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Autore: Miss_Slytherin    31/01/2011    7 recensioni
Dall'ultimo capitolo:
-Insomma, mi volete dire che cosa sta succedendo?- domandò ad un certo punto Remus, esasperato da quei due; Harry e Peter si stavano scambiando le ultime figurine delle Cioccorane e guardavano interessati le rispettive collezioni.
-Non sta succedendo proprio niente, Remus- sbuffò Sirius.
-Ah no? Non state facendo danni...-
-...e te ne lamenti?- gli domandò James, ma Remus lo ignorò e proseguì:
-...non state affatturando nessuno né giocando con giochi pericolosi persino per i maghi...-
-...in teoria questo sarebbe un bene...-aggiunse Peter, ma Remus ignorò anche lui e concluse:
-...perciò c'è decisamente qualcosa che non va in voi, oggi-.
-E non solo oggi- scherzò Harry per alleggerire la tensione.
-Siamo solo tranquilli, che c'è di strano?- chiese Sirius, perplesso.
-C'è che non è da voi- rispose Remus, ironico.
-Uffa Remus! Facciamo casino e ci dici di stare buoni, stiamo buoni e ci dici che non stiamo facendo danni!- esclamò James, incredulo.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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                                                        CAPITOLO 1                                           
                                                                Meeting


Il caldo torrido dell'estate aveva reso i prati ben curati e le aiuole fiorite della famiglia Potter piuttosto secchi e ingialliti. D'altra parte, con una media di trenta gradi all'ombra, non ci si poteva aspettare che crescessero rigogliosi. È appunto in una tranquilla mattinata di giugno dell'estate 1971 che ha inizio la nostra storia, con la signora Dorea Potter intenta a cercare di ridar vita a delle orchidee ammuffite.

-Oh insomma! Se potessi fare a modo mio...- sbuffò irritata, scostandosi dagli occhi un ciuffo di capelli castani. Se non avesse rischiato un richiamo dal Ministero, avrebbe già estratto la bacchetta e fatto risorgere quelle dannate piante!

-Secondo me faresti prima a dargli fuoco, mamma- intervenne James Potter, unico ed adorato figlio della famiglia. L'undicenne stava tranquillamente sezionando una malcapitata cavalletta, staccandole le zampe una alla volta.

-James insomma, che schifo! Non puoi trovarti dei giochi meno vomitevoli?- lo rimproverò sua madre, lasciando perdere le ormai defunte orchidee.

-Ma mamma, i giochi meno vomitevoli non sono divertenti!- sbuffò il ragazzino contrariato, aggiustandosi gli occhiali rotondi sul naso.

Dorea alzò gli occhi azzurri al cielo, considerando suo figlio ormai un caso perso. James aveva solo undici anni, ma si era già rotto una gamba lanciandosi da un dirupo con la scopa rubata al padre Charlus mentre erano in vacanza in Scozia, aveva ricevuto ben dieci richiami dal Ministero, il più grave per aver cercato di affatturare suo zio Tiberius volontariamente, e non da ultimo, aveva quasi fatto esplodere la villetta di famiglia con chissà quale intruglio preparato clandestinamente.

E queste erano solo le malefatte minori del giovane rampollo di casa Potter, che non vedeva l'ora di andare a Hogwarts per imparare nuovi, pericolosi modi per danneggiare sé stesso e gli altri.

-Mamma, quando andiamo a comprare la bacchetta?- chiese James per la millesima volta durante la giornata, seppellendo con le mani la cavalletta deceduta per smembramento.

-Te l'ho già detto, quando tuo padre avrà un attimo di tempo per venire con noi. Sai che è molto impegnato- gli rispose Dorea, passata ora ad occuparsi delle begonie appassite.

-E quando avrà un po' di tempo? Insomma, uno ha bisogno di tempo per scegliere il gufo, la divisa...la scopa...- aggiunse piano James, sognando manici di scintillanti.

-James, tesoro tu non avrai una scopa al primo anno- sospirò sua madre, tremando al pensiero del bambino che si librava per i cieli a velocità folle.

-Ma papà aveva detto di sì!- protestò quest'ultimo offeso, schiacciando una fila di formiche rosse per ripicca.

-Ucciderò tuo padre, ricordamelo- borbottò Dorea, alzandosi da terra e pulendosi le mani sul grembiule da lavoro. In quella, notò del movimento nella villetta di fronte alla loro. Grossi camion se ne stavano parcheggiati davanti al vialetto e alcuni uomini stavano scaricando dei mobili, anche piuttosto belli, notò Dorea.

-James guarda, abbiamo dei nuovi vicini!- esclamò entusiasta. Era una persona molto socievole, che amava fare nuove conoscenze e amicizie.

-Wow, speriamo siano mag...- iniziò a dire James allegro, ma la madre lo interruppe:

-Non dirlo!- sussurrò allarmata. Lo Statuto di Segretezza non era da prendersi alla leggera.

-Uffa, che noia!!! Non si può mai dire e fare nulla di interessante!!- si lamentò James, che si era messo a sua volta ad osservare il trasloco che stava avvenendo. Sperava che nella nuova famiglia ci fossero dei bambini: lui era l'unico del suo quartiere e si annoiava parecchio a stare sempre da solo. Come per magia, dalla casa sbucò una bambina, che corse lungo il vialetto per andare a recuperare da uno dei furgoni una grossa scatola. Era anche pesante evidentemente, perché la bambina non riusciva a sollevarla e si stava limitando a trascinarla faticosamente.

James pensò di andarla ad aiutare, ma poi la sua attenzione fu attirata da uno scarafaggio gigante; con un ghigno lo afferrò, pronto a sottoporlo alle peggiori torture.


                                                                      *****

Arizona stava sudando, e non poco. Quella maledetta scatola pesava davvero troppo, per una ragazzina gracile e mingherlina come lei, e non riusciva proprio a capire perché non potesse portarla dentro suo fratello Teddy, che era alto e spesso come un armadio.

Stava appunto per desistere dalla faticosa impresa, quando lo scatolone, come per magia, si sollevò di pochi centimetri da terra e iniziò a galleggiare accanto a lei; fece ancora qualche metro, per poi depositarsi all'ingresso della nuova casa della famiglia Anderson.

Arizona la fissò, spaventata. Non era la prima volta che le succedevano cose di quel tipo. Una volta, quando abitavano ancora a Charleston, nella Virginia occidentale, una sua dispettosa compagna di scuola (Kelly McPearson era una delle poche cose che non sarebbe mancata ad Arizona) le aveva fatto lo sgambetto mentre andavano in mensa, facendole venire un livido grosso come un'arancia sul ginocchio. Arizona aveva paura che sua madre se ne accorgesse e che le chiedesse spiegazioni: non voleva confessarle l'ennesimo incidente. Così, aveva passato le due ore di matematica del pomeriggio a sperare che quel livido sparisse miracolosamente, ma sapeva che non era possibile: eppure, quando si era controllata il ginocchio prima di tornare a casa, la pelle era rosea e liscia. Nulla, il livido non c'era più. Oppure c'era stata quella volta che per giocare Teddy le era saltato addosso, con tutta la sua notevole massa, e senza accorgersene la stava soffocando: non sapeva come ma Arizona era riuscita a toglierselo di dosso, con una forza che non poteva appartenere al piccolo corpo di una bambina di otto anni. A pensarci bene l'aveva spedito contro una mensola, rompendo anche il vaso preferito di sua madre.

Episodi come questi le succedevano sempre, e lei era sempre più impaurita: aveva cominciato a credere di non essere normale e non aveva mai avuto il coraggio di parlarne, per timore di essere presa per pazza.

-Arizona cara, ti spiacerebbe andare a chiedere ai vicini se hanno un cacciavite? Temo che i nostri siano fra le cose che devono ancora arrivare- la voce di sua madre, Elisabeth Anderson, l'aveva raggiunta, strappandola ai suoi cupi pensieri sullo scatolone.

-Un cacciavite...? Si...vado...- le rispose Arizona con qualche secondo di ritardo.

Attraversò il prato e la strada, notando in un secondo momento che le sue scarpe da ginnastica erano tutte sporche. Si vergognò di andare dai vicini conciata in quel modo, ma d'altra parte Arizona si vergognava sempre di sé stessa. Aveva una massa indomabile di ricci biondo grano, che lei portava quasi sempre legati, due banali occhi castano chiaro e un nasino all'insù, spruzzato di lentiggini. Portava l'apparecchio ai denti, perché gli incisivi superiori si accavallavano, e perciò s'imbarazzava a parlare e ridere. E poi era magra, troppo magra; sua sorella Virginia, dall'alto dei suoi diciotto anni, le diceva sempre che sembrava un chiodo, piccolo ed inutile.

Sperando di non sembrare stupida come si credeva, Arizona si avvicinò alla signora con il grembiule verde, che stava strappando erbacce dal prato.

-Ehm...mi scusi...- iniziò titubante. Con la coda dell'occhio notò un ragazzino che poteva avere la sua età e si imbarazzò ancora di più.

-Sì, cara?- le rispose Dorea gentile.

-Avreste un cacciavite? Siamo nuovi di qui, ci siamo appena trasferiti e ecco insomma...l'avreste?-

-Certo cara, aspettami qui, te lo vado a prendere-.

Dorea si alzò, domandandosi che diavolo fosse un cacciavite, e sparì in casa.

James intanto stava osservando la nuova arrivata piuttosto curioso e visto che lei se stava lì impalata ed in silenzio, decise di presentarsi.

-Ciao, io sono James-.

-Oh! Ciao, mi chiamo Arizona- rispose la ragazzina, arrossendo come faceva sempre quando le toccava presentarsi. Odiava il suo nome, ma i suoi genitori erano decisamente patrioti: a sua sorella era toccato il nome Virginia, in onore dello stato in cui gli Anderson erano vissuti per generazioni, mentre suo fratello doveva il suo nome a Theodore Roosvelt, il miglior presidente che l'America avesse mai avuto secondo suo padre.

-Arizona?! Che razza di nome è?!- le chiese James, con il suo solito tatto.

-Me lo chiedo anche io. È americano, comunque- rispose lei, fissandosi le scarpe.

-Wow, sei americana allora! Che figo!- esclamò James entusiasta e Arizona sorrise, cercando di non scoprire troppo l'apparecchio.

-Ehi, ma che cos'hai ai denti?- aggiunse poi il piccolo Potter, vincendo il premio per l'indelicatezza.

come non detto” pensò Arizona.

-Ecco è...un apparecchio-

-Oh...ti fa male?- le chiese, studiandola come un insetto.

-No, adesso no, ma quando l'ho messo un sacco- rispose Arizona, che si sentiva le guance andare a fuoco. Fortuna volle che in quel momento Dorea tornasse con cacciaviti di diversa misura fra le mani.

-Ecco cara, teneteli pure quanto volete- le disse porgendoglieli.

-Grazie...signora...?-

-Potter, Dorea Potter. Questo è mio figlio James, spero non sia stato maleducato con te-.

Arizona ripensò ai commenti del ragazzino occhialuto e si limitò a scuotere la testa, prima di tornare alla nuova casa. Decisamente, sentiva che non le sarebbe piaciuto per nulla vivere lì.


                                                                        ******


-Chastity, sono estremamente delusa da te. Sei pur sempre una Rosier, ci si aspetta una certo comportamento da una Purosangue-.

La piccola Charity Rosier, di quasi undici anni, si morse forte il labbro, sino a sentire il sapore del sangue, pur di non rispondere a sua madre, Olympia Rosier. Non aveva ancora capito bene per cosa la stesse sgridando, ma era certo che c'entrasse suo fratello Evan. Aveva cinque anni più di lei e pensava che non ci fosse niente di più divertente che torturarla.

-Madre, io...-

-Zitta- la interruppe fredda la donna e Charity pensò che sua madre faceva davvero paura, con quegli occhi grigi così freddi e spietati. Sebbene fosse giugno e nella loro tenuta di campagna facesse molto caldo, Chastity iniziò a sudare freddo. Sentiva che anche quel giorno non avrebbe mangiato. E non per una semplice punizione. Le sarebbe piaciuto capire almeno perché.

-Non devi mai, mai entrare in contatto con i Babbani. Sono indegni anche di calpestare il nostro stesso suolo, credevo di avertelo insegnato- proseguì Olympia e Chastity finalmente capì.

Il giorno prima stava giocando in giardino, quando uno dei bambini che abitavano nella casa di fronte era venuto a chiederle se voleva giocare con loro. Chastity aveva risposto di no, secca, e quello se n'era andato. Evidentemente Evan l'aveva vista e aveva fatto la spia come sempre. Ed ora sua madre la stava sgridando duramente. Ascoltando le sue parole, Chastity desiderò ancora una volta di poter vivere un'infanzia normale.


NdA:

Allooooora...probabilmente chi mi segue in Poisonous Lily mi ucciderà, dato che è passato quasi un mese dall'ultimo aggiornamento...però ci sto lavorando e arriverà a breve, non temete!!! Venendo a questa storia, il personaggio principale è Arizona Anderson, una NataBabbana di origini americane che si troverà ad Hogwarts negli anni dei Malandrini. Oltre a lei, ci saranno altri personaggi originali, tra cui Chastity Rosier. Dei Rosier non si sa molto, se non che Evan Rosier è uno dei più fidati Mangiamorte, così mi sono inventata un'ipotetica sorella minore. Con lei ed Arizona ritroveremo ovviamente James, Sirius, Remus e Peter, ma anche Lily e tutti quelli che sono stati protagonisti di quegli anni.

La storia non è completa, scrivo i capitoli man mano, anche a seconda delle recensioni, perciò non so dire con precisione quando sarà il prossimo aggiornamento...non più tardi di un mese, comunque.

Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto, anche se abbiamo solo momenti d'infanzia di tre dei nostri protagonisti. Nei prossimi due capitoli penso di metterne altri con protagonisti Lily, Sirius, Remus e Peter, di modo di avere una loro visione prima di incontrarli a Hogwarts.

Okay, vi ho annoiati a sufficienza credo...perciò se avete delle domande sarò lieta di rispondervi tramite posta :)


Con affetto, Miss_Slytherin

  
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