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Autore: Lhea    22/01/2011    9 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XXXIII

Capitolo XXXIII

 

 

 

 

Solo ieri c'era lei,
nella vita mia,
solo ieri c'era un sole
che metteva allegria
e io mai
credevo proprio che mai
mai più andasse via

Prima cosa che farò
via non butterò
tutto quello che di buono
ho costruito fino a qui
e da qui,io ripartire vorrei
dai nuovi passi miei
ricomincerò.

[ Solo ieri – Eros Ramazzotti ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 06.00 – Autostrada

 

Irina stiracchiò le braccia anchilosate, sbattendo contro il finestrino chiuso della Punto, e si lasciò andare a un gemito di fastidio sentendo i muscoli del collo indolenziti. Aprì gli occhi, mentre la luce grigia del mattino illuminava l’abitacolo, una leggera musica di sottofondo a farle da sveglia. Oltre il vetro, la strada poco trafficata scorreva veloce sotto un cielo plumbeo e particolarmente triste.

 

Guardò l’orologio, la testa ancora abbandonata sul sedile, e fece un rapido conto… Si era addormentata verso l’una di notte, quindi Dimitri aveva guidato più o meno

 

<< Cinque ore! >> gridò, voltandosi verso il russo, che teneva lo sguardo stanco ma sveglio fisso sulla strada, la barba lunga più del solito e una ruga profonda in mezzo alla fronte, << Ti avevo detto di svegliarmi alle tre! Hai guidato fino ad ora senza fermarti?! >>.

 

<< Non ne avevo bisogno >> ribatté lui, << E poi mi sembrava dormissi troppo bene per voler essere svegliata… >>. Non c’era derisione né tenerezza nel suo tono: era una semplice constatazione.

 

Irina lo guardò male.

 

<< Quanto sei… >> cominciò, poi lasciò perdere, << Adesso ti fermi e ci diamo il cambio >>.

 

<< E’ inutile. Siamo quasi arrivati >>.

 

Irina inarcò un sopracciglio, poi vide scorrere oltre il vetro della Punto un cartello che indicava dieci chilometri a Mosca… Allora erano arrivati, finalmente.

 

Un giorno e mezzo. Un giorno e mezzo ci avevano impiegato da Cherepova a Mosca, guidando a turno per non perdere troppo tempo, e fermandosi solo quando era necessario. Era stato un viaggio estenuante, e nonostante la dormita Irina si sentiva distrutta: forse mai quanto Dimitri, che aveva guidato molto più di lei, soprattutto di notte. La Punto aveva resistito solo perché non l’avevano tirata al massimo, e si erano accontentati di una media un po’ più bassa ma costante. La gara si faceva sentire, anche se avevano vinto, e il poco riposo non era bastato; l’unica cosa che li teneva in piedi era il pensiero di Yana.

 

Avevano parlato poco: erano entrambi nervosi e preoccupati, e si erano lasciati più spazio per pensare che per conversare. Irina aveva detto a Dimitri che Xander tornava a Los Angeles, e quando aveva rivelato i suoi sospetti su Nina, si era rivelato molto scettico: secondo lui la ragazza non era la Lince, almeno non quella vera. Forse si spacciava per lei per avere qualche vantaggio, ma lui era sicuro che non lo fosse. Da dove derivava quella sicurezza, Irina non riuscì a capirlo, ma si rese conto che anche lì il Mastino sapeva qualcosa che a lei era oscuro.

 

Non si era soffermata a pensare troppo al suo piano perché, anche se non si era pentita, non voleva far vacillare il suo coraggio. Mettersi lì e cercare di capire cosa poteva succedere avrebbe rischiato di farle cambiare idea… Era anche per quello che aveva fatto la proposta a Vladimir subito, senza indugiare: ormai non poteva tornare indietro, anche se la paura c’era.

 

McDonallXander avrebbero saputo dello scambio: non glielo avrebbe detto, perché questo non riguardava la missione, e poi si sarebbero sicuramente opposti. Le avrebbero rinfacciato il fatto che il suo compito era un altro, che non poteva rischiare tutto, anche se c’era di mezzo una bambina… Era sicura di poter mettere in atto il suo piano senza che nessuno sapesse niente, anche se non dipendeva veramente tutto da lei.

 

Guardò Dimitri, sapendo che molto, forse gran parte, della riuscita del suo piano dipendeva da lui: una volta effettuato lo scambio, lei non avrebbe potuto fare più niente, oltre che aspettare. Vladimir voleva lui soprattutto, e di sicuro non si sarebbero seduti insieme a bere un tè. Doveva sperare che Dimitri riuscisse a uccidere il suo nemico, per uscirne viva anche lei. E questo significava mettere la sua vita nelle sue mani.

 

Ma tanto ormai si fidava di Dimitri, si fidava di lui più che di se stessa.

 

<< Dove dobbiamo incontrarci? >> chiese a bassa voce, mentre attraversavano la città nel traffico del mattino.

 

<< In un vecchio magazzino nella periferia della città, questa sera verso le undici >> rispose Dimitri.

 

<< Non fare stronzate, quando saremo lì >> disse Irina, << Tipo cercare di portarci via tutte e due insieme o sparare a Vladimir… Prima riporti Yana a casa, poi torni e fai tutto il casino che vuoi >>. Meglio mettere in chiaro le cose, visto che il russo aveva l’aria piuttosto bellicosa.

 

Dimitri sembrò nascondere un sorriso, di fronte al suo tono.

 

<< Tu fai stronzate dalla mattina alla sera, e poi mi vieni a fare la ramanzina? >> ribatté.

 

<< Era per accertarmi che lo sapessi… >> disse lei.

 

Dimitri scosse il capo.

 

<< Non sono stupido >>.

 

<< Lo so che non lo sei >>.

 

Dimitri la guardò stranito, e lei sorrise.

 

<< Avanti, siamo arrivati a casa >> disse Irina, facendo finta di niente, << Ho bisogno di dormire in un letto vero, prima di questa sera. Non credo che stanotte mi daranno una bella stanza con vista sul lago, no? >>.

 

Il russo entrò nel garage sotterraneo lentamente, e a Irina sembrò che fossero passati secoli da quando erano partiti… Tutte le belle di auto di Dimitri erano al loro posto, compresa la Ferrari California bianca. Nulla sembrava essere stato toccato, però nell’aria c’era qualcosa di nettamente diverso… O forse era la consapevolezza che loro erano diversi.

 

Parcheggiarono la Punto al suo solito posto, e scesero. Irina si stiracchiò, recuperò la sua borsa e insieme a Dimitri prese l’ascensore, entrambi troppo stanchi per avere voglia di dire qualcosa. Arrivati sul pianerottolo, trovarono Emilian ad aspettarli, lo sguardo truce sul volto sfregiato. Forse li aveva visti entrare in garage.

 

<< Siete arrivati… >> disse, facendoli passare, << Ci avete messo meno del previsto… >>.

 

Dimitri lo scansò e andò ad aprire la porta dell’appartamento. Sembrava vagamente arrabbiato con il cugino.

 

<< Vilena? >> chiese solo.

 

<< Di là >> rispose Emilian, << Sai già che fare? >>.

 

Dimitri spalancò la porta, gettò la borsa sul pavimento e si voltò a guardare suo cugino.

 

<< A parte ammazzarlo? >> ringhiò, << Stasera lo incontriamo, faremo uno… >>.

 

<< Dimitri >>. Irina lo interruppe, lanciandogli un’occhiata eloquente: non voleva che parlasse del suo piano, non voleva che sapessero cosa si era proposta di fare… Era chiaro che non era tenuta a farlo, ma non voleva passare per l’eroina della situazione: meglio che non sapessero niente, soprattutto Vilena, che si sarebbe profusa in ringraziamenti che lei sentiva di non meritare.

 

<< Non ne voglio parlare >> aggiunse, per farsi capire meglio.

 

Dimitri ricambiò il suo sguardo, ed Emilian sembrò arrabbiarsi decisamente troppo in fretta, come se essere escluso dalla conversazione lo avesse profondamente offeso. Era evidente che la tensione era alle stelle.

 

<< Che cazzo vuol dire? >> sbottò, << Adesso si mette anche a dare ordini? Lo sai che Vladimir voleva lei, Dimitri! Yana è con lui, ed è anche in parte colpa sua… >>.

 

Irina rimase paralizzata per l’improvviso sfogo di Emilian, ma non Dimitri. Il Mastino fece un passo verso il cugino e ringhiò: << Infatti avrà lei. Stasera si scambierà con Yana e farà da ostaggio. E vorrei farti sapere che l’idea non è stata mia >>.

 

Emilian rimase di sasso, poi spostò lo sguardo su Irina, come se non credesse alle parole del cugino. Lei non si mosse, senza sapere che fare, irritata dal fatto che il Mastino aveva comunque rivelato la sua idea.

 

<< Vedi di non dirlo a Vilena >> aggiunse Dimitri, senza degnarla di uno sguardo.

 

<< Perché? >> domandò Emilian.

 

<< Perché lei non vuole >> rispose il Mastino, facendo un cenno verso Irina.

 

Emilian le gettò un’altra occhiata, borbottò qualcosa poi si voltò. Irina lo seguì con lo sguardo mentre usciva dall’appartamento, come se fosse troppo spiazzato dalla situazione per avere altro da dire.

 

<< Non è passato tutto sotto silenzio come volevo, ma almeno Vilena non saprà niente… >> borbottò Irina, una volta che Emilian si fu chiuso la porta alle spalle, rivolta a Dimitri, << Grazie comunque per aver cercato di mantenere un minimo di segretezza… >>.

 

Lui fece una mezza smorfia, poi si girò per guardare il soggiorno vuoto.

 

<< Non mi devi ringraziare, visto che ti sto facendo commettere un suicidio… >> borbottò.

 

Irina sorrise, guardando la sua schiena, e provò un’irresistibile voglia di abbracciarlo. Dimitri non era quel pezzo di ghiaccio che tutti che credevano, e lei ogni volta si stupiva di quanto potesse rivelarsi umano, certe volte. Aveva paura di pensare a cosa esattamente lui provasse nei suoi confronti, perché la metteva in imbarazzo e in ansia: si sentiva in colpa al pensiero che erano finiti a letto insieme, senza che lei fosse innamorata di lui… Però sapeva di non essersi ancora pentita, e ringraziava Dimitri per non aver insistito, per non averci provato di nuovo, per aver rispettato la sua scelta. Era successo una volta, poteva succedere di nuovo, ma dovevano volerlo davvero entrambi.

 

Si avvicinò, accorgendosi che Dimitri sembrava stranamente frustrato, come se volesse fare o dire qualcosa ma non riuscisse o non volesse farlo. Non intendeva darlo a vedere, ma Irina sapeva che era preoccupato, teso e forse anche spaventato per via del rapimento di Yana, e che ormai la stanchezza lo rendeva più irascibile del solito. Gli sfiorò la spalla e lui si voltò di scatto, inchiodandola con i suoi occhi grigi sul posto.

 

Si guardarono un momento, e Irina si pentì di essersi avvicinata così tanto. La sua vicinanza la turbava, ma riusciva a sentire il calore della sua pelle senza nemmeno toccarla…

 

<< Dimitri… >> sussurrò appena.

 

Lui alzò una mano e la afferrò per il mento, costringendola a guardarlo proprio dritto nelle sue iridi color tempesta. Irina sentì il suo fiato sulle labbra, e con il panico addosso si chiese se potesse di nuovo succedere qualcosa…

 

<< Sei una stupida, sciocca ragazzina senza cervello >> disse Dimitri, a bassa voce, << Sei così avventata che certe volte… Certe volte… >>.

 

Sembrava senza parole, e Irina non sapeva che fare. Continuò a fissare quegli occhi di profondi e scuri, il viso del russo a pochi centimetri dal suo, senza riuscire a respirare.

 

<< Sei così stupida che certe volte ti vorrei baciare solo per farti stare zitta ed evitare che tu dica le tue solite stronzate >>.

 

Irina lo guardò, e si accorse che Dimitri sorrideva. Arrossì, sentendosi spogliata da quello sguardo di ghiaccio, e non disse nulla, perché aveva il cervello ingolfato e il cuore che batteva troppo forte… Dimitri era bello, in fondo, e si stava mostrando per come lei non lo aveva mai immaginato: le piaceva quel suo modo di fare, quel suo essere estremamente virile e distante, anche quando non lo era…

 

Con lui tante cose sarebbero state più facili: Dimitri la lasciava essere se stessa, le lasciava commettere tutti gli errori che voleva, la accettava per quello che era… Forse iniziare qualcosa con lui non si sarebbe rivelata una scelta sbagliata… Forse Xander era stato davvero solo un “passaggio”, qualcosa che l’aveva cambiata e l’aveva preparata a… Dimitri.

 

Ma qualunque fosse la ragione del fatto che solo ora, solo adesso, si capivano davvero, quando avevano passato anni nello stesso posto senza nemmeno guardarsi, disprezzandosi addirittura, Irina non riusciva a cancellare quello che aveva dentro il cuore, non riusciva a fargli spazio come avrebbe dovuto…

 

Improvvisamente le venne da piangere, e si morse il labbro con rabbia. Si odiava per non riuscire a provare verso Dimitri qualcosa che fosse di più di affetto e amicizia. Era confusa, ma non abbastanza da non capire che ancora non era innamorata di lui.

 

Il russo si accorse dei suoi occhi lucidi, e il suo sorriso svanì lentamente. Irina distolse lo sguardo, frustrata.

 

<< Ti prego Dimitri, io non voglio giocare con te… >> mormorò.

 

Lui si allontanò appena.

 

<< Questo lo so già >> disse, e si voltò.

 

Irina tornò a respirare, poi vide Dimitri girarsi nuovamente verso di lei, serio.

 

<< Nemmeno io voglio giocare con te >> aggiunse il russo, << Soprattutto adesso che… >>.

 

Si interruppe e le fece cenno di andarsi a sedere sul divano, come se facesse ancora fatica a dire quello che gli passava per la testa. Irina capì che si trattava di qualcosa di importante, così si accomodò in silenzio e attese. Dimitri rimase in piedi, gli occhi grigi che non si staccavano da lei.

 

<< Vilena ti ha raccontato come sono andare le cose con Vladimir >> disse, << Che è cominciato tutto con l’uccisione di mio padre… >>.

 

Irina annuì, anche se non era una domanda. Improvvisamente, il Mastino aveva deciso che era ora di parlare del suo passato, e la cosa la lasciò spiazzata. C’era ancora qualcosa che non era stato rivelato?

 

<< Ti ha detto anche il motivo, immagino >> aggiunse Dimitri.

 

<< Tua sorella… >> rispose Irina, titubante.

 

<< Quello è ciò che credono Vilena e tutti gli altri >> ribatté Dimitri, incrociando le braccia, << E’ non è la verità. Vladimir non avrebbe aperto una faida familiare se non ci fosse stato qualcos’altro sotto, qualcosa di molto grosso e di molto importante… Mia sorella era solo una scusa. Non c’entrava >>.

 

Irina fissò Dimitri, con la sensazione che ci fosse davvero qualcosa di strano.

 

<< Che vuoi dire? >> sussurrò.

 

Dimitri la trafisse con lo sguardo, gli occhi grigi che non si staccavano dalla sua faccia come se avesse una calamita… Attese un momento prima di rispondere, poi disse, secco: << Irina, io dovevo essere la Lince >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 17.00 – Mosca

 

William sputò una boccata di fumo in direzione del soffitto, sdraiato sul letto con una mano dietro la testa e gli occhi chiusi. La leggera musica di sottofondo lo rilassava, mentre aspettava che le ore scorressero lente fino a portarlo a quella sera, alle undici, all’incontro che tanto aspirava…

 

Nel momento stesso in cui aveva sentito la voce di Irina, tutto era passato in secondo piano: Dimitri e Went erano diventati solo due figure indistinte ai margini dei suoi pensieri, qualcosa di cui si sarebbe occupato con calma più avanti. Tutto era iniziato con Irina, ed era lei ad avere la precedenza: averla davanti sarebbe stato come essere di nuovo il numero uno della Black List.

 

<< Ho vinto >> disse una voce di bambina, limpida e chiara. << Di nuovo >>.

 

Qualcuno borbottò.

 

<< Incomincio a rompermi le palle di questo gioco >> disse Dan, << Perché proprio io devo fare da baby-sitter? >>.

 

William aprì gli occhi e guardò Yana e Dan seduti al tavolino a giocare a carte, con la bambina che faceva penzolare le gambe con aria furba, contenta per l’ennesima vittoria.

 

<< Sta zitto e gioca >> disse William, secco.

 

Per far smettere Yana di lagnarsi aveva costretto Dan a passare del tempo con lei, e anche a giocarci se era necessario; l’idea era stata ottima perché la bambina non aveva dato segni di voler piangere ancora, nonostante ogni tanto chiedesse quando l’avrebbero riportata a casa.

 

Intanto lui si godeva l’attesa con una sensazione di euforia addosso, sapendo che entro poche ore Irina sarebbe stata tra le sue mani, e che c’erano tante cose che potevano fare insieme… Vladimir non capiva e non sapeva quando rivolesse quella ragazza, cosa lo legasse a lei, e non era contendo di che piega aveva preso la situazione. Ma tanto sicuramente non si rendeva conto che aveva fatto un patto con la persona sbagliata, perché aveva intenzione di prendersi la sua vendetta anche su Dimitri. Con più calma, ma non lo avrebbe certo lasciato fuggire.

 

Guardò l’orologio, e si chiese dove avrebbe portato Irina una volta che lo scambio fosse avvenuto… Di sicuro non poteva tornare lì, in albergo, perché una volta che si sarebbe trovata di fronte lo Scorpione, sapeva che non si sarebbe certo lasciata prendere con le buone. Forse il luogo che aveva scelto Vladimir poteva andare bene: un vecchio capannone nella periferia di Mosca, abbandonato e isolato. Gli serviva una stanza, una sedia e una pistola: niente di più per prendersi la sua rivincita su Irina.

 

Aspirò un’altra boccata di fumo, poi sorrise.

 

“Oh sì, sarà una notte decisamente interessante…”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 09.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Irina guardò il russo con gli occhi spalancati, mentre Dimitri rimaneva immobile come una statua. Cercò di collegare ciò che le aveva appena detto con tutto quello che sapeva di lui, che era successo, che aveva intuito…

 

<< Aspetta… Quindi tu non sei la Lince? >> domandò, per mettere un po’ di chiarezza.

 

<< No, non lo sono >> rispose lui, << Avrei dovuto diventarlo… Mio padre è stato la Lince per anni, era lui che controllava i traffici di tutta la Russia. Nessuno della nostra famiglia lo sapeva: né io, né mia madre, né i miei fratelli. Era una condizione che aveva nascosto a tutti, perché era l’unico modo per essere davvero neutrali e al sicuro. L’unico a scoprire chi era fu Vladimir, che alla fine diventò uno dei Referenti, anche se questo lo sanno in pochi… Era amico di mio padre, e quando seppe che voleva mollare, che voleva passare lo scettro della Lince a qualcun altro, gli chiese di darlo a lui >>.

 

Irina lo guardò, senza parole.

 

<< Mio padre non lo fece. Voleva me come Lince, pensava fossi pronto anche se ero giovane. Credeva avessi abbastanza tempra per prendere degnamente il suo posto. Me lo disse, ma se devo essere sincero, a quell’epoca non mi interessava diventare la Lince, e cercai di farglielo capire… Vladimir premeva per prendere il suo posto, ma lui era l’unico che io non volevo come Lince: nessuno si sarebbe mai sognato di dare una posizione di potere a lui. Sarebbe stata la fine. Avrei potuto costringere mio padre a cambiare idea, a dargli comunque il posto che a me non interessava, ma non lo feci. Gli chiesi di aspettare, non c’era fretta per sostituirlo…

 

<< Ma Vladimir non voleva aspettare. Decise che il posto doveva essere suo. Uccise mio padre, innescando la faida che conosci. Nessuno venne mai a sapere il vero motivo, nessuno seppe che mio padre era la Lince. A quel punto Vladimir era convinto di riuscire a prenderne il posto, ma non sapeva niente dei segreti di mio padre, e intanto noi gli davamo la caccia. Rapì mia sorella per costringermi a cedergli il posto che effettivamente non avevo mai preso, a dirgli come fare per prendere in mano i traffici di mio padre… Scelse lei perché sapeva quanto tenevo a Lora >>.

 

La rabbia della voce di Dimitri era ben percepibile: non c’era segno né voglia di perdono, nel suo tono.

 

<< Ma allora la Lince chi è? >> domandò Irina.

 

<< Non lo so, e nemmeno Vladimir. Quando mio padre è morto, io e Buinov evidentemente non eravamo gli unici a sapere chi fosse. Qualcuno prese il suo posto, mentre io cacciavo Vladimir. Si è insediato al posto della Lince, e nessuno è mai riuscito a capire chi fosse, né come ci sia riuscito. Non ero l’unico a conoscere i segreti di mio padre, questo è chiaro >>.

 

Quella storia era assurda, ma Irina la trovò incredibilmente vera. Il destino aveva voluto che alla fine, tra i due che litigavano, fosse stato un terzo ad avere la meglio

 

<< Quindi è per questo che la Lince non si fa vedere >> disse lentamente, << Che adotta tutta questa protezione… Sa che voi due lo uccidereste, se scopriste chi è >>.

 

<< Non ho alcun interesse a ucciderlo, per il momento >> ribatté Dimitri, anche se il suo tono diceva tutto il contrario, << Almeno finché non scopro chi è. Il suo posto non mi interessa, non mi è mai interessato, ma è stato vigliacco da parte sua non rivelarsi nemmeno a noi. A me >>.

 

Irina annuì.

 

<< Quindi è per questo motivo che Vladimir ti vuole morto >> sussurrò, collegando molte delle cose misteriose che fino a quel momento non avevano trovato risposta, << Sa che il posto è tuo, ma non vuole cederlo… Vuole scoprire chi è la Lince e mettere fine a questa storia… >>.

 

Poi improvvisamente si rese conto che Dimitri, il russo che stava davanti a lui, avrebbe potuto essere la Lince. Avrebbe potuto essere la persona che lei era stata mandata a catturare, il criminale che si era macchiato di tanti, troppi crimini, che aveva intessuto traffici di droga e di denaro che nessuno di loro avrebbe mai potuto nemmeno immaginare… Non ci sarebbe stato nessun Mastino, ma solo una Lince.

 

E l’unica cosa che si chiese fu: perché?

 

<< Perché non hai accettato, Dimitri? >>.

 

Il russo la guardò, e sul suo volto sembrò disegnarsi una smorfia a metà tra il divertito e il disgustato.

 

<< Non ho accettato perché non mi interessava avere il potere >> rispose, << Non mi importava avere Mosca ai miei piedi, far fruttare i miei soldi spacciando droga… Mi piacevano le auto e mi piaceva correre, ma avevo altri interessi. La mia famiglia era quella che era, e non potevo certo rinnegarla… Ma forse >>, sorrise, guardandola: un sorriso amaro e pieno di tristezza, << Non ci saremmo mai incontrati se le cose non fossero andate come sono andate. Sono stato ragazzino anche io, e anche io avevo dei sogni >>.

 

Irina si rese improvvisamente conto che c’era in comune molto più quanto aveva immaginato, tra loro due. Era difficile pensare che Dimitri era stato bambino, che c’era stato un tempo in cui non era il Mastino… Esattamente come lei.

 

<< Non… Non avresti fatto il pilota clandestino? >> chiese con un filo di voce.

 

<< Forse non sarei diventato il Mastino che hai conosciuto a Los Angeles >> rispose Dimitri, << Ma sai meglio di me che non possiamo tentare di nascondere ciò che siamo veramente >>.

 

Irina rimase in silenzio, cogliendo il significato di quelle parole.

 

<< Perché me lo dici solo ora? >> chiese.

 

<< Perché quando avrai davanti Vladimir è meglio che tu sappia con chi hai a che fare >> rispose Dimitri, << Forse ti farà delle domande, vorrà scoprire se sai chi è la Lince vera… A quel punto non ti crederebbe se dicessi che non conosci la storia. E comunque te l’avrebbe raccontata lui stesso. Mi stai facendo un favore, ed è giusto che tu sappia la verità >>.

 

Irina si alzò, senza sapere bene che cosa fare. In fondo, questo non cambiava niente, se non la sua percezione di Dimitri: ormai il suo passato era senza nebbie, senza veli, e il Mastino non era colui che aveva conosciuto anni addietro.

 

<< Non avrei mai immaginato una cosa del genere >> disse, << Ma ora capisco tante cose… Grazie per essere stato sincero >>.

 

Non sapeva che altro dire, e improvvisamente capì che forse quello che le era uscito dalle labbra era la cosa migliore. Dimitri l’aveva definitivamente ammessa nel suo mondo, le aveva completamente spalancato la porta, e lo faceva perché ormai si fidava. O forse perché voleva che lei entrasse, perché per lui il muro non esisteva più…

 

<< Grazie per quello che farai stasera >> ribatté lui.

 

Si guardarono, ma questa volta Irina non si avvicinò. Non voleva metterlo di nuovo in difficoltà, costringerlo a tirarsi indietro quando forse non era quello che voleva veramente. Si odiò ancora per quello che mancava dentro il suo cuore, ma non poteva nemmeno fingere: la verità faceva più male, era più dura, ma mai come la falsità.

 

<< Forse è il caso che andiamo entrambi a dormire >> sussurrò, per lasciare sia a lei che a lui il tempo di rimettere le cose a posto, per riflettere, << E non preoccuparti per quello che succederà… Io non lo farò >>.

 

Gli sorrise e poi si voltò, diretta alla sua stanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 12.00 – Autostrada

 

Il paesaggio freddo della Russia sfilava al fianco della Ferrari rossa, mentre l’auto correva a velocità sostenuta verso sud, superando rapidamente le utilitarie che incontrava. Xander, la mano destra stretta sul volante, non parlava da ore, e nonostante tutto non aveva voglia di farlo. Nina dormicchiava al suo fianco, i riccioli biondi raccolti tutti da una parte, le palpebre chiuse sopra le iridi color del cielo.

 

Era stato chiaro con lei: l’avrebbe riaccompagnata a Mosca, poi se ne sarebbe andato. Non gli interessava che conoscesse la Lince e che, nonostante il risultato della gara, potesse metterlo in contatto con lei. Aveva perso ogni interesse per il loro giro, quindi se ne andava per un po’: questo era quello che aveva detto. Nina era stata sorpresa, aveva insistito, poi sembrava essersi rassegnata. Quella era la fine di qualsiasi rapporto tra loro, se mai ne fosse nato uno.

 

Alzò un po’ il volume della radio, noncurante che lei stesse dormendo, e si godette la canzone in pace, pregustando l’aereo che lo avrebbe riportato al caldo di Los Angeles, dove una bella vacanza non gliela avrebbe tolta nessuno.

 

Quelli erano i suoi programmi, ora: tornare a casa sua, trovandola vuota, e prendersi un momento di pausa dal mondo, momento che non aveva mai sentito il bisogno di prendersi. Avrebbe spento il cellulare, consegnato le chiavi della Ferrari, e dimenticato per un po’ il suo essere agente dell’F.B.I. Avrebbe guardato quella casa vuota, in cui aveva messo piede credendo che ci sarebbe stato solo per poco, solo per arrestare Challagher e invece… Invece non era andata così. Magari ne avrebbe chiesta un’altra, una più piccola, con la vista sul mare, e lì sarebbe seduto da solo, la radio accesa e il mondo fuori.

 

Si sarebbe seduto a digerire la sconfitta, a capire che anche perdere faceva parte della vita, che era arrivato il momento di fare quattro conti e capire che cosa aveva in mano. E avrebbe cercato di capire doveva aveva sbagliato con Irina, anche se lo sapeva già. Inutile chiedersi se si poteva tornare indietro, se poteva sperare che le cose si rimettessero a posto…

 

Ormai era fatta. Irina non lo amava più, perché non era stato in grado di accettare le sue scelte, di ammettere che aveva tutte le potenzialità per portare a termine quella missione… L’aveva soffocata solo perché aveva avuto il terrore di perderla, quando ricordava ancora fin troppo bene la paura che aveva provato in quei giorni in cui sembrava che Challagher avesse la meglio

 

L’Irina di ora non l’avrebbe mai perdonato, non sarebbe tornata sui suoi passi. Lo dimostrava il fatto che era stata lei stessa a troncare la loro storia. Aveva scelto un’altra strada, e lui non l’avrebbe più ostacolata credendo di fare il meglio per lei. Era adulta, sapeva cosa voleva, adesso.

 

Nina si mosse e si stiracchiò, sbadigliando e riportandolo al momento presente.

 

<< Buongiorno >> cinguettò, guardandosi intorno.

 

Xander grugnì un saluto. Da quando aveva deciso di tornare a Los Angeles, Nina aveva perso ogni fascino, per lui. Sempre bella, certo, ma quell’avvenenza era solo la facciata di un edificio vuoto, e ormai lo sapeva. In qualche modo, adesso lo infastidiva quasi, perché rappresentava il suo fallimento e la sua stupidità. Era diventata un peso ingombrante, soprattutto dentro il suo cuore.

 

<< Come mai così silenzioso? >> domandò la ragazza.

 

<< Come mai questa domanda? >> ribatté secco lui.

 

Nina fece un sorrisetto, senza dare peso al suo palese malumore. Molto probabilmente credeva che si trattasse ancora della gara…

 

<< Sai, mi dispiace che te ne vada >> disse, tranquilla, << Hai talento. Mollare tutto solo perché la tua ex ti ha battuto alla Mosca-Cherepova è una cazzata… >>.

 

Xander sbuffò: ancora con quella storia di Irina vincitrice… Cercava di fargli cambiare idea facendo leva sul suo orgoglio, che era l’unica cosa in quel momento che aveva messo da parte.

 

<< Ho preso la mia decisione >> disse, cercando di non apparire troppo seccato, << Non tornerò sui miei passi >>.

 

Nina si mosse appena sul sedile, e sembrò sporgersi verso lo specchietto retrovisore, come per guardarcisi dentro. Forse voleva vedere se era presentabile, come faceva di solito. Xander continuò a rimanere concentrato sulla strada, per niente distratto dai suoi tentativi di seduzione.

 

Poi sentì vibrare qualcosa, ma non era il suo cellulare. Nina tirò fuori il suo e guardò lo schermo per qualche istante; infine digitò qualcosa e tornò a fissarlo con un sorrisetto.

 

<< Ok, ma potresti pentirti di essertene andato… >> disse, come se fosse sicura che sarebbe successo.

 

<< Allora mi pentirò >>.

 

Nina gettò un’altra occhiata allo specchietto, e Xander si innervosì: quella ragazza era più interessata al suo aspetto, che a tutto il resto. La vide abbassarsi per prendere qualcosa dentro la borsa appoggiata ai suoi piedi, ma non capì cosa fosse.

 

<< Sai, mi ha fatto piacere venire a letto con te >> disse, tornando a guardarlo, << Sei bravo… Immagino la tua ragazza fosse d’accordo con me… O forse lei era troppo santarellina da ammettere una cosa del genere. Piccola, doveva essere piuttosto rigidina, vero? >>.

 

Nina stava armeggiando con qualcosa, ma lui non ci fece troppo caso: la frase riguardo alle sue prestazioni a letto lo infastidì più di quanto avrebbe creduto. E soprattutto la parte riguardante Irina… Ma chi diavolo si credeva di essere, quella russa? Era forse un vanto avere la nomea di una puttana?

 

<< Peccato… >> aggiunse Nina, << Mi dispiace che le cose debbano finire così, tra noi. Ma d’altronde, io ti avevo avvertito, che ti saresti pentito… >>.

 

Xander voltò la testa verso di lei, senza capire cosa stesse dicendo. Poi si trovò una pistola puntata addosso, e lo sguardo di Nina incollato su di lui e un sorrisetto sardonico sul volto d’angelo.

 

<< Chissà se la tua ragazza sa chi sei veramente, agente Went >> disse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – Mosca, Casa di Dimitri

 

Irina guardò un’ultima volta il suo riflesso nello specchio, e trasse un sospiro prima di uscire dal bagno e spegnere la luce. Rimase ferma nel corridoio per un momento, poi andò in soggiorno e trovò Dimitri fermo vicino alla porta, che la guardava, imperscrutabile.

 

<< Possiamo andare >> disse lei, a bassa voce.

 

Dimitri fece un passo avanti.

 

<< Sei ancora sicura di quello che stai facendo? >> domandò.

 

Irina annuì.

 

<< Non bisogna essere sicuri. Bisogna farlo e basta >>.

 

Dimitri le porse un cellulare.

 

<< Potrebbe tornarti utile, anche se credo che Vladimir te lo sequestrerà subito >> disse, << Cerca di nasconderlo, se puoi >>.

 

<< Grazie >>.

 

Irina lo prese e se lo mise in tasca. Leggeva la preoccupazione negli occhi di Dimitri, ma anche una certa impazienza, come se non vedesse l’ora che quella storia finisse.

 

<< Porta via Yana il prima possibile >> disse lei, << Non indugiare. Sappiamo com’è Vladimir, e potrebbe anche cambiare idea… >>.

 

<< Tornerò appena avrò portato Yana a casa >> la interruppe Dimitri, << Non sarò da solo, Emilian verrà con me. Domani mattina potresti essere già libera >>.

 

Irina apprezzò il tentativo di Dimitri di rassicurarla, soprattutto quando lui non era conosciuto per la sua affabilità, ma scosse il capo. Nessuna illusione: sarebbe andata come doveva andare. Una volta messo piede in quel capannone, non avrebbe atteso di essere salvata, come avrebbe sempre fatto nella sua vita.

 

<< Non fare nessuna promessa, perché non mi aspetto niente >> disse.

 

Infilò la porta, e senza aggiungere altro scese in garage, diretta alla R8. Salì al lato del passeggero, poi attese che Dimitri mettesse in moto e la portasse al luogo stabilito.

 

La notte le sembrò particolarmente fredda, e nelle strade di Mosca c’era meno gente del solito. Guardò scorrere i marciapiedi nel silenzio totale, rotto solo dal rombo del motore della R8.

 

Ora si chiedeva se sarebbe mai tornata indietro, se aveva la speranza di uscirne viva… Perché no? Era solo uno scambio, Vladimir non aveva motivo per volerla morta, e in ogni caso si fidava di Dimitri… E poi, era determinata a cavarsela da sola, ed era certa che avrebbe lottato fino all’ultimo per poter tornare a casa.

 

“E se non tornassi?”.

 

“Ci sarebbero un sacco di cose da mettere a posto… Lascerei molte cose a metà. Prima fra tutte, la missione. E poi… Xander cosa direbbe detto?”.

 

Lasciò vagare il pensiero nella sua testa, poi si voltò a guardare Dimitri. Stavano lasciando il centro della città, e iniziavano a entrare in una zona con meno case e luci. Vedeva in lontananza ergersi dei capannoni poco illuminati, stagliarsi più neri del cielo scuro sopra di loro.

 

<< Se qualcosa dovesse andare storto, mi faresti un favore? >> domandò, a bassa voce.

 

Dimitri annuì. Dopo aver dormito ed essersi fatto la barba, sembrava un po’ meno minaccioso.

 

<< Dì a Xander che mi dispiace per come mi sono comportata >> disse, << Che avrei dovuto dargli tempo per capire. Digli che gli chiedo scusa per essermi… trasformata in questo modo da un momento all’altro >>.

 

La mano di Dimitri strinse il volante fino a far diventare bianche le nocche, e qualcosa passò nei suoi occhi di ghiaccio, come una consapevolezza improvvisa, o forse solo un profondo fastidio.

 

<< Non è quello che mi aspettavo, ma glielo dirò >> disse tra i denti.

 

Irina lo scrutò, senza capire il senso della frasse.

 

<< E cosa ti aspettavi? >>.

 

<< Mi aspettavo che lo mandassi a fanculo per l’ultima volta >> rispose, << Non che gli chiedessi scusa perché non rispondi più ai suoi canoni… Ma avrei dovuto immaginarlo. Fa parte del tuo essere chiedere sempre scusa per qualsiasi cosa, anche per il semplice fatto di esistere >>.

 

C’era una nota amara nella sua voce, qualcosa che fece capire a Irina che quella notte che avevano passato insieme non era stata un caso, che Dimitri non l’aveva fatto solo perché ne aveva voglia, come aveva detto lui. E quello che provava, forse continuava a sentirlo anche ora… Parlare di Xander gli dava fastidio, molto probabilmente perché capiva che lei lo amava ancora…

 

Abbassò lo sguardo, e capì di aver sbagliato. Chiedere scusa non serviva, perché lo avrebbe innervosito ancora di più. O forse semplicemente ferito, visto quello che aveva detto.

 

<< Se tornerò indietro, Dimitri, spero che mi aspetterai >> disse piano, << Perché forse avrò bisogno di te, e non sarà per portare a termine questa missione. Forse rischiare la vita mi servirà a mettere in ordine le idee, e capire davvero cosa voglio >>.

 

Era più di quanto potesse e dovesse dire. Non era una promessa, la sua, era una semplice verità: il ricordo di Xander era troppo fresco nel suo cuore, ma era stata lei a lasciarlo. Ora poteva anche decidere che era arrivato il momento di cominciare qualcosa di nuovo, e se esisteva una persona che corrispondeva ai suoi bisogni, quello era Dimitri. Se fosse tornata viva, avrebbe dato la possibilità a entrambi di costruire qualcosa, se ci fossero stati i presupposti. Non poteva promettergli che una volta tornata a casa lo avrebbe amato, ma poteva assicurargli che una possibilità esisteva, per lui. Indipendentemente da chi era, chi era stato e chi sarebbe diventato.

 

Dimitri fece una smorfia.

 

<< Non fare promesse, perché non mi aspetto nulla >> le fece il verso.

 

Fermò l’auto e Irina si fece distrarre dal capannone che si stagliava davanti a loro, dalle pareti di cemento grigio e dall’aria desolante. Le poche finestre che si aprivano in alto erano tutte oscurate.

 

<< Dove dobbiamo andare? >> domandò lei, a bassa voce, mentre il vento gelido le faceva venire la pelle d’oca.

 

Dimitri indicò una porta poco lontana, che si confondeva con il muro, e che sembrava solo socchiusa. Il russo la precedette e la spalancò.

 

Si ritrovarono in un grande spiazzo buio, dove l’unica luce proveniva dalla luna che filtrava dal tetto di vetro del capannone. Dimitri mise una mano in tasca, forse per afferrare la pistola che teneva nascosta. Non si vedeva nulla, e Irina sentì il cuore cominciare a battere più velocemente, tesa, aspettandosi qualsiasi cosa…

 

<< Rimanete fermi dove siete >> disse una voce alla loro destra, << Mani in alto e niente scherzi, o la bambina non esce viva di qui. E nemmeno voi >>.

 

Non era la voce di Vladimir, ma era comunque quella di un russo, visto il forte accento. Irina obbedì, mentre qualcuno premette l’interruttore dei lampadari e il capannone venne invaso dalla luce, accecandoli, ma rivelandosi meno ampio di quello che avevano creduto. Era vuoto, a parte qualche scatolone di cartone, una vecchia gru arrugginita e una porta, chiusa.

 

Strizzò gli occhi, poi si accorse che il russo che avevano di fianco era Cyril, e che teneva una pistola puntata verso di loro. Dimitri non accennava a voler alzare le mani, e sul volto aveva un’espressione omicida.

 

<< Alza le mani, Goryalef >> intimò Cyril.

 

<< Dimitri… >> sussurrò Irina, cercando di convincerlo.

 

Il Mastino alzò lentamente le mani, e Cyril fece un fischio. Dal fondo del capannone vuoto arrivò il gridolino soffocato di una bambina, e da dietro la gru comparvero Vladimir con Yana in braccio, tenuta ben stretta come una bambola di pezza.

 

Irina tirò un sospiro di sollievo, scoprendo che stava bene. La bambina appena li vide si mise a chiamarli, ma rimasero fermi dov’erano, ancora sotto il tiro da parte di Cyril.

 

<< Buonasera, Fenice >> disse Vladimir, una pistola in mano puntata contro la bambina, << Facciamo questo dannato scambio, ma niente scherzi da parte di nessuno dei due, o vi facciamo secchi alla prima occasione… Siamo più di quanti immaginate >>.

 

Se stesse bluffando o no, a Irina non importava. Non avevano intenzione di fare i furbi, perché c’era in gioco la vita di Yana. Annuì e fece un passo avanti, le mani ancora alzate sopra la testa, per fargli capire che non correva nessun pericolo.

 

Improvvisamente, non aveva più paura. Era lucida, sapeva cosa doveva fare, ed era la consapevolezza che aveva la responsabilità di Yana sulle sue spalle a renderla così sicura.

 

<< Ok, lasciala andare >> disse, << Sono disarmata, e non farò niente che possa infastidirti >>.

 

Vladimir sventolò la pistola.

 

<< Sarà meglio… Vieni al centro e rimani ferma lì >> disse, << Io lascerò la marmocchia >>.

 

Irina avanzò, senza guardarsi indietro, sperando che Dimitri non perdesse la testa, perché non riusciva a vedere la sua faccia. Un passo dopo l’altro raggiunse il centro del capannone, poi si fermò. A quel punto Vladimir mise giù Yana e la spinse avanti.

 

<< Raggiungi Dimitri >> ordinò, secco.

 

La bambina, con i lucciconi agli occhi, si avviò lentamente e a passi incerti verso di lei. Poi scattò in avanti e le corse incontro, piangendo.

 

Irina si abbassò e la abbracciò forte, sperando che quell’azione non innervosisse Vladimir. Yana la stringeva, singhiozzando.

 

<< Voglio andare a casa! Voglio la mia mamma! >> gridò, disperata.

 

<< Andrà tutto bene >> la rassicurò Irina, << Vai da Dimitri, che ti riporta a casa, ok? >>.

 

La bambina sembrava molto spaventata, ma così da vicino ebbe la conferma che stava bene. Annuì e chiese, con la voce piccola: << Tu dove vai? >>.

 

<< Ehi, muovetevi! >> gridò Vladimir, << Lascia andare la bambina e vieni qui! >>.

 

Irina gli gettò un’occhiata, poi fece una carezza sulla guancia a Yana.

 

<< Vado a fare quattro chiacchere con quel signore >> rispose, << Avanti, vai da Dimitri. Svelta >>.

 

La spinse verso il Mastino, poi si rialzò e raggiunse Vladimir, sempre con le mani alzate. Il russo sorrise quando gli fu davanti, poi la afferrò per le spalle e le puntò la pistola alla testa.

 

Yana aveva raggiunto Dimitri, e ora gli stava in braccio, guardando spaventata dalla loro parte. Irina si sentì soffocare mentre la presa di Vladimir si serrava sul suo collo, ma mantenne la calma. Vide Dimitri tirare fuori la pistola e puntarla verso Cyril, per rispondere all’offensiva.

 

<< Abbassa quella pistola >> ringhiò Vladimir.

 

<< Abbassala tu >> ribatté Dimitri, l’espressione gelida.

 

<< Ho cambiato idea >> disse Vladimir, << Consegnati anche tu, visto che ci siamo… >>.

 

Dimitri lo fulminò con occhi, ma Irina capì che il russo stava solo cercando di prendere due piccioni con una fava: stava improvvisando, e non sperava veramente che Dimitri si consegnasse. Forse voleva solo spaventarlo, fargli capire che doveva tornare veramente, se non voleva che lei ci rimettesse le penne…

 

<< Riporta a casa Yana >> disse Irina, tranquilla, guardando il Mastino e cercando di non far sentire che la voce le tremava per via del poco fiato.

 

Dimitri indugiò, la pistola ancora in pugno, puntata contro Cyril.

 

Irina gli lanciò un’occhiata eloquente.

 

<< Dimitri, riporta a casa Yana >> ripeté, << Abbassa la pistola e andate via >>.

 

Il russo abbassò lentamente l’arma, poi fece un passo indietro. La fissò intensamente, come a dire: “tornerò, fosse l’ultima cosa che faccio”. Irina annuì, poi lo vide rivolgerle un’ultima occhiata e infilare la porta, nel più completo silenzio. Come un fantasma, Dimitri sparì alla vista, lasciando il capannone vuoto e il cuore di Irina più pesante.

 

“E’ andato… Sono salvi”.

 

Da quel momento in poi, era davvero da sola.

 

La presa sul suo collo si allentò, e Vladimir sembrò ridacchiare.

 

<< Brava, bel lavoro, Fenice. Adesso ti ubbidisce anche? >>.

 

La girò e la afferrò saldamente per un braccio, poi la condusse verso il retro del capanno, tenendo la pistola pronta. Raggiunsero una stanza un po’ più piccola, poi si fermarono.

 

<< C’è una bella sorpresa per te, Fenice >> disse Vladimir, << Vediamo cosa avrai da dire, adesso >>.

 

Irina sentì l’apprensione salire, ma cercò di non farsi prendere dal panico. Qualsiasi cosa fosse, era sicura di poterla gestire, di poter resistere fino a che non fosse riuscita a liberarsi… Il cellulare pesava ancora nella sua tasca, pronto a metterla in contatto con Dimitri.

 

Si guardò intorno, in attesa. Vladimir abbassò definitivamente la pistola, come se non la considerasse più pericolosa. La lasciò andare e si fece da parte.

 

Qualcosa catturò l’attenzione di Irina: dalla porta che aveva di fronte, vide comparire un’ombra scura. Si mosse appena, nel buio dietro di lei, e non riuscì a capire chi fosse. Strizzò gli occhi, per cercare di cogliere qualcosa che glielo facesse riconoscere…

 

<< Chi non muore si rivede, dice il proverbio >>.

 

Il cuore di Irina perse un battito. Il sangue le si gelò nelle vene. Il fiato le rimase intrappolato nella gola.

 

Conosceva quella voce, l’avrebbe sempre riconosciuta. Per troppe volte l’aveva svegliata di notte, prima che riuscisse a dimenticarla… Per troppe volte le aveva ricordato quante volte avesse fallito, nella sua esistenza…

 

“Non può essere… Non è possibile…”.

 

La figura si fece avanti, e la luce dei neon illuminò il suo volto, quel volto che aveva costellato i suoi incubi, quel volto che aveva spezzato i suoi sogni, quel volto che aveva cambiato la sua esistenza…

 

Come riemerso da un’altra vita, davanti a lei c’era William Challagher.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Che dire, ragazzi… Devo ammettere di trovarmi in una bella situazione: i vostri commenti a riguardo della coppia Irina/Dimitri mi hanno stretto il cuore, e non posso dire che non la penso esattamente come voi. Ma penso che vi sorprenderà sapere che anche io sono indecisa su come andrà a finire la storia, da quel punto di vista… Mi riservo la facoltà di decidere, esattamente come Irina.

Per il resto, Xander è stato beccato. Nina, oltre che infilarsi nel suo letto, si è infilata anche nei suoi affari… E mi sa che Xander se la vedrà brutta, questa volta.

 

Vi ringrazio infinitamente per le recensioni, e siccome domani è anche il mio compleanno, spero di riceverne una bella valanga, in modo che mi tirino un po’ su di morale.

 

Un bacione a tutti!

 

P.S.: non sono la tipa da Eros Ramazzotti, ma per caso mentre ascoltavo l’iPod in versioni brani casuali è uscita fuori quella canzone, e mi è sembrato si addicesse ai pensieri di Xander.

  
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