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Autore: Stregatta    31/01/2011    7 recensioni
- E poi, boh... L'idea di un oggetto freddo ed inanimato che prende vita grazie ad una collisione del tutto casuale è stupenda. Ti fa pensare che non c'è limite alle possibilità che... Che anche la situazione più estrema, in senso negativo, si possa risolvere un giorno, per caso... E per il più stupido dei motivi. Un asteroide che paragonato alla massa di un pianeta è poco più di sasso vicino ad una montagna. -
{Uno sfigato, uno svitato, uno che passava per caso.}
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fisica delle particelle

(seconda parte)


- Cos…?- mugugnò Dominic, tirandosi immediatamente a sedere e poi in piedi.
L’altro sorrise nervosamente, mostrando gli incisivi accavallati ed aguzzi.
- Scusa il disturbo… Ti ho visto sdraiato per terra e così… - Bellamy mosse una mano in un gesto vago che per lui doveva valere come ulteriore spiegazione del suo intervento precedente.
Nel frattempo, Dominic si stava spolverando i pantaloni, occhieggiando il nuovo arrivato con fare circospetto.
- Figurati… Cioè, anch’io…- iniziò, senza in realtà avere la più pallida idea di dove andare a parare.
Anch’io importunerei un perfetto estraneo se lo vedessi spaparanzato per terra in un parco in una sera novembrina”? Un po’ campata in aria, come replica.
Fra l’altro, non si poteva nemmeno parlare di “perfetto estraneo”: un po’ perché frequentavano lo stesso istituto, un po’ perché a Teignmouth si conoscevano tutti almeno di vista e un po’ per ovvie ragioni.
- Già… Insomma, fa davvero freddo, eh? -
Nel sentire l’inflessione forzatamente noncurante nella voce del suo inaspettato interlocutore, Dominic ebbe la strana sensazione che quell’approccio fosse in parte qualcosa di non troppo casuale.
Si sforzò di non dar peso a quel pensiero. Troppo inquietante, come prospettiva – senza contare che rimanere da solo con quel tipo in un posto così tetramente solitario già gli dava un po’ i brividi.
- Be’, ma come mai allora vai in giro?- volle sapere Dominic, incrociando le braccia sul petto in un istintivo gesto di chiusura.
Bellamy scrollò le spalle, lisciandosi i capelli: - Stavo andando a casa, infatti.-
Indicò un punto indistinto alle sue spalle, senza che Dominic si rivelasse interessato alle coordinate precise di esso.
- Mhm... Anch’io. -
- Oh… Be’, allora… Ciao. -
- Ah-a. Ciao. -
Il quadretto surreale terminò con quell’insipido ed impacciato botta e risposta: Bellamy non tentò di instaurare un dialogo migliore e Dominic gliene fu molto grato.

Camminando con le mani rintanate nelle tasche del giubbotto, il vento che gli gelava le gambe attraverso i jeans umidi, Dominic borbottò a mezza bocca il ritmo richiestogli da Bowman durante il provino.

Cazzo, almeno avesse motivato il suo rifiuto... La nozione di “critica costruttiva” proprio non gli apparteneva, eh?
Iniziò a tremare di freddo.
Ma quanto strada doveva fare ancora? Gli sembrava di essere in cammino da una vita.
Tossicchiò. Si era già pentito del suo impulso di poco prima.
Fanculofanculofanculostoghiacciando.
Quando vide in lontananza il cancello di casa sua gioì silenziosamente, entrando a passo di carica ed andando a rintanarsi direttamente in camera – sua madre non c'era, si trovava a quel seminario comunale su tematiche concernenti il disagio adolescenziale e roba del genere.

Il giorno dopo si risvegliò con tutti i classici sintomi di un febbrone da cavallo proprio come aveva auspicato, con l'unica differenza che non ne era più così entusiasta.

Gli dolevano la gola e le giunture e la testa gli sembrava gonfia come un pallone, nonché pesante come un'incudine.
Scese in cucina, trovando un paio di croissant nel microonde ed un biglietto di sua madre: “Buona giornata, cucciolotto!”
Dominic rabbrividì, appallottolando il foglietto e gettandolo nel cestino.
Disdegnando i croissant, trangugiò del müsli a fatica e si trascinò in bagno.
Nel lavarsi i denti, rifletté su quali lezioni avrebbe saltato, quel giorno.
Dunque... Storia, biologia, educazione fisica...
Sorrise stancamente – bel colpo, Howard... Proprio oggi che la prof spiegava.

Dopo essere uscito dal bagno, andò dritto dritto in salotto e si sistemò sul divano, cominciando a fare zapping.

Telegiornale. Documentario sul tursiope. Cartoni animati. Altro telegiornale.
Dominic sospirò, sdraiandosi sui cuscini foderati di pizzo del sofa.
Sonno. Noia. Mal di testa.
Sonno.
Stava per addormentarsi, quando un suono attirò la sua attenzione.
Un suono vagamente stridulo ma cadenzato, con un proprio ordine ritmico.
Veniva da lontano, forse da fuori. Magari qualcuno stava ascoltando della musica a volume molto alto.
Dominic decise di non farci caso e di tornare al suo pisolino ma la melodia aumentò sensibilmente di intensità, quasi si fosse fatta più vicina.
Archi. Una sezione d'archi.
Alzandosi e sbadigliando pigramente, Dominic si guardò attorno come ad individuare la direzione dalla quale la musica si stava propagando – lenta, solenne e forse un filo troppo melodrammatica per i suoi gusti.
Intontito da febbre e relativa debolezza, si accorse dopo qualche secondo che non si trattava più solo di archi.
Credette che fosse uno scherzo del suo cervello annebbiato, quando si rese conto che qualcuno stava cantando su quella melodia...
e che quel qualcuno doveva trovarsi nella sua cucina.
Il cuore iniziò a battergli più forte.
Ok. Forse era sua madre che era rientrata e magari non l'aveva sentita – dopotutto era a pezzi, no? I suoi sensi e riflessi funzionavano a rilento... O poteva essere una delle gemelline accanto alla finestra della cucina – la voce era abbastanza acuta da appartenere ad una donna o una bambina.
Prima di rendersene effettivamente conto, si ritrovò a seguire la voce un passo dietro l'altro.
Non pronunciava parole, ma solo vocalizzi precisi ed intonati ed a tonalità ragguardevoli.
Dominic chiuse gli occhi per un secondo e gli parve di nuotare in quel mare di note sempre più prossimo ed intenso: una parte di sé sembrava guardarlo da fuori, rimproverandogli l'imprudenza che lo stava guidando verso la porta chiusa della cucina, abbassandone piano la maniglia come per non disturbarne la voce dietro.
Trattenne il respiro...
e vide sua madre che stava lavando i piatti, cantando.
Dominic buttò fuori il fiato in uno sbuffo sollevato.
- Ciao, ma'. -
- Oh, tesoro! Ma sei qui? - squittì allegramente Diane, dandogli le spalle.
Indossava un grembiulino ricamato ed una gonna a fiori gialli su sfondo nero.
Dominic non gliel'aveva mai visti addosso.
- Be', sì, ho un po' di febbre e quindi... - bofonchiò, scuotendo il capo come per schiarirsi le idee.
- Oh, piccolo... - lo compatì sua madre, sfilandosi i guanti di gomma verde dalle mani e slacciandosi il grembiule.
Quando si voltò, Dominic trattenne un urlo a malapena.
Sotto la folta chioma ramata di sua madre c'era il muso di un tursiope, che lo squadrò preoccupato con i suoi occhietti neri e brillanti.
-... hai preso l'antipiretico? -

Dominic si svegliò di soprassalto, ritrovandosi sdraiato sul divano con il collo irrigidito e una gamba penzolante oltre il bordo del divano.

Si tastò la fronte, trovandola bollente ed asciutta esattamente come l'aveva lasciata, e poi si abbandonò di nuovo contro il cuscino sul quale aveva riposato – cazzo, ci aveva anche sbavato un po' su.
Spense la TV, caracollando in cucina ed aprendo lo sportello del microonde: sbocconcellando un croissant e chiedendosi perché non l'avesse fatto prima - cavolo, era buono anche da freddo - fissò il vuoto per qualche minuto.
Mai sentito così di merda, e non solo per la febbre.
A chi li chiedo i compiti, stavolta? Buchanan? No, già è convinto che siamo ad un passo dal diventare fratelli di sputo alla maniera dei Piccoli Lupi del Devon perché mi ha passato quella stracazzo d'equazione il mese scorso. Evitiamo.
Nessie? No, mi odia. Jason? Naah, mi odia pure lui. Julie? No, mi o... Ok, non mi caga e basta. Quella troia.
Tanto ho tempo per decidere. Sono solo le... Undici? Sì, le undici. Mi si stanno incrociando gli occhi, cazzo.

Quando si adagiò sul ripiano di legno freddo del tavolo, un ultimo pensiero lo cullò piacevolmente prima di sprofondare nel sonno più pesante e scuro.

La Pennyworth per un po' di tempo dovrà trovarsi un altro schiavetto... O al limite dovrà muovere il culo e spolverarsi gli scaffali da sola.

***



« Professore, sono un extraterrestre!»
La sconvolgente dichiarazione di un liceale della città di Teignmouth

Una mattinata come tante trasformatasi in un’esperienza da “Ai Confini Della Realtà”, per un insegnante di scienze e la classe del primo anno del liceo *** di Teignmouth, cittadina del Devonshire: uno studente, evidentemente annoiato dalla lezione tenuta dal professore, decide che l’unica risoluzione da intraprendere è quella di balzare sul proprio banco e declamare un discorso sulle proprie ipotetiche origini extraterrestri.
Buontempone o vittima di un grave esaurimento nervoso? Di certo per ora il giovane non è riuscito a rimediare consensi fra i suoi compagni, alcuni dei quali dichiarano: “È sempre stato un po’ strano”.
La bibliotecaria della scuola asserisce: “Lo vedevo quasi sempre da solo e passava un sacco di tempo in biblioteca… Chiedeva sempre dei titoli particolari, e amava leggere saggi scientifici. Più volte ha cercato di coinvolgermi in strani discorsi a proposito delle sue strambe teorie spionistiche, ma non ho mai dato molta importanza a certe fantasie”.
In attesa che l’eco mediatica attorno al caso si smorzi, il giovane è stato allontanato dalla scuola e si vocifera di un suo ricovero in un istituto d’igiene mentale.

A suo tempo la notizia aveva avuto una risonanza sorprendente, guadagnandosi un trafiletto persino sulle pagine del Sunday Times: ovviamente, l’importanza dedicata al caso dal quotidiano era inversamente proporzionale all’accurato sensazionalismo della prima pagina dei giornali locali e del giornale della scuola.

Matthew Bellamy aveva attraversato il cielo nebuloso e statico di quel buco di culo di Teignmouth come una meteora, con l’unica differenza che la gente aveva continuato ad osservarne la scia anche a distanza di tempo.Cosa non si faceva, per sconfiggere la noia… Giocare a carte, ubriacarsi di birra da quattro soldi e parlare di quel mezzo matto del giovane Bellamy – quello che credeva di venire da un altro pianeta, te lo ricordi?
Dominic sollevò la testa dal vecchio quotidiano per sbirciare la signora Pennyworth seduta dietro la sua scrivania, mentre si limava le unghie sospirando contemporaneamente su una rivista di moda.
Chissà come doveva essersi emozionata al pensiero di essere finita in qualche modo sul Sunday Times. Sicuramente dopo aver letto il giornale doveva essersi precipitata a riferire la notizia al suo criceto, festeggiando con un goccino di gin. Forse più di un goccino.
In quel momento la donna si accorse dello sguardo di Dom, e assottigliò le palpebre pesantemente truccate di cobalto: - … credevo di averti detto di riordinare i quotidiani, non di fare una rassegna stampa. -
Invece io ho sempre creduto che tu fossi il perfetto modello della Zitella Acida in Piena Menopausa, ed infatti ti manca solo una casa piena di gatti puzzolenti, stronza.
Il ragazzo borbottò delle scuse indistinte, richiudendo le pagine lievemente ingiallite spalancate sul tavolo.
A suo tempo non si era molto interessato al caso Bellamy, anche perché tempo due giorni e la vicenda aveva cominciato a nausearlo: tutte quelle persone che affermavano di “conoscere molto bene il soggetto”, di “aver notato in lui qualcosa di strano nei giorni precedenti al fattaccio”…
Stronzate. Di Bellamy non si era mai interessato nessuno.
Era un lupo solitario addirittura peggiore di lui, uno di cui non ci si accorgeva fin quando non veniva degnato dell’attenzione dei bulletti della scuola… Attenzione del tutto negativa, ovviamente.
Personalmente a Dom era capitato di occhiarlo nei corridoi – non era ancora lo schiavo di Lady Menopausa, quando Bellamy bazzicava per la biblioteca scolastica - con il suo passo dinoccolato e i suoi libri sullo spionaggio internazionale e sul cospirazionismo, ma non gli aveva mai realmente rivolto la parola. Almeno fino a qualche giorno prima, ovviamente.
Dom riportò tutti i quotidiani deposti sul tavolo al proprio posto, salutando appena a mezza voce la signora Pennyworth nell’uscire per la sua pausa: tanto non l’avrebbe sentito, persa com’era nei suoi sogni ad occhi aperti popolati di vestiti e borsette troppo onerosi per le sue tasche.
La campanella aveva sancito il termine delle lezioni pomeridiane da un'ora circa, ma come ogni giovedì per lui la tortura continuava.
Di tutte le attività extracurricolari era andato a scegliersi di certo la meno impegnativa – sulla carta – ma anche la più noiosa.
Il tutto, con in sottofondo una discreta cover di Sly di Herbie Hancock eseguita da chissà quale talentuoso ensemble di elementi del terzo anno del quale non era degno di far parte.
Ah, che bello tornare a scuola.
Mentre percorreva il corridoio deserto dirigendosi verso il distributore delle merendine, dall'aula magna uscirono un ragazzo ed un'acuta nota di clarinetto.
- Ok... Due Light e un té al limone. - sorrise il tipo, appoggiato allo stipite della porta che si richiuse alle spalle subito dopo.
Arrivò alla macchinetta qualche istante prima di Dominic, aiutato da un paio di gambe ben più lunghe delle sue: riconoscendo quella caratteristica ed associandola ai riccioli castani, Dominic ricordò distrattamente che si trattava del tizio che aveva tentato di consolarlo dopo il suo famigerato provino.
Chissà perché girava tanto dalle parti della band... Gli pareva suonasse già in un gruppo, ma non ne ricordava il nome... C'erano troppe band in giro, a Teignmouth, per tenerle a mente tutte: alcune duravano lo spazio di un'esibizione ad una Battle of Bands, altre si scioglievano dopo un mese, altre ancora cambiavano nome e membri ad un ritmo spiazzante.

- Oh, no. - mormorò Dominic, dopo aver selezionato il numero corrispondente al suo marchio di patatine preferito.
La busta, leggera ed elegante, era planata poco più in basso rispetto al luogo di partenza, incastrandosi fra il vetro dello sportello ed un Mars sporgente di qualche centimetro dalla postazione assegnatagli.
- Ma porca...! - imprecò il ragazzo, guardandosi attorno e mollando poi un pugno ad un lato del distributore per far cadere la confezione.
Nulla. La bustina non si era nemmeno mossa.
- Oh, cavolo! - esclamò di nuovo Dominic, stavolta calciando rumorosamente lo sportello al puro scopo di sfogare il nervosismo.
- Così non verrà mai giù. -
Il ragazzo si voltò di scatto, trovandosi di fronte il tipo di prima: avvampando all'idea di aver dato un pessimo spettacolo di sé stesso, indicò goffamente l'oggetto del suo desiderio.
- Be', allora non so che altro fare. -
Lo spilungone si avvicinò di un passo, ed istintivamente Dominic gli fece spazio.
Afferrando la sommità della macchinetta con entrambe le mani, il ragazzo fece leva sui polpacci e la inclinò leggermente, facendola poi ricadere con un tonfo sonoro.
Il Mars mal posto all'interno del suo settore seguì la busta delle patatine.
Dominic aprì la bocca, forse alla ricerca di un ringraziamento, ma il perticone lo prevenne.
- Di solito funziona anche con le patatine, ma in realtà ci vuole più di uno scrollone... Sono troppo leggere. - spiegò, infilando poi una monetina nell'apposita fessura per un'altra lattina di té freddo.
Stringendo il pacchetto fra le mani, Dominic si mordicchiò il labbro superiore con aria incerta.
Grazie. Dai, su. Si dice "grazie".
- Uh... Grazie. - bofonchiò alla fine, aprendo la busta e cacciandosi una manciata di patatine in bocca.
L'altro si chinò a raccogliere la lattina appena caduta ed il Mars lasciato lì da Dominic, per poi raddrizzarsi e guardarlo negli occhi.
Aveva una faccia strana... Non che fosse brutto: anzi, per gli standard dei liceali di quella zona, non era neanche eccessivamente brufoloso o peloso ed in generale i suoi lineamenti ispiravano abbastanza simpatia.
Solo che sembrava davvero grande. Più grande di lui, sicuramente.
- Figurati. - scrollò le spalle ampie sotto la sua larghissima camicia a scacchi nel rispondergli; poi gli mostrò il Mars, chiedendo: - Non lo prendi? -
- Non mi piace granché. - scosse il capo Dominic, pulendosi le briciole ed il sale ai lati della bocca con due dita.
- Meglio per me. - approvò l'altro, strappando l'estremità della confezione dello snack con i denti.
Senza che Dominic se l'aspettasse, gli indirizzò un sorriso.
- Quando sei di corvèe con quello stronzo di Bowman hai bisogno di energia. -
Quindi era come pensava... Era il nuovo assistente di Bowman. Anzi, quello stronzo di Bowman. Come suonava disgustosamente bene, l'idea di non essere il solo a pensarlo!
A bocca piena, lo spilungone appoggiò la schiena al distributore e lo guardò di sbieco.
- Tu sei Dominic Howard, vero? -
- Sì. - ribattè asciutto Dominic, annuendo e nascondendo il lieve stupore di essere stato riconosciuto.
L'altro annuì, indicandolo con il Mars già dimezzato: - Ti avevo già visto da qualche parte... Sei quello del provino. -
Oh, benissimo. Dai, mettiamo il dito nella piaga ed allarghiamola ben bene...
- Già. - ammise controvoglia il ragazzo, sgranocchiando con espressione che sperò risultasse abbastanza indifferente l'ultima patatina integra del pacchetto.
Forse sarebbe stato carino offrirne una al compagno, prima di rimanere con il solito mucchietto di schegge in fondo alla confezione.
Lo spilungone ingoiò un boccone del suo snack, prima di commentare: - Per quello che vale... Suoni meglio di me e del nipote della vicepreside, questo è poco ma sicuro. -
Dominic lo fissò, sorpreso.
... un raccomandato? Uno stupido, pidocchioso raccomandato gli aveva fottuto il posto a cui forse, in caso contrario, sarebbe potuto arrivare?
- Il nipote della...? -
In quella, la porta dell'aula magna si spalancò e Bowman fece capolino con cipiglio arcigno.
- Wolsen... Wolset... Christopher, ci sei andato personalmente a raccogliere le foglie di questo té? -
- Mi scusi, professore... Dovevo dirgli una cosa riguardo ai compiti. - si giustificò gentilmente il ragazzo, mantenendo un'espressione educatamente cordiale fin quando l'insegnante non fu scomparso dentro l'aula: dopodiché sospirò lungamente, afflosciando le spalle sconfitto.
Si rivolse a Dominic.
- Be', direi che ci vediamo... Il giovedì sei inchiodato qui anche tu, immagino. -
- Sì... Biblioteca. Aiuto la signora Pennyworth. - lo informò telegraficamente il giovane, scacciando il pensiero che la sua pausa di un quarto d'ora e che sia solo uno, giovanotto! stava per terminare e che sarebbe dovuto tornare a scatastare libri ed archiviare riviste per almeno un'altra oretta.
- Però... Siamo nella merda tutti e due, mi sa. - ponderò il più alto, strappando un sorriso rassegnato all'interlocutore per poi presentarsi.
- Comunque... Christopher Wolstenholme. Ma se mi chiami semplicemente Chris fai un favore sia a te che a me. -
Indubbiamente, rabbrividì Dominic.
- Ok. -
- Allora ci vediamo, Dom. -
Mentre il suo sguardo si incollava alla schiena larga di Chris, di ritorno dal suo negriero personale, Dominic pensò solo una cosa.
... "Dom"?




Nyah. \*O*/

Immagino sarete un po' deluse da come ho liquidato l'incontro fra Bellamy lo Svitato e Dominic lo Sfigato – tranquille, il bello per quei due deve ancora venire XD – ma intanto ho introdotto Chris il Passante... È già qualcosa, no? ;)
Oh, e... Non fatemi domande sull'incubo di Dominic. Non so che dirvi, giuro. XD

Grazie-grazie a chiunque stia seguendo, preferendo ecc ecc la storia, come sempre. Cheers! :***

   
 
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