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Autore: ThisIsLeisure    27/01/2011    2 recensioni
Caterina è una giovane ragazza nobile di Milano, non compresa dal padre e dalla matrigna, si sente sola come non mai nella sua vita. Finche non conosce Alexandre, un vampiro bello,tenebroso, e nobile Spagnolo. La vita di Caterina sta per cambiare drasticamente.
Angeli, vampiri, amore, morte, famiglia e il senso della vita, sono parti fondamentali di questa storia. Siete pronti ad iniziare il viaggio?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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È Tempo di Decisioni

Ero gia sveglio da mezz'ora e 14 minuti, con esattezza. Tenevo gli occhi chiusi. Sentivo Caterina muoversi in giro per la stanza, vestirsi, a un certo punto prese un foglio e ci scrisse su qualcosa, velocemente, lo lasciò sul tavolo. Sperai con tutto il cuore, che quelle non furono parole d'addio. Non la avrei seguita, se le fossero state. Il mio orgoglio non me lo avrebbe mai permesso. E non volevo costringerla in qualcosa che non voleva. Era colpa mia, se quelle erano parole d'addio. Non le avrei mai dovuto dire del mio mondo, non l'avrei mai dovuta baciare, non l'avrei mai dovuta spiare, non l'avrei mai dovuta ascoltare, non l'avrei mai dovuta amare. Era tutta colpa mia, se quelle erano parole d'addio. 
Sperai con tutto il mio cuore non-battente che non lo fossero. Sentii la porta della camera da letto aprirsi, e poi chiudersi emettendo un suono forte. Se non voleva svegliarmi prima, ora lo voleva di sicuro. Aprii di scatto gli occhi. Il suo profumo non fluttuava più nella stanza. Mi alzai di scatto, e corsi alla scrivania. Presi il foglio e in circa 1 secondo lessi: 
 
 
Alexandre, 
Ho bisogno di tempo per pensare. Vado a fare un giro, non ti preoccupare per me. Tornerò.
Ti amo,
 
Caterina. 
 
 
Non era un no. Respirai profondamente, mentre riappoggiavo il biglietto sul tavolo. Non era un no. Sarebbe tornata, così aveva detto. Non mi avrebbe mai mentito. Lo sapeva benissimo che odiavo le bugie. Forse però era solo un modo per scappare. Forse stava solo aspettando il momento giusto per scappare, tornare a casa sua. Mi venne in mente suo padre, e improvvisamente mi venne voglia di tirare un pugno al muro. Confusi il pensare con il fare, e tirai un pugno al muro, che si sgretolò al mio tocco. Non mi feci male, ovviamente. Appoggiai la testa al muro per qualche secondo. Se non fosse tornata non so se avrei avuto il coraggio per affrontare i miei amici e mio zio, a Barcellona. Non so cosa avrei fatto, forse sarei rimasto li, in quella stanza d'hotel, avrei tirato pugni al muro tutto il giorno, e la avrei aspettata. Per sempre. Forse sarei andato a fare un viaggio, in un posto tipo il Tibet, o l'India. Peccato che v'ero gia stato. Inspirai profondamente, di nuovo. Sentivo caldo, molto caldo. Non mi era mai successo. 
Come se la pelle mi andasse a fuoco, come se le ossa stessero generando il fuoco. Il respiro mi mancava, non che ne avessi bisogno, ma non ero abitutato a non respirare. Sentivo come se stessi sudando, ma non stavo veramente sudando. Non potevo. Non mi poteva mancare il respiro, non stavo veramente andando a fuoco e non stavo sudando. Che avevo? Sentivo che sarei potuto morire. Camminai in giro per la stanza, con la testa fra le mani. Le tempie mi pulsavano. Lei DOVEVA tornare. Stavo impazzendo. Pensai a mio zio, Aaron.
Lo avevo abbandonato nel momento del bisogno. Dio, ero un uomo orribile. Uomo, si fa per dire. Mostro era la parola che mi si addiceva di più. Pensai che forse sarei dovuto andare a cercarla. Rilessi il biglietto.
 
 
Alexandre, 
Ho bisogno di tempo per pensare. Vado a fare un giro, non ti preoccupare per me. Tornerò.
Ti amo,
 
Caterina.
 
 
Nessun' indizio di dove poteva essere andata. Era gia andata via da un po' quindi non sarei mai riuscito a rintracciare il suo profumo. E se l'avessi persa per sempre? Tirai un altro pugno al muro, lasciando un grosso buco nella parete bianca. Aveva scritto "Ti Amo" ma forse lo aveva fatto solo per addolcire la pillola. 
Mi stavo creando il problema? Oddio non riuscivo nemmeno più a capire se mi stavo creando il problema, o se il problema esisteva veramente. "Vado a fare un giro." Ma cosa intendeva? perchè gli umani erano così complicati? non potevano semplicemente dire le cose come stavano?! Presi un respiro molto profondo. Non so perchè lo feci, ma chiamai mio Zio Aaron.
Quando sentii la sua voce rispondere con un: "Ale." duro e cattivo, desiderai di non avelo mai chiamato.
Non risposi subito, ma tanto lo sapevo che mi poteva sentire.
«Zio Aaron.» risposi un po' dubbioso.
«Alex.» ripetè lui.
«Ciao.»
«Ciao?»
«Si, ciao.» 
«Ciao.»
«La possiamo smettere?» dissi io frustrato.
«Si. Dove sei stato?»
«Sono a Milano.» risposi io sincero.
«Non in quel senso, nel senso che non ti fai sentire da mesi, ti sembra il modo di sparire? Sopratutto ora.» era il suo tono di rimprovero, però sotto sotto lui mi capiva.
«Non, non è il modo.» non mi ero scusato.
«Quando torni? Perchè tornerai vero? Ci servi...» era la voce della disperazione, le cose non stavano andando troppo bene.
«Tornerò. Presto, se le cose si risolvono, tra massimo due settimane sarò li.»
«E se le "cose" non si risolvono?»
«Sarò li dopodomani.» dissi amareggiato, sperando di non rivedere Barcellona ancora per un paio di settimane.
«Va bene. Non sparire, ti prego.» "ti prego"? Mi stava supplicando?
«Quanto male vanno le cose, Aaron?» 
«Su una scala da 1 a 10? 7, Ale. 7.»
«Sono arrivati?» chiesi io.
«No. Ma lo faranno, e presto. Almeno che non sistemiamo questo casino.»
«Hai parlato con Darius?»
«Ho parlato con Ximena.» 
«Ovviamente.» dissi sorridendo, pensando al significato del nome della ragazza: "ascoltatrice".
«Non sappiamo cosa fare, torna.»
«Lo farò. Ci sentiamo.» riattaccai il telefono.
Ero riuscito a togliermi dalla testa Caterina per un paio di minuti. 
La mia famiglia era in pericolo, sperai con tutto il mio cuore che Caterina tornasse da me, perchè anche se non volevo, sapevo che sarei dovuto tornare, e anche presto. 
Non potevo lasciare che Darius e i suoi seguaci scatenassero questo casino, dovevamo fermarli, prima che fosse troppo tardi. 
Sentii dei passi fuori dalla porta principale. La porta d'entrata cigolò, il profumo di Caterina rempì l'aria del mio semi-appartamento.
La sentii sfilare la giacca, il profumo si fece più forte. Era tornata, ma forse aveva solo dimenticato qualcosa.
«Alex?» la sentii chiamare il mio nome. Se il mio cuore fosse ancora battente, ora si sarebbe fermato di sicuro. Corsi in soggiorno. Ci mancava poco che non le piombavo adosso. 
«Ciao.» dissi con voce calma, allontanandomi di qualche passo, notando la sua faccia sorpresa.
«Non vuoi sapere dove sono stata?» chiese lei con tono provocatorio. Per caso si era scordata con chi aveva a che fare? Non mi piace essere provocato.
«Come ti pare.» 
«Come mi pare? Okay. Sono stata a casa mia.» disse lei guardando per terra, il sangue le affluì nelle guance violentamente. 
Quel suo sguardo perso distrusse tutte le barriere che mi ero posto.
La strinsi forte a me, avvolgendola con le mie braccie. 
«Non saresti dovuta andare senza di me.» pensai a cosa avrebbe potuto fargli suo padre, se ancora lo volevamo chiamare così. 
«Sono andata quando loro non c'erano, ho solo preso un paio di mie cose a cui tenevo, e dei vestiti.» 
Non mi ero nemmeno accorto della valigia che aveva lasciato all'entrata.
«Ma è una valigia.» dissi io sorpreso.
«Si.» 
«Quindi...» dissi scostandola leggermente.
Lei annuì leggermente, guardando fisso negli occhi. 
Speravo con tutto me stesso che non stesse scherzando. 
La baciai dolcemente.
«Ne sei sicura?» dissi sorridendo tra un bacio e l'altro.
«Mai stata più sicura.» rispose baciandomi. 
Ignorai completamente il bruciare della mia gola, ero troppo felice per pensarci. 
La fissavo negli occhi, sorridendo.
«Che c'è?» chiese lei ridendo.
«C'è che ti amo.» risposi io baciandola un altra volta.
  
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