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Autore: Julietts    03/02/2011    1 recensioni
Allora...questa storia è completamente autobiografica...tutti gli episodi raccontati sono reali, tutti i fatti e le persone citate sono realmente esistenti...non molto nel mio stile, volevo semplicemente raccontare quello che mi passa per la testa durante un anno scolastico
Dal capitolo 3:
Verifica di tecnica. Da lì a cinque minuti.
Appresa questa triste notizia dal compagno di banco che te l’aveva detto al telefono chissà quanto tempo prima (e tu non l’avevi segnato, perché convinta di avere una buona memoria), cominci a pregare Dio, la Madonna, Gesù, lo Spirito Santo e tutti i Beati e Santi che conosci, in ordine alfabetico.
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un raggio di sole filtra attraverso le tende. Apro un occhio. Lo richiudo subito. Cattiva idea.
Dopo poco sento ancora un rumore che mi mette una specie di tarlo nell’orecchio, che mi costringe ad aprire questa volta l’altro occhio e dirigerlo verso la sveglia. Sette e un quarto.
Cazzo.
Sono costretta ad aprire tutti e due gli occhi in fretta e a buttarmi giù dal letto trascinando con me il lenzuolo e il cuscino. Sento ancora la luce alle mie spalle quando cerco disperatamente le mie ciabatte sotto il letto, dimenticata totalmente di quei bellissimi raggi di sole. Alla fine rinuncio a infilarmi le pantofole e mi dirigo come uno zombie (uno zombie molto di fretta, a dirla tutta) in bagno, dove mi lavo la faccia con l’acqua gelida. Mi guardo allo specchio e faccio una smorfia di disgusto: la mia immagine non è esattamente pronta a presentarsi in pubblico. Traffico nei cassetti per trovare le mie dannate lenti a contatto che mi permetteranno di vedere un po’ più in là del mio naso. Ecco, trovate. Le apro velocemente e ne prendo una in mano. Mi cade.
Al diavolo.
Ne apro un’altra, e la avvicino all’occhio. La metto. Sbatto le palpebre. Mi dà molto fastidio. Alias: l’ho messa dal verso sbagliato, benissimo. Decido di fregarmene e ne apro un’altra. Me la infilo nell’occhio in meno di due secondi. Anche questa è storta. Due su due. È la mia mattina fortunata.
Ora mi vedo con più chiarezza allo specchio: non solo non sono presentabile, sono propriamente un mostro.
Corro, cercando di non sbattere contro tutti i muri, verso camera mia. Apro l’armadio e prendo una maglietta bianca e un paio di jeans. Infilo il tutto e torno velocemente in bagno. Lancio un’altra occhiata all’orologio. Sette e trentacinque. Malissimo,
Cerco nella trousse un fondotinta che possa coprirmi le occhiaie e l’acne che ha deciso di torturarmi proprio questa mattina. Stendo un velo deciso e mi sento già meglio. Poi, decido che è l’ora di litigare con il pettine.
Prendo quello di ferro, che uso solo nelle occasioni drastiche, e comincio a spazzolarmi con forza i capelli. Sono ancora abbastanza lisci, grazie al cielo, ma sono tutti elettrizzati. Ci vuole una passata di piastra o tra mezz’ora saranno nuovamente ricci e ribelli come ieri sera. E, effettivamente, come ogni giorno che non li piastro.
Mentre attacco l’aggeggio alla corrente e aspetto che si surriscaldi, scappo in cucina e mi prendo al volo una brioche. La trangugio in cinque secondi e torno di corsa in bagno. È tardi, tardissimo.
-Sei pronta?- l’urlo di mia madre non fa che accrescere sempre di più la mia ansia.
-Tra un attimo…tu comincia a scendere e accendere la macchina, io arrivo tra due minuti-
La piastra comincia a fumare. Merda, l’ho lasciata scaldare troppo. La prendo in mano e mi scotto di brutto: ovviamente. Cominciò a piastrarmi i capelli, con destrezza: grazie al cielo al meno questo riesco a farlo bene.
Poi, in un lampo, prendo le scarpe più vicine che riesco ad afferrare e le metto. Acchiappo lo zaino e mi butto fuori dalla porta, e via in macchina, dove mi aspetta mia madre con pronto uno dei suoi discorsi sul fatto che, come quasi tutte le mattine, sono in ritardo.
Sulla via Emilia trovo un traffico pazzesco, e sbuffò irritata. Ci mancava solo questa.
Guardo fuori dal finestrino: c’è il sole, che mi urla ‘ehi, fa ancora caldo, è ancora estate’, e invece no, per me l’estate è finita. Lancio un imprecazione silenziosa verso quella bellissima e limpidissima giornata di inizio settembre e vedo in lontananza quell’edificio che popola ogni mio singolo incubo. Faccio fermare mia madre e comincio a correre, stile maratona di New York, verso il cancello. Attraverso in due secondi il vialetto e mi fiondo in corridoio. Una rapida occhiata all’orologio: cinque secondi e mezzo e suona.
Quattro.
Mi fiondo in classe.
Tre.
Cerco di raggiungere il mio banco in terza fila.
Due.
Lancio lo zaino tra la sedia e il tavolo.
Uno.
Driiiiiiiiin.
-Buongiorno ragazzi-
-Buongiorno prof-
-Allora…il mio registro?-
-E’ in 2C-
-Colombo, me lo vai a prendere, per favore?-
Ma certo prof, non aspettavo altro.
-Ehi, lo sai che hai un’aria irritata e stressata stamattina, cara? Tutto ok?-
-Certo prof-
Certo che è tutto ok. Perché mai dovrei essere stanca o stressata?
  
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