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Autore: suni    25/12/2005    1 recensioni
Malandrini. Sogni. Speranze. Desideri. Risate. Lacrime. Attimi di vita sbiaditi dal tempo. Argomento non nuovo ma trattato spero con originalità. Fatemi sapere.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2: Urla sulla torre

 

“V-voi state scherzando vero?” la voce di Peter è tremula e i suoi occhi si spostano veloci e allarmati da Sirius a James.

I due ragazzini si scambiano uno sguardo d’intesa. Sono leggermente pallidi e hanno un’espressione grave che è ben raro vedere sui loro visi.

“Non stiamo scherzando Peter…” mormora James scuotendo piano la testa.

“M-ma… Allora lui…” continua Peter con aria terrorizzata, e le parole gli si strozzano in gola.

“Non lo sappiamo –Sirius mette le mani avanti con sicurezza, ma le dita gli tremano, tradendo la sua angoscia- è un’ipotesi”

Gli sembra incredibile quello che sta succedendo. Dieci minuti prima lui e Jim erano stravaccati sul divano a scherzare, come sempre… E poi l’illuminazione improvvisa, la corsa in dormitorio, i controlli sul calendario e la ricerca di Peter per metterlo al corrente.

La porta della sala comune si apre in quel momento, facendo entrare la rossissima Lily Evans. Appena li vede il suo visetto coperto di efelidi si imbroncia e i suoi occhioni verdi mandano saette. Nono sopporta gli scherzi di James Potter; da quando lo conosce –più di due anni- quel tipo non fa che infastidirla e combinare guai.

Ma questa volta, James sembra quasi non vederla, il suo sguardo si posa su di lei per un secondo e poi torna a fissarsi in quello di Sirius –un altro bel seccatore- con preoccupazione. Lily li sorpassa con fare sdegnoso iniziando a salire le scale, sicura che prima che sia entrata in dormitorio le diranno qualcosa; ma non è così. Si chiude la porta alle spalle con un sospiro di sollievo, anche se… Ma no, non è dispiacere, quello.

“Non è possibile… Silente non lo permetterebbe mai… E’ pericoloso…” balbetta Peter con voce lagnosa.

Il ritratto si riapre facendo entrare un’altra persona: Remus fa il suo ingresso nella sala con la solita pila di libroni tra le braccia; anche se è solo al terzo anno, sa molte più cose della maggior parte degli studenti del sesto, con tutto quel che studia.

I suoi tre amici rimangono impalati a fissarlo.

Lui rivolge loro un’occhiata perplessa.

“Tutto bene?” chiede incerto.

Nessuno gli risponde. Peter arretra di qualche passo e James sprofonda ulteriormente nel divano, mentre Sirius, occhi a terra, giocherella istericamente con qualcosa sul tavolino.

Remus, preoccupato, lascia cadere i libri su una poltrona con un tonfo sordo.

“Ragazzi… Che succede? Mi dovete dire qualcosa?” chiede osservandoli a turno.

James solleva lo sguardo e fa per parlare, ma Sirius lo anticipa.

Noi dobbiamo dire qualcosa a te? Non è piuttosto il contrario?” chiede aggressivo, sporgendosi verso di lui.

Remus lo guarda a bocca spalancata, evidentemente sorpreso.

“Io?” chiede allibito.

Sirius si avvicina di scatto, e getta un rapido sguardo intorno: la sala è pressoché deserta e nessuno bada a loro.

“Sì, tu! –esclama con rabbia, e solleva dal tavolo l’oggetto che stava tormentando: un calendario- Indovina un po’, Remus, cosa abbiamo scoperto consultando QUESTO!” glielo sbatte addosso con foga e si ritrae.

Il ragazzino sente le ginocchia tremare e il cuore gli rimbomba in petto, mentre sfoglia lentamente le pagine. In tutte i giorni di luna piena sono sottolineati, e affiancati dalla scritta “Rem non c’era!!?”. Gli occhi gli si riempiono di lacrime e la vista gli si annebbia. Le mani gli tremano troppo e il calendario gli cade.

Solleva lentamente lo sguardo verso i tre amici: Peter sembra terrorizzato ed è appiattito contro il muro, Jim lo fissa furibondo dal divano, con le mani strette a pugno, e Sirius, pallido, ritorna a guardare a terra con le labbra serrate.

E’ un brutto sogno.

Deve essere un brutto sogno.

Apre la bocca, ma non ne escono parole. La richiude e, chinando la testa, deglutisce rumorosamente, per ricacciare indietro il pianto.

“Noi sappiamo cosa sei!” mormora Peter dal suo angolino.

Remus incassa il colpo senza un solo movimento.

“Non hai niente da dire?? –James sembra sempre più fuori di sé- Dopo tutto questo tempo? Io mi fidavo di te! –fa una lunga pausa, sperando in una qualche reazione- MI FAI SCHIFO, LUPIN!!” urla alzandosi e attirando l’attenzione di qualche altro studente.

Remus non riesce a trattenere un singhiozzo sentendo quella frase, e lo guarda per un istante: la materializzazione dei suoi peggiori incubi è lì davanti a lui. Uno dei suoi due migliori amici che lo guarda con rabbia e disgusto pronunciando quelle parole che sperava di non sentire mai uscir dalle loro labbra. Scappa fuori di corsa scoppiando in lacrime.

La sala sprofonda nel silenzio più assoluto.

Piuttosto rapidamente, gli altri studenti si ritirano nei dormitori, avendo fiutato la brutta aria che tira. Un paio di ragazzi del settimo li fissano scocciati con superiorità, mentre se ne vanno.

James si lascia cadere sulla poltrona, livido. A Peter sfugge un piccolo singhiozzo nervoso.

“Che cosa intendevi?” sussurra Sirius ancora immobile.

James lo guarda corrucciato.

“Non lo so. Mi è venuta una gran rabbia perché non ci ha mai detto nulla. A noi!!” Sbotta, per nulla calmandosi.

Sirius annuisce lentamente, avvilito.

“Insomma, non dico che non mi faccia un po’… Paura. Non sono mica perfetto. Ma non è questo il punto –James cerca di spiegarsi, nonostante l’agitazione che lo fa ancora tremare- E’ Remus, per tutti i gargoyles, il nostro amico…” agita le mani, senza più parlare per il groppo che sento in gola.

“Allora siamo d’accordo…” Sirius solleva finalmente gli occhi e lo guarda. James ricambia.

“Ne dubitavi?” chiede piano.

Sirius accenna un sorriso triste. Loro due non hanno segreti l’uno per l’altro. Non potrebbe mai succedere niente di simile tra loro. Ma fino a poco prima, avrebbe giurato che anche Remus…

Sta ancora fissando James negli occhi e si accorge che dietro gli occhiali sono pieni di lacrime. Sente un singhiozzo, e gli ci vuole un po’ a capire che è suo. Stanno piangendo, tutti e due, e non riescono neanche bene a capire perché. Si appoggia al tavolo coprendosi il viso con le mani. Piange forte, come si piange ancora alla sua età, come sta piangendo James.

“Comunque… -balbetta Peter stridulo –potrebbe essere pericoloso…”

Ma loro non gli badano.

 

Remus infila un altro libro nel baule, e poi un quaderno. Raccoglie gli oggetti alla rinfusa dallo scrittoio e ci butta dentro anche quelli. Ogni tanto gli sfugge ancora un singhiozzo, ma è sfinito dal gran piangere.

Ha passato tutta la notte in una delle stanze del corridoio nord. Non gli importava che lo scoprissero, non voleva vedere i suoi amici –o meglio ex amici- per nessuna ragione. Ha aspettato che fossero andati a lezione per tornare in camera a prendere le sue cose, per non doverli guardare negli occhi e scorgere il ribrezzo che certamente provano per lui.

Come ha potuto credere che sarebbe andato tutto bene? Che avrebbe continuato ad essere perfetto, che non se ne accorgessero? Non sono certo degli stupidi ed era logico che prima o poi le sue assenze cicliche li avrebbero insospettiti.

“Cosa stai facendo?”

Non ha bisogno di voltarsi per sapere di chi è quella voce, ma sussulta: era talmente preso dai suoi pensieri che non ha sentito la porta aprirsi.

Esita a lungo prima di rispondere.

“Me ne vado” bofonchia piano, continuando ad armeggiare con le sue cose.

C’è un altro lungo silenzio a seguire quella frase.

“Te ne vai dove?”

La voce di James non esprime nulla: né rabbia né odio, ma neanche partecipazione o interesse. E’ assolutamente vuota, e gli fa più male di un pugno.

“Via” risponde secco, tirando su col naso.

James lo guarda fisso: questa è davvero bella. Ha mentito per più di due anni e ora sembra quasi aspettarsi le loro scuse. Non vuole ascoltare quel miscuglio di sensazioni che si sente dentro: la rabbia, la delusione, l’incredulità, la paura sottile e la comprensione. Perché nonostante tutto si sente male al pensiero di quello che deve aver passato Remus, da solo con un peso simile. Ma non vuole badare a questi pensieri: perché James vuole delle scuse, e quando James Potter vuole qualcosa, lo sanno tutti, non pensa a nient’altro. Non è un bene né un male, è così e basta.

“Ho capito” risponde semplicemente.

Remus sussulta. Non sa neanche lui cosa si aspettava, ma certo non quel muro d’indifferenza. Continua a raccogliere tutto quel che gli appartiene, continuando a sentire lo sguardo dell’altro Grifondoro fisso sulla sua schiena, immerso in un silenzio insopportabile.

“Ti serve qualcosa?” chiede cercando di controllare l’isteria che si sente addosso.

“Mi sono dimenticato il calamaio. Ero venuto a prenderlo” risponde James sempre senza la minima intonazione.

“Beh, prendilo allora, e lasciami finire di fare i bagagli” replica lui deciso.

“Non te lo sto mica impedendo” ribatte James, ora appena lievemente rigido.

Remus si volta di scatto, guardandolo storto.

“Molto divertente” sussurra.

James aggrotta le sopracciglia.

“E’ inutile che inalberi quell’aria di sostenuta indignazione, Lupin. Non attacca, sai?” risponde, con un’aggressività che sfugge dal suo controllo.

“Oh, certo, lo so! –Remus è pallidissimo e con gli occhi gonfi e arrossati- Ho capito perfettamente, Potter, scusa tanto se esisto, mi dispiace averti disgustato con la mia ripugnante presenza!”

James lo osserva con gli occhi socchiusi e la mascella serrata.

“Cosa stai farneticando?” chiede sorpreso.

“Ti farò anche schifo, ma spiacente, questo sono io.” continua Remus sempre più accusatorio.

James continua a guardarlo per qualche secondo.

“Non hai capito un cazzo, Remus” sibila uscendo dalla stanza a passo veloce.

 

Remus Lupin cammina veloce lungo il corridoio fino a raggiungere la porta dell’ufficio del Preside. E’ già stato lì più volte, con James e Sirius. E ci è stato anche il primo giorno di scuola, da solo, quando Silente gli ha spiegato del Platano Picchiatore e della Stamberga.

Ma non ha idea di come si faccia ad entrare.

Prova a bussare, ma non gli giunge nessuna risposta. Bussa più forte, ma ancora niente. Non sa la parola d’ordine e lì intorno non c’è nessuno a cui chiedere. Si volta per tornare indietro, ma ha fatto solo due passi quando sente la porta aprirsi.

“Buongiorno, signor Lupin”

Si volta, e c’è Silente di fronte a lui. Al solo vedere i suoi occhi limpidi e il suo sorriso indecifrabile Remus si sente già meglio, e non può evitare di sorridere leggermente.

“Buongiorno Preside” risponde tornando sui suoi passi.

“Forse vuoi entrare, Remus?” chiede gentilmente il professore facendogli strada. Remus lo segue e si ritrova fra i familiari ritratti dei Presidi del passato. Si ferma, e accarezza timidamente Fanny.

“Qual buon vento ti porta qui, Remus?” domanda il Preside sedendosi. Incrocia le mani con i gomiti puntati sul tavolo, e vi appoggia il mento, scrutandolo con quel suo sguardo profondo.

Il ragazzo china il capo e si morde le labbra. Accogliendolo a Hogwarts Silente è stato il primo estraneo ad accordagli la sua piena fiducia, e sa di stare per deluderlo.

“Io… Ho deciso di lasciare Hogwarts, Preside” annuncia quasi sottovoce, sedendosi.

L’anziano professore ha un piccolo sussulto, e lo osserva indagatore.

“E perché mai Remus, se mi è consentito saperlo?” chiede con un remotissimo sorriso.

Remus solleva il capo e lo guarda a bocca aperta.

“Perché… Non voglio mettere a rischio le vite dei miei compagni” risponde.

Non è una bugia. Non del tutto.

Silente si appoggia allo schienale, meditabondo.

“Abbiamo preso tutto le precauzioni necessarie, mi sembra…” osserva sereno.

“Sì, ma… -non vuole rivelare che i suoi amici lo hanno scoperto e rifiutato. E’ umiliante- Non mi sento tranquillo” insiste, fermo.

Silente si alza e prende a passeggiare per la stanza, pensieroso, giocherellando distrattamente con la propria barba. Osserva i ritratti con attenzione, come se non li avesse mai visti, quindi prende ad accarezzare Fanny.

“Se permettessi ai miei studenti di andarsene ad ogni minimo scoraggiamento, o dubbio –commenta molto piano, quasi parlando a se stesso- questa scuola sarebbe vuota. Io ritengo che la tua preoccupazione sia infondata, quindi che non sia una ragione valida per il tuo ritiro dai corsi. Con questo presupposto non posso accettarlo, Remus, mi dispiace”

Il Grifondoro spalanca la bocca per rispondere, ma la richiude senza sapere cosa dire.

Il Preside si volta verso di lui, calmo.

“A meno che, Remus –lo osserva remotamente ironico, con quel sorriso imperscrutabile- tu non abbia qualche altra ragione…”

Remus serra le labbra e mantiene lo sguardo fisso in quello dell’uomo, deciso a non aggiungere altro.

“No, Preside. Voglio solo smettere di sentirmi diverso e pericoloso” replica, serio.

Silente tace ancora per un po’, lo sguardo vacuo perso nel vuoto. Poi si acciglia leggermente.

“Diverso, Remus? Tu non sei diverso. Sei uno studente eccellente, hai degli ottimi voti e degli amici sinceri che ti rimarranno accanto qualunque cosa accada. –Remus sussulta a questa frase, ma non distoglie lo sguardo da quello del preside- Il che, consentimi di dirlo, non è da poco… Non concentrarti sulle tue sfortune a discapito delle tue fortune, Remus, è un pessimo errore.”

 

L’ha detto apposta. Remus ne è sicuro. Non sa come sia possibile, ma Silente ha parlato di proposito dei suoi amici.

Osserva tristemente la foresta proibita, sotto di lui. E’ accucciato in cima alla torre nord. E’ quasi il tramonto e comincia a fare davvero freddo. A giudicare dalle nubi, probabilmente sta per nevicare, e lui non ha neanche preso il mantello. Non è rientrato per tutto il giorno, gli manca il coraggio di affrontare i compagni.

La porta alle sue spalle si apre. Pochi secondi, e sente il suono di un acciarino. Poi, l’odore del tabacco.

“Se stai cercando anche tu il calamaio di Jim, dubito che sia quassù…” dice meccanicamente.

“In effetti sarebbe bizzarro…” risponde Sirius, evidentemente al corrente della loro disputa.

Remus si volta lentamente.

Non sa come, ma trova la forza di accennare un sorriso, e quasi scoppia in lacrime quando Sirius vagamente lo ricambia. Poi l’amico, senza dire niente, si appoggia al parapetto a fianco a lui e continua a fumare, in silenzio, osservando la Foresta.

“Mi devi dire qualcosa?” chiede il licantropo titubante.

“E tu?” risponde Sirius severo.

Remus sospira, prima di rispondere.

“Immagino di sì…” bisbiglia. Quindi volta lentamente il busto nella direzione dell’altro, che continua ad osservare l’orizzonte.

“Vi devo delle scuse. Ma tu non… Non.. Insomma, non ti faccio….?” Non riesce a terminare la frase.

“Schifo? –prosegue Sirius per lui- No. Ribrezzo? No. Pena? No. Paura?… Mentirei se rispondessi che mi rasserena sapere che sei un lupo mannaro. Ma non ho paura. E lo stesso per Jim.”

Tace. E Remus fa altrettanto.

“Ho passato tutta la mia vita a sentirmi dire quanto sia importante essere… Giusti. Fatti come si deve. Normali, in qualche modo. Purosangue, imparentati con purosangue e intrattenendo rapporti di qualunque tipo solo con i purosangue eccetera. Ma io non sono questo. E tu lo sai” la voce di Sirius freme, ed è dura. Ma calda.

“Sì, lo so” risponde Remus piano.

L’amico lancia la sigaretta con un gesto nervoso.

“Accidenti Rem, potresti anche essere un troll delle caverne per quanto mi riguarda, per me non cambia nulla! –disse con foga- Io non ti voglio bene perché sei biondo e Grifondoro e i tuoi genitori sono maghi o cazzate del genere. Io ti voglio bene perché sei generoso e disponibile e divertente, perché sai ascoltare e sai dare fiducia, perché con te –con voi- non ho paura di essere semplicemente me stesso. E questo non centra nulla con il fatto che un giorno un animale ti ha morso. Ecco.”

Remus ricaccia indietro le lacrime di sollievo.

“Ma James ha detto…” inizia.

“James ha detto quello che dico anche io: come hai potuto –di nuovo la voce dura- non fidarti di noi? Credere che non ti avremmo accettato per quello che sei? Davvero, non capisco come hai potuto. E’ questa l’opinione che hai di noi? Che hai di me?” chiede offeso.

Remus lo guarda negli occhi.

“Oh Sirius, lo sai che non è così. Ma per tutta la vita la gente non ha fatto che evitarmi quando scopriva la verità, e lo so che siete diversi ma ho avuto paura… –sente le lacrime sulle guance- Io… Non voglio più essere solo” conclude.

Sirius si accuccia accanto a lui e gli strofina la mano sulle guance per asciugarle.

“Remus John Lupin –dice piano- tu sei una persona eccezionale così come sei, e se c’è qualcuno che pensa il contrario solo perché non sei uguale a lui… Beh, non è degno neanche di leccarti la suola delle scarpe.”

Remus sorride tra le lacrime.

“Lo pensi davvero?” chiede.

Sirius fa spallucce prima di alzarsi.

“Faresti una cosa per me? Devi farti perdonare…” chiede poi.

“Che cosa?” chiede Remus alzandosi.

“Voglio che urli quello che ho detto” risponde Sirius serio.

Remus lo guarda senza capire.

“A proposito delle scarpe?” chiede perplesso.

Sirius annuisce.

“Sì. Ora ti affacci e urli: se c’è qualcuno che pensa che valgo meno di lui solo perché sono diverso eccetera” risponde, come se la cosa fosse perfettamente normale.

“Oh no…” sussurra Remus col cuore in gola.

“Provaci, almeno!” protesta Sirius scrollandolo.

Remus sospira a lungo cercando di ignorare il batticuore, si sporge e serra gli occhi.

“Se qualcuno pensa che…”

“Ti stai confessando?” lo interrompe Sirius divertito.

“Se c’è qualcuno che pensa che io non valga…”

“PIU’ FORTE!!” ripete Sirius con le mani a imbuto ed una risatina.

“SE QUALCUNO PENSA CHE IO VALGA MENO DI LUI PERCHE’ SONO DIVERSO NON E’ DEGNO NEANCHE DI LECCARMI –prende fiato- LA SUOLA DELLE SCARPE!!!” urla.

Non è male. Affatto. Dà una bella sensazione di calore.

“CI SIAMO QUASI!! ANCORA UN PO’!!” insiste Sirius ridendo.

SE QUALCUNO PENSA CHE IO VALGA MENO DI LUI PERCHE’ SONO DIVERSO NON E’ DEGNO NEANCHE –non si sente più i polmoni, ma non è mai stato tanto euforico in tutta la vita- DI LECCARMI LA SUOLA DELLE SCARPE!!! BASTARDI!!! VI ODIO! VOI E I VOSTRI PREGIUDIZIII!! VAFFANCUULOOO!!!!!” continua, viola in faccia e con il cuore a mille. Quindi scoppia in una risata liberatoria. E’ fantastico.

“Cominciava ad andare quasi bene…” concede Sirius con gli occhi luminosi.

Remus sorride e lo abbraccia di getto.

“Grazie…” sussurra.

Sirius sorride impacciato, ma felice.

“Dai, andiamo, ti aiuto a disfare la valigia… -ridacchia- E poi anche Jim ti vuole parlare.. ti ha cercato dappertutto, sai?”

“Siete fantastici… -Remus lo segue verso l’interno, quindi si arresta di scatto.- Sis?”

L’altro lo guarda interrogativo, voltandosi indietro.

“Veramente mi vuoi ancora bene?” chiede titubante.

Sirius sbuffa, leva gli occhi al cielo e riprende a camminare.

“Quanto sei stupido, Lupin…” borbotta sorridendo.

_____

 

 

Grazie per l’accoglienza favorevole e per le recensioni!! Ma per favore, criticatemi pure o non riuscirò mai a tirarne fuori qualcosa di veramente buono… Spero che anche questo secondo capitolo sia di vostro gradimento, eee… BUON NATALE!!!

suni

   
 
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