Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: Milli Milk    29/01/2011    4 recensioni
[...]continuava a tacere, continuava a starsene in quel suo piccolo angolo del suo mondo, senza la possibilità di potersi allontanare. Si sentiva soffocare ogni giorno di più[...]
Ho provato ad immaginarmi un'ipotetica adolescenza di Squalo e di come è entrato a far parte dei Varia. [?S - XS]
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Nuovo Personaggio, Superbi Squalo, Un po' tutti, Xanxus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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My secret friend 3
My secret friend



Avvertimenti: la storia tratta argomenti come l'omosessualità, tratta oltretutto argomenti delicati ed è presente linguaggio scurrile, se non vi piace non leggete. La storia non è reale, non ho preso spunto da nessuna storia realmente accaduta. Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.


I personaggi di 'Katekyo hitman Reborn' non mi appartengono e la storia non è assolutamente a scopo di lucro.




Dal giorno in cui Squalo e Dino si erano conosciuti erano passati solo tre mesi e in quei tre mesi Squalo scoprì molte più cose di Dino di quanto non si aspettasse. Da quando avevano cominciato a frequentarsi, anche dopo la scuola di tanto in tanto, Dino aveva preso l'abitudine di parlare delle più svariate cose di lui e ogni volta cercava di scoprire sempre qualcosa di più su Squalo, riuscendoci anche brillantemente a volte, oppure altre volte si ritrovava come risposta uno sbuffo o un monosillabo scocciato. Nonostante l'apparente freddezza di Squalo, il biondino non si dava per vinto e non si avviliva se lo mandava allegramente a quel paese. Dal canto suo, Squalo aveva capito che il Cavallone nascondeva molte più cose di quanto credeva; lo aveva capito dalla titubanza di Dino su certi argomenti, sul suo modo di sviare ad alcune domande e al suo modo di tacere di fronte ad alcuni fatti che accadevano dentro l'edificio scolastico. Squalo non capiva del perché Dino si interessasse a tutte le cose, dalle più semplici e banali, alle più complicate e serie, ma non si interessasse a quel fenomeno oscuro e iracondo che tutti temevano: Xanxus. Ricordava a stento il suo nome, era come un tabù per il Cavallone: ogni volta che si parlava di lui, Squalo poteva notare un velo scuro calare sugli occhi energici del suo amico. Non capiva se quello fosse semplice timore, oppure se ci fosse dell'altro. D'altronde però non gliel'aveva mai chiesto anche se la sua curiosità tendeva a mettergli di fronte l'argomento sempre più frequentemente.
Poche volte Dino aveva mostrato una vera opinione riguardo Xanxus e tutte le volte era qualcosa che lasciava l'amaro e il sospetto in bocca.
«Xanxus... Be', non è un tipo poi così tanto interessante. Sono certo che non ti piacerebbe.» E quando Squalo alzava un sopracciglio con sospetto a quella risposta così poco chiara, Dino sorrideva e cambiava subito discorso con qualcosa di tanto banale che faceva cadere le braccia all'albino. Eppure, con quelle risposte così vaghe, Dino non faceva altro che far incuriosire sempre di più l'amico che, ogni volta che vedeva Xanxus, si soffermava a squadrarlo come a volergli estrapolare le informazioni dalla mente. Sentendo poi molti studenti che adulavano o che semplicemente odiavano quel ragazzo del terzo anno, allora Squalo iniziò perfino a credere che l'amico gli dicesse quelle cose solo perché non voleva che gli andasse contro. Era risaputo che Squalo cercava rogne il maggior numero di volte possibile e forse il Cavallone voleva tenerlo lontano dalla minaccia di Xanxus. Il fatto che però l'aveva incuriosito ancora di più, erano le strane voci che giravano in quella scuola. Voci sicuramente di corridoio, come la maggior parte delle altre stupide storie che si inventavano giusto per attirare l'attenzione, ma alcune di queste erano tanto strane da fargli salire un'assurda curiosità.
«Quel ragazzo del terzo anno, Xanxus, suo padre è un uomo molto potente, io non mi metterei mai contro di lui.»
«Xanxus?! Sta molto spesso con quello lì, quello effeminato del quarto.»
«Xanxus è a capo di una banda di delinquenti!»
Squalo ne aveva sentite così tante che quasi stentava a credere che tutto ciò fosse puramente frutto dell'immaginazione di qualche ragazzino invidioso. Per non parlare poi delle ragazzine sciocche, che lo adulavano come se fosse un dio sceso in terra. Era risaputo che le ragazze fossero sempre attratte dai più stronzi e Squalo si scocciava sempre più in fretta di quei sospiri da bambine stracotte del proprio eroe dei fumetti. Sempre più spesso poi Dino gli diceva di lasciar perdere, che era normale che Xanxus fosse tanto 'famoso' all'interno della scuola, ma comunque non gli aveva detto altro se non che la popolarità di Xanxus fosse appunto nata dalla sua aurea nera e dal suo sguardo incazzosp.
Squalo dopo un po' si scocciò perfino di provare a tirar fuori altre informazioni dal suo amico, perché sembrava sapesse molte più cose di tutta la scuola messa assieme, e quando voleva cambiare discorso nemmeno ci provava più a tornare al punto di partenza.
«Ma che hai?» Chiese Dino mentre cercava di mangiare il suo pranzo senza sporcarsi. Squalo guardò il suo amico come se fosse appena sceso dalle nuvole e si limitò ad un'alzata di spalle. 
«Sei troppo concentrato» continuò a dire con una faccia tanto seria che faceva nettamente contrasto con il suo volto impiastricciato di cibo. L'amico lo guardò e sorrise sbieco alzando un sopracciglio con uno scetticismo che non gli apparteneva.
«E tu lo sei troppo poco» gli rispose indicandolo e Dino sorrise con quella sua solita aria sbadata, come un bambino che torna a casa pieno di fango e cercando in tutti i modi di mostrare un faccino innocente alla madre.
«Ma non è colpa mia» cercò di giustificarsi mentre impacciato cercava di pulirsi il volto. Squalo schioccò la lingua e voltò lo sguardo verso un punto ben preciso del grande cortile dove un mucchio di ragazze ridevano e parlottavano guardando verso l'entrata della scuola. Il ragazzo sbuffò indispettito da quel comportamento tanto irritante e capì sin da subito a chi erano rivolte tutte quelle snervanti attenzioni civettanti. 
Dino si sporse per poter capire cosa stesse attirando l'attenzione dell'amico. In questo modo non solo fece cadere tutto il suo pranzo, ma anche lui cadde in avanti lasciando un bella macchia scura sulla sua divisa e su quella dell'amico.
«Che idiota che sei!» Urlò a quel punto Squalo attirando l'attenzione di tutti i ragazzi che erano nel raggio di dieci metri «E poi dici che non è colpa tua! Sei un cretino!» Continuò strofinandosi i pantaloni ed espandendo ancora di più la macchia d'olio.
«Squalo! Così peggiori le cose!» A quel punto Squalo si alzò e guardò Dino come se volesse ucciderlo seduta stante. Il biondo lo guardò mortificato «Mi dispiace» disse senza che il suo volto cambiasse di una virgola, con quella smorfia addolorata sul volto come se avesse appena commesso uno dei peggiori reati.
Squalo sbuffò capendo che non doveva indispettirsi così tanto, sapeva che Dino non aveva rovesciato il suo pranzo intenzionalmente. Era lui che avrebbe dovuto scusarsi con l'amico perché se l'era presa tanto con lui e l'aveva insultato gratuitamente senza un reale motivo. In verità Squalo era irritato dai suoi stessi pensieri, perché nonostante cercasse di rimanere indifferente a tutte le persone che lo circondavano, la sua rabbia e il suo astio continuavano a crescere a dismisura. Ogni giorno era costretto a guardare senza poter agire, tutta la sua rabbia era imbottigliata e tutto quell'ammasso di pensieri velenosi diretti a quell'ammasso di ragazzini che popolavano quella scuola, erano costretti ad ammucchiarsi sul suo sistema nervoso. 
«Andiamo» e nel momento esatto in cui si girò, vide gli sguardi spauriti delle ragazze che avevano posato l'attenzione su di loro. Se avesse potuto fulminarle con lo sguardo l'avrebbe fatto anche fin troppo volentieri. Si limitò ad un'occhiataccia e prese a camminare velocemente con l'istinto omicida che era pronto a sormontare il suo precario autocontrollo.
Non aspettò nemmeno che l'amico lo seguisse, a dire la verità se l'era anche dimenticato. Quando si trovò davanti Xanxus non poté fare a meno di lanciargli uno sguardo che avrebbe congelato persino il fuoco e continuò a camminare anche dopo che quello sguardo rosso gli si era posato addosso, guardandolo come se fosse la nuova preda da cacciare. 
Squalo non si soffermò troppo su Xanxus, eppure in quella frazione di secondo in cui i loro sguardi si erano incrociati, aveva sentito una scossa talmente forte da scombussolargli le membra. Per quella frazione di secondo si era sentito schiacciato da quell'aura iraconda che permeava gli occhi del ragazzo più grande. E se non avesse avuto il buon senso di continuare diretto verso il bagno, probabilmente ora si sarebbe ritrovato, di nuovo nel giro di due mesi, sanguinante a terra.
Squalo entrò nel bagno calciando la porta che sbatté forte contro il muro creando una piccola crepa. Era tanto arrabbiato quanto nervoso. Guardò uno dei lavandini come se fosse la perfetta valvola di sfogo, avrebbe voluto prendere a calci e pugni qualsiasi cosa gli si sarebbe capitata davanti agli occhi. Non importava se quello era un lavandino, o una porta, o un muro. Non importava se si sarebbe rotto una mano o una gamba, voleva solo sfogare tutta la sua rabbia.
«Squalo!»  Un Dino allarmato e con il fiato corto entrò nel bagno. Si aggrappò alla maniglia della porta come se avesse appena percorso cinque chilometri in corsa sfrenata. «Non volevo, davvero, mi dispiace!» disse con la voce che si abbassava sempre più di tono. E in quel momento Squalo si accorse che veramente stava superando il limite. Da quando faceva scenate del genere per un qualcosa che non apparteneva assolutamente alla sua vita? Perché tenersi tanto a cuore un pensiero che non avrebbe dovuto essere il suo? La cosa che capì era che probabilmente più provava a rimanere indifferente ai fatti, più entrava in quello scuro labirinto. Vedere Dino ansante che chiedeva scusa per una cosa che non aveva fatto di proposito lo stava facendo tornare lucido, ma non mancava di certo l'irritazione ancora ben artigliata ai suoi nervi.
Sbuffò rassegnato, lasciando che i suoi pugni si sciogliessero e i muscoli si rilassassero. Eppure tutta la tensione era ancora lì che tirava. Sentiva che sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro e se davvero Dino non fosse entrato in quel maledetto bagno, probabilmente avrebbe spaccato almeno due porte, senza mancare poi di tirare un bel pugno a quel maledetto specchio che rifletteva la sua immagine. Portò infatti lo sguardo verso il suo riflesso, poteva notare ancora la mascella serrata e gli occhi infuocati dall'adrenalina che man mano andava a sfumarsi per lasciar spazio all'autocontrollo che tanto gli serviva per non cacciarsi in altri guai. In quel suo comportamento tanto esagerato poi si era ritrovato a pensare, a mente lucida, che si era comportato nello stesso identico modo degli altri. In quei pochi minuti passati nella sua forte irritazione, si era plasmato in quel mondo di cui non voleva far parte. E nello stesso esatto istante in cui aveva incrociato gli occhi di Xanxus, aveva capito veramente cosa in realtà era: solo una molecola nell'intero universo.  
«Non sono arrabbiato» sul viso di Dino tornò a farsi vivo quel sorriso solare che lo caratterizzava. Si raddrizzò e si avvicinò a Squalo pimpante ed allegro come era solitamente.
«Per fortuna. Sai sei inquietante quando ti arrabbi» andò a girare la manopola del rubinetto e Squalo guardò tutti i suoi movimenti come se già sapesse che da un momento all'altro avrebbe potuto combinare uno dei suoi soliti casini.
«Lascia, faccio io» diede così una piccola spinta all'amico per allontanarlo dalla minaccia dell'acqua, ma così facendo Dino, che dire che era sbadato ovviamente era un eufemismo, si aggrappò al rubinetto per non cadere e di conseguenza, la sua mano chiusa sotto il getto d'acqua, fece sì che schizzasse ovunque, colpendo sia lui che Squalo.
«M-mi dispiace!» urlò Dino a quel punto guardando la faccia irritata del suo amico e i suoi pugni che si stringevano di nuovo. Squalo cercava di essere pacifico, eppure sembrava di essersi trovato l'amico meno adatto per poter riuscire a controllare le sue pulsioni omicide.
Sapeva che il Cavallone non lo faceva apposta, ma come era possibile che fosse così tanto idiota? Non riusciva a spiegarsi quella motivazione ed era per quello che si arrabbiava tanto, perché non era possibile che fosse talmente tanto sbadato da riuscire a creare il panico in meno di cinque minuti. 
C'erano momenti in cui Dino era "normale", ma puntualmente, per ogni minima cosa, anche invisibile, creava il caos. Squalo nemmeno voleva immaginarsi cosa poteva combinare durante le lezioni pratiche. Nonostante però lo ritenesse un idiota totale, non riusciva ad allontanarsi veramente da lui, perché quel suo sorriso lo faceva sentire bene e gli alleviava almeno un po' quel senso di squallore da cui si sentiva circondato.
«Ma che cazzo! Sei un deficiente!» Scoppiò, perché Dino poteva anche non averlo fatto apposta, poteva anche aver detto che gli dispiaceva, ma di certo non risolveva il fatto che ora si ritrovava sporco e fradicio nel bagno della scuola con il suo amico che si dimenava cercando di trovare una soluzione, inciampando sui suoi passi e allarmandosi.
«Scusa! Aspetta potremmo...»
«No! Sta fermo cazzo!» Se Squalo si fosse guardato in quel momento allo specchio avrebbe visto i suoi occhi fuori dalle orbite per quanto era incazzato. Dino sobbalzò e si schiacciò contro il muro.
«Volevo prendere dei fazzoletti» disse come a giustificarsi per una cosa che non aveva ancora fatto e Squalo si accigliò ancora di più. Nemmeno si era realmente reso conto di quanto e di come i suoi nervi e i suoi muscoli si erano tesi, forse nemmeno si stava realmente rendendo conto che si stava accanendo così tanto contro il suo amico, che purtroppo l'aveva nel suo patrimonio genetico l'essere sbadato.
«Sei capace anche di fare casini con quelli, quindi stai fermo lì e non azzardarti a muoverti altrimenti sarò costretto a farti a pezzi» nell'esatto momento in cui finì di gridare addosso a Dino quella minaccia, la porta del bagno si aprì ed entrambi i ragazzi posarono l'attenzione da quella parte.
Una ragazza, forse del secondo anno, si avvicinò con aria minacciosa verso Squalo e quando fu abbastanza vicina, assottigliò gli occhi come a volergli incutere timore. 
«Non ti permetto di trattare male Dino!» Urlò con quanta più carica di minacciosa potesse avere in corpo. Squalo si fece leggermente indietro per non cedere alla tentazione di darle una testata. Dovette poi far trascorrere qualche secondo per realizzare ciò che quella ragazza gli aveva detto, e quando si rese conto di ciò guardò un attimo Dino come a cercare una risposta da lui, eppure sembrava che anche il biondo non sapesse chi fosse e probabilmente era anche più perplesso di lui.
«Ma chi diamine sei?!» la ragazza strinse le labbra indispettita e ci mancava poco che non iniziasse a sbattere i piedi a terra urlando.
Squalo vedeva quella ragazza come se fosse un fantoccio pronto ad essere distrutto. Se avesse potuto, l'avrebbe presa per i capelli e scaraventata fuori dal bagno. Era irritato non tanto per il fatto che si fosse intromessa, ma perché era arrivata lì facendo la sbruffona, come se fosse una giustiziera, che poi non c'era proprio nulla da salvare. 
«Sei volgare, non hai la veramente minima idea di come ci si comporti a scuola. Sei veramente un mostro, offendi e tratti male i ragazzi più deboli di te. La tua crudeltà ti farà rimanere solo, perché sei una persona veramente orribile. Dio ti punirà per quello che fai, andrai all'inferno per la tua mancanza di educazione e per la tua volgarità. Tratti Dino come un burattino, sei veramente orribile, non ti vergogni di come lo tratti? Per non parlare di come ti comporti all'interno dell'edificio scolastico, con quell'aria da duro che non vede l'ora di trovare un povero ragazzo da poter picchiare! Veramente, non dovresti essere in questa scuola. Dato che però ci sei, almeno non trattare le altre persone come se fossero i tuoi giocattoli! Dino è una persona veramente buona e tu te ne approfitti! Sei crudele!» Squalo rimase per una frazione di secondo spiazzato, la vocina stridula di quella ragazzina l'aveva stordito, tutte quelle parole dette senza nemmeno fermarsi un attimo l'avevano fatto rimanere con il fiato sospeso e gli avevano fatto sbarrare gli occhi incredulo. Non riusciva ancora a capire cosa volesse quella ragazza e per di più gli stava dicendo tutte quelle cose così gratuitamente che quasi gli venne voglia di darle un bel cazzotto dritto dritto in un occhio. Ma se lei diceva che non aveva un minimo di educazione, in verità la sua educazione le stava salvando il bel visetto da saccente che si ritrovava. Aveva da subito intuito che quella ragazza era una di quelle stupide ochette che si credevano chissà chi solo perché avevano una media un po' più alta degli altri. Era irritante, aveva quegli occhi verdi puntati addosso come se fossero delle frecce pronte ad essere scoccate per colpirgli il petto.
«Ma sei stupida o cosa?! Che cazzo vuoi» In realtà non sapeva cosa dire, doveva comunque cercare di mantenere la calma, anche se ciò risultava molto difficile a quel punto. Quella ragazzina sembrava aver piantato i piedi a terra e sicuramente non si sarebbe scollata di lì. Il peggio era che Squalo non sapeva proprio che cosa fare o dire per poterla mandare via senza che questo implicasse un bel calcio nel culo.
«No, forse hai frainteso, non mi tratta male è solo che»
«Guardalo! Per colpa tua deve anche giustificarsi per qualcosa che non ha fatto, sono sicura che gliel'hai detto tu di dire così. Sei un mostro, veramente» la ragazza sembrava che non volesse nemmeno ascoltare Dino che rimase muto e guardò il suo amico spiazzato.
Squalo questa volta combatté contro la voglia di tagliarle la lingua, era insopportabile come quella sua vocina pronunciava in modo tanto marcato e stridulo quel "veramente" messo ovunque, in ogni frase, per iniziarla, per concluderla, usato perfino come rafforzativo, come se quello potesse colpire più a fondo. Ma Squalo non si sentiva minimamente colpito dalle sue parole, piuttosto si sentiva irritato. Si stava irritando sempre di più e se avesse ancora detto una parola, probabilmente le avrebbe mostrato tutta la sua furia. Al diavolo se quella era una ragazza, al diavolo se non era educato e se era volgare, e al diavolo anche se sarebbe finito all'inferno.
«Non è così, davvero, non»
«Ma si può sapere che vuoi?! E poi smettila di dire sempre quel dannatissimo "veramente"» Dino non riusciva a finire una frase che veniva subito sovrastato dalle grida di Squalo o di quella ragazza che oltretutto non sapeva nemmeno chi fosse. Perché lo stava difendendo in quel modo? Perché stava offendendo in quel modo Squalo? Dino sentiva che doveva fare qualcosa per far smettere ad entrambi di gridarsi addosso, sapeva che Squalo aveva poca pazienza e ormai quella sua poca pazienza era esaurita. 
«Cosa ti importa di quello che dico, forse nemmeno sai cosa vuol dire. Sei veramente irritante, non ti devi permettere di gridarmi addosso e non ti permettere più di stare con Dino, sono stata chiara?!» a quel punto la ragazza alzò l'indice e lo puntò contro il petto di Squalo e ad ogni parola si avvicinava sempre di più fino a quando non lo sospinse leggermente rimarcando sull'ultima parola.
Il futuro spadaccino non ci vide più dalla rabbia, stava per caricare un destro dritto sulla guancia della ragazza, ma prima che la colpisse, Dino si mise in mezzo ed accusò in pieno quel pugno.
«Dino!» Urlò la ragazza soccorrendo subito il Cavallone accasciato a terra che si teneva la guancia dolorante.
«Non è niente, non l'ha fatto apposta» Dino alzò lo sguardo verso il suo amico. Quello che vide lo spaventò: il volto di Squalo era contratto dalla rabbia, i suoi occhi erano incandescenti e la sua smorfia celava il suo pentimento.
L'albino sapeva di aver appena fatto un'immensa stronzata, ma non si pentiva del tutto, perlomeno aveva fatto togliere quel maledetto indice dal suo petto. Forse però si sentiva dispiaciuto per quello che aveva fatto, quel pugno a Dino gliel'avrebbe comunque dato per la sua estrema sbadataggine. Restava comunque il fatto che anche se cercava di contenere tutta quel suo astio, non riusciva proprio a calmare i suoi istinti e sembrava anzi che nel momento in cui sembrava che ci stesse per riuscire, accadeva qualcosa che puntualmente lo faceva cedere.
«Guarda cosa hai fatto» la ragazza alzò lo sguardo accusatore verso Squalo, ma quest'ultimo sembrava fregarsene altamente di lei e guardò il suo amico come a volergli dire qualcosa che probabilmente nemmeno lui sapeva. Era arrabbiato, arrabbiato perché quella stupida ragazza lo accusava, che fosse giusto o meno non importava, ed era anche arrabbiato perché non riusciva proprio a calmarsi.
Senza dire una parola quindi prese a camminare, senza nemmeno ascoltare le parole che gli venivano lanciate dietro dalla ragazza, parole che per lui non avevano il minimo peso, eppure si sentiva leggermente in colpa, non sapeva cosa lo stesse facendo fuggire da quel bagno, ma doveva allontanarsi il prima possibile da lì, da Dino, dalla ragazzina e da tutto il resto delle persone.
Camminò il più velocemente possibile verso l'uscita, evitava gli sguardi incuriositi dei ragazzi e quelli perplessi ed impauriti delle ragazze. Quando si ritrovò fuori dall'edificio si guardò attorno in cerca di un posto tranquillo in cui poter rimanere per i fatti propri a calmare i bollenti spiriti. Fortunatamente le persone non erano troppe, ma subito poté riconoscere un paio di occhi che lo stavano guardando intensamente. Squalo non aveva voglia di ritrovarsi in una rissa, non aveva voglia di litigare, il suo piccolo spazio di litigio l'aveva avuto nel bagno e se poi ci si metteva anche quello sguardo rosso ad opprimergli il buon senso, allora davvero sarebbe andato alla ricerca di morte certa. Per questo motivo non si lasciò travolgere dallo sguardo di Xanxus, cercò in tutti i modi di rimanere indifferente a quella muta sfida che gli stava lanciando.
Avrebbe tanto voluto dire un "che cazzo ti guardi" o qualcosa di simile, ma più che per il buon senso, sembrava che qualcosa lo bloccasse.
Lo sguardo di Squalo vagò ancora per pochi attimi fino al grande campo di calcio, probabilmente lì sarebbe potuto rimanere in pace.
Quanto avrebbe voluto avere la spada con lui, magari allenarsi per scaricare tutta quelle tensione, liberarsi di quel peso schiacciante e fastidioso che gli stringeva lo stomaco in una morsa dolorosa.
Si avviò dunque verso il campo da calcio senza guardarsi indietro, sentendo ben presente lo sguardo di Xanxus che gli pungeva la schiena.



Innanzitutto mi dispiace. Perdonate il mio ritardo, purtroppo ho qualche problema con la stesura di questa fiction. So bene quello che devo fare, ma non riesco a metterlo in atto come vorrei e ci si mette anche il fatto che sono un po' pigra (un bel po') e me la prendo fin troppo comoda. 
Questo è un capitolo di passaggio, ho introdotto un nuovo personaggio ed anche uno che conosciamo fin troppo bene. Vedremo quindi come si evolveranno i fatti. Nel prossimo capitolo ci saranno fatti un po' più interessanti e più movimentati, almeno spero. 
Cercherò di scrivere ed aggiornare più in fretta possibile, non ho nemmeno scritto una riga del quarto capitolo. 
Perdonatemi anche se questo capitolo è uscito così male, è stato un vero e proprio parto e non sono nemmeno riuscita a scrivere ciò che volevo, è tutto abbastanza prolisso e privo di significato e mi dispiace tantissimo, è un capitolo superfluo e brutto, me ne rendo perfettamente conto. Scusate se ci sono errori di battitura, sono molto sbadata e anche se l'ho riletto tre volte forse mi sono persa qualche cosa.

Come al solito rigrazio i commenti (a cui rispondo direttamente nella pagina delle recensioni) e alla seguite e ai preferiti. Grazie, grazie, grazie!

  
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