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Autore: Gloom    31/01/2011    3 recensioni
Per tutti, Mem è mitica: sempre presente per tutti, sempre disposta ad ascoltare, ad aiutare, a sorridere.
Eppure non permette mai a nessuno di avvicinarla troppo: l'unico che ci è riuscito è un Old Boy tenero e non troppo alto.
Ma Mem ha anche un padre, dilaniato dalla paura di perdere l'ultima donna della sua vita; qualche sua iniziativa potrebbe compromettere la fama della mitica Mem che tutti conoscono.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Nella bocca di Mem c'era ancora il sapore del pranzo, misto a quello salato delle lacrime che aveva ingoiato.
Dovevano essere passate almeno un paio d'ore, ma non poteva esserne certa: non era mai stata tipa da orologio da polso. Tutto quello di cui era conscia erano i muscoli che le si erano addormentati sul pavimento, da cui non si era ancora spostata, e le guance incrostate di sale.
Si sarebbe volentieri andata a lavare la faccia, ma non osava uscire da quella camera.
Non quando fuori c'era lui.
 No, molto meglio restare in quella cameretta, che poco aveva di amichevole: non c'erano più bambole o peluches, né altri potenziali testimoni del fatto che anche Mem potesse aver avuto avuto un'infanzia. Molto era sparito durante un'imprecisata e poco chiara pulizia di primavera, diversi anni prima, ma lì per lì Mem ne era stata contenta: meno cose ci sarebbero state in grado di sollevare ricordi, meno avrebbe ricordato. Perché soffrire più del necessario?
 Solo che c'erano momenti, tipo quello, in cui la camera le pareva così cupa da sembrare una cella. La sentiva malsana, come se negli anni le pareti avessero assorbito qualche sostenza tossica.
Pensò a tante cose, quel pomeriggio: pensò a quanto amasse suo padre e allo stesso tempo a quando non volesse dirglielo, pensò a sua madre e chissà dov'era ora, cosa stava facendo, dove abitava - tenere vivi i rapporti con una madre solo tramite facebook era una cosa talmente penosa da farla vergonare -, pensò a quanti amici effettivamente avesse e risultò che a praticamente nessuno avrebbe potuto raccontare del perché stesse così male... ma non pensò all'Old Boy.
L'unica volta che il suo pensiero aveva provato a deviare verso quella direzione, la mente di Mem aveva risposto con un gemito: oh no.
Non voleva renderlo partecipe di quello che era accaduto.
Non voleva e basta.
 Ovviamente, studiare era fuori discussione.

Altrettanto ovviamente, la mattina dopo pensò bene di andare a scuola; Mem forse non era particolarmente diligente, ma per quello che poteva si era sempre impegnata. Faceva festa raramente, e solo se la situazione era davvero tragica.
 Quella volta però non le venne in mente niente di meglio che presentarsi in classe, pur non avendo studiato. Aveva la mente così obnubilata da non riflettere sulla cosa più saggia da fare, perché era ancora totalmente assorbita dalla litigata del giorno prima.
Se solo ripensava alle parole che aveva lanciato, rabbrividiva.
E dimenticava persino di aver saltato cena e colazione, dimenticava che per quelle poche ore di sonno che era riuscita a guadagnare aveva dormito malissimo, dimenticava che quel giorno sarebbe stata a rischio di interrogazione.
Insomma, ci sono cose più importanti della scuola. E se siete ancora di quelli per cui un nove è tutto, buon per voi. Tanto ne sopravvivono comunque in pochi.
 Ci era voluto poco perché i compagni di classe si accorgessero che Mem stava poco bene... e, come al solito, tentarono di starle vicino a modo loro: senza insistere (causa mancanza della confidenza necessaria), ma facendole capire che erano lì. Ciò implicò che Mem si godette le prime ore stupendamente sola, senza nessuno a romperle le scatole. Ok, era raro che si chiudesse in quel modo... ma, per quelle poche volte, la lasciavano fare; recuperava in altri modi o, almeno, era sempre stato così.
Dopo quattro anni insieme, capisci un bel po' di cose di una persona.
 Pian piano si fece strada in Mem la consapevolezza che era entrata a scuola completamente impreparata: vedeva i compagni tesi per l'imminente interrogazione di letteratura, e lei invece a malapena sapeva quali canti della Divina Commedia avessero fatto.
 -Mem, hai studiato?- le chiese un compagno di classe.
 -No. Non ho aperto libro ieri... non mi si creava davvero-.
 -Oh...- fece un altro. -Be'... dovrebbe chiamare chi ha un'interrogazione vecchia, quindi dovresti essere al sicuro, no?- cercò di continuare.
 Mem sospirò, poi gettò uno sguardo sconsolato all'enorme libro della Divina Commedia: -non lo so. Spero che non mi chiami, che altro posso fare...-
 -Dai, terremo le dita incrociate per te- sorrire una ragazza lì vicino.
Mem cercò di restituire la cortesia, pensando che tutto sommato era circondata da persone incredibilmente buone. Chissà cosa aveva fatto per ritrovarsi degli amici così...
 La prof entrò, carica di borse. Scaraventò i suoi effetti sulla cattedra e, dopo un ultimo, disperatissimo quarto d'ora, fu pronta per interrogare.
 -Estraggo un numero a caso...-
 -Prof- Mem aveva alzato improvvisamente la mano. La prof ci mise un po' per accorgersi di quella tipetta spettinata, che sembrava aver bisogno di una bella doccia.
 -Sì?-
 -Potrei giustificarmi?- tentò Mem. Era la sua ultima speranza: sapeva perfettamente che la sua giustificazione già l'aveva usata, ma sperava che la prof capisse che...
 -Mi spiace, ma già ti sei giustificata a novembre-.
 Mem abbassò la mano, cominciando a mordersi la lingua.
 E invevitabilmente venne chiamata.
 Poverina! sentì sussurrare al suo passaggio.
 Sconsolata, si appoggiò alla parete, in attesa che la prof chiamasse il secondo interrogato.
Venne scelta una delle secchie. Mem non avrebbe neanche potuto sperare in un suggerimento, sapendo che con quella boria la secchia non si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di brillare, a suo discapito.
 La prof partì proprio dalla secchia, e questa riuscì a descrivere perfettamente i canti della Commedia che le venivano chiesti... Mem si maledisse: cavolo, l'argomento le interessava pure. Perché non aveva studiato?
Sentì qualcosa bruciare all'interno dei suoi occhi e pregò con tutte le sue forze di riuscire a trattenere le lacrime; ma era disperazione la sua, cazzo... lo sapeva perché non aveva studiato! Lo sapeva, ed era sicura che se una cosa del genere fosse successa alla secchia che le stava vicina, questa come minimo sarebbe rimasta una settimana a casa! Perché invece lei doveva essere sempre così maledettamente stoica? Perché la sua vita era sempre così maledettamente complicata? Perché? Perché tutti gli altri le vite ce le avevano perfette? Perché per gli altri tutto era così facile? 
 -Filomena, parlami del sesto canto del Purgatorio: a chi si rivolge Dante?-
 Non appena sentì la voce della prof rivolgersi a lei, Mem smise di sostenersi alla parete e cercò di reggersi in piedi.
 Successe tutto sommato in fretta: ebbe il tempo di sentire un cerchio di ferro stringerle la fronte e tutta la testa, si spaventò quando il freddo la invase completamente e le ultime cose di cui si rese conto furono gli occhi che si rovesciarono, le ginocchia che cedevano e il pavimento che si avvicinava. 
 -Oddio!-
 La prof vide una sua studentessa svenirle davanti e, finalmente, tutti si resero conto che Mem era arrivata allo sfinimento.


Giuro che è successo: mi sono presentata a scuola senza aver aperto libro di greco, certa del fatto che non avrebbe interrogato chi aveva già il voto a latino, e invece... "numero 9: che sfortuna, aveva pure tentato di giustificarti! Accomodati".
Ah, ma io non sono mica svenuta: sono riuscita a prendere un dignitosissimo 6+, e guai a chi me lo tocca: è il mio orgoglio
*_*
 Commentate? Ho rinunciato a parecchio del mio sonno per questo capitolo, spero sia riuscito bene :)

  
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