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Autore: deedee17    27/01/2011    11 recensioni
“Un bacio. Solo un bacio. Che male può farci un bacio?” – “Non ne hai idea”. - Rispose lei.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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i sogni non bastano. cap. 2

Decise di sfogare la frustrazione con cinque chilometri supplementari di corsa rispetto alla norma. Forse dopo sarebbe stata abbastanza stanca da poter ignorare quel fastidioso senso d’insoddisfazione.

Si preparò velocemente nella fretta di allontanarsi dalla camera da letto, conturbante scenario del suo sogno bollente… Sperò che l’aria fresca l’aiutasse a schiarirsi le idee, e si precipitò fuori nonostante fosse ancora buio. Allungò il suo percorso abituale lungo il fiume Potomac. 

Cercò di concentrarsi sulla tecnica, per non pensare, poi contò ogni singola falcata, ogni macchina, albero, essere umano o animale che entrasse nel suo campo visivo, ma inutilmente, quelle immagini erano sempre lì, sullo sfondo dei suoi pensieri, e quelle sensazioni sconvolgenti, continuavano a turbarla nonostante la fatica fisica.

Una volta tornata a casa, mentre faceva la doccia si chiese se sarebbe stato veramente così con Tony, se avrebbe davvero provato delle emozioni così forti. Il ricordo di quel loro incarico sotto copertura in cui avevano condiviso il letto fingendosi amanti, era ormai talmente lontano e distorto da non poter fare testo, eppure ricordava quel primo bacio con una forte emozione. Ma si sa spesso i ricordi vengono ingigantiti dai sentimenti.

Quel sogno l’aveva confusa, da un lato non vedeva l’ora di rivedere Tony, tale era il senso di trasporto che sentiva nei suoi confronti, dall’altro aveva il timore di lasciar trasparire… qualcosa di… scomodo. 

Alle 6:50 già usciva dall’ascensore, guardandosi intorno, anche se era certa che lui non fosse ancora arrivato. Gibbs c’era già, lo testimoniava il bicchiere di caffè vuoto nel suo cestino, forse era giù da Abby. Sedette alla sua scrivania sorbendo il suo the, un senso di nervosismo la pervadeva, misto ad una… eccitazione quanto mai fastidiosa, forse avrebbe dovuto evitare le bevande eccitanti…

Lesse le mail ricevute, cominciò a cercare le notizie del giorno, ma la sua mente faceva fatica a concentrarsi…

Capiva perché era successo. Vestire i suoi vecchi panni l’aveva riportata indietro nel tempo, quando si sentiva forte e invincibile, quando flirtava con lui senza ritegno sapendo che lui la desiderava, quando il pensiero di un breve interludio romantico non era ancora un problema … 

Era certa che avrebbe pagato lo scotto di essere tornata anche se per poco l'impertinente agente del Mossad, che lo stuzzicava … ma non lo rimpiangeva, era stato bello essere  guardata ancora in quel modo… Sapeva di essergli mancata. 

Le sarebbe piaciuto tornare a quel vecchio rapporto, tormentarlo aspettando la sua reazione, cogliere i suoi sguardi maliziosi in risposta alle sue battute piccanti… ma… non… era semplice. Niente era semplice tra di loro, troppe cose erano successe, e troppe altre non erano mai successe, troppe parole dette, e troppi silenzi. Solo una cosa era chiara, si appartenevano, senza sapere come, erano legati, , ma non sapevano dirselo.

Con un sorriso ripensò ai recenti eventi che li avevano coinvolti. Il guizzo d'apprezzamento nei suoi occhi, quando era tornata ad impersonare la se stessa più giovane, l'aveva lusingata. 

Quando, poi, gli si era scagliata addosso, per proteggerlo dall’esplosione, finendogli sopra, aveva provato un senso di ebbrezza selvaggio, seguito da un desiderio struggente, di sentirlo così vicino più spesso. Così vicino… ancora più vicino. Aveva indugiato, aveva gustato quanto più a lungo possibile, quel momento, quella sensazione sensuale... e li aveva conservati nel cassetto mentale dei suoi ricordi segreti…

Più tardi McGee le aveva raccontato la loro discussione in macchina, quando si era riferito a lei,  la lei di cinque anni prima, come alla canaglia del Mossad, impudente... civetta... ammettendo di trovarla più sensuale a quel tempo... 

L'aveva inspiegabilmente rattristata, che lui fosse meno attratto da lei attualmente, in una maniera che non riusciva a spiegarsi... Stava diventando ridicola... si era ridotta ad essere gelosa di se stessa. Eppure sapeva che anche lui la voleva, ne era certa... sentiva tra loro quella specie di forza magnetica, che calamitava i loro occhi... i loro gesti...

Quando lui, entrando nel bullpen,  salutò con uno squillante "Buongiorno", trasalì, come se l'avesse sorpresa a rovistare tra le sue cose... 

Cercò di darsi un contegno rispondendogli. "Ciao, Tony". Lui sedette alla scrivania poggiando il caffè sul ripiano. "Dov'è il nostro pivello?" chiese stupito dal fatto che McGee non fosse ancora arrivato. 

Ziva si riscosse dai suoi pensieri e si guardò intorno, rendendosi conto di non avere notato il ritardo del collega. "Non so Tony, probabilmente starà per arrivare. 

Non riuscì ad impedirsi di alzare gli occhi e guardarlo... accidenti indossava la stessa camicia del sogno, quella che lei gli aveva praticamente strappato di dosso... 

Abbassò lo sguardo precipitosamente... le guance scottavano... - Dio - pregava di non essere arrossita. "David!" la voce di Tony la fece sobbalzare. Fingendosi assorta nel lavoro, rispose con un finto tono di sufficienza, "Si, Tony?". “Niente.” Rispose con un gesto vago della mano. “In realtà mi diverto tanto a farti sobbalzare, sei un po’ nervosa o mi sbaglio?” “Ti sbagli.” “No che non mi sbaglio, tu non sobbalzi mai, sei un animale a sangue freddo, gelida e letale…” 

Se avesse saputo quanto si sbagliava in quel momento … “Si Tony hai ragione” Rispose simulando disinteresse per non dargli corda. “Così non vale” Riprese lui,  troppo facile” Rimase in silenzio, forse in attesa di una sua risposta che ovviamente non arrivò.

“Ehi, tutto a posto?…. qualcosa non va?” Dal suo tono di voce adesso traspariva una lieve nota di preoccupazione, - Cavolo – Pensò Ziva, senza volerlo aveva attirato ancora di più la sua attenzione … Dove diavolo era McGee, perché non si sbrigava ad arrivare … e Gibbs? “No, Tony è tutto a posto, sto solo lavorando, sai, quella cosa che siamo pagati per fare…” 
“Non tentare di sviarmi, David. Cosa c’è?” “Piantala Tony te l’ho già detto, non c’è proprio niente”.  “Guardami … alza gli occhi dal computer e dimmi che è tutto a posto guardandomi …” 
Gli lanciò uno sguardo veloce con uno sbuffo, “Non ho tempo per i tuoi giochetti, DiNozzo … lasciami lavorare.” 
“Ce l’hai con me! Ho fatto o detto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare. È così?” Sembrava un’affermazione più che una domanda. 
“Ti ho detto di piantarla Tony! Non ho niente! Punto. Devo solo finire questa cosa.” “Cosa?” Le chiese lui prendendola in contro piede.“Questa … cosa.” Non sapeva come rispondere, in realtà stava guardando a casaccio file di lavoro già archiviati. 

Insospettito, lui si alzò per andare a spiare cosa stesse facendo. Lei quasi in preda al panico aprì un file a caso, fingendosi intenta ad esaminarlo… “Cos’hai di così urgente da fare da non potere nemmeno minacciarmi …” Ziva lo sentì avvicinarsi provando un misto di trepidazione e fastidio… sentì uno sfarfallio nello stomaco al pensiero che di lì a qualche istante lui si sarebbe accostato alla sua postazione… talmente vicino che lei ne avrebbe colto il profumo.  

Tony si piazzò dietro la sua sedia, appoggiandosi con una mano allo schienale e con l’altra al bordo della scrivania, alla sua sinistra. Sporgendosi oltre la sua spalla per sbirciare lo schermo. 

Il cuore di Ziva perse un battito, e il suo respiro divenne irregolare, come fu avvolta dal lieve sentore muschiato del suo dopobarba, mischiato all’odore di caffè e di ciambelle della sua colazione. Amava il suo odore …  

“Cosa!?” la sua esclamazione la riscosse. “Cosa?” Ripetè come imbambolata. “Perché stai leggendo il rapporto di quel vecchio caso?” “Cosa?” Ziva si sentì un po’ stupida, sembrava non fosse in grado di dire nient’altro. 

Mise a fuoco lo sguardo sul file che aveva aperto, era quello in cui aveva lavorato sotto copertura con Damon … quel viaggio in camion. “Ha a che fare con la nostra versione sfigata di Rambo?” Il tono di voce improvvisamente irritato, Tony le lanciò uno sguardo sospettoso. 

“Non sta tornando in città vero?”  “No, Tony, non credo, è solo …” Ziva balbettò, quasi non sapendo cosa dire, ma improvvisamente si aprì in un sorriso … riconoscendo la nota di fastidio nella voce di lui … era geloso … ancora … era sempre stato geloso di Damon. 

Si girò a guardarlo, un po’ più sicura adesso che aveva un argomento che lo destabilizzava, certa di poter padroneggiare la situazione.  Si ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal proprio … gli occhi all’altezza delle sue labbra, nel suo respiro, più forte l’odore di caffè e di ciambelle alla crema … la mente di Ziva si svuotò di nuovo, dimenticò completamente qualsiasi commento intendesse fare, mentre le giungevano all’orecchio  incomprensibili osservazioni su bellocci ipermuscolosi dal cervello atrofizzato … lei stava lì imbambolata … di nuovo. 

Aveva un baffo di crema sul labbro … e lei non riusciva a smettere di fissarlo … voleva essere quel baffo di crema, sì. Anzi no! Voleva toglierlo, toglierlo di lì, sì, leccarlo via. No! Leccarlo no! Si disse, non appena il pensiero si formò nella sua mente. 

Intanto la sua testa si muoveva in ondeggiamenti indefiniti tra un sì ed un no, mentre già da tempo non sentiva più nemmeno quello che lui blaterava. 

Quella piccola macchia bianca quasi al limite con la fossetta sopra il suo labbro la stava facendo impazzire … Lui continuava a fissare lo schermo, totalmente ignaro delle emozioni che si agitavano in lei, chiaramente visibili nel suo sguardo.

Fece quasi un salto indietro per la sorpresa quando la mano di ziva salì alla sua guancia, strofinando col pollice il suo labbro.  “Cosa …?” le guance di Ziva avvamparono. “Niente avevi … della crema.” Gli disse indicando con l’indice la bocca e leccando via la crema dal suo pollice … senza pensare. 

Tony rimase soggiogato da quel gesto, che gli provocò una fitta allo stomaco. Sentiva formicolare il labbro, dove lei lo aveva toccato … e per la prima volta da quando si era avvicinato la guardò negli occhi, leggendovi un turbamento che non riuscì a definire,  ma che mandò una seconda fitta, ancora più forte, dritta al suo ventre. 

I suoi occhi si erano scuriti assumendo il colore vellutato del cioccolato fondente. Lui immaginò di infilare le dita tra i suoi riccioli scuri, farle scorrere sciogliendone i nodi, gustandone la sericità … Il cuore di Ziva, martellava, il battito rimbombante la riscosse, mentre Tony avvicinava impercettibilmente il viso al suo … Panico … Ziva si alzò di scatto, senza preavviso, senza calcolare le distanze. 

Sbatté la testa contro il suo mento, provocando un gemito soffocato da parte sua. Lui si portò la mano alla bocca, biascicando. “Cazzo, Ziva, ti vendichi anche dei miei pensieri, ora?”  Lei lo guardò mortificata. “Dio, mi spiace, Tony. Non volevo … ti ho fatto male?” Cercò di spostargli la mano dalla bocca per controllare il danno, ma lui non glielo permise. Prese due clineex dalla sua scrivania e si pulì la bocca, sputando saliva mista a sangue. 

Buttò i fazzolettini nel cestino e si diresse in bagno, seguito da lei ancora intenta a scusarsi… rimase a guardarlo mentre si sciacquava la bocca più e più volte, incontrando il suo sguardo nello specchio di volta in volta … “Mi dispiace.” gli disse contrita. “Non l’ho fatto apposta.” “Voglio ben sperarlo.” Rispose lui. 

“Lo so.” Riprese in risposta al suo guardo dispiaciuto. “Se avessi voluto farmi male intenzionalmente lo avresti fatto con più stile. Tra l’altro hai una scorta illimitata di graffette …” Lei sorrise, sollevata, alla sua battuta di spirito. “Va meglio?”  gli chiese. “Sì, fa un po’ male, ma non sanguina.” 

Andò alla porta e la chiuse a chiave, appoggiandovisi contro con le spalle.  incrociò le braccia al petto e le lanciò uno sguardo interrogativo. “Allora?” “Allora, cosa?” “Cosa c’è che non va?” “Perché mi fai questa domanda, Tony?” “Sei strana…” “Non sono strana.” “Ah, ah, ah, mia piccola ninja, se menti, hai qualcosa da nascondere.” “Perché dovrei mentirti?” “Forse perché non vuoi che conosca il motivo per cui sei agitata?” 

Il cuore di Ziva tornò ad accelerare, e cominciò a guardarsi intorno come cercando una via di fuga. “Vedi? Sei nervosa.” Continuò a fissarla per diversi secondi. Il silenzio diventava sempre più imbarazzante per lei “Ha forse a che fare con quel mentecatto steroidi-dipendente?” 

La domanda cadde quasi casuale dalle sue labbra, ma la preoccupazione era chiara nella sua voce. “No.” Gli rispose sinceramente lei. “… E non chiamarlo così, Tony, è solo un ragazzo sfortunato.” “Allora qual è il problema …” “Sono solo nervosa Tony, non ti capita mai di essere nervoso senza un motivo preciso?” 
“C’è sempre un motivo, Ziva, magari non vuoi riconoscerlo, magari non vuoi ammetterlo, ma è lì da qualche parte e ti fa uscire di testa finché non te ne liberi. Io sono qui a tua disposizione. Puoi parlarmi di qualunque cosa …” 

Ziva lo guardò allibita. “Per un attimo ho creduto che fossi serio Tony, che fossi … preoccupato, invece vuoi solo scoprire se ti nascondo qualcosa …” “Io sono serio Ziva…” insistette lui, ma poi non riuscì a resistere al suo sguardo di disapprovazione.

“E va bene. Sono anche curioso, ma se c’è qualcosa che ti preoccupa vorrei poterti essere d’aiuto.” Gli voltò le spalle, esasperata, pensando febbrilmente a cosa dirgli senza tradirsi. “Non lo so Tony … forse sono solo stanca. Non ho dormito bene stanotte.” Arrossì di nuovo al pensiero del motivo per cui non aveva dormito. Fortuna che non poteva guardarla in faccia. Trasalì quando sentì le sue mani sulle spalle. Le si era accostato lentamente, in silenzio, cogliendola di sorpresa.

La sentì irrigidirsi quando la prese per le spalle e la costrinse a girarsi verso di sé. Si rifiutava di guardarlo in viso, gli occhi fissi al pavimento. Si stupì come sempre del senso di tenerezza che gli ispirava. Era una donna pericolosa, capace di uccidere a mani nude, spietata, se necessario, un’arma letale, in buona sostanza, con una lingua tagliente come un rasoio … e suscitava il suo istinto di protezione. Misteri della psiche umana … 

Le prese il mento tra l’indice e il pollice, costringendola a sollevare la testa. Ziva era troppo concentrata nel tentativo di resistere al suo tocco senza tremare, chiuse gli occhi per non incontrare i suoi. 

“Ehi, guardami.” Lei alzò gli occhi, nello sguardo, confusione e un desiderio … struggente … e paura di essere scoperta. Non resistette e lo abbassò di nuovo, al suo collo, e fissò il suo pomo d’Adamo proprio sopra il colletto della camicia slacciato. 

Chiuse gli occhi al suono della sua voce, così bassa, così profonda … “Ehi! Brutti sogni? Cattivi pensieri?” Non riuscì a rispondere, era stanca di cercare una bugia plausibile da raccontare, non poteva concentrarsi con lui così vicino,per cui lasciò che pensasse di avere trovato la giusta risposta. 

Mise a tacere il suo senso di colpa pensando che in realtà non gli stava proprio mentendo, e poi … era una questione d sopravvivenza. “E’ … complicato, Tony” il suo sguardo era intenso, riusciva a sentirlo anche se non aveva il coraggio di incontrarlo. Ne percepiva il calore. 

“shhh. Non occorre parlare, a meno che tu non voglia. Vieni qui.” E la tirò in un abbraccio. Lei si sentì sprofondare, pervasa dal suo profumo, avvolta dalla sensazione d lui. 

Si irrigidì in un primo momento, era troppo, troppo da gestire per lei, con il corpo e la mente tormentati dal desiderio. “Rilassati, Ziva, non potrei mai farti del male lo sai.” La strinse a sé così forte che lei si sentì mancare il fiato, e sorrise tra sé amaramente. 

Si sbagliava, lui era l’uomo più pericoloso al mondo per lei. Aveva già fatto a pezzi il suo cuore, senza volerlo, più di una volta,  così come lei aveva fatto con lui … eppure eccola lì, godendosi quell’abbraccio che si negava da anni. Desiderando di prendersi quei baci, quelle emozioni, che sentiva come un diritto. 

Le braccia abbandonate lungo i fianchi si animarono di volontà propria, e salirono a circondargli la vita … affondò il viso nel suo petto, inalando a pieni polmoni il suo odore, e … il suo collo era così vicino, che bastava sollevasse la bocca di pochi centimetri per deporvi un bacio …

La sentì rilassarsi, e la strinse ancora più forte, anche se sapeva che poteva sentirsi a disagio così vicina ad un uomo … quando sentì le sue braccia intorno alla vita rilasciò il respiro che inconsapevolmente aveva trattenuto. 

Appoggiò il mento sulla sua testa, morendo dalla voglia di infilare il naso nei suoi capelli, ma  era un gesto troppo intimo, e non voleva rischiare. Non avrebbe saputo descrivere come si sentiva, la sensazione di lei  tra le sue braccia… 

Veramente stava stringendo Ziva David? la donna più forte che avesse mai conosciuto, la più indipendente, stava accettando conforto da lui? Non riusciva a crederci, quando era una lotta anche solo avvicinarsi a lei … Si sentì orgoglioso ed onorato e continuò a tenerla contro di sé, in silenzio.

Ziva sapeva che doveva allontanarsi da lui, prima che fosse troppo tardi, prima di fare qualche sciocchezza. Solo … non ci riusciva. Combatteva contro il desiderio di toccarlo, di baciarlo, e questo richiedeva tutta la sua concentrazione, con la mente intossicata dalla sensazione inebriante di quel contatto…

Il suono della maniglia che girava a vuoto li fece sobbalzare entrambi, poi la voce di McGee che bussò alla porta li riportò bruscamente alla realtà. 

“Tony?” Ziva si allontanò bruscamente, guardandolo con un lieve imbarazzo. “Si, pivello? Rispose Tony con un tono irritato. “Ci vuole Gibbs. Marine morto in un vicolo a Norfolk. Sai dov’è Ziva? Anche la sua roba è di là.” 

“Sono qui McGee.” Rispose lei,andando ad aprire la porta. Avrebbe dovuto ringraziare Tim per aver risolto la situazione, ma in quel momento era indecisa tra il dargli un bacio ed il tirargli un calcio. 

Prima che potesse aprire Tony la afferrò per un braccio, per fermarla, “Ziva … io sono qui, se mi vuoi …” Scelta di parole eccellente, pensò mentre un brivido le attraversava la pelle. “Lo so, Tony … grazie.” “Quando vuoi.” Lei aprì la porta, meglio uscire da quel bagno prima possibile. 

Di fronte all’espressione incuriosita di McGee, pensò che una cosa era certa, quella giornata non si prospettava affatto facile.

  
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