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Autore: Gloom    28/01/2011    3 recensioni
Per tutti, Mem è mitica: sempre presente per tutti, sempre disposta ad ascoltare, ad aiutare, a sorridere.
Eppure non permette mai a nessuno di avvicinarla troppo: l'unico che ci è riuscito è un Old Boy tenero e non troppo alto.
Ma Mem ha anche un padre, dilaniato dalla paura di perdere l'ultima donna della sua vita; qualche sua iniziativa potrebbe compromettere la fama della mitica Mem che tutti conoscono.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Passò una settimana, poi un'altra, poi un'altra ancora. Il tempo scorreva, anche se stava diventando sempre più difficile rendersene conto; le ore a scuola sembravano infinite ed estremamente lunghe, ma poi Mem si rendeva conto che l'inizio del mese era passato da almeno tre settimane. 
 Una mattina si ritrovò in palestra, insieme alla sua classe e ad un professore che cercava di far valere la sua autorità, troppo spesso messa in dubbio dal potere che i colleghi di greco e latino riuscivano ad accaparrarsi in un liceo.
A volte gli studenti dovevano fare uno sforzo per ricordarsi che, a livello di gerarchia, il prof di ginnastica e quella di greco e latino erano sullo stesso livello... aggiugiamo anche questa alla lista di ingiustizie della vita per i poveri prof di ginnastica.
 Le due ore settimanali stavano per finire e ai ragazzi erano stati concessi quindici minuti di libertà.
Mem si era appallottolata in un angolo, seduta a terra, mentre guardava i compagni di classe uccidersi a vicenda giocando a pallavolo.
Appallottolata è il termine giusto: in realtà sentiva di non poter fare alcun tipo di movimento senza cacciare un urlo, dato che un dolore lancinante dalle parti delle ovaie la costringeva a restare piegata in due.
 No, non avrebbe davvero voluto maledire quel dolore, dato che le ricordava di essere donna. Ma, cavolo... era raro che le prendesse così forte.
Lei era Mem: non poteva lasciarsi vincere da un semplice ciclo.
 Un gruppo di compagne era seduto accanto a lei; le ragazze ciarlavano allegramente, senza curarsi di prestare attenzione al gioco. Mem non si era unita alla conversazione; un po' perché era certa che ad aprirre bocca avrebbe vomitato anche l'anima, un po' perché non ne aveva la minima intenzione.
Non l'avrebbe avuta anche se fosse stata bene: durante quelle settimane si era sentita inspiegabilmente volubile, tanto da preferire l'isolamento. Restava sempre vicina al suo gruppo di amici, ma non prendeva parte attiva alle conversazioni e ai giochi: semplicemente, si scostava e restava ad ascoltare, ad osservare.
 Gli amici la lasciavano fare: la conoscevano abbastanza per sapere che era meglio non forzarla. Inutile chiedere se potessero fare qualcosa... se Mem, la Mem estremamente forte, aveva bisogno di quiete, che quiete fosse.
 Mem socchiuse gli occhi, incurante delle probabili schiacciate che avrebbero potuto colpirla. Stava quasi per raggiungere uno stato catartico, quando sentì una voce più vicina.
 -Mem, come stai, un po' meglio?- chiedeva una compagna di classe.
 Mem alzò la testa dalle ginocchia e la guardò sofferente, con i capelli ancora più arruffati del solito. Scosse la testa, sofferente.
 -Sicura di non voler prendere niente? Magari le bidelle hanno qualcosa...-
 -Grazie, ma non serve... passerà- Mem si sforzò addirittura di sorridere. La ragazza le fece un paio di grattini sulla nuca.
 -Be', guarda il lato positivo: è sempre buon segno quando il ciclo arriva-.
 -Ah ah, divertente. Io sono al sicuro...-
 L'amica sorrise maliziosa:
 -Pura e casta come la monaca di Monza. A proposito... ho visto il tuo Old Boy, l'altra sera-.
 Mem si fece interessata, cercando di non badare all'improvvisa salivazione dalla parte delle guance.
 -Dove?-
 -All'Aquilotto... ma tranquilla, non stava facendo niente di che- si affrettò a dire.
 -Figurati. Per curiosità... con chi stava?-
 L'amica si strinse nelle spalle:
 -Ci credi se ti dico che stava chiacchierando con tuo padre?- rise.
 Mem dovette ingoiare un nodo alla gola. Il suo ragazzo in un pub con suo padre?!
 -Che cosa?!- cercò di reprimere una fitta alla pancia e si strinse ancora di più le ginocchia verso il petto, circondandole con le mani. 
 -Ne sono sicura... ma perché si sono visti?-
 -E io che ne so?! No, ma io li sdrumo, tutti e due, uno dopo l'altro...-
 -Dai Mem, tranquilla... magari si sono incontrati...-
 -Papà, all'Aquilotto?! Ma andiamo! No, sotto deve esserci lo zampino di uno di loro due... no cazzo, no, non mi va che si vedano!-
 -Ma magari era solo quella sera, per caso...-
 -Stavano con altri? Hai visto gli amici dell'Old Boy?-
 -Ehm, non mi pare...- l'amica era ora piuttosto imbarazzata: non pensava di poter scatenare una reazione simile... non voleva far preoccupare Mem, soprattutto non se era in quello stato.
 Mem contrasse il viso in un'ennesima smorfia di dolore, gemette e nascose la testa tra le ginocchia.
 -Questa cosa non mi quadra- riuscì a dire, -qualcuno mi dovrà dare spiegazioni-.
 
 Mem si  trascinò a casa, più morta che viva. Il mal di pancia si era un po' attutito, ma più volte sull'autobus era stata sul punto di vomitare. E che brutta scena sarebbe stata quella...
 Suo padre era rientrato prima dal lavoro e stava facendo sfrigolare il loro pranzo sui fornelli. Non appena si accorse di Mem, la salutò allegramente.
 -Buongiorno! Come è andata la scuola?- chiese. Sempre la solita domanda, da quando aveva sei anni. Riflettendoci, era una delle poche cose che erano rimaste invariate nel corso del tempo.
 -Male-.
 -E' successo qualcosa?-
 -Mi è tornato il ciclo stamattina e sono stata tutto il girno piegata in due a soffrire in silenzio- rispose secca lei.
Sapeva che era buona creanza non informare tutti - e soprattutto non informare individui di genere maschile - su quello che succedeva alle donne una volta al mese, ma Mem provava un sadico divertimento a mettere suo padre di fronte a certe situazioni: sapeva che avrebbe potuto fare poco, vuoi per l'imbarazzo, vuoi per l'ignoranza in materia. E allora quale occasione migliore per farlo sentire poco opportuno, se non quel giorno in cui era incazzata come una biscia?
 -Oh. Ehm... se ti fa tanto male, vediamo se c'è qualcosa nel cassetto dei medici...-
 -Io non ho bisogno di medicine- ribatté lei fieramente. 
 Era una cosa su cui non transigeva: era raro che stesse male, ma quelle poche volte faceva di tutto per non cedere alle medicine. Un comportamento forse un po' infantile, ma non sopportava che fosse qualcosa di inanimato e sconosciuto ad aiutarla.
A stare meglio ci riusciva benissimo da sola, il suo corpo era fatto apposta per quello.
 Suo padre ogni volta commentava con un sospiro... e, nei casi peggiori, le infilava le aspirine a tradimento nel bicchiere subito dopo il pranzo.
 Ma per quella volta decise di lasciar perdere. Di mal di pancia da ciclo non era mai morta nessuna.
 Quando si sedettero a tavola, davanti alla tovaglia macchiata del giorno prima e una cotoletta striminzita, Mem piantò gli occhi in quelli del padre, concentrato sul tegiornale.
 -Sai, mi è venuta in mente una cosa- disse.
 -Dimmi- ripose lui.
 -Non ti ho mai chiesto cosa ne pensi del mio ragazzo-.
 Bam: il padre di Mem si voltò verso di lei, stupito e preso in contropiede.
 -Io... perché?-
 -Per sapere-.
 -Be'... sai- cercò di imporsi un tono paterno e quasi formale. Un tono da papà che parla alla figlia del primo fidanzato. -Sai, ne sono un po' invidioso. Lui di sicuro sa molte più cose su di te di quante ne sappia io...-
 -Interessante. Insomma, immagino che sarebbe stimolante quindi per te farci quattro chiacchiere...-
 -Direi proprio di sì-.
 -Magari davanti ad un po' di birra, in un pub frequentato dai miei amici-.
 Il padre restò per un attimo spiazzato, poi capì di essere stato sgamato e cercò una via per ribaltare la frittata e girarla dalla parte giusta. Anzi, dannazione, la sua era già la parte giusta: era Mem che la stava rovesciando.
 -Sei sagace, ragazza-.
 -Pensi di sistemare tutto così?!- esclamò lei.
 -Che problema hai? Ci siamo semplicemente visti...-
 -Vi siete semplicemente visti?! Ma ti pare normale?!-
 -Direi di sì! Non vedo perché ti stai arrabbiando così tanto...-
 -Perché questa è la mia vita, e se rosichi perché non sai i fatti miei non vai a chiederli in giro, ma te ne fai una ragione!- strillò Mem. Forse troppo dura, ma non le importava: da tempo aveva smesso di farsi scrupoli con suo padre... almeno da quando lui e sua madre non se ne erano fatti nei suoi confronti.
 -Filomena, abbassa i fari!-
 -Ma anche no! Come ti è venuto in mente, me lo spieghi?-
 -Se solo ti sforzassi, lo capiresti! Ma no, tu non parli con me! Non ti sprechi! E allora mi spieghi come mi devo comportare? Spiegami tu, spiegami dove devo sbattere la testa, dato che ogni cosa che viene fatta per te, è uno sbaglio!-
 -Cosa avresti fatto per me ora? Niente! Sei andato in giro ad indagare sui fatti miei, ma era una curiosità tua!-
 -Ma cosa ne sai? Ne hai parlato con lui?-
 -Non mi prendere in giro!-
 -Filomena, prima di accusare me, fatti delle domande. Tu non mi aiuti! Mi dici come dovrei comportarmi?-
 -Parlandone come me, senza andare a cercare gli altri!-
 -Se avessi potuto, l'avrei fatto! Non capisci? Lui è stato l'ultima spiaggia! Te lo sei voluto tu!-
 -Ah, pure?! Ma smettila! Se non sei sulla mia stessa lunghezza d'onda, fattene una ragione!-
 -Credi davvero? Ti ho fatta io, ti ho cresciuta io, so quella che sei meglio di te!-
 -Non dire stupidaggini! Mi hai fatta insieme a mamma e, se non sei stato in grado di tenerti lei, non ti scandalizzare se non vai d'accordo neanche con me!-
 Mem si alzò da tavola, premurandosi di far strusciare pesantemente la sedia al pavimento, e si rifugiò in camera.

 L'ultimo rumore che si sentì fu una porta che sbatteva.
 Oltre la porta, dentro una stanzetta grande come una fetta di pane, c'era Mem.
Non aveva neanche avuto la decenza di arrivare al letto: si era rannicchiata con la schiena contro la porta, aveva abbandonato la testa all'indietro e ora lottava con tutta se stessa per non far scendere le lacrime.
 Ma no, quelle facevano di testa loro: scavalcarono gli occhi sempre puliti, si lanciarono in discesa sulle guance e in poco tempo le avevano circondato il volto.
Quante parole cattive riesce a sparare la bocca di una diciassettenne?
Quanto male può fare tutto il dolore assorbito per anni quando lo sputi addosso agli altri?
 Merda, merda, merda, non può incrinarsi tutto così... io sono invincibile!


Here I am! Mi spiace per il ritardo, ma ho avuto un paio di questioni da sistemare. Diciamo che non è mai piacevole la chiusura del primo quadrimestre... soprattutto se tutto quello che il tuo organismo comprende è la parola sonno, alla strafaccia dei libri e delle materie che si accumulano.
Ma niente è pari alla potenza di una sana botta di culo, ogni tanto :D

 Non so se ho soddisfatto le aspettative di quella manciata di lettori, anche se penso di no. Però voi fatemelo sapere lo stesso, perché ho una trama in mente, checchè se ne pensi :)
 In questo capitolo in Mem ci ho messo un po' di me... mi riferisco a quando si parla di medicine: non chiedetemi perché, ma le odio. Non le voglio. E se disgraziatamente ne ho bisogno, faccio di tutto per svincolare. Puah.
 Vi prego in ginocchio, lasciatemi qualche commento... ho bisogno di sapere dove scricchiola la storia!!!
 Grazie a chi legge, a chi si ferma, e a chi mi regala qualche battito cardiaco con una recensione.

  
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