia addosso, sapendo che entro poche
ore Irina sarebbe stata tra le sue mani, e che c’erano tante cose che potevano
fare insieme… Vladimir non capiva e non sapeva quando rivolesse quella ragazza,
cosa lo legasse a lei, e non era contendo di che piega aveva preso la
situazione. Ma tanto sicuramente non si rendeva conto
che aveva fatto un patto con la persona sbagliata, perché aveva intenzione di
prendersi la sua vendetta anche su Dimitri. Con più calma, ma non lo avrebbe
certo lasciato fuggire.
Guardò l’orologio,
e si chiese dove avrebbe portato Irina una volta che
lo scambio fosse avvenuto… Di sicuro non poteva tornare lì, in albergo, perché
una volta che si sarebbe trovata di fronte lo Scorpione, sapeva che non si
sarebbe certo lasciata prendere con le buone. Forse il luogo che aveva scelto
Vladimir poteva andare bene: un vecchio capannone nella periferia di Mosca,
abbandonato e isolato. Gli serviva una stanza, una sedia e una pistola: niente
di più per prendersi la sua rivincita su Irina.
Aspirò un’altra
boccata di fumo, poi sorrise.
“Oh sì, sarà una notte decisamente
interessante…”.
Ore 09.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
Irina guardò il russo
con gli occhi spalancati, mentre Dimitri rimaneva immobile come una statua.
Cercò di collegare ciò che le aveva appena detto con tutto quello che sapeva di
lui, che era successo, che aveva intuito…
<< Aspetta…
Quindi tu non sei la Lince? >> domandò, per mettere un po’ di chiarezza.
<< No, non lo
sono >> rispose lui, << Avrei dovuto diventarlo… Mio padre è stato
la Lince per anni, era lui che controllava i traffici di tutta la Russia.
Nessuno della nostra famiglia lo sapeva: né io, né mia madre, né i miei
fratelli. Era una condizione che aveva nascosto a tutti, perché era l’unico modo per essere davvero neutrali e al sicuro. L’unico a
scoprire chi era fu Vladimir, che alla fine diventò uno dei Referenti, anche se
questo lo sanno in pochi… Era amico di mio padre, e quando seppe che voleva
mollare, che voleva passare lo scettro della Lince a
qualcun altro, gli chiese di darlo a lui >>.
Irina lo guardò,
senza parole.
<< Mio padre
non lo fece. Voleva me come Lince, pensava fossi pronto anche
se ero giovane. Credeva avessi abbastanza tempra per
prendere degnamente il suo posto. Me lo disse, ma se devo essere sincero, a
quell’epoca non mi interessava diventare la Lince, e
cercai di farglielo capire… Vladimir premeva per prendere il suo posto, ma lui
era l’unico che io non volevo come Lince: nessuno si sarebbe mai sognato di
dare una posizione di potere a lui. Sarebbe stata la fine. Avrei potuto
costringere mio padre a cambiare idea, a dargli
comunque il posto che a me non interessava, ma non lo feci. Gli chiesi di
aspettare, non c’era fretta per sostituirlo…
<< Ma Vladimir non voleva aspettare. Decise che il posto doveva
essere suo. Uccise mio padre, innescando la faida che conosci. Nessuno venne
mai a sapere il vero motivo, nessuno seppe che mio
padre era la Lince. A quel punto Vladimir era convinto di riuscire a prenderne il posto, ma non sapeva niente dei segreti di mio
padre, e intanto noi gli davamo la caccia. Rapì mia sorella per costringermi a
cedergli il posto che effettivamente non avevo mai preso, a dirgli come fare
per prendere in mano i traffici di mio padre… Scelse lei perché sapeva quanto tenevo a Lora
>>.
La rabbia della
voce di Dimitri era ben percepibile: non c’era segno
né voglia di perdono, nel suo tono.
<< Ma allora la Lince chi è? >> domandò Irina.
<< Non lo so,
e nemmeno Vladimir. Quando mio padre è morto, io e Buinov
evidentemente non eravamo gli unici a sapere chi fosse. Qualcuno prese il suo posto, mentre io cacciavo Vladimir. Si è
insediato al posto della Lince, e nessuno è mai riuscito a capire chi fosse, né
come ci sia riuscito. Non ero l’unico a conoscere i
segreti di mio padre, questo è chiaro >>.
Quella storia era assurda, ma Irina la trovò incredibilmente vera. Il destino
aveva voluto che alla fine, tra i due che litigavano, fosse stato un terzo ad avere la meglio…
<< Quindi è per questo che la Lince non si fa vedere >>
disse lentamente, << Che adotta tutta questa protezione… Sa che voi due
lo uccidereste, se scopriste chi è >>.
<< Non ho
alcun interesse a ucciderlo, per il momento >> ribatté Dimitri, anche se
il suo tono diceva tutto il contrario, << Almeno finché non scopro chi è.
Il suo posto non mi interessa, non mi è mai
interessato, ma è stato vigliacco da parte sua non rivelarsi nemmeno a noi. A
me >>.
Irina annuì.
<< Quindi è per questo motivo che Vladimir ti vuole morto
>> sussurrò, collegando molte delle cose misteriose che fino a quel
momento non avevano trovato risposta, << Sa che il posto è tuo, ma non
vuole cederlo… Vuole scoprire chi è la Lince e mettere fine a questa storia…
>>.
Poi improvvisamente
si rese conto che Dimitri, il russo che stava davanti a lui, avrebbe potuto
essere la Lince. Avrebbe potuto essere la persona che lei era stata mandata a catturare,
il criminale che si era macchiato di tanti, troppi crimini, che aveva intessuto traffici di droga e di denaro che nessuno di
loro avrebbe mai potuto nemmeno immaginare… Non ci sarebbe stato nessun
Mastino, ma solo una Lince.
E l’unica cosa che si
chiese fu: perché?
<< Perché non
hai accettato, Dimitri? >>.
Il russo la guardò,
e sul suo volto sembrò disegnarsi una smorfia a metà tra il divertito e il
disgustato.
<< Non ho
accettato perché non mi interessava avere il potere
>> rispose, << Non mi importava avere Mosca ai miei piedi, far
fruttare i miei soldi spacciando droga… Mi piacevano le auto e mi piaceva
correre, ma avevo altri interessi. La mia famiglia era quella che era, e non
potevo certo rinnegarla… Ma forse >>, sorrise, guardandola: un sorriso
amaro e pieno di tristezza, << Non ci saremmo
mai incontrati se le cose non fossero andate come sono andate. Sono stato
ragazzino anche io, e anche io avevo dei sogni
>>.
Irina si rese
improvvisamente conto che c’era in comune molto più quanto
aveva immaginato, tra loro due. Era difficile pensare che Dimitri era stato bambino, che c’era stato un tempo in cui non era
il Mastino… Esattamente come lei.
<< Non… Non
avresti fatto il pilota clandestino? >> chiese con un filo di voce.
<< Forse non
sarei diventato il Mastino che hai conosciuto a Los Angeles >> rispose
Dimitri, << Ma sai meglio di me che non possiamo
tentare di nascondere ciò che siamo veramente >>.
Irina rimase in
silenzio, cogliendo il significato di quelle parole.
<< Perché me
lo dici solo ora? >> chiese.
<< Perché
quando avrai davanti Vladimir è meglio che tu sappia
con chi hai a che fare >> rispose Dimitri, << Forse ti farà delle
domande, vorrà scoprire se sai chi è la Lince vera… A quel punto non ti
crederebbe se dicessi che non conosci la storia. E comunque te l’avrebbe
raccontata lui stesso. Mi stai facendo un favore, ed è giusto che tu sappia la
verità >>.
Irina si alzò,
senza sapere bene che cosa fare. In fondo, questo non cambiava niente, se non
la sua percezione di Dimitri: ormai il suo passato era senza nebbie, senza
veli, e il Mastino non era colui che aveva conosciuto
anni addietro.
<< Non avrei
mai immaginato una cosa del genere >> disse, << Ma ora capisco
tante cose… Grazie per essere stato sincero >>.
Non sapeva che
altro dire, e improvvisamente capì che forse quello che le era
uscito dalle labbra era la cosa migliore. Dimitri l’aveva definitivamente
ammessa nel suo mondo, le aveva completamente spalancato la porta, e lo faceva
perché ormai si fidava. O forse perché voleva che lei entrasse, perché per lui
il muro non esisteva più…
<< Grazie per
quello che farai stasera >> ribatté lui.
Si guardarono, ma
questa volta Irina non si avvicinò. Non voleva metterlo di nuovo in difficoltà,
costringerlo a tirarsi indietro quando forse non era quello che voleva
veramente. Si odiò ancora per quello che mancava dentro il suo cuore, ma non
poteva nemmeno fingere: la verità faceva più male, era più dura, ma mai come la
falsità.
<< Forse è il
caso che andiamo entrambi a dormire >> sussurrò, per lasciare sia a lei che a lui il tempo di rimettere le cose a posto, per
riflettere, << E non preoccuparti per quello che succederà… Io non lo
farò >>.
Gli sorrise e poi si
voltò, diretta alla sua stanza.
Ore 12.00 –
Autostrada
Il paesaggio freddo
della Russia sfilava al fianco della Ferrari rossa, mentre l’auto correva a
velocità sostenuta verso sud, superando rapidamente le utilitarie che incontrava. Xander, la mano destra
stretta sul volante, non parlava da ore, e nonostante tutto non aveva voglia di
farlo. Nina dormicchiava al suo fianco, i riccioli biondi raccolti tutti da una
parte, le palpebre chiuse sopra le iridi color del cielo.
Era stato chiaro con
lei: l’avrebbe riaccompagnata a Mosca, poi se ne sarebbe andato. Non gli
interessava che conoscesse la Lince e che, nonostante il risultato della gara,
potesse metterlo in contatto con lei. Aveva perso ogni interesse per il loro
giro, quindi se ne andava per un po’: questo era quello che aveva detto. Nina
era stata sorpresa, aveva insistito, poi sembrava essersi rassegnata. Quella
era la fine di qualsiasi rapporto tra loro, se mai ne fosse nato uno.
Alzò un po’ il
volume della radio, noncurante che lei stesse dormendo, e si godette la canzone
in pace, pregustando l’aereo che lo avrebbe riportato al caldo di Los Angeles,
dove una bella vacanza non gliela avrebbe tolta
nessuno.
Quelli erano i suoi
programmi, ora: tornare a casa sua, trovandola vuota, e prendersi un momento di
pausa dal mondo, momento che non aveva mai sentito il
bisogno di prendersi. Avrebbe spento il cellulare, consegnato le chiavi della
Ferrari, e dimenticato per un po’ il suo essere agente dell’F.B.I.
Avrebbe guardato quella casa vuota, in cui aveva messo piede credendo che ci
sarebbe stato solo per poco, solo per arrestare Challagher
e invece… Invece non era andata così. Magari ne avrebbe chiesta un’altra, una
più piccola, con la vista sul mare, e lì sarebbe seduto da solo, la radio accesa
e il mondo fuori.
Si sarebbe seduto a
digerire la sconfitta, a capire che anche perdere
faceva parte della vita, che era arrivato il momento di fare quattro conti e
capire che cosa aveva in mano. E avrebbe cercato di capire doveva aveva
sbagliato con Irina, anche se lo sapeva già. Inutile chiedersi se si poteva
tornare indietro, se poteva sperare che le cose si
rimettessero a posto…
Ormai era fatta.
Irina non lo amava più, perché non era stato in grado di accettare le sue
scelte, di ammettere che aveva tutte le potenzialità per portare a termine
quella missione… L’aveva soffocata solo perché aveva avuto il terrore di
perderla, quando ricordava ancora fin troppo bene la paura che aveva provato in
quei giorni in cui sembrava che Challagher avesse la meglio…
L’Irina di ora non
l’avrebbe mai perdonato, non sarebbe tornata sui suoi passi. Lo dimostrava il fatto che era stata lei stessa a troncare la
loro storia. Aveva scelto un’altra strada, e lui non l’avrebbe più ostacolata
credendo di fare il meglio per lei. Era adulta, sapeva cosa voleva, adesso.
Nina si mosse e si
stiracchiò, sbadigliando e riportandolo al momento presente.
<< Buongiorno
>> cinguettò, guardandosi intorno.
Xander grugnì un saluto.
Da quando aveva deciso di tornare a Los Angeles, Nina aveva perso ogni fascino,
per lui. Sempre bella, certo, ma quell’avvenenza era solo la facciata di un
edificio vuoto, e ormai lo sapeva. In qualche modo, adesso lo infastidiva
quasi, perché rappresentava il suo fallimento e la sua stupidità. Era diventata
un peso ingombrante, soprattutto dentro il suo cuore.
<< Come mai
così silenzioso? >> domandò la ragazza.
<< Come mai
questa domanda? >> ribatté secco lui.
Nina fece un
sorrisetto, senza dare peso al suo palese malumore. Molto probabilmente credeva
che si trattasse ancora della gara…
<< Sai, mi
dispiace che te ne vada >> disse, tranquilla, << Hai talento.
Mollare tutto solo perché la tua ex ti ha battuto alla Mosca-Cherepova è una cazzata… >>.
Xander sbuffò: ancora con
quella storia di Irina vincitrice… Cercava di fargli cambiare idea facendo leva sul suo orgoglio, che era l’unica cosa in quel
momento che aveva messo da parte.
<< Ho preso
la mia decisione >> disse, cercando di non apparire troppo seccato,
<< Non tornerò sui miei passi >>.
Nina si mosse
appena sul sedile, e sembrò sporgersi verso lo specchietto retrovisore, come
per guardarcisi dentro. Forse voleva vedere se era
presentabile, come faceva di solito. Xander continuò
a rimanere concentrato sulla strada, per niente distratto dai suoi tentativi di
seduzione.
Poi sentì vibrare
qualcosa, ma non era il suo cellulare. Nina tirò fuori il suo e guardò lo
schermo per qualche istante; infine digitò qualcosa e tornò a fissarlo con un
sorrisetto.
<< Ok, ma
potresti pentirti di essertene andato… >> disse, come se fosse sicura che
sarebbe successo.
<< Allora mi
pentirò >>.
Nina gettò un’altra
occhiata allo specchietto, e Xander si innervosì: quella ragazza era più interessata al suo
aspetto, che a tutto il resto. La vide abbassarsi per prendere qualcosa dentro
la borsa appoggiata ai suoi piedi, ma non capì cosa fosse.
<< Sai, mi ha
fatto piacere venire a letto con te >> disse, tornando a guardarlo,
<< Sei bravo… Immagino la tua ragazza fosse d’accordo con me… O forse lei
era troppo santarellina da ammettere una cosa del
genere. Piccola, doveva essere piuttosto rigidina,
vero? >>.
Nina stava
armeggiando con qualcosa, ma lui non ci fece troppo caso: la frase riguardo
alle sue prestazioni a letto lo infastidì più di quanto avrebbe creduto. E
soprattutto la parte riguardante Irina… Ma chi diavolo
si credeva di essere, quella russa? Era forse un vanto avere la nomea di una
puttana?
<< Peccato…
>> aggiunse Nina, << Mi dispiace che le cose debbano finire così,
tra noi. Ma d’altronde, io ti avevo avvertito, che ti
saresti pentito… >>.
Xander voltò la testa
verso di lei, senza capire cosa stesse dicendo. Poi si trovò una pistola
puntata addosso, e lo sguardo di Nina incollato su di lui e un sorrisetto
sardonico sul volto d’angelo.
<< Chissà se
la tua ragazza sa chi sei veramente, agente Went
>> disse.
Ore 22.00 –
Mosca, Casa di Dimitri
Irina guardò
un’ultima volta il suo riflesso nello specchio, e trasse un sospiro prima di uscire
dal bagno e spegnere la luce. Rimase ferma nel corridoio per un momento, poi
andò in soggiorno e trovò Dimitri fermo vicino alla porta, che la guardava,
imperscrutabile.
<< Possiamo
andare >> disse lei, a bassa voce.
Dimitri fece un
passo avanti.
<< Sei ancora
sicura di quello che stai facendo? >> domandò.
Irina annuì.
<< Non
bisogna essere sicuri. Bisogna farlo e basta >>.
Dimitri le porse un
cellulare.
<< Potrebbe
tornarti utile, anche se credo che Vladimir te lo sequestrerà subito >> disse,
<< Cerca di nasconderlo, se puoi >>.
<< Grazie
>>.
Irina lo prese e se
lo mise in tasca. Leggeva la preoccupazione negli occhi di Dimitri, ma anche
una certa impazienza, come se non vedesse l’ora che quella storia finisse.
<< Porta via Yana il prima possibile
>> disse lei, << Non indugiare. Sappiamo com’è Vladimir, e potrebbe
anche cambiare idea… >>.
<< Tornerò
appena avrò portato Yana a casa >> la
interruppe Dimitri, << Non sarò da solo, Emilian
verrà con me. Domani mattina potresti essere già libera >>.
Irina apprezzò il
tentativo di Dimitri di rassicurarla, soprattutto quando lui non era conosciuto
per la sua affabilità, ma scosse il capo. Nessuna illusione: sarebbe andata
come doveva andare. Una volta messo piede in quel
capannone, non avrebbe atteso di essere salvata, come avrebbe sempre fatto
nella sua vita.
<< Non fare
nessuna promessa, perché non mi aspetto niente >> disse.
Infilò la porta, e
senza aggiungere altro scese in garage, diretta alla R8. Salì al lato del
passeggero, poi attese che Dimitri mettesse in moto e la portasse al luogo
stabilito.
La notte le sembrò
particolarmente fredda, e nelle strade di Mosca c’era meno gente del solito.
Guardò scorrere i marciapiedi nel silenzio totale, rotto solo dal rombo del
motore della R8.
Ora si chiedeva se
sarebbe mai tornata indietro, se aveva la speranza di uscirne viva… Perché no?
Era solo uno scambio, Vladimir non aveva motivo per volerla morta, e in ogni
caso si fidava di Dimitri… E poi, era determinata a cavarsela da sola, ed era certa
che avrebbe lottato fino all’ultimo per poter tornare
a casa.
“E se non tornassi?”.
“Ci sarebbero un sacco di cose
da mettere a posto… Lascerei molte cose a metà. Prima fra tutte, la missione. E poi… Xander cosa direbbe detto?”.
Lasciò vagare il pensiero
nella sua testa, poi si voltò a guardare Dimitri. Stavano lasciando il centro
della città, e iniziavano a entrare in una zona con meno case e luci. Vedeva in
lontananza ergersi dei capannoni poco illuminati, stagliarsi più neri del cielo
scuro sopra di loro.
<< Se
qualcosa dovesse andare storto, mi faresti un favore? >> domandò, a bassa
voce.
Dimitri annuì. Dopo
aver dormito ed essersi fatto la barba, sembrava un
po’ meno minaccioso.
<< Dì a Xander che mi dispiace per come mi sono comportata >>
disse, << Che avrei dovuto dargli tempo per capire. Digli che gli chiedo
scusa per essermi… trasformata in questo modo da un momento all’altro >>.
La mano di Dimitri
strinse il volante fino a far diventare bianche le nocche, e qualcosa passò nei
suoi occhi di ghiaccio, come una consapevolezza improvvisa, o forse solo un
profondo fastidio.
<< Non è
quello che mi aspettavo, ma glielo dirò >> disse
tra i denti.
Irina lo scrutò,
senza capire il senso della frasse.
<< E cosa ti
aspettavi? >>.
<< Mi
aspettavo che lo mandassi a fanculo per l’ultima
volta >> rispose, << Non che gli chiedessi scusa perché non
rispondi più ai suoi canoni… Ma avrei dovuto immaginarlo. Fa parte del tuo
essere chiedere sempre scusa per qualsiasi cosa, anche per il semplice fatto di
esistere >>.
C’era una nota
amara nella sua voce, qualcosa che fece capire a Irina che quella notte che avevano passato insieme non era stata un caso, che Dimitri
non l’aveva fatto solo perché ne aveva voglia, come aveva detto lui. E quello
che provava, forse continuava a sentirlo anche ora… Parlare di Xander gli dava fastidio, molto probabilmente perché capiva
che lei lo amava ancora…
Abbassò lo sguardo,
e capì di aver sbagliato. Chiedere scusa non serviva, perché lo avrebbe innervosito ancora di più. O forse semplicemente
ferito, visto quello che aveva detto.
<< Se tornerò
indietro, Dimitri, spero che mi aspetterai >> disse piano, <<
Perché forse avrò bisogno di te, e non sarà per portare a termine questa
missione. Forse rischiare la vita mi servirà a mettere in ordine le idee, e
capire davvero cosa voglio >>.
Era più di quanto
potesse e dovesse dire. Non era una promessa, la sua, era una
semplice verità: il ricordo di Xander era troppo
fresco nel suo cuore, ma era stata lei a lasciarlo. Ora poteva anche decidere
che era arrivato il momento di cominciare qualcosa di nuovo, e se esisteva una
persona che corrispondeva ai suoi bisogni, quello era Dimitri. Se fosse tornata
viva, avrebbe dato la possibilità a entrambi di costruire qualcosa, se ci
fossero stati i presupposti. Non poteva promettergli che una volta tornata a
casa lo avrebbe amato, ma poteva assicurargli che una possibilità esisteva, per
lui. Indipendentemente da chi era, chi era stato e chi sarebbe diventato.
Dimitri fece una
smorfia.
<< Non fare
promesse, perché non mi aspetto nulla >> le fece il verso.
Fermò l’auto e
Irina si fece distrarre dal capannone che si stagliava davanti a loro, dalle
pareti di cemento grigio e dall’aria desolante. Le poche finestre che si
aprivano in alto erano tutte oscurate.
<< Dove
dobbiamo andare? >> domandò lei, a bassa voce, mentre il vento gelido le
faceva venire la pelle d’oca.
Dimitri indicò una
porta poco lontana, che si confondeva con il muro, e che sembrava solo socchiusa.
Il russo la precedette e la spalancò.
Si ritrovarono in
un grande spiazzo buio, dove l’unica luce proveniva dalla luna che filtrava dal
tetto di vetro del capannone. Dimitri mise una mano in tasca, forse per
afferrare la pistola che teneva nascosta. Non si vedeva nulla, e Irina sentì il
cuore cominciare a battere più velocemente, tesa, aspettandosi qualsiasi cosa…
<< Rimanete fermi dove siete >> disse una voce alla loro destra,
<< Mani in alto e niente scherzi, o la bambina non esce viva di qui. E
nemmeno voi >>.
Non era la voce di
Vladimir, ma era comunque quella di un russo, visto il forte accento. Irina
obbedì, mentre qualcuno premette l’interruttore dei lampadari e il capannone venne invaso dalla luce, accecandoli, ma rivelandosi meno
ampio di quello che avevano creduto. Era vuoto, a parte qualche scatolone di
cartone, una vecchia gru arrugginita e una porta, chiusa.
Strizzò gli occhi,
poi si accorse che il russo che avevano di fianco era Cyril, e che teneva una pistola puntata verso di loro.
Dimitri non accennava a voler alzare le mani, e sul volto aveva un’espressione
omicida.
<< Alza le
mani, Goryalef >> intimò Cyril.
<< Dimitri…
>> sussurrò Irina, cercando di convincerlo.
Il Mastino alzò
lentamente le mani, e Cyril fece un fischio. Dal
fondo del capannone vuoto arrivò il gridolino soffocato di una bambina, e da
dietro la gru comparvero Vladimir con Yana in braccio, tenuta ben stretta come una bambola di
pezza.
Irina tirò un sospiro di sollievo, scoprendo che stava bene. La bambina
appena li vide si mise a chiamarli, ma rimasero fermi dov’erano, ancora sotto
il tiro da parte di Cyril.
<< Buonasera,
Fenice >> disse Vladimir, una pistola in mano puntata contro la bambina,
<< Facciamo questo dannato scambio, ma niente scherzi da parte di nessuno
dei due, o vi facciamo secchi alla prima occasione… Siamo più di quanti
immaginate >>.
Se stesse bluffando o no, a Irina non importava. Non avevano
intenzione di fare i furbi, perché c’era in gioco la vita di Yana. Annuì e fece un passo avanti, le mani ancora alzate
sopra la testa, per fargli capire che non correva nessun pericolo.
Improvvisamente,
non aveva più paura. Era lucida, sapeva cosa doveva fare, ed era la
consapevolezza che aveva la responsabilità di Yana
sulle sue spalle a renderla così sicura.
<< Ok,
lasciala andare >> disse, << Sono disarmata, e non farò niente che
possa infastidirti >>.
Vladimir sventolò
la pistola.
<< Sarà meglio… Vieni al centro e rimani ferma lì >> disse,
<< Io lascerò la marmocchia >>.
Irina avanzò, senza
guardarsi indietro, sperando che Dimitri non perdesse la testa, perché non
riusciva a vedere la sua faccia. Un passo dopo l’altro raggiunse il centro del
capannone, poi si fermò. A quel punto Vladimir mise giù Yana
e la spinse avanti.
<< Raggiungi
Dimitri >> ordinò, secco.
La bambina, con i
lucciconi agli occhi, si avviò lentamente e a passi incerti verso di lei. Poi
scattò in avanti e le corse incontro, piangendo.
Irina si abbassò e
la abbracciò forte, sperando che quell’azione non innervosisse Vladimir. Yana la stringeva, singhiozzando.
<< Voglio
andare a casa! Voglio la mia mamma! >> gridò,
disperata.
<< Andrà
tutto bene >> la rassicurò Irina, << Vai da Dimitri, che ti riporta
a casa, ok? >>.
La bambina sembrava
molto spaventata, ma così da vicino ebbe la conferma che stava bene. Annuì e
chiese, con la voce piccola: << Tu dove vai? >>.
<< Ehi,
muovetevi! >> gridò Vladimir, << Lascia andare la bambina e vieni qui! >>.
Irina gli gettò
un’occhiata, poi fece una carezza sulla guancia a Yana.
<< Vado a
fare quattro chiacchere con quel signore >>
rispose, << Avanti, vai da Dimitri. Svelta >>.
La spinse verso il
Mastino, poi si rialzò e raggiunse Vladimir, sempre con le mani alzate. Il
russo sorrise quando gli fu davanti, poi la afferrò per le spalle e le puntò la
pistola alla testa.
Yana aveva raggiunto
Dimitri, e ora gli stava in braccio, guardando spaventata dalla loro parte.
Irina si sentì soffocare mentre la presa di Vladimir si serrava sul suo collo,
ma mantenne la calma. Vide Dimitri tirare fuori la pistola e puntarla verso Cyril, per rispondere all’offensiva.
<< Abbassa
quella pistola >> ringhiò Vladimir.
<< Abbassala
tu >> ribatté Dimitri, l’espressione gelida.
<< Ho
cambiato idea >> disse Vladimir, << Consegnati anche tu, visto che ci siamo… >>.
Dimitri lo fulminò
con occhi, ma Irina capì che il russo stava solo
cercando di prendere due piccioni con una fava: stava improvvisando, e non
sperava veramente che Dimitri si consegnasse. Forse voleva solo spaventarlo,
fargli capire che doveva tornare veramente, se non voleva che lei ci rimettesse
le penne…
<< Riporta a
casa Yana >> disse Irina, tranquilla, guardando
il Mastino e cercando di non far sentire che la voce le tremava per via del
poco fiato.
Dimitri indugiò, la
pistola ancora in pugno, puntata contro Cyril.
Irina gli lanciò
un’occhiata eloquente.
<< Dimitri,
riporta a casa Yana >> ripeté, << Abbassa
la pistola e andate via >>.
Il russo abbassò
lentamente l’arma, poi fece un passo indietro. La fissò intensamente, come a
dire: “tornerò, fosse l’ultima cosa che faccio”. Irina
annuì, poi lo vide rivolgerle un’ultima occhiata e infilare la porta, nel più
completo silenzio. Come un fantasma, Dimitri sparì alla vista, lasciando il
capannone vuoto e il cuore di Irina più pesante.
“E’ andato… Sono salvi”.
Da quel momento in
poi, era davvero da sola.
La presa sul suo
collo si allentò, e Vladimir sembrò ridacchiare.
<< Brava, bel
lavoro, Fenice. Adesso ti ubbidisce anche? >>.
La girò e la
afferrò saldamente per un braccio, poi la condusse verso il retro del capanno,
tenendo la pistola pronta. Raggiunsero una stanza un po’ più piccola, poi si
fermarono.
<< C’è una
bella sorpresa per te, Fenice >> disse Vladimir, << Vediamo cosa
avrai da dire, adesso >>.
Irina sentì
l’apprensione salire, ma cercò di non farsi prendere dal panico. Qualsiasi cosa
fosse, era sicura di poterla gestire, di poter
resistere fino a che non fosse riuscita a liberarsi… Il cellulare pesava ancora
nella sua tasca, pronto a metterla in contatto con Dimitri.
Si guardò intorno,
in attesa. Vladimir abbassò definitivamente la pistola, come se non la
considerasse più pericolosa. La lasciò andare e si fece da parte.
Qualcosa catturò
l’attenzione di Irina: dalla porta che aveva di fronte, vide comparire un’ombra
scura. Si mosse appena, nel buio dietro di lei, e non riuscì a capire chi
fosse. Strizzò gli occhi, per cercare di cogliere qualcosa che glielo facesse
riconoscere…
<< Chi non
muore si rivede, dice il proverbio >>.
Il cuore di Irina
perse un battito. Il sangue le si gelò nelle vene. Il fiato
le rimase intrappolato nella gola.
Conosceva quella
voce, l’avrebbe sempre riconosciuta. Per troppe volte l’aveva svegliata di
notte, prima che riuscisse a dimenticarla… Per troppe volte le aveva ricordato
quante volte avesse fallito, nella sua esistenza…
“Non può essere… Non è possibile…”.
La figura si fece
avanti, e la luce dei neon illuminò il suo volto, quel volto
che aveva costellato i suoi incubi, quel volto che aveva spezzato i suoi sogni,
quel volto che aveva cambiato la sua esistenza…
Come riemerso da un’altra
vita, davanti a lei c’era William Challagher.
Spazio
Autrice
Che dire, ragazzi… Devo ammettere di
trovarmi in una bella situazione: i vostri commenti a riguardo della coppia
Irina/Dimitri mi hanno stretto il cuore, e non posso dire che non la penso
esattamente come voi. Ma penso che vi sorprenderà sapere che anche
io sono indecisa su come andrà a finire la storia, da quel punto di
vista… Mi riservo la facoltà di decidere, esattamente come Irina.
Per il resto, Xander
è stato beccato. Nina, oltre che infilarsi nel suo letto, si è infilata anche nei suoi affari… E mi sa che Xander se la vedrà brutta, questa volta.
Vi ringrazio infinitamente per le
recensioni, e siccome domani è anche il mio
compleanno, spero di riceverne una bella valanga, in modo che mi tirino un po’ su
di morale.
Un bacione a tutti!
P.S.: non sono la tipa da Eros Ramazzotti,
ma per caso mentre ascoltavo l’iPod
in versioni brani casuali è uscita fuori quella canzone, e mi è sembrato si
addicesse ai pensieri di Xander.