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Autore: Hedley    23/01/2011    17 recensioni
“Va tutto bene cucciolo.” La voce di Joseph la raggiunse dalla cucina tremula, ma satura di amore e tenerezza.
Quell’affetto che il papà serbava solo per lei, la sua piccola Chiara.
“Papà si è fatto un po’ di male e ora il dottore è venuto a prenderlo.”
Sentiva i sospiri della sua mamma.
Le braccia dello zio Nicholas ancora la stringevano forte. Il petto tanto forte dello zio a stretto contatto con la sua piccola fronte.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Daddy's little children.'
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9.

I need a little more of time

To tell him that I love him more
Than anything in the world, it's daddy little girl

…Tanti auguri a Chiara…

 

La famiglia intonò la pen’ultima frase del ritornello, sorridendo alla piccolina bionda appena visibile dietro alla gigantesca torta.

Sei candeline erano state adagiate in un girotondo di panna montata e al centro della torta l’immagine di un cucciolo di lupo spiccava in tutta la sua vivacità.

La torta perfetta per Chiara.

“Tanti auguri a te!” Terminarono in coro i familiari esordendo in un applauso saturo di serenità.

Chiara sorrise, gli occhioni blu colmi di gioia e spensieratezza.

Trattenne il respiro e poi, con gli occhi chiusi, soffiò con forza sulle candeline spegnendole tutte.

Una per una.

“Grazie a tutti!” esclamò spalancando la boccuccia in un meraviglioso sorriso radioso.

Era l’immagine vivente dell’innocenza, dell’allegria.

Era Chiara Haley Jonas.

La bimba che osservava il mondo a testa in giù e le pareva ancora più bello.

Era tornata.

“Auguri sorellina!” Alexander si arrampicò sulla sedia a fianco a lei e le rivolse un sorriso adorabile.

“Grazie Xander!” lo strinse forte a sé quel fratellino minuscolo, un po’ rompiscatole,ma così dolce.

Poi fu il torno di Angel. Il suo angelo custode.

Dopodiché ci furono la mamma, gli zii, i nonni e tutti quei meravigliosi cuginetti che riempivano la casa di un allegro chiacchiericcio spensierato.

Di tanto in tanto lo sguardo della piccola Chiara saettava verso l’orologio.

Aveva imparato a leggere le lancette solo qualche mese prima: gliel’aveva insegnato lui.

“Mamma?” la piccola storse appena il naso e regalò alla madre un sorriso vispo e birichino.

“Mamma sono le quattro meno qualche minutino. Posso?”

Domandò con fare incerto.

La donna si voltò verso l’orologio: le quattro meno venti. Venti minuti non si possono considerare esattamente “qualche minutino”.

Dai mamma è il mio compleanno per favore, per favore!” prese a saltellare unendo le mani per supplicare la madre.

La donna scosse il capo rassegnata  e le arruffò i capelli con tenerezza.

Uhm… E va bene, vai a svegliarlo.”

Si arrese infine la donna concedendosi un sorrisetto divertito.

“Sì!” la piccola esultò raggiante.

Fuggì di corsa, arrampicandosi sulle scale, veloce quanto le sue gambette esili potessero consentirle.

“Papà!” Chiara esclamò spalancando la porta della stanza e saltando sul lettone, rotolandosi tra le coperte . Trattene a stento una risata di gioia.

“Papà oggi niente riposino del pomeriggio!Devi festeggiare il mio compleanno!”

Sollevò la trapunta con aria birichina, ma si accorse con disappunto che il suo papà non era nel letto.

“Oh.” Immediatamente spostò gli occhioni blu verso la finestra, dove la sedia a rotelle giaceva immobile, il telecomando abbandonato poco distante.

“Papà?” Chiara sussurrò guardandosi attorno con l’aria smarrita.

“Chiara.”

 La sua voce la raggiunse provocando l’immediato spuntare di un sorriso sul volto roseo della piccola.

Ma quel sorriso si tramutò in una piccola “O” di meraviglia, non appena la bimba voltò lo sguardo.

Era di fronte alla porta del bagno.

Sorrideva, il suo papà.

Ed era bello, bello anche con i capelli arruffati e gli occhi pesti di sonno.

Bello con il pigiama spiegazzato e la guancia graffiata.

Era bellissimo.

Ed era anche alto il suo papà.

Perché era in piedi.

Perfettamente in piedi.

Retto sulle sue gambe.

Niente sedia a rotelle.

Niente letto, niente stampelle.

Papà era in piedi.

Lì, di fronte a lei.

Papà…

“Buon compleanno amore mio.”

Joseph sorrise.

Un sorriso colmo di gioia, candido ed ampio come quello di un eterno bambino.

Un Peter Pan.

Ma a Chiara non importava se quel Peter Pan non potesse volare.

Perché era in piedi.

“Hai visto? Ti piace il regalo che ti ha fatto papà?”

Era piccola, Chiara.

Troppo piccola per comprendere che talvolta le lacrime nascono dalla gioia.

Perciò si spaventò quando avvertì una piccola goccia di rugiada far capolino dal suo occhio sinistro.

Era troppo, troppo piccola Chiara per contenere una gioia così grande.

Chiara spalancò le braccia, lo sguardo saturo di gioia.

”Papà sei guarito!”

Con una rapidità estrema gli corse incontro ridendo e si gettò fra le sue braccia stringendolo stretto.

“Sei guarito sei guarito!”

Ehy che entusiasmo!” Joseph rise perdendo l’equilibrio e finendo bello disteso per terra con la piccola fra le braccia.

Ops!”pronunciò fra le risa e fra le lacrime, continuando a stringere forte la sua bambina.

 

E anche Chiara rideva. Rideva di cuore.

Perché il suo papà, ora lo sapeva, si sarebbe rialzato.

Padre e figlia si osservarono,occhi negli occhi, specchiandosi nello splendore di un sorriso smagliante che straripava di gioia.

“Che dici? Proviamo a rialzarci?”

Domandò l’uomo in un sussurro appoggiando le labbra alla testolina della sua piccola che aveva adagiato il capo sul suo petto.

TUM TUM il cuore del suo papà batteva forte. Era un battito allegro.

 Il battito di chi cel’ha fatta.

Lentamente, la bimba si sollevò e tese la manina al padre che la strinse.

Fece forza con un braccio e le gambe, appoggiandosi al pavimento.

Prima la schiena,poi le gambe ed infine il bacino.

Chiara fece del suo meglio per dargli una mano, per sorreggerlo, ma quella era una battaglia di Joseph.

Del suo papà soltanto.

Ed il suo papà aveva vinto.

“Hai visto?”  l’uomo le rivolse un’occhiata divertita con aria di chi la sa lunga. Esibì il più luminoso dei suoi sorrisi sghembi.

Quello, quello era il suo papà.

“Sono stato bravo che dici? “

Bravissimissimo!Sei il migliore papà del mondo!Oh papà!”

Chiara si gettò nuovamente fra le sue braccia non riuscendo a trattenere la gioia che traboccava dal suo cuoricino.

“Questo è il più bel regalo che ho mai ricevuto papà. Il più bello!”

Il padre sorrise raggiante.

Era la luce che traboccava dagli occhioni blu del suo piccolo angelo.

Quello e la sua allegria,a farlo sentire così vivo. Così radioso.

Cel’aveva fatta: aveva vinto la sua partita.

E l’aveva fatto per lei.

Per Chiara.

La piccola di papà.

“Che sta succedendo quaggiù? Ho sentito Chiara urlare…

La madre entrò di fretta nella stanza frugando ovunque con lo sguardo: cercava una bimba bionda ed un uomo sulla carrozzina.

Sulla superficie dei suoi occhi, gli stessi occhi di Chiara, un’ombra di preoccupazione.

“Buon pomeriggio tesoro!” il marito le sorrise con fare rassicurante.

“Sei bellissima oggi.”

I soliti complimenti. Il solito sguardo innamorato.

Come sempre.

Come se nulla fosse successo.

Ma qualcosa era successo.

Perché Joseph, il suo Joseph era in piedi.

Perfettamente in piedi, di fronte alla porta del bagno.

“Joe”

Scosse il capo.

Ancora una volta, incredula.

Traboccante di gioia… E di rugiada.

 Le lacrime scesero a fiotti sgorgando da quegli occhi limpidi, già fin troppo colmi di oceano.

“Buon compleanno anche a te mamma.” Chiara tese l’altra mano e Joseph la prese, azzardando un passo e poi un altro.

 Sempre più vicino a lei.

Alla sua meta.

Sempre più sicuro, camminava.

Quel giorno, un tiepido pomeriggio di marzo, il compleanno delle due donne più importanti della sua vita.

Sua figlia.

E sua moglie.

“Da quanto?” riuscì solo a sussurrare la donna mentre il marito eseguiva ancora un paio di passi, incerto,  ma determinato, sempre più vicino a lei.

“Cinque giorni. Ma volevo che fosse una sorpresa. Volevo che fosse…

Scivolò. Chiara tentò di trattenerlo, prontamente.

Ma Joseph non cadde, no. Nulla avrebbe potuto buttarlo a terra.

Non quel giorno.

 


So che per qualche motivo, ogni passo che ho fatto da quando ho imparato a camminare,era un passo verso di te.

Da I passi dell’amore

Si sbilanciò in avanti e si aggrappò con forza alle braccia della moglie.

Ma la sua presa era delicata.

“Volevo che fosse il mio regalo. Per il vostro compleanno.”

Si guardarono.

Mamma.

Papà.

E figlia.

“Non avresti potuto farci regalo migliore.”

E la donna si rifugiò fra le sue braccia,comode e accoglienti come sempre.

Così fece anche Chiara.

L’abbraccio più speciale, più dolce e più delicato della loro intera esistenza.

Perché era un abbraccio che testimoniava un miracolo.

E tanto, tanto coraggio.

Il coraggio di un uomo che amava la sua famiglia più di ogni altra cosa.

“Papà!”

Una figuretta minuscola fece capolino allo stipite della porta. Il musetto curioso e birichino venne illuminato da un sorriso meraviglioso.

Papà è guarito piccolo Xander.

“Papà!”

Lo sguardo incredulo di un ragazzino che non ha mai abbandonato le speranze.

Gli occhi sgranati di un piccolo angelo biondo che per sei mesi, due settimane e un giorno ha atteso in silenzio l’arrivo di un miracolo.

Quel miracolo era arrivato.

Angel sentì il cuore rendersi leggero e una spensieratezza che un tempo gli era stata familiare farsi strada dentro di lui.

“Eccoli i miei campioni.”

 Il sorriso di orgoglio di Joseph non si sarebbe estinto facilmente.

Non quel giorno.

“Papà cammina, papà cammina!” Xander  prese a saltellare agitato e sprizzante di vivacità si arrampicò sulle braccia del padre che lo sostenne a stento,ridacchiando divertito.

“E tu che aspetti?”

Lo sguardo di Joseph, si depositò sui lineamenti da cherubino del figlio maggiore.

Angel sorrise: un sorriso vero.

Un sorriso da bimbo di nove anni.

“Sei il più forte io l’ho sempre saputo!”

Una risata spensierata, da ragazzino.

Junior spalancò le braccia e si strinse forte al padre, che lo attirò a sé con affetto,mentre una lacrima solcava ritardataria il suo viso, testimone della purezza, della particolarità di quel momento.

Erano lì.

In piedi.

Tutti e cinque.

In un normale pomeriggio tramutato in miracolo.

E perfino quella sera, quando tutti gli abitanti della villa si erano abbandonati a un sereno sonno ristoratore, gli occhioni di Chiara ancora luccicavano.

Con delicatezza, sgusciò via dalle braccia forti del suo papà.

“Torno subito.” Mormorò all’uomo addormentato depositandogli un bacetto sulla guancia.

Accarezzò con tenerezza la zazzera color grano del fratello maggiore e fece una carezza al corpicino esile del piccolo Xander.

Sorrise alla sua mamma.

“Ancora tanti auguri mammina mia.” Mormorò con un sorriso osservandola dormire.

Era così bella, quando dormiva tranquilla.

Lo erano tutti.

La mamma, il papà, Angel e Xander.

Tutti assopiti nel lettone.

Chiara sfiorò il pavimento con i piedini scalzi e scivolò giù dalle coperte reggendo sotto braccio il suo fido Mr Provolo.

Si inginocchiò a terra e fece il segno della croce: al contrario.

“Ciao Dio, sono ancora io. Chiara. Volevo…

Il suo sguardo si perse nell’oscurità della notte.

La luna rischiarava il profilo tenue del letto e perfino così, al buio, poteva riconoscere i volti dei suoi familiari accoccolati l’uno all’altro avvolti in un sonno privo di preoccupazioni.

“Volevo dirti grazie. Grazie perché hai aiutato il mio papà a guarire. Grazie perché hai fatto tornare il sorriso alla mamma. E perché Xander non ha più paura del buio. Oggi non ha voluto nemmeno la lucetta. Lui dice che lo fa per papà, ma io lo so che sei stato tu. E grazie perché Angel ha di nuovo quella faccia che mi piace tanto. Somiglia più a un angelo adesso. Sembra così… Felice! E grazie…

Si accorse che Mr Provolo non aveva fatto il segno della croce.

Glielo fece fare e tornò alle sue preghiere, gli occhi chiusi per concentrarsi meglio.

“Grazie perché non hai ascoltato i dottori.  E perché questo è il più mio bel compleanno di tuuutti tutti i tempi. Anche per la mamma. Grazie. Buonanotte!”

Riaprì gli occhi e fece ancora il segno della croce.

Raccolse Mr Provolo fra le sue braccia.

“Andiamo a nanna adesso.”

Prima ancora di sollevarsi avvertì due mani forti e calde afferrarla per la vita e tirarla su.

“Tu sei una bambina meravigliosa lo sai?” Joseph le sorrise ed adagiò la fronte contro la sua, impregnando quel gesto di amore e tenerezza.

Chiara gli scoccò un bacio sul naso deliziata dal complimento.

“E tu sei il mio papà. Il più bel papà. Sei tanto speciale papà lo sai?”

L’uomo rise depositando sul viso della sua piccola una scia di baci, facendola sogghignare per il solletico.

“Dai,andiamo a dormire adesso.” La strinse a sé e si avviò verso il lettone, puntellandosi con la stampella.

La depositò sul suo torace.

Avvertiva il respiro lento e regolare di Angel serenamente addormentato su un fianco alla sua sinistra.

Xander si succhiava un dito poco distante fra le braccia di sua moglie.

Li accarezzò tutti con lo sguardo: erano la cosa più bella che aveva.

“Buonanotte amore mio.”  Mormorò depositando un bacio sulla fronte di Chiara e abbandonandosi al cuscino, finalmente lieto di quel contatto morbido.

Finalmente libero di riposare.

Perché, ora lo sapeva, si sarebbe rialzato: il giorno dopo e per sempre.

“Buonanotte papà.” La bambina rispose al bacio e si raggomitolò sul suo petto, stringendo forte il lupetto di peluche e concedendosi un piccolo sbadiglio prima di addormentarsi fra le teporose braccia del suo papà.

Un papà che camminava.

E una notte: una notte che avrebbe per sempre tenuto nel cuore.

 

She was daddy’s little girl.

 

Nota dell’autrice(e Ringrazi menti).

 

Ed è con un sorriso ed un minuscolo accenno di commozione (ebbene sì: lo ammetto), che vi regalo questo ultimo capitolo.

 

Ed è così, che Chiara, Joe, Angel, Xander e Haley (sì, la moglie di Joe ha un nome), vi dicono arrivederci. Non addio, ma arrivederci.

Prima di ringraziarvi e dirvi arrivederci anch’io, però, vorrei aggiungere una cosa. E ci terrei davvero a farvela leggere: perché è la spiegazione di questo lieto fine.

 

Ormai 10 mesi fa, il 13 Marzo 2010 per esattezza, un uomo ha subito una lesione midollare parziale e ha perso l’uso delle gambe e delle braccia.

Il quattordici Marzo 2010, tre persone, una donna e due figli ormai quasi adulti, percorrevano in silenzio il tragitto verso casa. Troppo vuoti anche solo per parlare, per fissarsi. Per pensare.

Quel mattino avevano parlato con i dottori e le parole del primario erano state le seguenti: “al momento il signore è paralizzato dal collo in giù. Se un giorno riuscirà a stare su una sedia a rotelle, sarà già un miracolo.

Ora: voi immaginatevi questo signore come un Joe: un uomo che detesta stare fermo; che non sta mai in casa. Mio padre era la persona meno immobile del mondo. Mio padre era il movimento in persona.

Due giorni dopo quel fatidico 14 gennaio, era già cambiato qualcosa. La sensibilità di mio padre era scesa dal collo alle spalle. Ancora nessun altro tipo di movimento; ma era già qualcosa.

 

Oggi è il 23 gennaio 2010. Dopo quasi 10 mesi di ricoveri e fisioterapia, quel signore è a casa, ormai.

E cammina, seppur zoppicando. Seppur con un bastone. Seppure lentamente e a fatica: ma cammina.

 

Una mano funziona perfettamente, ma l’altra no. L’altra non si muove.

 

Però cammina. E vive. Ed è qui con me. Questo è ciò che importa.

 

Penso che questo mio piccolo resoconto possa aiutarvi a comprendere il perché del lieto fine.

 

Non voglio aggiungere nient’altro se non: GRAZIE.

 

A ciascuno di voi. A tutti coloro che di capitolo in capitolo hanno accompagnato i personaggi di questa storia tenendoli per mano: fno alla fine.

 

Grazie a chiunque si sia soffermato a riflettere sulla situazione di Joe. Grazie a chiunque abbia condiviso anche solo un sorriso di Chiara. Grazie a chi si è intenerito di fronte alla candida di ingenuità di Xander. Grazie, un grazie di cuore,a chi ha ammirato il coraggio del piccolo Angel. Grazie a chi ha condiviso le preoccupazioni di Haley e ha avuto fede, assieme a lei. Credendo nell’amore che lega questa immaginaria, quanto reale, famiglia.

 

Grazie perché per questi pochi capitoli mi avete permesso di raccontarvi un importante capitolo della mia vita. Questo capitolo è ormai giunto alla fine per me: è ora di voltare pagina.

 

Ed è quindi ora che anche questa storia giunga alla fine.

 

Perciò ancora, GRAZIE. Grazie di cuore.

 

Vi voglio bene. Davvero.

 

Laura   Chiara

   
 
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