9.
I
need a little more of time
To
tell him that I love him more
Than anything in the world, it's daddy little girl
“…Tanti auguri a Chiara…”
La
famiglia intonò la pen’ultima frase del ritornello, sorridendo alla piccolina
bionda appena visibile dietro alla gigantesca torta.
Sei
candeline erano state adagiate in un girotondo di panna montata e al centro
della torta l’immagine di un cucciolo di lupo spiccava in tutta la sua
vivacità.
La
torta perfetta per Chiara.
“Tanti
auguri a te!” Terminarono in coro i familiari esordendo in un applauso saturo
di serenità.
Chiara
sorrise, gli occhioni blu colmi di gioia e spensieratezza.
Trattenne
il respiro e poi, con gli occhi chiusi, soffiò con forza sulle candeline
spegnendole tutte.
Una
per una.
“Grazie
a tutti!” esclamò spalancando la boccuccia in un meraviglioso sorriso radioso.
Era
l’immagine vivente dell’innocenza, dell’allegria.
Era
Chiara Haley Jonas.
La
bimba che osservava il mondo a testa in giù e le pareva ancora più bello.
Era
tornata.
“Auguri
sorellina!” Alexander si arrampicò sulla sedia a fianco a lei e le rivolse un sorriso adorabile.
“Grazie
Xander!” lo strinse forte a sé quel fratellino minuscolo, un po’ rompiscatole,ma così dolce.
Poi
fu il torno di Angel. Il suo angelo custode.
Dopodiché
ci furono la mamma, gli zii, i nonni e tutti quei meravigliosi cuginetti che
riempivano la casa di un allegro chiacchiericcio spensierato.
Di
tanto in tanto lo sguardo della piccola Chiara saettava verso l’orologio.
Aveva
imparato a leggere le lancette solo qualche mese prima: gliel’aveva insegnato lui.
“Mamma?”
la piccola storse appena il naso e regalò alla madre un sorriso vispo e birichino.
“Mamma
sono le quattro meno qualche minutino. Posso?”
Domandò
con fare incerto.
La
donna si voltò verso l’orologio: le quattro meno venti. Venti minuti non si
possono considerare esattamente “qualche
minutino”.
“Dai mamma è il mio compleanno per favore, per favore!” prese
a saltellare unendo le mani per supplicare la madre.
La
donna scosse il capo rassegnata e le arruffò i capelli con tenerezza.
“Uhm… E va bene, vai a svegliarlo.”
Si
arrese infine la donna concedendosi un sorrisetto divertito.
“Sì!”
la piccola esultò raggiante.
Fuggì
di corsa, arrampicandosi sulle scale, veloce quanto le
sue gambette esili potessero consentirle.
“Papà!”
Chiara esclamò spalancando la porta della stanza e saltando sul lettone,
rotolandosi tra le coperte . Trattene a stento una
risata di gioia.
“Papà
oggi niente riposino del pomeriggio!Devi festeggiare il mio compleanno!”
Sollevò
la trapunta con aria birichina, ma si accorse con
disappunto che il suo papà non era nel letto.
“Oh.”
Immediatamente spostò gli occhioni blu verso la finestra, dove la sedia a
rotelle giaceva immobile, il telecomando abbandonato poco distante.
“Papà?”
Chiara sussurrò guardandosi attorno con l’aria smarrita.
“Chiara.”
La sua voce la raggiunse provocando l’immediato
spuntare di un sorriso sul volto roseo della piccola.
Ma quel sorriso si tramutò in una piccola “O” di meraviglia,
non appena la bimba voltò lo sguardo.
Era
di fronte alla porta del bagno.
Sorrideva, il suo papà.
Ed
era bello, bello anche con i capelli arruffati e gli
occhi pesti di sonno.
Bello
con il pigiama spiegazzato e la guancia graffiata.
Era
bellissimo.
Ed
era anche alto il suo papà.
Perché
era in piedi.
Perfettamente
in piedi.
Retto
sulle sue gambe.
Niente
sedia a rotelle.
Niente
letto, niente stampelle.
Papà
era in piedi.
Lì,
di fronte a lei.
Papà…
“Buon
compleanno amore mio.”
Joseph
sorrise.
Un
sorriso colmo di gioia, candido ed ampio come quello
di un eterno bambino.
Un Peter Pan.
Ma
a Chiara non importava se quel Peter Pan non potesse
volare.
Perché
era in piedi.
“Hai
visto? Ti piace il regalo che ti ha fatto papà?”
Era
piccola, Chiara.
Troppo
piccola per comprendere che talvolta le lacrime
nascono dalla gioia.
Perciò
si spaventò quando avvertì una piccola goccia di rugiada far capolino dal suo
occhio sinistro.
Era
troppo, troppo piccola Chiara per contenere una gioia così grande.
Chiara
spalancò le braccia, lo sguardo saturo di gioia.
”Papà
sei guarito!”
Con
una rapidità estrema gli corse incontro ridendo e si gettò fra le sue braccia
stringendolo stretto.
“Sei
guarito sei guarito!”
“Ehy che entusiasmo!” Joseph rise perdendo l’equilibrio e
finendo bello disteso per terra con la piccola fra le braccia.
“Ops!”pronunciò fra le risa e fra le lacrime, continuando a
stringere forte la sua bambina.
E
anche Chiara rideva. Rideva di cuore.
Perché
il suo papà, ora lo sapeva, si sarebbe rialzato.
Padre
e figlia si osservarono,occhi negli occhi,
specchiandosi nello splendore di un sorriso smagliante che straripava di gioia.
“Che dici? Proviamo a
rialzarci?”
Domandò
l’uomo in un sussurro appoggiando le labbra alla testolina della sua piccola
che aveva adagiato il capo sul suo petto.
TUM
TUM il cuore del suo papà batteva forte. Era un
battito allegro.
Il battito di chi cel’ha fatta.
Lentamente,
la bimba si sollevò e tese la manina al padre che la strinse.
Fece
forza con un braccio e le gambe, appoggiandosi al pavimento.
Prima
la schiena,poi le gambe ed infine il bacino.
Chiara
fece del suo meglio per dargli una mano, per sorreggerlo, ma quella era una
battaglia di Joseph.
Del
suo papà soltanto.
Ed il suo papà aveva vinto.
“Hai
visto?” l’uomo
le rivolse un’occhiata divertita con aria di chi la sa lunga. Esibì il più
luminoso dei suoi sorrisi sghembi.
Quello,
quello era il suo papà.
“Sono
stato bravo che dici? “
“Bravissimissimo!Sei il migliore papà del mondo!Oh papà!”
Chiara
si gettò nuovamente fra le sue braccia non riuscendo a trattenere la gioia che
traboccava dal suo cuoricino.
“Questo
è il più bel regalo che ho mai ricevuto papà. Il più bello!”
Il
padre sorrise raggiante.
Era
la luce che traboccava dagli occhioni blu del suo piccolo angelo.
Quello
e la sua allegria,a farlo sentire così vivo. Così
radioso.
Cel’aveva fatta: aveva vinto la sua
partita.
E
l’aveva fatto per lei.
Per
Chiara.
La
piccola di papà.
“Che
sta succedendo quaggiù? Ho sentito Chiara urlare…”
La
madre entrò di fretta nella stanza frugando ovunque con lo sguardo: cercava una
bimba bionda ed un uomo sulla carrozzina.
Sulla superficie dei suoi occhi, gli stessi occhi di Chiara,
un’ombra di preoccupazione.
“Buon
pomeriggio tesoro!” il marito le sorrise con fare
rassicurante.
“Sei
bellissima oggi.”
I
soliti complimenti. Il solito sguardo innamorato.
Come
sempre.
Come
se nulla fosse successo.
Ma qualcosa era successo.
Perché
Joseph, il suo Joseph era in piedi.
Perfettamente
in piedi, di fronte alla porta del bagno.
“Joe”
Scosse
il capo.
Ancora
una volta, incredula.
Traboccante
di gioia… E di rugiada.
Le lacrime scesero a fiotti sgorgando da
quegli occhi limpidi, già fin troppo colmi di oceano.
“Buon
compleanno anche a te mamma.” Chiara tese l’altra mano e Joseph la prese,
azzardando un passo e poi un altro.
Sempre più vicino a lei.
Alla
sua meta.
Sempre
più sicuro, camminava.
Quel giorno, un tiepido pomeriggio di marzo, il compleanno
delle due donne più importanti della sua vita.
Sua
figlia.
E
sua moglie.
“Da
quanto?” riuscì solo a sussurrare la donna mentre il marito eseguiva ancora un
paio di passi, incerto, ma determinato, sempre più vicino a
lei.
“Cinque giorni. Ma volevo
che fosse una sorpresa. Volevo che fosse…”
Scivolò.
Chiara tentò di trattenerlo, prontamente.
Ma Joseph non cadde, no. Nulla avrebbe potuto buttarlo a
terra.
Non
quel giorno.
So che per qualche motivo, ogni passo che
ho fatto da quando ho imparato a camminare,era un
passo verso di te.
Da
I passi dell’amore
Si
sbilanciò in avanti e si aggrappò con forza alle braccia della moglie.
Ma la sua presa era delicata.
“Volevo
che fosse il mio regalo. Per il vostro compleanno.”
Si
guardarono.
Mamma.
Papà.
E
figlia.
“Non
avresti potuto farci regalo migliore.”
E
la donna si rifugiò fra le sue braccia,comode e accoglienti
come sempre.
Così
fece anche Chiara.
L’abbraccio più speciale, più dolce e più delicato della
loro intera esistenza.
Perché
era un abbraccio che testimoniava un miracolo.
E
tanto, tanto coraggio.
Il
coraggio di un uomo che amava la sua famiglia più di ogni altra cosa.
“Papà!”
Una
figuretta minuscola fece capolino allo stipite della porta. Il musetto curioso
e birichino venne illuminato da un sorriso
meraviglioso.
Papà è guarito
piccolo Xander.
“Papà!”
Lo
sguardo incredulo di un ragazzino che non ha mai abbandonato le speranze.
Gli
occhi sgranati di un piccolo angelo biondo che per sei mesi, due settimane e un
giorno ha atteso in silenzio l’arrivo di un miracolo.
Quel
miracolo era arrivato.
Angel
sentì il cuore rendersi leggero e una spensieratezza che un tempo gli era stata familiare farsi strada dentro di lui.
“Eccoli
i miei campioni.”
Il sorriso di orgoglio di Joseph non si
sarebbe estinto facilmente.
Non
quel giorno.
“Papà
cammina, papà cammina!” Xander prese a saltellare agitato e
sprizzante di vivacità si arrampicò sulle braccia del padre che lo sostenne a
stento,ridacchiando divertito.
“E
tu che aspetti?”
Lo
sguardo di Joseph, si depositò sui lineamenti da
cherubino del figlio maggiore.
Angel
sorrise: un sorriso vero.
Un
sorriso da bimbo di nove anni.
“Sei
il più forte io l’ho sempre saputo!”
Una
risata spensierata, da ragazzino.
Junior
spalancò le braccia e si strinse forte al padre, che lo attirò a sé con affetto,mentre una lacrima solcava ritardataria il suo viso,
testimone della purezza, della particolarità di quel momento.
Erano
lì.
In
piedi.
Tutti
e cinque.
In
un normale pomeriggio tramutato in miracolo.
E
perfino quella sera, quando tutti gli abitanti della villa si erano abbandonati
a un sereno sonno ristoratore, gli occhioni di Chiara ancora luccicavano.
Con
delicatezza, sgusciò via dalle braccia forti del suo papà.
“Torno
subito.” Mormorò all’uomo addormentato depositandogli un bacetto sulla guancia.
Accarezzò
con tenerezza la zazzera color grano del fratello maggiore e fece una carezza
al corpicino esile del piccolo Xander.
Sorrise
alla sua mamma.
“Ancora
tanti auguri mammina mia.” Mormorò con un sorriso osservandola dormire.
Era
così bella, quando dormiva tranquilla.
Lo
erano tutti.
La
mamma, il papà, Angel e Xander.
Tutti
assopiti nel lettone.
Chiara
sfiorò il pavimento con i piedini scalzi e scivolò giù dalle coperte reggendo
sotto braccio il suo fido Mr Provolo.
Si inginocchiò a terra e fece il segno della croce: al
contrario.
“Ciao Dio, sono ancora io. Chiara. Volevo…”
Il
suo sguardo si perse nell’oscurità della notte.
La
luna rischiarava il profilo tenue del letto e perfino così, al buio, poteva
riconoscere i volti dei suoi familiari accoccolati l’uno all’altro avvolti in
un sonno privo di preoccupazioni.
“Volevo
dirti grazie. Grazie perché hai aiutato il mio papà a guarire. Grazie perché hai fatto tornare il sorriso alla mamma. E perché Xander non
ha più paura del buio. Oggi non ha voluto nemmeno la lucetta.
Lui dice che lo fa per papà, ma io lo so che sei stato tu. E grazie perché
Angel ha di nuovo quella faccia che mi piace tanto. Somiglia più a un angelo
adesso. Sembra così… Felice! E grazie…”
Si
accorse che Mr Provolo non
aveva fatto il segno della croce.
Glielo
fece fare e tornò alle sue preghiere, gli occhi chiusi
per concentrarsi meglio.
“Grazie
perché non hai ascoltato i dottori. E
perché questo è il più mio bel compleanno di tuuutti
tutti i tempi. Anche per la mamma. Grazie. Buonanotte!”
Riaprì
gli occhi e fece ancora il segno della croce.
Raccolse
Mr Provolo fra le sue
braccia.
“Andiamo
a nanna adesso.”
Prima
ancora di sollevarsi avvertì due mani forti e calde afferrarla per la vita e
tirarla su.
“Tu
sei una bambina meravigliosa lo sai?” Joseph le sorrise ed
adagiò la fronte contro la sua, impregnando quel gesto di amore e tenerezza.
Chiara
gli scoccò un bacio sul naso deliziata dal complimento.
“E
tu sei il mio papà. Il più bel papà. Sei tanto speciale papà
lo sai?”
L’uomo
rise depositando sul viso della sua piccola una scia di baci, facendola
sogghignare per il solletico.
“Dai,andiamo a dormire adesso.” La strinse a sé e si avviò verso
il lettone, puntellandosi con la stampella.
La
depositò sul suo torace.
Avvertiva
il respiro lento e regolare di Angel serenamente addormentato su un fianco alla
sua sinistra.
Xander
si succhiava un dito poco distante fra le braccia di sua moglie.
Li
accarezzò tutti con lo sguardo: erano la cosa più bella che aveva.
“Buonanotte
amore mio.” Mormorò depositando un bacio
sulla fronte di Chiara e abbandonandosi al cuscino, finalmente lieto di quel
contatto morbido.
Finalmente
libero di riposare.
Perché,
ora lo sapeva, si sarebbe rialzato: il giorno dopo e per sempre.
“Buonanotte
papà.” La bambina rispose al bacio e si raggomitolò sul suo petto, stringendo
forte il lupetto di peluche e concedendosi un piccolo sbadiglio prima di
addormentarsi fra le teporose braccia del suo papà.
Un
papà che camminava.
E
una notte: una notte che avrebbe per sempre tenuto nel
cuore.
She was daddy’s little girl.
Nota dell’autrice(e Ringrazi menti).
Ed è con un sorriso ed un minuscolo accenno di commozione (ebbene sì: lo
ammetto), che vi regalo questo ultimo capitolo.
Ed è così, che Chiara, Joe,
Angel, Xander e Haley (sì, la moglie di Joe ha un nome),
vi dicono arrivederci. Non addio, ma arrivederci.
Prima di ringraziarvi e dirvi
arrivederci anch’io, però, vorrei aggiungere una cosa. E ci terrei davvero a
farvela leggere: perché è la spiegazione di questo lieto fine.
Ormai 10
mesi fa, il 13 Marzo 2010 per
esattezza, un uomo ha subito una lesione midollare parziale e ha perso l’uso
delle gambe e delle braccia.
Il quattordici Marzo 2010, tre
persone, una donna e due figli ormai quasi adulti, percorrevano
in silenzio il tragitto verso casa. Troppo vuoti anche solo per parlare, per
fissarsi. Per pensare.
Quel mattino avevano
parlato con i dottori e le parole del primario erano state le seguenti: “al
momento il signore è paralizzato dal collo in giù. Se un giorno riuscirà a
stare su una sedia a rotelle, sarà già un miracolo.”
Ora: voi immaginatevi questo
signore come un Joe: un uomo che detesta stare fermo;
che non sta mai in casa. Mio padre era la persona meno immobile del mondo. Mio
padre era il movimento in persona.
Due giorni dopo quel fatidico 14
gennaio, era già cambiato qualcosa. La sensibilità di mio padre era scesa dal
collo alle spalle. Ancora nessun altro tipo di movimento; ma era già qualcosa.
Oggi è il 23 gennaio 2010. Dopo
quasi 10 mesi di ricoveri e fisioterapia, quel signore
è a casa, ormai.
E cammina, seppur zoppicando. Seppur con un bastone. Seppure lentamente e a
fatica: ma cammina.
Una mano funziona perfettamente,
ma l’altra no. L’altra non si muove.
Però cammina. E vive. Ed è qui con
me. Questo è ciò che importa.
Penso che questo mio piccolo
resoconto possa aiutarvi a comprendere il perché del lieto
fine.
Non voglio aggiungere nient’altro
se non: GRAZIE.
A ciascuno di voi. A tutti coloro che di capitolo in capitolo hanno accompagnato i
personaggi di questa storia tenendoli per mano: fno
alla fine.
Grazie a chiunque si sia
soffermato a riflettere sulla situazione di Joe. Grazie a chiunque abbia condiviso anche solo un sorriso di Chiara. Grazie a chi si è intenerito di
fronte alla candida di ingenuità di Xander. Grazie, un grazie di cuore,a chi ha ammirato il coraggio del piccolo Angel. Grazie a chi ha condiviso le
preoccupazioni di Haley e ha avuto fede, assieme a lei.
Credendo nell’amore che lega questa immaginaria, quanto reale, famiglia.
Grazie perché per questi pochi
capitoli mi avete permesso di raccontarvi un importante capitolo della mia
vita. Questo capitolo è ormai giunto alla fine per me: è ora di voltare pagina.
Ed è quindi ora che anche questa
storia giunga alla fine.
Perciò ancora, GRAZIE. Grazie di cuore.
Vi voglio bene.
Davvero.
Laura
Chiara