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Autore: Hi Ban    25/01/2011    2 recensioni
“C’è forse qualcosa che non va?” Chiese in un tono leggermente meno inquisitorio.
‘Sì, in quel libro c’è la mia dignità, che in questo momento è messa a repentaglio da te, brutta vecchiaccia! Mi avrai sulla coscienza se qualcuno trova quella dannata lettera!’.
“No, va tutto bene. Arrivederci professoressa.” Detto ciò, uscì velocemente dall’aula, facendosi largo stizzito tra la folla di studenti che erano ancora nei corridoi.
[Quinta classificata al contest 'The Who and the Where' indetto da BadWolfTimeLord]
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco, Malfoy, Ron, Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nick Autore: black_cherry (forum); Hi Ban (Efp)
Titolo: La lettera incriminata
Personaggio capitato: Draco Malfoy
Altri personaggi (se ce ne sono): Ron Weasley; Grifondoro
Pairing (se ce ne sono): //
Genere: commedia, generale
Rating: verde
Avvertimenti: one-shot; what if?
Introduzione: “C’è forse qualcosa che non va?” Chiese in un tono leggermente meno inquisitorio.
‘Sì, in quel libro c’è la mia dignità, che in questo momento è messa a repentaglio da te, brutta vecchiaccia! Mi avrai sulla coscienza se qualcuno trova quella dannata lettera!’.
“No, va tutto bene. Arrivederci professoressa.” Detto ciò, uscì velocemente dall’aula, facendosi largo stizzito tra la folla di studenti che erano ancora nei corridoi.
NdA: il luogo che ho scelto è la Sala comune dei Serpeverde e il personaggio che mi è capitato è Draco Malfoy. Io mi sono immaginata Narcissa Malfoy come una donna dalla duplice facciata per così dire. Potrà anche essere una donna glaciale e severa, ma ha dimostrato anche nel libro di essere attaccata al figlio, perciò i toni delle lettere non sono completamente distaccati.
È ambientata al sesto anno, solo che qui Draco non ricopre lo stesso ruolo che ha nel libro, ma Voldemort si sta comunque muovendo. Sono queste le ‘oscure cose’ che stanno accadendo di cui parla Narcissa e per cui è preoccupata.
Mi sono presa la libertà di inventare di sana pianta il ‘supermago’!


La lettera incriminata


Draco Malfoy non stava ascoltando una sola parola di quelle che stavano uscendo dalla bocca della professoressa McGranitt, ma a sua discolpa aveva una più che valida giustificazione.
Mentre la donna continuava a spiegare la lezione del giorno, la mente del Serpeverde era concentrata su ben altri quesiti cruciali che lo attanagliavano non poco.
Lui era certo di molte cose e tra queste vi era l’affetto per Narcissa Malfoy. Voleva bene a sua madre, non vi era verità più assoluta, la rispettava come giusto che fosse; la ammirava, lei e la sua spietata freddezza, la superiorità degna di una Malfoy di nome e di fatto.
Quella, però, era la donna che si mostrava come moglie di Lucius Malfoy, che non si abbassava mai, per niente e per nessuno, non era di certo la madre di Draco. Vi era, infatti, una seconda Narcissa Malfoy. La prima era la Signora Malfoy, mentre la seconda era solo e soltanto Narcissa, più premurosa – per quanto lo permettesse essere una Malfoy con basilari preconcetti a cui attenersi –; l’aggettivo che meglio la descriveva era materna.
Nessuno avrebbe mai nulla da ridire se la propria madre si comportasse come tale e non ostentasse solo indifferenza, ma un caso analogo a pochissimi altri era proprio il primogenito – e unico – dei Malfoy. Apprezzava, ovviamente, le premure della madre, ma non voleva che la cosa si sapesse in giro, poiché la riteneva quasi una debolezza. Lui era un Malfoy, non poteva venir meno alla sua algida superiorità mostrando legami affettivi, non ne aveva bisogno.
Ciò non era risultata una preoccupazione per il mago, non fino a quel momento perlomeno. Sua madre si mostrava come Narcissa solo quando erano solo loro, a Villa Malfoy, senza sguardi indiscreti ad indagare sul loro rapporto. In pubblico, era sempre la Signora Malfoy, senza eccezione alcuna.
Anche nelle lettere, che puntualmente gli arrivavano da casa ad Hogwarts, non si sbilanciava troppo in ciò che scriveva, benché avesse la certezza che nessuno le avrebbe mai lette al di fuori del figlio.
Purtroppo, alla fine, quella era divenuta una preoccupazione, dal momento che Narcissa aveva iniziato a temere per il figlio: come recitava in ogni lettera, oscure cose stavano accadendo ed era preoccupata che gli potesse accadere qualcosa. Anche durante il quarto anno, due anni prima, aveva espresso le sue preoccupazioni in merito a ciò che stava succedendo, essendo lei stessa a conoscenza di ciò che sarebbe capitato. Nonostante ciò, però, le lettere che gli spediva non avevano mai raggiunto livelli simili.
I toni delle lettere di sua madre, dall’inizio dell’anno, iniziarono a divenire sempre più allarmati e premurosi, tanto che l’ultima lettera, recapitatagli quella stessa mattina di Novembre, divenne fonte di ansia per Draco: se a soli tre mesi dall’inizio della scuola la situazione versava in quelle condizioni, non voleva neanche immaginare come sarebbero state le lettere che gli sarebbero state recapitate a Maggio. Non poteva assolutamente permettere che qualcuno la leggesse. Non sapeva neanche lui se a farlo allarmare tanto fosse stato quel ‘tesoro mio’ al fondo della lettera o tutto ciò che vi era scritto. Probabilmente – anzi, sicuramente – Lucius non aveva preso parte a quella lettera, non l’aveva neanche vista di striscio, percepita psichicamente o anche solo annusata – lui, quelle cose le sentiva a naso –; infatti Malfoy Senior non avrebbe mai permesso che comparissero scritte cose del genere.
Era fin troppo consapevole che nessuno avrebbe mai osato leggere le sue lettere, tantomeno chiedergli cosa vi fosse scritto, ma la cosa lo impensieriva più di quanto fosse necessario.
Anche ora che si trovava sepolta al fondo del libro di Trasfigurazione – probabilmente aperto alla pagina sbagliata – si sentiva nervoso: quella era una prova che non era un vero Malfoy, che aveva legami e provava affetto e doveva andare eliminata. La Direttrice della casa dei Grifondoro gli lanciò uno sguardo tanto penetrante che riuscì a distogliere Draco dai suoi pensieri per la bellezza di dieci secondi arrotondati per eccesso, il che era tutto dire visto in che condizioni versava la mattinata.
Dopo altri venti minuti di spiegazione, il pensiero fisso di Draco era rimasto sempre lo stesso, ma non vi erano più possibilità che cambiasse, dal momento che lui non faceva granché per contribuire. Era tanto ancorato a quel pensiero che neanche prendere in giro Weasley per la sua performance di quella mattina – preso a botte da McLaggen per solo Merlino sapeva cosa – sarebbe riuscito a farglielo dimenticare.
“Bene, ora che abbiamo terminato la parte teorica, possiamo passare a quella pratica.” La voce autoritaria della McGranitt quella volta arrivò anche a Draco, che non avendo ascoltato neanche una beneamata parola, non aveva ora la più pallida idea di cosa bisognasse fare.
“Ehi, Tiger, cos’ha detto che dobbiamo fare?” Chiese all’indirizzo del compagno di banco, che lo guardò con fare confuso, anche lui totalmente all’oscuro sulla faccenda. Lanciò uno sguardo a Goyle che oltre ad averlo confuso, lo sguardo, ce l’aveva anche piuttosto addormentato, segno che neanche lui sapeva niente.
Si guardò intorno per vedere chi ci fosse nelle immediate vicinanze, per chiedere a qualcuno cosa quella megera avesse chiesto, ma si ricordò di essere circondato da Grifondoro: la McGranitt non aveva mai particolarmente apprezzato il fatto che durante le sue lezioni Grifondoro-Serpeverde, la classe fosse divisa letteralmente in due schieramenti. Solo quella mattina, però, aveva deciso di rimescolare gli studenti per ‘abbattere i muri della discriminazione tra case’.
Stupida vecchiaccia, pensò infastidito.
Non sarebbe stato più proficuo abbattere un muro addosso a lei?
Beh, concluse, non avrebbe fatto niente; in fondo, non avrebbe fatto nulla neanche se avesse saputo cosa fare.
E neanche mezzo minuto dopo, ad arrovellargli le meningi, era di nuovo quella lettera: senza neanche accorgersene, iniziò a stringere convulsamente il libro, come a voler far sparire l’oggetto dei suoi tormentati pensieri.
Tanto assorto nelle sue catastrofiche riflessioni, non si accorse neanche che nell’aula si era diffuso un acre odore di bruciato. Quando finalmente vi fece caso, non ci mise molto a scoprire che la fonte della puzza era, come di consueto, il banco di Finnigan.
Un Grifondoro incapace, ma in quella casa lo erano tutti del resto, no? Oh, certo, eccetto Harry Potter che, a detta di Draco, era il più incapace di tutti.
“Signor Finnigan, mi sa spiegare come ha fatto ad incendiare il libro di Trasfigurazione?” Chiese quasi esasperata la McGranitt che, nonostante conoscesse il ragazzo da sei anni, continuava a sperare nel miracolo. “Beh, ma almeno è sparito, no?” Tentò esitante il ragazzo, mentre, di fianco a lui, Neville tossiva convulsamente. “Sì, ma io le avevo chiesto di far scomparire quella zampa di coniglio” disse indicando quell’ammasso annerito sul banco dell’allievo “e non mi pareva di aver accennato ad incantesimi per appiccare fuochi!” Concluse piccata e alquanto scocciata, assestando una poderosa manata sulla spalla di Neville, che per poco non sbatté la testa contro il banco, ma almeno smise di tossire.
“G-grazie professoressa.”
“Patetico.” Il sardonico commento di Draco non fu neanche questa volta molto silenzioso, tanto che riuscì ad attirare su di sé gli occhi di metà della classe. Ovviamente, in quella metà vi era anche la professoressa, che ora si stava avvicinando a passo di marcia al suo banco e il Serpeverde dubitava fortemente che stesse andando a fargli i complimenti.
“Signor Malfoy, perché non prova lei invece?” Chiese serafica, aggiustandosi gli occhiali sul naso. Lui le avrebbe volentieri risposto a tono, con qualcosa di simile a ‘piuttosto bacio Potter’ oppure ‘non ho capito neanche cosa devo fare’, ma si limitò ad osservarla in silenzio, facendole intuire da sola che non sapeva neppure quale incantesimo praticare.
Lei la guardò con biasimo e con disapprovazione, per poi voltarsi e dirigersi verso la cattedra.
Strano, pensò, quella volta se l’era cavata con poco, una misera occhiataccia…
Le ultime parole famose.
“Signor Malfoy, perché non presta il suo libro al Signor Finnigan e al Signor Paciock?”
Quella era la peggior cosa che gli poteva capitare quel giorno, tanto che si chiese se la McGranitt non avesse capito qualcosa e lo avesse fatto di proposito.
Mentre era ancora di spalle, tentò di prendere quello di Tiger che era al suo fianco, dandogli quello al posto del suo, ma il suo tentativo fu sventato da Seamus, che, ad alta voce, disse: “Malfoy, ha detto di darci il tuo libro, non quello di Tiger!”
Stupido Grifondoro.
“Signor Malfoy, qual è il problema?” Chiese a sua volta la McGranitt, invitandolo poi con un gesto della mano a dare il suo libro ai due ragazzi.
L’unica cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stato togliere la lettera da dentro quel dannatissimo libro, evitando tanti spiacevoli inconvenienti, ma con lo sguardo perforante della professoressa di Trasfigurazione su di sé non avrebbe potuto senza attirare l’attenzione sull’oggetto incriminato.
Mentre nella sua mente ricopriva i due – e tutti i Grifondoro già che c’era – di insulti e improperi, si alzò con gesti meccanici e si diresse verso il loro tavolo, lasciandogli l’oggetto con malagrazia.
“Bene, riprendiamo.” E la lezione continuò, mentre lo sguardo di Malfoy non si staccava neanche per un attimo dal banco dei due Grifondoro e la sua mente restava sempre ancorata al contenuto – e alla possibile diffusione – di quella lettera.
Dopo una lunga e sofferta ora, perlomeno dal punto di vista di Draco, la lezione finì, rendendo il ragazzo felice come mai in vita sua. Scattò letteralmente in piede, avvicinandosi a passo spedito verso i due ragazzi in possesso del suo libro.
“Ehi!” Li chiamò con poca grazia, ma prima che potesse raggiungerli per riappropriarsi di ciò che gli apparteneva, la voce della McGranitt lo raggiunse.
“Signor Malfoy, non così in fretta, venga qui un attimo per favore.”
Non potendo ignorare la richiesta della professoressa, si voltò per poi andarle incontro, sperando che la cosa non andasse per le lunghe.
Voleva forse punirlo? Non era stato abbastanza ciò che aveva fatto, chiedendogli di dare il suo libro a quei due deficienti decerebrati?
“Sì?” Chiese, con un tono cortese che non celava affatto l’irritazione e irrequietezza: doveva raggiungere quei due subito, prima che trovassero la lettere, sempre se così non era già stato.
“Tu sai che nella mia materia non eccelli, perciò il totale disinteresse che ti caratterizza ultimamente non è di grande aiuto. Ti conviene fare più attenzione. Intanto ne parlerò comunque con il professor Piton.” Disse seduta alla scrivania e trapassandolo letteralmente con i suoi occhi azzurri.
“Va bene professoressa.” Detto ciò, fece per andarsene, ma lei intervenne nuovamente, chiamando il suo nome.
“C’è forse qualcosa che non va?” Chiese in un tono leggermente meno inquisitorio.
‘Sì, in quel libro c’è la mia dignità, che in questo momento è messa a repentaglio da te, brutta vecchiaccia! Mi avrai sulla coscienza se qualcuno trova quella dannata lettera!’.
“No, va tutto bene. Arrivederci professoressa.” Detto ciò, uscì velocemente dall’aula, facendosi largo stizzito tra la folla di studenti che erano ancora nei corridoi.


***


Essendo le ultime due ore della giornata quelle di Trasfigurazione, come era ovvio Draco non riuscì a trovare Seamus e Neville per farsi ridare il libro. Avrebbe dovuto aspettare a lunedì, visto che il giorno dopo sarebbe stato domenica: andargli a parlare sarebbe stato più difficile e avrebbe attirato maggiormente l’attenzione. In più, farsi vedere mentre parlava con un Grifondoro, nonostante fosse per un motivo del genere, non rientrava nei suoi programmi.
Quella sera, a cena li aveva osservati tutto il tempo, per scoprire se avessero trovato quella lettera e se avessero già spifferato tutto a San Potter, in modo che diffondesse la notizia per tutto il Mondo Magico. Ogni risata, ghigno, faccia sconvolta, ricollegava tutto al suo segreto e automaticamente pensava al peggio. Il fatto che, però, nessuno di quella tavolata maledetta si fosse voltato nella sua direzione gli aveva fatto capire che non avevano trovato nulla. Troppo idioti anche per quello, si disse, e per una volta la loro stupidità gli andava più che bene.
L’unica occhiata non troppo felice che quella sera ricevette fu da parte di Piton, che, evidentemente, doveva aver parlato con la McGranitt. Quello, al momento, restava il minore dei suoi problemi.
Comunque, che l’avessero trovata o no, doveva andare a riprendersi quel dannato libro, o perlomeno la lettera: non l’avrebbe lasciata in mano loro un secondo di più.
“Quegli stupidi Grifondoro meriterebbero una lezione, sono troppo arroganti!” Disse ad un tratto Pansy. O forse aveva parlato fino a quel momento, ma Draco era stato troppo concentrato sulla lettera per sentire anche solo una parola.
Ogni tanto Pansy rendeva noto il suo disprezzo verso i Grifoni anche se non aveva un motivo apparente. Effettivamente era quello che faceva quasi sempre un Serpeverde che si rispetti: i Grifondoro facevano sempre qualcosa, il solo fatto che respiravano era ‘qualcosa’.
Con disinvoltura, come se non fosse assolutamente preoccupato – nessuna lettera, nessun libro, nessuna nobile dignità che era nelle schifose mani di un Grifondoro –, prese a mangiare il suo budino alla menta, nonostante fosse la cosa che più odiava sulla faccia della terra – dopo Potter.
“E cosa vorresti fare per fargliela pagare? Andare lì e dirgli che sono tanto, tanto cattivi?” Chiese con un ghigno sprezzante, aspettandosi qualche risposta stupida e insensata, giusto qualcosa alla portata dell’attività cerebrale della ragazza.
“Non saprei…” Iniziò, poggiando una guancia su una mano e mutilando nella peggior maniera il budino che aveva davanti con il cucchiaino. “Userei la Polisucco per trasformarmi in uno di loro e fargli saltare la Sala Comune!” Propose di colpo, tutta eccitata alla sola idea e lanciando sguardi tutto intorno alla ricerca di approvazione.
Riscontrò pareri positivi nei grugniti di Tiger e Goyle, che avrebbero approvato anche di far saltare per aria la loro stessa Sala Comune: l’intelligenza non era dalla loro.
Mentre gli altri discutevano animatamente, chi sulla stupidità della risposta di Pansy – ‘come la prepariamo la Polisucco, mh, con il pensiero?!’ –, chi sulla possibilità di trovare un altro modo per dare una lezione ai Grifondoro – ‘qualcuno ha qualche idea? Non Pansy.’ –, Draco Malfoy fu folgorato da un’idea improvvisa. La soluzione ai suoi problemi gli era appena stata data da quella mezza oca giuliva che, probabilmente, non sapeva effettivamente nemmeno quel che aveva detto.
Per una volta dalla bocca di Pansy era uscito qualcosa che gli sarebbe stato utile e la cosa era tutto dire. Avrebbe dovuto proporre un brindisi per festeggiare la cosa?
Lui, al contrario dei suoi compagni, non si faceva mai cogliere impreparato dalle situazioni improvvise, ecco perché aveva, ben nascosta nel suo baule, una boccetta di Pozione Polisucco. Gliel’aveva data suo padre all’inizio dell’anno, augurandogli di farne un buon uso e il ‘buon uso’ inteso da Lucius, sicuramente, era ben lungi dall’essere inteso come ‘buona azione samaritana’.
Quello di Draco era, senza ombra di dubbio, un uso molto urgente.
Gli servivano solo un po’ d’ingredienti che, ovviamente, suo padre non poteva fornirgli e lui non si sarebbe di certo procurato con le sue mani.
“Tiger, Goyle, ho un lavoretto per voi.”


***


Draco Malfoy sapeva, nel suo inconscio, che la cosa più saggia da fare sarebbe stata aspettare a lunedì e, senza troppe cerimonie, chiedergli quel sacrosanto libro, mettendo fine a quella storia. Bruciare la lettera, possibilmente dopo averla fatta in tanti piccoli pezzi, sarebbe stato il passo successivo.
Nonostante questa consapevolezza, aveva fatto di testa sua, avventurandosi in qualcosa decisamente più grande di lui, nonché pericoloso e una serie di altri aggettivi tutt’altro che benevoli potevano descrivere la faccenda.
Se lo beccavano potevano espellerlo senza troppi complimenti, facendo felice almeno sua madre che, avendolo a casa ventiquattro ore su ventiquattro, lo avrebbe saputo al sicuro.
Quella, però, era la parte che lo impensieriva di meno, così come anche la possibilità di andare incontro all’ira di suo padre in quel momento non gli sembrava nulla di che.
Ciò che aveva fatto andava oltre l’umana concezione, le punizioni che avrebbe subito in conseguenza al suo gesto se fosse stato scoperto, come minimo, gli avrebbero fatto desistere dal tentare un’azione così sconsiderata ancora, ma non c’era mai fine al peggio.
Lui si era intrufolato nella Sala Comune dei Grifondoro, quello dopo aver assunto le sembianze di uno di loro. La parte più grave della faccenda, però, era stata scoprire di chi aveva preso le sembianze.
Quella mostruosa faccenda gli aveva anche insegnato che non avrebbe mai più dovuto chiedere aiuto a quei due bisonti babbei di Tiger e Goyle, a suo parere finiti Serpeverde solo per sbaglio.
Subito dopo cena, i due erano andati a fare ciò che gli era stato chiesto da Draco, ovvero di prendere un capello da un Grifondoro – obbligatoriamente Purosangue, non Paciock, non Potter né della sua inseparabile combriccola, nessun buonista, magari qualcuno con le palle – il tutto senza farsi notare.
Ci avevano messo più tempo del previsto, Draco era sicuro che fossero passati prima a fare un giro dalle cucine. Quando erano tornati, però, avevano con loro i capelli; era rimasto piuttosto sorpreso dalla riuscita del suo piano, si era poi convinto seriamente che fosse andato tutto liscio come l’olio. Non aveva indagato sul ‘come’ avessero ottenuto ciò che voleva, ma sapeva che la metodologia utilizzata non era stata delle più discrete.
Tiger e Goyle gli avevano riferito che i capelli prelevati apparteneva a Cormac McLaggen, il che non gli era andato particolarmente a genio, visto che il ragazzo in questione non era un esempio lampante di intelligenza umana. Quando poi Tiger aveva avuto la sfrontatezza di aggiungere che gli somigliava, li aveva cacciati entrambi: non gli erano più di alcun aiuto.
Verso mezzanotte aveva preso la pozione con i capelli del ragazzo, convinto che guardandosi allo specchio avrebbe fatto capolino una chioma bionda giusto qualche tonalità più scura della sua.
Il ragazzo ci mise un po’ a realizzare che McLaggen non aveva i capelli rossicci e che quel tipo di rosso era il marchio di fabbrica di ogni Weasley che si rispetti.
Una volta metabolizzato il tutto e vista la sua faccia allo specchio aveva urlato, tappandosi poi di colpo la bocca, ricordandosi che ora non era Draco Malfoy, ma Cormac McLaggen – che era misteriosamente diventato Ron Wesley – e se si faceva scoprire le conseguenze non sarebbero state certo rose e fiori.
Come diavolo avevano fatto i capelli di Weasley a diventare magicamente quelli di McLaggen non voleva neanche saperlo. Probabilmente quando quel giorno i due si erano azzuffati nel cortile della scuola vi era stato lo scambio di capelli: non si sarebbero potuti picchiare il giorno dopo, invece che quella mattina?
Dopo varie imprecazioni, tutte rigorosamente triviali e decisamente poco fini, Malfoy, senza farsi vedere, era giunto alla Sala Comune di quei perdenti – almeno Tiger e Goyle erano riusciti a scoprire anche la parola d’ordine.
Ci aveva messo piede da, sì e no, venti secondi, quando decretò senza troppi convenevoli che quella Sala Comune era orribile, quasi come chi la abitava. Era tutto troppo Grifondoro per potergli andare anche solo vagamente a genio: quadri, pareti, poltrone, perché tutto doveva essere così macabramente Grifondoro? Poco importava che quello era il loro dormitorio, erano solo dettagli.
Fortunatamente alla fine aveva agito a quell’ora tarda, infatti tutti erano già andati a dormire, fatta eccezione per qualcuno che si era addormentato sulle poltrone davanti al camino ormai spento. Grazie al cielo anche il Trio era andato a dormire o vedendo due Ron la situazione sarebbe precipitata e si sarebbe trovato in un mucchio di escrementi di Thestral fino al collo.
In quel preciso istante, nonostante fosse dentro, non aveva la più pallida idea di dove dovesse andare, dove diavolo fosse il loro dormitorio non lo sapeva proprio.
Stupidi Grifondoro con le loro Sale Comuni complesse!, pensò stizzito e stressato, passandosi automaticamente una mano tra i capelli, ricordandosi poi a chi apparteneva quella zazzera rossa. Aberrato, si pulì convulsamente le mai sul mantello, Trasfigurato abilmente in uno di Grifondoro.
Sbuffò infastidito, osservando con sguardo arcigno lo stemma della Casata di Godric Grifondoro, con quei colori patetici e indignitosi. Lui, Draco Malfoy, costretto a portare una divisa Grifondoro, con le sembianze di quel pezzente di Weasley, il tutto per evitare che qualcuno trovasse una lettera che poteva segnare la sua rovina.
Quel giorno il suo onore e la sua dignità erano completamente messi allo sbaraglio e gli venne spontaneo chiedersi se qualcuno non gli avesse fatto il malocchio o se fosse semplicemente tutta sfortuna rigorosamente sua. Fosse stato un Babbano probabilmente si sarebbe chiesto se non fosse venerdì diciassette, ma essendo sabato anche quell’ipotesi non sarebbe stata in piedi.
Quando l’orologio suonò mezzanotte e mezza, Draco si rese conto che era ora di darsi una mossa, stare in quel posto non gli piaceva per nulla – persino il tappeto portava quegli orribili colori! – e il tempo della Polisucco non era di certo illimitato.
Sperando vivamente con tutto se stesso che fosse quella giusta, scelse una delle due rampe di scale che, evidentemente, portavano ai due dormitori, e la salì, facendo il più piano possibile.
Non riuscì a capacitarsi di come, dopo tre gradini saliti, esse scomparirono, divenendo uno scivolo e facendolo cadere di sedere per terra.
Era una trappola messa apposta per quelli che non erano Grifondoro? Erano davvero così fetenti? Le loro qualità non erano forse lealtà e tante altre belle doti idiote? La bastardaggine dove l’avevano lasciata? E poi le serpi erano loro.
Si voltò indietro, trovando una ragazza, probabilmente del settimo, che lo osservava con lo sguardo di chi prova una grande pena e scuoteva la testa: Weasley doveva essere conosciuto per quel che era anche lì, un idiota.
Ad un tratto, la ragazza si alzò e salì le stesse scale da cui Draco era caduto: il Serpeverde comprese che, probabilmente, dovevano portare al dormitorio femminile, ecco perché lui non poteva salirle.
Malfoy ritenne davvero un peccato che odiasse già dal profondo i Grifondoro o dopo quell’esperienza avrebbe potuto serbare ancora maggiore rancore.
Tentò nuovamente con l’altra rampa di scale e quando, dopo i primi tre gradini, non rotolò giù come un sacco di patate, intuì che forse poteva arrivare fino su senza spezzarsi la catena del collo.
Nonostante ci avesse messo un po’ per arrivare fino su, era riuscito a trovare il dormitorio; trovare la camera in cui alloggiavano quegli allocchi, però, sarebbe stato leggermente più difficile. Perché quel dannatissimo giorno doveva andargli tutto storto? Che fosse stata proprio la McGranitt a mandargli il malocchio solo perché nelle sue lezioni preferiva di gran lunga contare gli Ippogrifi decapitati piuttosto che ascoltare anche una sola sua parola?
Ad un tratto, proprio dalla porta davanti a lui, sentì una voce sommessa: “No… No, Nonna, non ho mangiato io Oscar… Stavo potando le tue gardenie...”
Con una smorfia riconobbe quella voce, appartenente a Neville, che Draco appurò non essere certamente più intelligente neanche quando dormiva.
Senza fare rumore, si addentrò all’interno della camera, pregando Salazar che quegli idioti avessero il sonno pesante o avrebbe dovuto trovarsi una valida scusa da usare per discolparsi.
Neppure la loro stanza era un granché, niente in confronto a quelle dei Serpeverde, molto migliori. Lui, però, non si trovava lì per giudicare l’arredamento di quei pezzenti, doveva solo prendere la lettera. O il libro. Non lo sapeva nemmeno lui effettivamente, il suo piano non poteva esattamente essere definito ben congeniato e a prova di ogni singola eventualità; inizialmente non era stato neanche sicuro che sarebbe riuscito ad usare la Polisucco, figurarsi se aveva pensato a come muoversi una volta entrato in quel covo di sfigati.
Ora che era dentro, però, doveva decidere, o avrebbe passato i peggiori momenti della sua vita – si era trasformato in Weasley, il che diceva tutto – senza concludere assolutamente nulla.
Si mosse piano tra i letti dei Grifondoro, senza andare a sbattere contro nessuno di essi; non rimase stupito nello scoprire che ad occupare quella stanza, oltre a Paciock, fossero Finnigan, Thomas, Potter il Santo e Weasley, che stava allegramente sbavando sul cuscino in maniera a dir poco vomitevole.
Prima usciva da lì e meno incubi avrebbe avuto la notte, con protagonisti quei decerebrati che non avevano un contegno neanche mentre erano zitti e immobili. Stavano anche russando, cosa che lo irritò non poco: non potevano non respirare proprio, così da eliminare ogni problema alla radice?
Dal momento che non ci vedeva granché in quel buco, si azzardò a procurarsi un po’ di luce con il lumos, o di quel passo non lo avrebbe mai trovato.
Cercò la borsa dei libri dei due, nella speranza che fosse lì, ma non c’era.
Stupidi Grifondoro e i loro scherzi deficienti, dove Merlino lo avevano nascosto? Se avesse dovuto tornarsene al suo dormitorio senza nulla in mano quei Grifondoro non avrebbero avuto vita lunga, anche se glielo avessero ridato loro il giorno seguente.
Ad un tratto, mentre nella mente di Draco si costruivano i più malvagi e sadici piani contro quei poveri angioletti indifesi che se la dormivano senza ritegno mentre un Serpeverde con altre sembianze si trovava nel loro dormitorio, il suddetto ragazzo sbatté con il piede contro quello che realizzò essere una sottospecie di libreria.
Non molto grande, molto simile a quella che si trovava anche nelle stanze dei verde-argento; unica differenza, a Grifondoro la usavano per tenerci i libri, i Serpeverde come legna per il camino, tanto per rendere l’idea.
Mentre imprecava decisamente per nulla a bassa voce, iniziò ad ispezionare quel mobile, nella speranza che quel benedetto libro di Trasfigurazione si trovasse lì.
Tra uno di quei libri lì sopra ammassati, riconobbe una copertina piuttosto malridotta, nera con delle rifiniture argentee; la prese, scoprendo essere proprio la sua.
Sorrise vittorioso, correndo subito al fondo del libro per vedere se vi era ancora quel semplice foglio di carta che lo stava facendo dannare non poco.
Il ghigno si allargò nel ritrovarla ancora lì, al suo posto. Non aveva la minima certezza che quei simpaticoni non l’avessero trovata e letta, ma, al momento, l’unica cosa che voleva fare era andare via di lì.
Alla fine decretò che era meglio prendere libro e lettera insieme: se il libro fosse sparito, Finnigan e Paciock non avrebbero potuto ridarglielo lunedì e lui si sarebbe potuto lamentare perché avevano perso uno dei suoi libri di testo. Nessuno, inoltre, poteva accusare lui di aver assunto altre sembianze con la Pozione Polisucco, essere entrato nel loro dormitorio e tutte le altre mirabolanti azioni che aveva compiuto quella sera.
Sarebbero finiti nei guai quegli idioti e quella era una cosa davvero gratificante, concluse, mentre si accingeva ad uscire.
Purtroppo per lui, non riuscì neanche ad avvicinarsi ad un metro dalla porta, poiché un rumore alle sue spalle lo fece voltare: Ronald Weasley – quello vero, Weasley DOC – era in piedi, che lo stava osservando.
Gli si gelò il sangue nelle vene.
Draco si aspettava che dicesse qualcosa, ma così non fu: Ron se ne stava semplicemente diritto di fronte a lui, senza emettere il minimo suono. Effettivamente sembrava ancora addormentato, nonostante avesse gli occhi aperti.
Dalla sua bocca uscivano solo grugniti e suoni indefiniti, che diedero a Draco la conferma che era più sveglio un morto nella sua tomba che lui. Quando cadde a peso morto sul letto, prova schiacciante che se la stava ancora dormendo beatamente, fece per andarsene.
“Stupido Weasley.” Disse sdegnoso all’indirizzo del ragazzo.
Fece esattamente un passo, prima di sentire un altro sonoro tonfo che lo fece voltare: Ron si era portato nuovamente in piedi, gli occhi rigorosamente aperti.
Ora era sveglio o dormiva? Quel babbeo doveva creare danni anche quando non era completamente cosciente?
“Tu!” Gli disse d un tratto, puntandogli il dito contro.
Draco era schifato – come si era permesso quel plebeo di indicarlo come fosse un elfo domestico? – e decisamente infastidito. Perché non se ne era andato quando era in tempo?
Mai si era trovato in un solo giorno così tante volte nei guai, che per altro non erano neanche facilmente gestibili.
Dannazione, ma era sveglio oppure no?
“Tu!” Disse nuovamente esprimendo in una sola parola quella che era la sua limitata intelligenza.
“Io?” Chiese scettico Draco, accertando che, di certo, l’intelligenza che di giorno non ostentava non la tirava fuori nemmeno di notte. Non c’era proprio e basta.
“Dammi ciò che mi spetta!”
Un Malfoy che doveva qualcosa ad un Weasley? Era ovvio che stesse sognando, non vi era ombra di dubbio. L’unica cosa che potevano dare a quei pezzenti era compassione e disprezzo, solitamente il secondo in quantità maggiori.
“Non ti devo niente, idiota.” Lo apostrofò freddamente, sbuffando seccato.
“Sì, invece!”
“E cosa, di grazia?” Era sinceramente curioso di scoprire che cosa, in quel fervido e fantasioso sogno, decisamente distaccato dalla realtà, doveva dare a uno come lui.
“La mia parte di Puffole.” Disse, questa volta il tono era cupo.
“Che diavolo stai dicendo?”
“Io e te ci siamo giocati a scacchi le Puffole di Harry e ora voglio la mia parte!”
“Ma sei stup-”
“Non costringermi a denunciarti agli Auror, finiresti sicuramente a dormire dietro le zucche!” Asserì con aria di sufficienza.
Doveva ridere, piangere, affatturarlo o scaraventarlo semplicemente giù dalla finestra?
La dignità e l’onore che perdeva ogni giorno con ogni suo gesto di certo non li riconquistava durante la notte, certo che no.
Malfoy stava per iniziare la sua lunga serie di insulti, verso quello che per lui era solo la personificazione della stupidità nella sua forma più primordiale, ma l’espressione di Ron mutò.
Da arrogante e saccente, divenne sconvolto, insicuro e sconcertato.
“Che hai Weasley, ti sei visto allo specchio?” Disse Draco con un ghigno ben stampato in volto.
“Ma tu… sei me?”
“Ma come ti permetti di-” ‘paragonarmi ad un pezzente come te!’, sarebbe dovuta terminare a frase, ma il ragazzo si ricordò in extremis che lui aveva le sembianze del ragazzo.
“Ehm, sì, pressappoco…” Si corresse in fretta, riluttante come non mai a dire qualcosa del genere.
In un batter d’occhio Ron gli fu davanti, facendolo sobbalzare; voleva forse farlo morire di crepacuore?
Brutto rosso che attentava alla sua regale persona.
“Abbiamo gli stessi capelli, la stessa faccia…” Disse in tono sognante Ron, toccando con le mani l’oggetto delle sue indagini.
Subito Draco lo allontanò, mettendo una consistente – per quanto lo permettessero le ridotte dimensioni della stanza – tra loro due.
“Ehi, tieni giù le tue sudice mani!”
“Ma tu sei la mia coscienza!” Lo rimbeccò, quasi deluso.
Perché proprio lui, Draco Malfoy, doveva venire coinvolto in uno dei sogni stupidi di Ron Weasley?
Quella domanda poteva andare a fare compagnia alle altre che si erano susseguite nel corso di quella sconvolgente giornata.
“Dammi i numeri del Supermago!”
Uno – il neurone che girava in cerchio nella mente di quell’idiota –, due – i secondi prima che lo avrebbe catapultato giù dalla finestra –, tre – non vi era una motivazione, semplicemente seguiva l’uno e il due.
“Non sono morto, deficiente!”
“Posso farti una domanda?” Chiese, ignorando la su risposta.
“No.” Rispose di riflesso Malfoy, che non aveva più voglia di stare a quella pagliacciata. Non che ci stesse mettendo grande impegno, per carità.
“Seamus e Dean sono gay?”
“Ma cosa vuoi che mi importi! No, sono asessuati, ora tornatene a dormire e lasciami stare!” Gli ringhiò contro, stringendo maggiormente la presa sul libro.
Ron stava per dire qualcosa, quando ad un tratto spalancò la bocca, iniziando ad indicarlo in maniera convulsa.
Cosa diavolo aveva ora quel cretino?
“I tuoi capelli!”
“Sì, sono orribilmente rossi, come i tuoi.” Borbottò.
Possibile che passasse da una domanda stupida ad un ancora più idiota?
“No, stanno diventando biondi!”
“Oltre ad essere scemo sei anche daltonico?” Gli chiese infastidito.
Poi un’illuminazione lo colse: del gruppo dei Tre Santi Grifondoro quello che aveva problemi di vista era lo Sfregiato, la Zannuta ci vedeva anche sopra la media e Lenticchia ci vedeva benissimo.
Quello voleva dire che i suoi capelli stavano divenendo effettivamente biondi e che perciò lui era nella merda, tanto per metterla in termini decisamente poco fini. L’effetto della pozione stava svanendo e lui era stato incastrato da Weasley, che oltre ad essere stupido e ben vedente, era anche sonnambulo.
Tentando di non farsi prendere dal panico – oh Santo Salazar, mio madre mi disconosce, mi disereda e la mia dignità sarà pari a quella di quei pezzenti dei Weasley! –, si girò velocemente verso la porta, ben intenzionato ad andarsene.
Intanto, mentre la sua mente giungeva a quelle brillanti deduzioni, Ron era giunto ad altre conclusioni, che lo avevano portato ad una crisi esistenziale di proporzioni elevate.
“Mi sto trasformando in Malfoy! È forse questo il mio destino, diventare come lui? Io non voglio! Non è giusto, da piccolo li ho sempre mangiati i broccoli! Non le ho mangiate io le cioccorane!”
Draco non poté sentire il resto della scenata del Grifondoro, poiché si lanciò letteralmente di volata fuori da quel dormitorio che, a suo parere, era maledetto oltre ogni dire.


***


“Ron, si può sapere che stavi sognando questa notte? Harry ci ha messo secoli prima di riuscire a svegliarti!” Chiese Seamus ad un Ron che sembrava particolarmente stanco. Se ne andava in giro per la stanza come un’anima in pena, alla ricerca degli indumenti da mettersi quel giorno, con scarsi risultati peraltro.
“Vero!” Concordò Dean, passandogli un suo calzino per aiutarlo nella sua disperata ricerca.
Ron rispose con un solo grugnito, decisamente assonnato: era stata davvero una notte movimentata, benché ricordasse poco di essa.
“Non credo che questa mattina riuscirà a fare granché se non magia qualcosa!” Disse Harry e Dean e Seamus si ritrovarono pienamente d’accordo con lui.
Finnigan e Thomas poi uscirono e a loro si accodò anche Neville: nella stanza restarono solo Harry e Ron.
“Veramente, Ron, che stavi sognando questa notte?” Chiese di punto in bianco il Ragazzo Sopravvissuto, anche lui pervaso dalla curiosità.
Mentre aveva tentato di sveglialo, oltre a rischiare di ricevere qualche pugno e calcio dall’amico, aveva sentito qualche frase, come ‘destino’ o ‘puffole bastarde’.
Ron grugnì nuovamente, mentre tentava di allacciarsi le scarpe.
“Non me lo ricordo… mi stavo trasformando in Malfoy però… cioè, non io, la mia coscienza…”
“Capisco…” Lo assecondò Harry, stranito dinnanzi alla descrizione di quel sogno. Immaginarsi l’amico con i tratti caratteristici di un Malfoy non sapeva nemmeno lui se fosse ridicolo o decisamente spaventoso.
“E non voleva neanche darmi i numeri del Supermago!” Disse offeso Ron, mentre l’amico si limitava solo ad osservarlo con sguardo incerto.
Sarebbe stato decisamente scortese da parte sua chiedergli cosa si fosse fumato prima di mettersi a dormire, ma Harry fu fortemente tentato dal farlo.
I due poi si avviarono per andare nella Sala Grande.
Non erano ancora neanche usciti dalla stanza, quando il rosso si fermò di colpo.
“Ehi, cos’è questa?” Proferì Ron, inchinandosi a terra e raccogliendo quella che era senza ombra di dubbio una lettera.
“È indirizzata a Draco Malfoy!” Aggiunse Harry, i cui occhi si illuminarono: cercava soltanto qualcosa con cui poter rendere difficile la vita a quello spocchioso Serpeverde e cosa c’era di più personale della corrispondenza?
L’animo Grifondoro poteva essere coraggioso e nobile, ma tutti i maghi, dal primo all’ultimo sulla faccia della terra, sapevano che non c’era nessuno ficcanaso come i rosso-oro.
Quella mattina non sarebbe potuta cominciare meglio, convennero in seguito.


C’era forse chi, però, non la pensava alla stessa maniera. Draco, una volta arrivato al suo dormitorio, aveva riposto il libro nel baule senza aprirlo. Si era infilato subito nel letto, con il chiaro intento di recuperare le ore di sonno che quella dannata lettera gli aveva fatto perdere.
Solo al suo risveglio lo aveva ripreso, per controllare che effettivamente l’oggetto delle sue disperate ricerche per tutta la giornata fosse al suo interno.
Fermamente convinto che avrebbe trovato la lettera al fondo del libro di Trasfigurazione, rimase letteralmente pietrificato quando si rese conto che non c’era.
La lettera non era nel libro.
Sfogliò freneticamente tutte le pagine alla sua ricerca, ma non vi era da nessuna parte.
Non c’era.
Scomparsa, sparita, non presente.
Divenne pallido come non mai, quando realizzò il tutto e quel mattino Tiger e Goyle si pentirono come non mai di essere entrati nella loro stanza; quando Draco Malfoy era arrabbiato, sconvolto o sia arrabbiato che sconvolto poteva divenire potenzialmente dannoso per chi si trovava nelle immediate vicinanze.
Molto dannoso.



V Classificata al The Who and the Where Contest, indetto da BadWolfTimeLord.


Quinta Classificata:
La lettera incriminata di black_cherry


Grammatica: 12.5/15.
Stile: 14/15.
IC: 10/10.
Gradimento personale: 9.5/10.
Totale: 46/50.


Prima di tutto, la tua storia mi è piaciuta. E’ divertente, descritta bene e simpatica. Mi piace molto il tuo stile, ma ti ho levato un punto per alcuni periodi eccessivamente lunghi. La cosa che ti ha penalizzato veramente tanto è stata la grammatica. Ho trovato alcuni errori di punteggiatura e altri di ortografia, credo sfuggiti ad una seconda rilettura, come:
- Hai scritto sparare invece di sperare.
- Stupidita invece di stupidità.
- Pare invece di fare.
- Pensate invece di pesante.
- Li invece di gli.
- Immediato invece di immediata.
I personaggi sono descritti bene, soprattutto alcuni come Harry o Pansy che si incontrano solo in un pochi righi, ma che sono descritti davvero bene e perfettamente IC, almeno secondo il mio punto di vista! xD
Cos’altro? Riguarda un po’ la parte grammaticale, ma per il resto è tutto a posto. Complimenti! =)


Che dire? Mi ritengo semplicemente pienamente soddisfatta!ù____u
  
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