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Autore: ThisIsLeisure    25/01/2011    2 recensioni
Caterina è una giovane ragazza nobile di Milano, non compresa dal padre e dalla matrigna, si sente sola come non mai nella sua vita. Finche non conosce Alexandre, un vampiro bello,tenebroso, e nobile Spagnolo. La vita di Caterina sta per cambiare drasticamente.
Angeli, vampiri, amore, morte, famiglia e il senso della vita, sono parti fondamentali di questa storia. Siete pronti ad iniziare il viaggio?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dolce Risveglio
 
La luce che filtrava dalle finestre mi svegliò. Ero sdraiata a pancia in giu. Sbattei le palpebre un paio di volte. Cercai di sollevarmi lentamente. Ma i muscoli mi facevano molto male. Gemetti un pochino per il dolore. Mi girai sulla schiena, e osservai bene la stanza in cui ero. Ero di sicuro all’hotel di Alexandre, mi ricordo di esserci venuta ieri sera, quindi molto probabilmente mi trovavo distesa nel suo letto. 
«Sei sveglia.» disse Alexandre entrando nella stanza.
«Ehi.» dissi io, passandomi una mano nei capelli, per sistemarli. 
«Come va?» 
«Non lo so ancora.» ammisi sincera.
«Cos’è successo?» chiese lui perplesso. Si sedette sul bordo del letto, di fianco a me. 
«N-non te l’ho detto?» 
«No. Tutto ciò che so, è che sei arrivata qua alle 9 ieri sera, bagnata fradicia, piangevi fortemente, sei svenuta, e mentre ti cambiavo i vestiti ho notato che sei piena di lividi sulla schiena, e che hai un grosso segno rosso sul viso.» Mi ritornò tutto in mente, e le lacrime riaffiorarono. Cercai di tenermele dentro, ma un paio di esse scesero lungo le guancie.  Presi la sua mano tra le mie, e iniziai a giocherellare con i suoi anelli nervosamente. 
«Ieri pomeriggio sono tornata a casa, e mio padre era molto arrabbiato per la storia di Adda. M-mi ha scossa per le spalle, e poi mi ha tirato uno schiaffo forte, facendomi c-cadere contro un tavolo che abbiamo all’entrata di casa mia. I-io ho tentato di spiegargli che non amo Luca, m-ma lui ha detto che ho disonorato la famiglia e-e-e mi mi ha sbattuto ripetutamente contro il muro, ogni volta che cadevo per terra, mi ritirava su, e mi spingeva di nuovo contro il muro.» ormai non controllavo più le lacrime, e i singhiozzi si erano fatti sentire.  Alexandre non disse niente, si limitò a prendermi tra le sue braccia, come una bambina, e mi cullò per un periodo che mi sembrò non finire mai, piansi per un buon quarto d’ora, mentre lui mi cullava e continuava a baciare i capelli.  Quando smisi di piangere, mi accompagnò in bagno. Mi osservai un attimo allo specchio. Indossavo un suo maglione verde, che mi stava a dir poco grande e una sua tuta. Osservai il mio viso pallido, sulla guancia destra c’era un grande cerchio rosso, che la distingueva da quella sinistra. Mi portai una mano al viso, e le lacrime iniziarono di nuovo ad affluire. 
«Ti prego, non piangere. Odio vederti piangere.» mi abbracciò da dietro, e ubbidii, trattenendo le lacrime.
«Ti giuro che andrà tutto a posto.» mi girai verso di lui, e mi appoggiai con la testa sul suo petto. 
«Va tutto bene.» mi ripetè più volte, mentre passava su e giu la mano sulla mia schiena, leggermente.
«Mi dispiace di essere piombata qui. Insomma non ne avevo il diritto, sono venuta qua ti sono praticamente svenuta addosso e mi dispiace di averti recato disagio. Ti ho persino rubato il letto…» Dissi ritraendomi dall’abbraccio e passandomi le dita sotto gli occhi per togliere le lacrime.
«E ti ho anche sgualcito la camicia.» sorrisi. 
«Non ti preoccupare della stupida camicia, è solo un pezzo di cotone. Non mi hai recato nessun disagio, sono contento che tu sia venuta qua, invece di rimanere a casa tua.»
Non è piu casa mia, pensai a malincuore, o forse non l’è mai stata.
«Alexandre, lo so che è chiedere veramente tanto. Ma non ho un posto in cui andare…» 
«Non ti preoccupare, ovviamente starai qua.»
«Davvero, non voglio recarti disturbo.»
«La vuoi smettere di pensare a me per un minuto?» 
«Lo sai cosa facciamo ora? Tu ti fai una bel bagno caldo, per rilassare i nervi, e io vado a prenderti la colazione. Va bene?» Mi guardava con occhi dolci e comprensivi. Mi limitai ad annuire. 
«Non ho niente da mettermi.» fissai il pavimento con un po’ di vergogna.
«Qualsiasi cosa che ti piaccia nel mio armadio è tua. Okay?»
Annuii di nuovo. 
«Okay, ti lascio un po’ sola.» Fece per uscire dal bagno, ma lo fermai per il braccio.
«Aspetta.» dissi io in fretta.
«Che c’è?» chiese lui preoccupato.
«Mi sono dimenticata di dirti grazie.» mi alzai in punta di piedi per dargli un bacio sulle labbra. Lui ricambiò dolcemente.
«Non c’è di che.» disse tra un bacio e l’altro. 
Uscii dal bagno, lasciandomi sola ne silenzio assoluto.
Passammo il resto della giornata sul divano, io guardavo la tv e lui per la maggior parte del tempo mi osservava o leggeva un giornale. Non parlammo praticamente per tutto il giorno. Saltai perfino la cena, non avevo fame, e avevo troppi pensieri per la testa. Spensi la televisione, guardare ciccioni che fanno a gara di chi mangia la crostata per primo non mi interessava.
«Ti dispiace se vado a letto?» dissi alzandomi dal divano, con la schiena dolorante.
«Certo che no, tutto bene?» Chiese mettendo giu il giornale.
«Si, ho solo un po’ di male alla schiena. Niente che non si possa curare con una dormita.» 
«Va bene, ti ho preparato la stanza.» 
«Grazie.» ero veramente di poche parole. Persino con lui. 
Mi avviai verso una delle stanze da letto che mi aveva preparato. Non accesi nemmeno la luce, mi buttai sul letto ed in pochi minuti mi addormentai. 
Erano circa le 3:27 della notte quando mi sveglia, sudata. Non mi ricordavo di aver avuto un incubo, eppure i segni c’erano. La stanza era molto buia, e vuota. C’era solo quel letto gigantesco, e un divano verde di fianco ad esso. La luna non c’era, era una notte nuvolosa. Mi avvolse un senso di solitudine e panico. Mi alzai dal letto e camminai fuori dalla stanza. Il salotto metteva ancora più inquietudine, il camino era spento, e i vecchi mobili rendevano tutto più freddo e poco familiare. Faceva anche abbastanza freddo. Camminai sul parquet scuro, che emetteva dei piccoli cigolii. Non so per quale motivo, ma mi incamminai verso la stanza di Alexandre. La porta era chiusa, ed esitai per mezzo minuto prima di aprirla. Non sapevo cosa dire o fare. Spinsi in basso la maniglia, e la porta cigolò fortemente. La stanza era buia, ma ormai i miei occhi si erano abituati alla luce scura. Era sdraiato sotto le coperte, a torso nudo. 
«Ehi.» disse lui con voce roca e bassa.
«Come hai fatto a sentirmi?» chiesi io.
«Sono un vampiro, ricordi? Sento tutto. Che c’è che non va?» chiese alzandosi leggermente, e appoggiandosi alla testiera del letto. 
«N-non lo so. Mi sentivo sola.»
«Vieni qua.» disse semplicemente. 
«Come?» Non capivo cosa intendesse.
«Vieni qua, nel letto dico.» 
Obbedii silenziosamente. La stanza era fredda, e il letto lo era ancora di più.
«È gelato.» 
«Colpa mia.» ammise sorridendo. 
Mi infilai sotto le coperte, distesa di fianco ad Alex. 
Rimasi immobile un po’ in imbarazzo, non mi era mai capitata una situazione del genere. 
Alex si girò di lato, verso di me, facendomi girare a mia volta verso di lui, spingendomi dalla schiena con la sua mano. I nostri nasi si sfioravano, e Alex mi guardava fissa negli occhi. Avevo la testa poggiata sul suo braccio destro.
«Mi sembra di conoscerti da sempre.» sussurrò.
In effetti era vero, beh non ci conoscevamo da moltissimo, però anche a me sembrava di conoscerlo da tanto tempo. 
«Anche a me.» dissi io in soffio.
«Avevo 17 anni quando iniziò il mio processo di trasformazione. Ci vogliono 3 anni prima che la trasformazione finisca, e poi rimani bloccato a quell’età. I miei sapevano cosa era mio zio, però non accettavano che il loro primogenito maschio fosse un mostro. Così quando scoprirono che sarei diventato un mostro, mi presero, e mi tagliarono i polsi, lasciandomi svenuto nella vasca da bagno. Mi credevano morto, ma mio zio mi trovò in tempo.» 
Ero scioccata. Seriamente scioccata, come facevano dei genitori ad arrivare a così tanto? 
«Alex…» non sapevo nemmeno cosa dire. 
«Non devi dire niente.» 
Gli accarezzai il viso. Mise la sua mano sopra la mia, e portò il polso al suo naso. Lo sentii inspirare  profondamente.
«Alex?» chiesi un po’ intimorita.
«Hai veramente un odore..fantastico.» rimasi un po’ paralizzata da quella frase.
«Scusami.» disse capendo che mi stava spaventando. Diede un leggero bacio al polso e lo lasciò andare.
«Ti da fastidio? Questa vicinanza?»
«No… è solo che l’odore di certe persone è veramente forte. Più che altro mi confonde le idee. Tutto qua.» 
«Dovrei cambiare profumo allora.» era il profumo di mia mamma…
Alexandre rispose con una risata, non capivo.
«No, non in quel senso. Il profumo tuo. Non quello che ti spruzzi addosso alla mattina, ma quello naturale della tua pelle, e del tuo sangue. Io lo sento.»
«Ah. Capito. E di cosa sa la mia pelle?»
«Sai di muschio, pioggia e di orchidee.»
«Ma le orchidee non hanno un profumo.»
«Forse per voi umani, ma io lo sento.» 
Sorrisi. 
«Ce ne sono tanti come te?»
«Di vampiri? Beh in Italia sono ormai scomparsi, forse ce ne sono giusto due o tre. In spagna ce ne sono parecchi, ma ci sappiamo nascondere molto bene. In America non ce ne sono, molti sono scandinavi. Ma sai più che altro sono famiglie intere, di solito si salta una generazione o due. »
«Capisco. Lo so che ho tante domande, ma come si diventa come voi?» non riuscivo proprio a dirla la parola vampiro.
«Beh, o ce lo hai nel sangue, come me, oppure vieni trasformato. Ma è una cosa piuttosto dolorosa.»
«Ma come si fa? Il processo intendo.» Non so cosa fosse che mi incuriosiva così tanto, forse sapere se era vero che se un vampiro ti mordeva, diventavi a tua volta un vampiro.
«Beh prima di tutto, dovresti avere nel tuo sangue un po’ del sangue di un vampiro, beh un po’ tanto a dire il vero. Poi il vampiro proprietario del sangue dovrebbe morderti e bere tutto il tuo sangue, sarebbe una morte lenta e molto dolorosa. Poi da li inizia la trasformazione, che dura circa 3 anni, ma dipende, a volte di meno. Ma non è una cosa piacevole.»
Sembrava complicato.
Sbadigliai rumorosamente.
«Okay, dormiamo.» rise lui.
«No, davvero resisto ancora un po’.»
«Ma certo. Dai dormi che è tardi.»
Pensò che Alexandre notò uno sguardo un po’ preoccupato nei miei occhi, dal tono della voce che usò per parlarmi.
«Ci sono qua io, non ti succederà niente. Non me ne vado.»
«Prometti?»
«Prometto.» disse annuendo.  
Mi rannicchiai contro il  suo petto nudo, gelido. Chiusi gli occhi. E non ci volle molto prima che mi addormentai. 
                                                           
  
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