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Autore: RedMarauder    23/01/2011    5 recensioni
"Fisso la foto abbandonata li sopra: è un po’ stropicciata, per via dei mille viaggi che ha fatto in giro per casa, ma è ancora bellissima. Non l’aveva più lasciata: se la portava ovunque, in cucina, in salotto, sul comodino mentre dormiva.
Spesso mi fermavo a spiarla: la guardava sempre, si perdeva a disegnare con le dita sull’immagine finti cerchi intorno ai visi. Come se volesse accarezzarli."
sono tornata alla carica con una storia mooolto sentimentale, un pò triste all'inizio, ma tanto tanto romantica!
pariting--> JISBON!
Buona lettura
Giada:)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3- BEAUTIFUL GHOST FROM THE PAST
 
Grace
 
Sto seduta sul mio divano, immobile a riflettere.
Questo si è che è un grosso problema.
Sento Wayne sedersi vicino a me e prendermi la mano. Scuoto la testa silenziosamente, come per cacciare l’affollamento che sento dentro.
“Che cosa facciamo?” chiedo terrorizzata all’idea di prendere una decisione.
“Glielo diciamo a Teresa!” risponde Wayne, ma poco sicuro.
Scuoto nuovamente la testa “Ucciderebbe tutti e due, poi lo andrebbe a cercare e farebbe fuori anche lui!” rispondo sarcastica, ma non troppo. Quella donna avrebbe potuto reagire veramente male.
“Perché?” mi chiede lui.
“Perché le ho mentito! Le ho detto solo una volta che avevo seguito i suoi spostamenti, ma la verità è che l’ho sempre fatto, ogni singola volta che cambiava città! Mi ucciderebbe se lo sapesse!” rispondo.
“Allora cosa facciamo?” chiede lui riflettendo più con se stesso che con me.
“Dobbiamo fare in modo che non sia lui il primo a cercarla!” rispondo, trovando l’illuminazione.
Wayne mi guarda come se fossi matta.
“Ascolta!” esclama entusiasta della mia trovata “se Jane vedrà lei ed Alice insieme, gli verrà un infarto! Dobbiamo fare in modo di contattare Jane, senza spiegargli niente, così gli diremo quando andare da lei, sempre che sia questa la sua intenzione. Così noi, con una scusa, porteremo via Alice!”
Wayne mi guarda senza capire “perché dovremmo portare via Alice?”
Alzo gli occhi al cielo esasperata
“Wayne quando quei due si incontreranno probabilmente si scatenerà l’inferno, meglio tenere Alice fuori portata di proiettile!”
“Ahh, giusto!” esclama Wayne trionfante.
Poi torna perplesso “E come facciamo?”
Sospiro “Non lo so, dobbiamo inventarci qualcosa”
Wayne riflette poi mi sorride “Io ce l’ho un piano!”
Annuisco ascoltando la sua idea, e mi sembra fattibile.
Spero solo che funzioni..
 
 
Teresa
 
Sto preparando la cena quando squilla il telefono di casa.
“Pronto?” rispondo.
“Teresa sono Grace” risponde lei dall’altro capo.
“Ciao Grace, c’è qualche problema?” chiedo preoccupata. Non chiama mai a quest’ora.
Dimmi che non è un omicidio..
“No assolutamente, volevo solo chiederti una cosa!” risponde lei.
Sorrido sollevata: meno male!
“Certo, dimmi”
“Domani sera io e Wayne pensavamo di andare alla partita di baseball, doveva venire un suo amico, ma all’ultimo minuto si è ritirato, così abbiamo un biglietto in più. Sono le squadre preferite di Alice, ti va se la portiamo?” mi chiede entusiasta.
Alice adora il baseball.
“Si, certo, sarebbe fantastico! Alice farà i salti di gioia!” rispondo allegra.
“Magnifico! La partita finirà molto tardi, tu hai bisogno di dormire, Alice può dormire da noi, te la riporto la mattina!”
“Grace tranquilla, non voglio disturbarti..” ma lei mi interrompe
“Scherzi? È da così tanto che non resta qui da noi! Portala da noi per le 18!”
“Grazie Grace, veramente!” sorrido all’apparecchio.
“Figurati, è un piacere!”
Chiudo la conversazione felice e chiamo Alice
“Alice è pronto, scendi!” le urlo.
Sento i passi rapidi di mia figlia giù per le scale, e pochi secondi dopo me la ritrovo incollata alle gambe.
“Ho una bella notizia per te!” esclamo mentre ci mettiamo a tavola.
“Cosa?” chiede lei già entusiasta.
“Domani zia Grace e zio Wayne ti portano alla partita di baseball, poi resti a dormire da loro!” le rispondo con un bel sorriso.
Alice comincia a saltellare sulla sedia ridendo “Evviva!”
Rido guardandola così felice “Dai adesso smetti di saltellare e mangia!” esclamo.
Mangiamo chiacchierando: Alice mi racconta per filo e per segno la sua giornata, facendomi ridere con le sue idee buffe.
Guardiamo un po’ di tv insieme e poi andiamo a dormire. Abbiamo guardato uno dei suoi cartoni preferiti “Alla ricerca di Nemo”. C’è un motivo se è il suo cartone preferito.
Un padre che attraversa l’oceano per salvare il figlio. Mia figlia ha la straordinaria capacità di dare speranza a sé stessa e a me. Nonostante lui non ci sia da molto tempo, lei non ha mai perso quella speranza che la lega a lui.
Certe volte vorrei avere la sua innocenza e la sua forza. Sarebbe tutto più semplice.
Saliamo in camera mia per mettere il pigiama e filare sotto le coperte.
Una volta alla settimana dormiamo insieme: Alice la chiama “la serata della mamma”.
Quando ci infiliamo nel lettone Alice mi abbraccia dandomi un grosso bacio sulla guancia.
“Buona notte mamma” mi dice chiudendo gli occhi.
“Buona notte tesoro” le sorriso dolcemente.
Le notti passate con lei sono le migliori. Sentirla vicina mi fa dormire bene.
In casa nostra la situazione è ribaltata: sono io, la mamma, che ha bisogno di dormire con sua figlia, e non il contrario.
Ma questo, se non altro, mi rende felice.
 
 
Cho
 
Sono le 9 del mattino, e io sto camminando lungo la via principale.
Sospiro stancamente: spero solo che il piano di quei due vada a buon fine, altrimenti Lisbon ci fa fuori a tutti quanti!
Accelero attraversando la strada.
Ieri ho chiamato Jane, giurandogli di essere solo e ho fissato un appuntamento.
Mi fa piacere aiutare Lisbon, ma questa storia è complicata, e ho paura di fare la cosa sbagliata.
Il piano ufficiale? Devo dire a Jane che Lisbon è arrabbiata con lui, e che se vuole parlarle deve agire in fretta e di nascosto,  perché altrimenti lei lo allontanerebbe soltanto. Devo dargli la copia delle chiavi di casa sua, che ha Grace, e dirgli a che ora deve andare lì.
Teresa nel frattempo si allontanerà per accompagnare Alice da Grace.
Così Alice sarà lontana, e forse si eviterà il massacro.
Ho paura che quando saprà la verità, se Jane non riesce a farsi perdonare, potremo considerarci tutti licenziati o defunti!
Confido solo nel forte debito che Lisbon sente di avere con noi. In realtà nessuno ha mai preteso niente: l’abbiamo aiutata perché teniamo a lei.
Alice è una forza della natura, una bambina meravigliosa. Anche se, per via del lavoro, passo poco tempo con lei rispetto agli altri, sono molto affezionato. Ne sa una più del diavolo quella peste!
E dovrò sinceramente controllarmi per non tirare un pugno dritto nel naso a quell’idiota.
Da un lato spero che Lisbon non lo perdoni, perché gli servirebbe da lezione.
Sospiro allungando lo sguardo e mi blocco quando incontro il suo.
Non è cambiato di una virgola, sembra addirittura più giovane.
Alzo la mano a mo di saluto. Lui mi sorride avvicinandosi. Quando siamo vicini, inaspettatamente, Jane mi abbraccia. Cerco di ricambiare l’abbraccio e lasciar perdere il risentimento. Infondo mi è mancato davvero.
Quando ci stacchiamo ci guardiamo negli occhi.
“Che succede Cho?” mi chiede lui serio. Ha capito, come sempre , che qualcosa non va.
“Ti devo spiegare delle cose?” rispondo serio.
“Non vuoi che indovini?” sfodera il suo solito sorriso da bastardo.
“Taci prima che ti prenda a calci!” esclamo, ma mi sfugge un mezzo sorriso.
“Sappi comunque, che è bello rivederti” gli dico sinceramente.
Lui mi sorride. È un sorriso diverso da quello che ha sempre sfoderato da quando lavoriamo insieme. Ora non porta più il peso dell’angoscia e del dolore, e questo si nota molto in ogni lineamento del suo viso. Sembra quasi un’altra persona.
“Vieni!” gli faccio strada verso la panchina.
Ti aspetta proprio una bella giornata Jane!
 
 
Quando finisco le spiegazioni non riesco a trattenere una domanda.
“perché?” chiedo serio.
Sa benissimo a cosa mi riferisco, non ha bisogno di spiegazioni, a meno che le sue doti non siano scomparse.
Lui sorride tristemente “Bella domanda Cho”
Scuote la testa e rivedo uno spiraglio di quel Jane affranto dal dolore.
“Non l’ho mai capito, ma ho capito di aver sbagliato. So dirti perché sono tornato, ma non perché me ne sono andato”
“L’hai fatta soffrire” puntualizzo, lasciando perdere le buone maniere: deve starci male anche lui, deve sapere quanto è costata la sua partenza alle persone che gli erano vicine, soprattutto a Lisbon.
“Lo so, e credimi sono pronto a qualunque cosa pur di farmi perdonare! Ti sembrerà strano, e forse non mi crederai, ma la amo” mi guarda dritto negli occhi.
È sincero, lo capisco.
“Lo so, ma non è a me che devi dirlo!” rispondo con un mezzo sorriso.
Infilo la mano nella tasca e tiro fuori le chiavi.
“Vai, e vedi di non farci ammazzare tutti!”
Lui afferra le chiavi al volo e mi sorride
“Consideralo un giuramento!” mi sorride e si alza.
Dopo due passi si volta nuovamente verso di me
“Cho!” mi chiama, e io alzo la testa “scusa! Devo delle scuse a tutti quanti per ciò che ho fatto, non solo a lei” poi sorride sornione “mi perdoni?”
Mi alzo sospirando e andando dalla parte opposta alla sua.
“Sparisci Jane!” esclamo indifferente.
Lui sorride, si volta e se ne va.
Sorrido fra me.
Mi mancava veramente..
 
 
Alice
 
Mi guardo allo specchio contentissima: il mio cappellino da baseball completa la mia tenuta sportiva, e mi fa sembrare più grande.
Sono le 17:30 e la mamma sta per portarmi da zia Grace.
Non vedo l’ora di vedere la partita!
È molto tempo che non passo una serata con gli zii. Mi diverto molto con loro, ma mi dispiace sempre lasciare la mamma a casa da sola.
Forse lei si diverte lo stesso, magari si rilassa un po’, o guarda uno dei film che piacciono a lei.
Forse se papà fosse qui sarebbe più felice..
 
Grace
 
Sono le 17:30. Fra poco arriverà Alice, e le danze si apriranno.
“Pagherei fiori di quattrini per poter assistere a quella scena” scherza Rigsby.
Sorrido anche io “meglio ancora quando incontrerà Alice. Chissà che succederà!” poi alzo la testa sospettosa
“Avete scommesso vero?” chiedo.
Wayne mi guarda colpevole poi sorride “Mi sembra ovvio!”
“Che cosa?” chiedo esasperata.
“Cho dice che mirerà al petto, io alla gamba!” scherza ridendo.
Mio malgrado scoppio a ridere. Che immaturi!
“Quella era la scommessa ufficiosa, quella ufficiale è su quanto tempo ci metterà per perdonarlo!” aggiunge, sempre ridendo. Alzo gli occhi al cielo e vado disotto.
Probabilmente è la scommessa più appetitosa che abbiano mai fatto!
 
Teresa
 
Suono al campanello di casa di Grace.
Lei mi apre dopo pochi secondi, Alice le corre incontro urlando.
Sorrido divertita da quella scena.
“è tutta tua amica mia, divertiti!” le dico sorridendo mentre la abbraccio.
“L a tengo d’occhio tranquilla!” mi sorride lei dolcemente.
Alice mi viene incontro per abbracciarmi.
“Stai attenta, e non esasperare gli zii, mi raccomando!” le dico sorridendole.
Lei annuisce divertita “Farò la brava promesso!”
Mi da un grosso bacio sulla guancia e corre a salutare Rigsby.
Saluto Grace e mi volto, tornando verso la macchina.
È sempre dura stare lontano dalla mia bambina, ma passare una serata tranquilla sul divano non mi dispiace.
Mi rilasserò, guarderò un po’ di film e mangerò del buono e sano gelato al cioccolato, che solitamente nascondo in presenza di Alice. Fosse per il suo stomaco spazzerebbe via tutta la confezione!
Una serata tranquilla, è questo quello che mi serve ora!
 
 
Jane
 
Giro e rigiro le chiavi nelle mie mani. Mi fermo davanti alla porta di casa sua.
Non riesco a togliermi dalla testa l’espressione di Cho: c’era qualcosa che non andava, ma a quanto pare dovevo parlarne con lei. Mi chiedo solo cosa sia tutto questo mistero, anche da parte di Grace.
Sospiro girando la chiave nella toppa.
Quando entro il profumo mi invade le narici e il cervello. Mi era mancato davvero: il suo profumo, il suo magnifico e dolce profumo.
Mi siedo al tavolo della cucina e chiudo gli occhi: respiro più che posso, sentendomi davvero di nuovo a casa.
Con la testa ripercorro gli eventi, e mi sento ancora più stronzo di quando sono arrivato a Sacramento.
Perché l’ho abbandonata?
Appoggio la testa sulle mani: ho rovinato tutto, e per cosa? Paura e oppressione, il desiderio di fuggire e rimettere insieme i pezzi della mia vita, senza capire che la mia vita era già tornata a posto.
Mi ero innamorato, ero libero da tutto, libero da John il Rosso. Eppure, come un idiota, avevo voltato le spalle a tutti e me ne ero andato.
Avevo spezzato il cuore della donna che amavo. Forse non meritavo nemmeno di essere perdonato.
Mi era mancata così tanto. Non passava giorno in cui non pensassi a lei, o la sognassi.
Avevo incontrato tante persone. Tante donne avevano cercato di avvicinarsi, ma io in silenzio indicavo la fede e le allontanavo.
Poi, in uno dei miei tanti spostamenti, ero arrivato in Italia, precisamente a Roma.
Ero sul lungotevere, davanti avevo Castel Sant’angelo. Rigiravo la fede fra le mani guardando l’acqua.
Lì ho capito: avevo combinato un disastro dietro l’altro, e dovevo rimediare.
Ho gettato la fede dritta nel Tevere, senza nemmeno rifletterci veramente. Una signora italiana, che leggeva il giornale a qualche metro da me, mi ha guardato sbalordita: avrà pensato che fossi pazzo!
Chi è quell’americano biondo, silenzioso e stanco che all’improvviso getta una fede in un fiume? Deve essere più o meno quello che si è chiesta guardandomi.
Se le avessi risposto non ci avrebbe creduto.
Ho preso il primo aereo per San Francisco e sono tornato.
Quando sono arrivato a Sacramento non  sapevo cosa fare. Grace mi controllava, a quanto pare, perché è stata lei a trovare me.
Meglio così, perché se avessi bussato a questa porta lei non mi avrebbe aperto. E invece sono qui, ad aspettare che lei torni a casa.
Un’improvvisa ansia mi prende lo stomaco: me la farà pagare, e probabilmente non mi perdonerà.
Sorrido odiando me stesso: prima mi innamoro, ottengo tutto ciò che di meglio potevo chiedere dalla vita e poi scappo distruggendo tutto.
Bravo, Patrick! Davvero furbo!
Sento la chiave girare nella toppa e lo porta aprirsi.
Scatto spaventato sulla sedia.
Si comincia..
 
 
Teresa
 
Arrivo a casa pronta a godermi la mia serata. Giro la chiave nella toppa ed entro in casa mia.
Un rumore improvviso mi fa trasalire.
Viene dalla cucina.
Il respiro mi si ferma. Afferro la pistola e la carico silenziosamente.
Con il cuore a mille striscio verso la cucina con la pistola dritta davanti a me. Mi fermo vicino all’angolo, prendo un ultimo respiro ed entro in cucina.
Ciò che vedo mi lascia impressionata ed immobile.
Sento braccia e gambe paralizzate.
Sbatto gli occhi per mettere a fuoco. Sto sognando, è impossibile che sia vero.
Una miriade di immagini e sensazioni mi attraversa cuore e mente.
Le braccia mi tremano.
Jane è davanti a me. È lui, veramente, non è un’illusione.
Ripercorro la sua figura con gli occhi scoprendo di non aver dimenticato un centimetro di quel corpo.
I suoi occhi azzurri mi osservano incerti.
Nel vederli il mio cuore prende a battere furiosamente, non so se per amore o dolore, ma batte di nuovo.
Abbasso automaticamente le braccia, mentre riprendo a respirare, quasi ansimando.
Jane fa un passo verso di me, e io rialzo immediatamente le braccia e la pistola, facendolo indietreggiare spaventato
“Non provare ad avvicinarti!” lo minaccio, ma la voce mi trema.
Ora sono arrabbiata, davvero arrabbiata!
“Teresa..” comincia lui.
La sua voce risuona nella mia mente, facendomi vacillare. Chiudo gli occhi per cercare di concentrarmi.
“Zitto, sto decidendo se ucciderti o no!” lo interrompo.
Riapro gli occhi tornando a guardarlo, quasi come se avessi paura che svanisca improvvisamente. E invece è ancora lì.
Lui è qui, cerco di ripetermi. Non posso ancora crederci. Vorrei lanciare la pistola dall’altra parte della stanza e abbracciarlo, ma non ci riesco.
Sono furiosa, ferita e arrabbiata.
Respiro piano cercando di calmarmi, e di ragionare.
Una lacrima mi scivola sulla guancia, abbasso le braccia e scarico la pistola, lanciandola senza troppi complimenti per terra. Mi lancio verso di lui, fra le sue braccia.
Le lacrime scendono giù rapidamente, mentre sento le sue braccia avvolgermi e stringermi. Lo stringo forte a me, il cuore sta impazzendo: mi mancava così tanto il suo abbraccio.
Le gambe mi tremano per l’emozione, non riesco a smettere di piangere.
Mi stacco da lui guardandolo negli occhi. Sta piangendo anche lui. L’ultimo pezzo di ghiaccio nel mio cuore si sgretola.
Mi avvicino al suo viso e lo bacio.
Il ricordo non valeva assolutamente niente rispetto alla realtà. Mi stringo ancora di più fra le sue braccia cercando ancora più avidamente le sue labbra.
Non voglio più separarmi da lui, sento tutta la forza riprendersi il suo posto nel mio sangue e nel mio cuore.
Ma mentre lo bacio ricordo il perché di quei sentimenti: mi ha abbandonata. Mi ha distrutta. È sparito per quasi quattro anni, lasciandomi sola, con una figlia da crescere.
Mi stacco improvvisamente allontanandolo.
Indietreggio ansimando. Lui resta li perplesso, con le braccia ancora aperte, dove prima c’ero io. Se non fosse per l’orribile situazione in cui ci troviamo, sarebbe una scena quasi comica.
Le lacrime riprendono a scorrere.
“Vattene” dico a bassa voce.
Alzo lo sguardo e vedo che mi guarda sbalordito.
“Teresa..”
“Vattene!” ripeto a voce più alta.
Lui si avvicina, mi posa una mano sulla spalla e io chiudo gli occhi cercando di rimanere cosciente.
“Jane vattene” ripeto ad occhi ancora chiusi.
Li riapro e lui è ancora di fronte a me.
“No non me ne vado!” esclama sicuro.
Lo fisso allibita.
“Non sei nella condizione di scegliere e fare quello che vuoi! Vattene!” ripeto alzando di un tono la voce.
“Lo so che mi odi, ma devi ascoltare quello che devo dirti!” risponde fermo.
Incrocio le braccia sfidandolo con lo sguardo.
“Ok, spiegamelo Jane” la rabbia sta salendo al cervello in modo spaventoso “spiegami perché te ne sei andato! Perché mi ha abbandonata qui, sparendo completamente dalla mia vita?”
Sta per aprire bocca, ma io sono più veloce di lui. Inizio a piangere, lo spingo indietro con le mani, perdendo tutta la lucidità già precaria.
“Sono passati quattro anni Jane!” urlo infuriata “quattro anni senza mai farti sentire, ne farmi sapere se eri vivo o morto! Quattro anni in cui ti sei dimenticato della mia esistenza, mi hai lasciata qui a raccattare i pezzi della mia vita, che tu avevi distrutto “ gli punto il dito contro.
“Mi hai spezzato il cuore e la vita, mi hai abbandonata. Mi hai detto ce mi amavi e sei sparito senza nemmeno prenderti il disturbo di spiegarmi il perché.  E ora cosa fai?” chiedo ironica “ti ripresenti in casa mia come se niente fosse, come se potessi entrare e uscire dalla mia vita senza pagarne le conseguenze! Ti ripresenti qui e pretendi che io ti ascolti, come se ci fosse una ragione anche solo vagamente valida per trattarmi come hai fatto tu!”
Mi fermo ansimando per la rabbia furente che mi sta divorando.
“Tu non hai idea di quello che ho passato, non hai idea di quanto sono stata male! Ho passato un inferno, convinta di averti perso per sempre, di aver perso la vita che volevo e che amavo”
“Pensi che per me sia stato facile?” reagisce tranquillo.
“Non lo so Jane, dimmelo tu! Non sono io quella che è sparita all’improvviso!”
Mi asciugo le lacrime con un gesto brusco.
Jane mi osserva zitto per un po’.
“Lasciami spiegare, poi potrai fare quello che vuoi, anche spararmi se può esserti d’aiuto, ma prima lasciami spiegare!” mi supplica.
Annuisco asciugando altre lacrime.
Rimango in piedi con le braccia lungo i fianchi a guardarlo, aspettando. La rabbia combatte con il dolore in una guerra che mi sta confondendo e abbattendo.
Lui prende un bel respiro e comincia.
“Lo ammetto, ti ho abbandonata e ti ho fatto del male e non ho giustificazione per questo! Ma posso dirti che sono partito perché ero confuso, distrutto da tutto quello che era successo. Ho pensato che andarmene sarebbe stata la cosa giusta, perché non volevo crollare davanti a te. Ero al limite Teresa!” confessa con un improvviso dolore negli occhi “stavo per crollare sotto il peso di tutto quello che era successo, e non volevo danneggiarti. Non volevo costringerti a condividere con me quel dolore. Non sapevo nemmeno io quello che mi stava succedendo, sentivo solo il bisogno di allontanarmi, perché avevo paura. Avevo paura di farti ancora più male, e così me ne sono andato. Ho preso il primo aereo che mi è passato per la testa e sono arrivato a Londra. Ho iniziato a vivere in modo pessimo: dormivo e mi risvegliavo senza un orario preciso, mi spostavo continuamente. Poi sono arrivato a Roma, e lì ho capito che non potevo andare avanti così. Dovevo tornare, perché mi ero reso conto di aver sbagliato tutto. L’avevo capito anche prima, ma non avevo trovato il coraggio. Poi mi sono deciso e sono ripartito. Una volta a San Francisco mi sono reso conto veramente di quello che avevo fatto. Sono tornato senza sapere se mi avresti perdonato!” si avvicina a me di qualche passo.
“Ti amo, non ho mai smesso di amarti in ogni istante di questi quattro anni. Lo so, ho sbagliato, ho davvero fatto l’errore più grande della mia esistenza, e so che forse non mi crederai, non dopo quello che è successo. Ti capirò se non mi vorrai mai più vedere, ma devi sapere la verità, e cioè che ti amo, e comunque vadano le cose ti amerò sempre”
Resto a guardarlo immobile mentre le lacrime scorrono lungo le mie guance.
Il dolore continua a frantumare il cuore alternandosi a pulsazioni di sollievo alle sue parole.
Scuoto la testa in preda alla confusione, razionalità e sentimento che lottano per farsi valere l’una sull’altra.
“Tu non hai idea di quello che ho passato” sussurro singhiozzando.
Improvvisamente sento un peso enorme sulle spalle, il cuore mi cede e la testa vortica rapidamente.
“Io..” inizio, ma la voce si spegne.
Sento le gambe cedere, sento le sue braccia afferrarmi prima di finire sul pavimento.
Sento la sua voce.
Poi tutto diventa buio..
 
Mi risveglio e sono seduta sul divano.
Jane affianco a me mi stringe la mano e accarezza la mia fronte.
“Teresa” mi chiama piano.
Apro gli occhi e lo guardo. Mi sento debole. Stacco lentamente la schiena dallo schienale del divano.
Mi sento veramente a pezzi, ma se non altro il cuore ha smesso di farmi male.
“Mi hai spaventato, non ti risvegliavi più!” mi dice lui togliendo la sua mano dalla mia, forse per non turbarmi.
Mi giro a guardarlo, ancora un po’ stordita. Sono tanto confusa che pensavo quasi di essermelo solo immaginato. Ma mi sbagliavo.
Non era un sogno..
“Jane..” inizio ma mi trema la voce.
“Teresa, ascoltami..” inizia.
Allungo una mano e lo interrompo.
“No, rimandiamo a dopo questo discorso..”
Mi rendo conto che c’è una cosa che devo dirgli: non è l’unico a dovermi confessare qualcosa. Improvvisamente capisco quanto sia difficile dire ciò che sto per dire.
Prendo un bel respiro: non è per niente facile, ma devo farlo subito.
“Jane, devo dirti una cosa” mi giro verso di lui con le lacrime agli occhi.
 
 
Jane
 
“Dimmi” la incito preoccupato.
La sua espressione non mi piace per niente, è la più dolorosa che le ho visto da quando sono entrato, a parte quella ferita e furiosa che mi ha rivolto quando ho tentato di avvicinarmi.
Scoppia a piangere all’improvviso, la abbraccio stringendola a me, senza pensarci
“Va tutto bene, calmati!”la tranquillizzo.
Si scioglie lentamente dal mio abbraccio. Si alza a fatica, tento di aiutarla, ma lei mi ferma. Tremando arriva a un mobiletto dietro il divano pieno di foto che non avevo notato. Ne prende una, la guarda per un secondo e torna da me.
Si mette seduta e tiene la foto girata al contrario, con l’immagine schiacciata sulle sue gambe.
“Quando..” comincia tremando “quando sei partito io..sono crollata. Mi sono chiusa in casa per molti giorni, Grace è venuta spesso a trovarmi , ma io non me lo ricordo!” esclama con un mezzo sorriso “poco tempo  dopo mi sono sentita male. Ero tornata al lavoro, ma non stavo bene. Sono andata dal mio medico e..” si ferma ricominciando a piangere, si gira a guardarmi “ho scoperto di essere incinta”
Il respiro si blocca in gola, il cuore si ferma. La mia mente si spegne, e non sento più nulla. Mi fischiano le orecchie e sento i polmoni farsi più pesanti.
“Mi dispiace!” mi dice fra le lacrime “non te l’ho detto, ma..non volevo che fosse un pretesto per farti tornare. Non sapevo dov’eri, ero così confusa” prende un bel respiro “pensavo che non mi amassi, e non volevo costringerti a tornare. Grace cercava di convincermi, ma io non l’ho ascoltata! Quando poi è nata la bambina ho capito che non sarei mai riuscita a chiamarti e dirtelo.  Avrei dovuto trovare la forza, ma poi sono passati i primi due anni, e io ho capito che non saresti tornato per me. Ho sbagliato, ma mi è mancato il coraggio!” confessa “avevo paura che se fossi tornato sarei stata ancora più male!”
Rimango immobile incapace di parlare.
Passano vari minuti.
“Jane, di qualcosa ti prego!” mi supplica lei tremando.
Scuoto la testa cercando di risvegliarmi.
“Io..tu..” non mi vengono le parole “ho una figlia?” chiedo tutto d’un fiato.
Annuisce e con mani tremanti mi allunga la foto.
La giro lentamente, tremano le mani anche a me. La volto completamente e resto ad osservarla paralizzato: nella foto c’è Teresa, sorridente e radiosa, seduta sull’erba con in braccio una bambina con i suoi stessi occhi, un sorriso bellissimo e i capelli biondi.
È una bambina meravigliosa, talmente bella che sembra quasi viva nella foto, come se mi stesse sorridendo salutandomi.
Quell’immagine mi strappa un sorriso. Sono bellissima insieme.
“Si chiama Alice, a giugno compierà quattro anni” mi dice Teresa con un sorriso, molto più calma di pochi secondo fa.
Passo lo sguardo dalla foto a Teresa.
“Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo..” ammette lei alzando le spalle.
“No, me lo merito!” ammetto. Mi meriterei anche di peggio.
Lei mi guarda sbalordita.
“Non sei arrabbiato?” chiede stupefatta.
“No, perché dovrei?” chiedo “ti ho rovinato la vita, avevi paura di soffrire ancora di più e così l’hai cresciuta da sola, ritrovando il lei la tua nuova felicità!”
Lei spalanca la bocca poi si ricompone “Devo dire che non sei cambiato affatto!”
Le sorrido. Apriamo bocca insieme per parlare e ci sorridiamo imbarazzati.
“Prima tu!” le dico.
Lei tira un sospiro “Patrick, io..non so come andranno le cose. Ho bisogno di tempo, ho il cuore a pezzi e non so nemmeno come fare per rimetterlo a posto”
“Hai tutto il tempo del mondo, qualunque sia la decisione a cui arriverai” le sorrido.
Fa male, ma è il minimo che possa fare per lei. Soprattutto dopo ciò che le ho fatto.
Annuisce, poi mi prende la mano “ma voglio che tu la conosca!” dice sicura.
La guardo sbalordito “davvero?”
“Voglio che lei ti conosca. Ha bisogno di te..voglio che abbia un padre, qualunque problema ci sia fra noi! Sempre se tu lo vuoi ovviamente!” aggiunge insicura.
Le sorrido “Non le hai detto che suo padre è un grandissimo bastardo?”
Lei ride piano “No, ho tralasciato gli aspetti secondari!”
Ci guardiamo a lungo negli occhi.
Ho una figlia. Ho una figlia con questa donna meravigliosa, e per tutto questo tempo me ne sono stato lontano, facendole soffrire entrambe.
Ora ho due anime sulla mia coscienza.
“Parlami di lei” le chiedo guardando la foto di Alice. È veramente bellissima!
Teresa sorride “Ti assomiglia molto”
“Vedo” sorrido anche io “ma assomiglia molto anche a te!”
Lei scoppia a ridere “ti assomiglia anche in quanto a carattere: non si riesce a mentirle, ha beccato tutti: me, Grace, Wayne e Cho. Non ci riusciamo! È molto intelligente, frega già Rigsby a carte, e ficca il naso ovunque può!”
Rido anche io “è una Jane allora!”
Ride raccontando ancora “a due anni e mezzo mi ha rimproverata perché ho mentito a Grace, non mi ricordo nemmeno su cosa. A un anno mi ha chiesto perché Cho sta sempre per i fatti suoi. Qualche mese dopo ha detto che secondo lei lo zio Wayne e la zia Grace si sarebbero sposati e aveva ragione”
La interrompo  “Si sono sposati?” chiedo sbalordito.
“No, si sono solo fidanzati ufficialmente, con il permesso della Hightower!” mi spiega.
“Continua” la incito.
Voglio sentirla raccontare di lei, della bambina e di tutto il tempo in cui non siamo stati insieme.
“A circa un anno e mezzo le ho detto di te. Ha una nostra foto, da quella volta non la molla più, se la porta ovunque. Ha cercato di corrompere Grace per venire a cercarti, perché io non volevo. Pochi mesi fa, al CBI, ha scoperto per caso dei ragazzini che spacciavano con una delle guardie, è venuta a dirmelo e noi li abbiamo arrestati. Lei ovviamente non ha capito di cosa si trattava, ma dalle loro espressioni ha capito che stavano facendo una cosa proibita e così è corsa a dirmelo!” conclude fiera di lei.
Sorrido “Cavolo, chissà da chi ha preso?”
Teresa alza gli occhi al cielo “Non vantarti troppo!”
Nonostante i sorrisi la sua espressione è ancora dolorosa e ferita.
“Come hai fatto?” le chiedo con sincera ammirazione.
Lei mi guarda poi mi sorride “Grace è stata la mia ombra per tutta la gravidanza. Mi ha portata alle visite, è stata con me durante il parto e lei e Wayne hanno passato varie notti qui per farmi dormire quando Alice aveva le coliche e piangeva per molte notti di fila. Non so come avrei fatto senza di loro. Cho e la Hightower sono stati altrettanto presenti. Me la sono cavata solo grazie al loro sostegno e al loro aiuto!” confessa alzando le spalle.
Mi giro intorno colto da un improvviso pensiero.
“Non c’è! È con Grace e Wayne!” mi spiega lei capendo il mio sguardo.
“Ah, ora capisco!” dico sorridendo.
Lei mi guarda interrogativa, senza capire a cosa mi riferisco.
“Hanno architettato tutto loro per farci incontrare. Grace ha seguito i miei spostamenti, quando ha visto che ero a Sacramento ha pianificato tutto. Ho incontrato Cho questa mattina che mi ha dato le chiavi di casa tua, le chiavi di Grace, ecco come sono entrato. Mi ha detto che era l’unico modo per avvicinarmi a te, ma ora capisco che avevano fatto tutto per fare in modo che Alice non ci fosse” le spiego “avevo capito che c’era qualcosa che non andava e ora so cos’è!”
Lei mi sorride, poi abbassa lo sguardo sulle sue gambe.
“Promettimi che non sparirai mai più!” mi chiede mentre una lacrima le solca il volto, e un fitta di dolore più intenso riattraversa i suoi occhi.
“Te lo prometto!” rispondo sincero.
“Sei libera di non credermi, ma io te lo prometto comunque” . lei annuisce piano.
Mi alzo lentamente dal divano
“Meglio se vado, avrai bisogno di riposare!” le dico.
Lei si alza annuendo. È davvero esausta.
Mi accompagna alla porta. Le restituisco le chiavi di Grace. Sto per aprire la porta quando lei mi tira per la mano e mi abbraccia.
Mi lascio andare sentendola di nuovo vicina: un tuffo al cuore mi ricorda il male che le ho fatto
“Giuro che  non ti farò soffrire mai più!” sussurro al suo orecchio.
Lei annuisce e mi stringe forte.
“Non so come, ma ti prometto che rimetteremo insieme tutti i pezzi. Ho solo bisogno di tempo.” mi confessa.
Sorrido, evitando di dire qualcosa di idiota. Ci sciogliamo insieme dall’abbraccio.
“Se vuoi puoi tornare domani. Devi conoscere una persona” mi sorride tranquilla.
Le sorrido “Non vedo l’ora!” mi chino a darle un bacio sulla guancia.
La abbraccio di nuovo, incapace di realizzare che sono di nuovo vicino a lei, e che forse, con tempo e dedizione, riusciremo a rimettere a posto la nostra vita, insieme.
“Mi farò perdonare te lo prometto” le dico accarezzandole la guancia.
Lei annuisce sorridendo.
“Buona notte”
“Buona notte” mi risponde in un sussurro.
Esco e mi allontano verso il viale dove ho parcheggiato la macchina, nascosta, per far si che non la vedesse.
“Patrick” mi richiama lei.
Mi volto a guardarla.
“Sono contenta che sei tornato” confessa sorridendo e piangendo allo stesso tempo.
“Anche io” le rispondo sorridendole.
 
Mi stendo nel letto del motel dove mi sono fermato in questi giorni. In un moto di pazzia ho venduto la mia vecchia casa.
Ripenso alla serata che ho passato, e giuro a me stesso per l’ennesima volta che non farò mai più del male a quella donna!
Quando l’ho rivista il mio cuore è esploso: perché era stupenda, più di quanto l’avevo sognata e immaginata in quegli anni, e perché era straziata dal male che le ho fatto.
Si era fiondata addosso a me in pochi secondi, pensavo mi volesse uccidere, e invece mi aveva baciato.
Riprovare quel contatto mi aveva dato una scarica inverosimile. Ogni cellula del mio corpo era stata rigenerata dalle sue labbra in un nanosecondo. Niente era più importante, tranne quel così tanto atteso bacio.
No, non farò mai più del male alla donna che amo.
E alla mia bambina.
Il pensiero mi fa rotolare il cuore di felicità: ho una figlia! Una bambina stupenda, figlia della mia unica ragione di vita, che amerò sempre in ogni caso.
Chiudo gli occhi e cerco di dormire, ripensando che in poche ore ho riavuto indietro molto più di quello che mi aspettavo e che da domani inizia la vita che ho tanto sperato di riavere in tutto questo tempo.
 
 
 
 
Teresa
 
Sono sveglia da venti minuti e sono già esausta. Gli avvenimenti di ieri sera mi hanno distrutta.
Jane è tornato. Sembro una stupida, perché me lo devo ripetere ogni cinque minuti.
Forse perché mi sembra un’illusione. Ancora non mi sembra vero.
Oggi dovrò presentargli Alice, e la cosa mi rende piuttosto nervosa. Non so come fare, né come la prenderà lei.
Rivederlo era stato uno shock: era molto più bello di come l’avevo ricordato. I suoi occhi azzurri, che mi erano così tanto mancati, erano stati capaci di annullare tutto in me.
Rabbia, dolore, risentimento, abbandono: tutto quello che avevo sentito in quei quattro anni era scomparso, solo guardandolo negli occhi.
L’avevo baciato in preda all’istinto di risentire le sue labbra sulle mie, di sentirlo nuovamente vicino.
Sento il campanello suonare, e vengo risvegliata dai miei pensieri. Deve essere Grace che mi riporta Alice. Giusto in tempo: io e lei dobbiamo fare due chiacchiere!
Apro la porta e  vedo Grace prestare molta attenzione ad ogni tratto del mio viso. Alice mi salta addosso urlando e io la stringo forte.
“Amore mio!” le sorrido stringendola.
Non appena lei fionda la testa sul mio collo abbracciandomi,  io ritorno a fissare Grace, che mi fissa a sua volta leggermente preoccupata. Sta cercando indizi sul mio viso, ma io sono tranquilla.
Wayne sta aspettando addirittura in macchina!
“Mamma, mamma è stato bellissimo!” esclama Alice ridendo.
“Sono contenta piccola mia! Vuoi una tazza di latte?” chiedo con un sorrisone.
Lei annuisce.
“Vai a lavarti le mani allora, intanto lo preparo!”
La lascio andare e Alice di fionda di sopra. Mi giro verso Grace.
“Tu e il tuo futuro marito venite dentro, dobbiamo fare due chiacchiere!” le sorrido. Non volevo farla suonare come una minaccia, ma forse lei non ha colto il mio vero umore.
Lei si volta preoccupata verso Wayne e gli fa cenno di venire.
Aspetto che entrino tutte i due e richiudo la porta. Nel frattempo Alice arriva.
“Vai a guardare i cartoni amore, arrivo subito!” le sorrido e mi piego per darle un bacio sulla guancia.
Vado in cucina, seguita dai due preoccupatissimi amici.
Avvio la macchinetta del caffè e mi siedo al tavolo, facendo loro segno di sedersi.
Quando si siedono mi fissano entrambi pronti a una sfuriata alla Lisbon.
“Vorrei potermi arrabbiare, ma non ci riesco, perché avete fatto la cosa giusta, e mi avete dimostrato per l’ennesima volta quanto teniate a me. Quindi niente sfuriata!”
Mi fissano sbalorditi.
“Non fate quelle facce, che vi aspettavate?” chiedo ridendo.
“Un mitra puntato addosso!” risponde Wayne.
Rido della loro espressione “Sul serio ragazzi non sono arrabbiata!”
Tirano entrambi un sospiro di sollievo.
“Pensavamo te la fossi presa!” ammette Grace sollevata.
Sospiro e gli racconto, bacio e sfuriata a parte, che cosa è successo.
Il tutto a bassa voce per non farsi sentire da Alice in salotto.
“Bene, quindi noi ora togliamo il disturbo!” dice Grace alzandosi di scatto.
“Buona fortuna!” mi fa Wayne facendomi l’occhiolino.
Grace mi abbraccia e mi sussurra all’orecchio “Te l’avevo detto che le cose sarebbero cambiate”
La stringo forte prima di salutarla, sorridendo. Le restituisco le chiavi usate da Jane, e li accompagno alla porta.
Quando se ne vanno torno in cucina, verso un po’ di latte in un bicchiere, ci metto del cioccolato e lo porto in salotto ad Alice.
Mi siedo sul divano con lei e guardiamo i cartoni insieme.
“Mamma perché sei così felice?” mi chiede lei fissandomi con un sorriso.
Le sorrido dolcemente alzando le spalle “Perché sono qui con te!”
Lei mi sorride abbracciandomi.
Il momento si avvicina!
 
 
Alice
 
Me ne sto tranquilla sul divano mentre la mamma è andata a fare alcune faccende.
Di domenica, quando non lavora, le fa sempre.
Quando sarò grande voglio farmi insegnare, perché un giorno la aiuterò a fare le faccende di casa e a cucinare. Se papà non verrà dovrò prendermi cura io di lei.
Oggi la mamma è più felice del solito. Chissà perché, di solito me lo dice sempre, se c’è qualcosa che non va o se succede qualcosa di bello.
Mi alzo e vado a prendere la foto di mamma e papà dal mobiletto per tenerla con me.
Vado verso la finestra e mi siedo sulla mia poltroncina. Il sole accecante che viene da fuori illumina la foto e i loro visi. Sono così belli insieme.
Ma perché il mio papà ha abbandonato la mia mamma? È così bella!
Io non l’avrei mai fatto.
La mamma dice che è una storia molto lunga e che dovrò aspettare di crescere prima di saperla.
Anche la zia Grace e lo zio Wayne non vogliono raccontarmela, dicono che sono troppo piccola. Allora un giorno ho provato a chiedere allo zio Cho. Magari lui me lo poteva dire. Invece anche lui mi ha detto che sono troppo piccola.
È stata l’unica volta in cui ho visto triste lo zio Cho, quindi forse deve essere una storia brutta, ecco perché non me lo dicono.
Penso che aspetterò a chiedere di nuovo di raccontarmela, magari quando sarò più grande.
La mamma dice che non devo essere arrabbiata con papà, ma io non sono poi tanto arrabbiata con lui: vorrei solo che tornasse da noi, che chiedesse scusa alla mamma e che mi conoscesse.
Gli devo dire quanto sono brava a capire le persone e quanti giochi so fare con le carte. E voglio farmi insegnare tutto quello che sa, voglio diventare brava anche io come lui.
Gli devo dire che la mamma piangeva sempre, anche se cercava di non farsi vedere da me. E che una notte ha detto nel sonno il suo nome e il nome di qualcun altro che non ho capito. Qualcosa con  “rosso”..boh!
Però io non le ho detto che l’ho sentita. Dormivo con lei quella sera e non volevo svegliarla. Quando le ho posato la manina sulla guancia ha smesso di piangere e non ha più sognato.
Gli devo dire tante cose.
Vorrei tanto che arrivasse, anche in questo momento.
Come il papà di Rosalie, che non c’è mai, ma poi torna da lei e dalla sua mamma.
Sento il rumore di una macchina e alzo lo sguardo fuori dalla finestra. Una macchina più piccola di quella della mia mamma parcheggia davanti a casa nostra.
Sarà qualcuno che conosce la mamma.
Aspetto di vedere chi è prima di aprire la porta: non devo aprire agli sconosciuti! Non come la mamma che non guarda mai dalla fessura sulla porta chi è che ha suonato!
Forse lei si sente al sicuro perché è una poliziotta!
Guardo ancora la macchina aspettando di capire chi è. Quando scende lo osservo bene.
È girato di schiena, ma vedo i suoi capelli biondi e ricci alla luce del sole. Poi si gira e viene verso la casa a passo lento.
Ora vedo il suo viso.
Il cuore batte più forte di prima, non so perché, ma fa così: bum, bum,bum bum
“Mamma!” strillo con tutta la voce che ho.
“Mamma, mamma!” saltello allegra verso le scale per chiamarla.
Lei corre disotto preoccupata che mi sia successo qualcosa.
“Alice che succede?” urla  mentre scende verso di me.
“Mamma è tornato papà!!” strillo contenta.
Una piccola lacrima mi scivola dagli occhi.
Sono così tanto felice!
 
Dice l’autrice:
e così finalmente il nostro Jane è tornato! Spero vi sia piaciuto (è stato un capitolo un po’ ostico da scrivere), spero di essere riuscita in meglio!
Attendo i vostri commenti come sempre!!
Ringrazio ovviamente tutte le persone che mi stanno seguendo!!
Un bacione : )
Giada
  
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