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Autore: Miss Demy    03/02/2011    25 recensioni
New York City. La città che non dorme mai. Forse perchè è proprio di notte che si accendono le luci del Moonlight.
Un incontro improvviso, un ritrovarsi in un luogo inaspettato.
In una città, dove l'amore è solo una leggenda metropolitana, vengono meno le certezze del bel Marzio Chiba, crolla il suo Mondo e se ne crea uno nuovo, uno migliore.
Dal cap.2:
- Nessuno parlava, riuscii a sentire il suono della cintura che veniva slacciata. Non poteva essere. Seiya voleva…
Non riuscivo neanche a pensarlo, figuriamoci a dirlo.
Non mi importava delle conseguenze, aprii la porta, o meglio, ci provai.
Purtroppo era chiusa a chiave. Disperazione. Ma perché? Non la conoscevo, non sapevo nulla di lei. Eppure il cuore mi batteva forte se ripensavo al suo sguardo e alla sua dolcezza di quella maledetta-santa mattina.
“Seiya, apri questa porta. Subito. Muoviti!” ripetevo, battendo pugni sulla porta, facendo intendere che avrei continuato finché non mi avesse lasciato entrare.
Il mio respiro si faceva sempre più affannato, la mano iniziava a farmi male. Non mi importava però. Io dovevo proteggerla.

Dal cap.11
-Guardavo l'Upper East Side e mi sembrava di osservarla per la prima volta.
Quella magia che si era appena creata all'interno della stanza, con lei tra le mie braccia e Lei stretta a me, così da poter udire il suo cuore battere all'impazzata sulla mia schiena mi fece riflettere sul fatto che; bastava davvero poco, era sufficiente soltanto l'affetto e l'amore delle persone amate per rendere felice un uomo.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Moonlight'
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Cap. 10: Non lasciarmi andare...



“È ancora valido l’invito per un caffè?”

Lo aveva domandato con la dolcezza tipica di Lei, con uno sguardo pieno d’amore e tenerezza, e con un sorriso lieve ma intenso che illuminò la stanza.
Per attimo rimasi immobile, cercando di mettere ordine nella mia mente, nella quale si era creata la confusione più totale.
E lei mi fissava, curiosa, in attesa di una mia risposta, con le mani giunte all'altezza del ventre. Le presi una mano invitandola ad entrare:
“Certo che lo è, accomodati.”
Ero così felice da non riuscire a descrivere la gioia provata in quel momento.
Non avrei mai immaginato che Lei potesse cambiare idea, né, a maggior ragione, che potesse venire da me.
Richiusi la porta alle mie spalle, indicandole il salotto.
Si guardò intorno, meravigliata, notando l'arredamento in stile antico e le pareti beige sulle quali erano appesi alcuni quadri di pittori illustri:
“Complimenti, è molto bello qui! Vivi da solo? Coi tuoi? Oh, scusami, non sono affari miei!”
Sorrisi, invitandola a sedersi sul divano in pelle bianca:
“Vivo da solo da quando avevo diciotto anni. Non scusarti, mi fa piacere parlare con te."
Mi avviai verso la stanza adiacente dicendo: " Torno subito!”
Annuì, sedendosi, dopo aver tolto il cappotto, e continuando a guardarsi in giro mentre io, in cucina preparavo il caffè.
La confusione provocata da quella vistita, tanto inaspettata quanto voluta, non mi abbandonava e la paura che portasse cattive notizie mi rendeva ansioso. Tornai poco dopo con un vassoio con sopra due tazze e un piattino con dei pasticcini.
Poggiai il vassoio sul tavolino basso e le porsi una delle tazze da caffè americano, quella con la scritta I heart NY *, la mia preferita.
“Non saranno buoni come le torte di Morea ma sono ottimi!”
Cercai di metterla a suo agio, indicando i pasticcini.
Sorrise, prendendone uno.
“Amo i pasticcini.”
Mi sedetti accanto a lei, prendendo l'altra tazza e bevendo il caffè.
Bevve un sorso anche lei, poi mi guardò negli occhi e trovò il coraggio per dire:
“Credo, dovremmo parlare.”
“Sei stanca Bunny, io credo invece che dovresti riposare.”
Avevo paura che mi dicesse qualcosa che io non volevo sentire. Non un’altra volta.
Sapevo che fin a quel momento i suoi occhi mi avevano rivelato quell’amore che provava per me e che cercava, inutilmente, di non far trasparire.
Sapevo anche che mi aveva presentato a Usa come un amico e questo significava molto. Significava fiducia. Volermi, in un modo o nell’altro, nella sua vita.
E poi, era venuta da me con una dolce espressione in viso.
Sì, sapevo tutto ciò, ma temevo ugualmente un suo ripensamento. In fondo, non sarebbe stata la prima volta.
Scosse la testa e, posando la tazza sul vassoio, disse:
“Ti prego, ho bisogno di parlarti. È importante.”
Abbassai lo sguardo e, chiudendo gli occhi, annuii.
Fece un respiro profondo, poi: “Per me non è facile essere qui, e non intendo per la stanchezza.”
Stavo per interromperla ma mi precedette:
“No Marzio, ti prego, lasciami finire senza interrompermi, per favore.” La sua voce era cortese e aggraziata e i suoi occhi desiderosi di esprimere le sue emozioni.
Acconsentii. E riprese:
“Quando mi hai chiesto di venire qui con te, avrei voluto accettare. Qualcosa dentro di me mi diceva di farlo. Però, razionalmente ho pensato fosse meglio tornare al Moonlight e riposarmi. Credevo fosse meglio stare da sola."
Abbassò lo sguardo fissando i suoi Jeans: "Senza di te.”
Una pausa, poi, a testa bassa, seguendo con le dita le cuciture dei pantaloni:
“E invece questo mio pensiero è durato solo pochi secondi. Quando mi son voltata per salutarti un’altra volta, per guardarti un’ultima volta, ti ho visto già di spalle mentre ti allontanavi e, istintivamente, ho capito che io non volevo stare da sola."
Prese coraggio:
"Non volevo stare lontana da te. Così ti ho seguito, rimanendo qui sotto chiedendomi se stessi facendo la cosa giusta.”
La fissavo per tutto il tempo, accorgendomi della sua delicatezza nell'esprimersi, apprezzando lo sforzo che stava facendo rivelandomi i suoi pensieri. Volevo dirle qualcosa, ma le avevo promesso che l’avrei lasciata parlare, così rimasi in silenzio.
Specchiando i suoi occhi, tanto stanchi quanto luminosi, nei miei si rivelò: “Quando quella mattina ci siamo incontrati per la prima volta a Time Square, la tua gentilezza, il tuo modo affabile di aiutarmi a rialzarmi, di guardarmi, non lo so spiegare ma, mi ha colpito. Anche se non ci conoscevamo prima, ho avuto come la sensazione di conoscerti da sempre.”
Una lieve risata, poi, voltando lo sguardo dall'altro lato, verso la portafinestra:
“Che stupida che sono!”
Le presi una mano, invitandola a guardarmi:
“No, non sei stupida. Credimi, ho avuto la stessa sensazione anche io. Ho pensato anche io di averti conosciuto probabilmente in un’altra vita. In un Universo Parallelo.”
Poi mi interruppi, lasciandole la mano e dandole la possibilità di parlare.
“Quando la stessa sera ti ho visto al Moonlight, ti confesso che ho provato un senso di mortificazione, di vergogna. Ero già imbarazzata per come mi stavo mostrando a tutti quegli uomini. Ma con te non era solo imbarazzo. Non volevo che anche tu pensassi di me… insomma…”
Si coprì il viso con le mani.
Le poggiai una mano sulla spalla:
“Bunny, io non ho pensato nulla di tutto ciò che credi tu. Ho solo pensato che volevo prenderti e portarti via da quello schifo.”
Tolse le mani dal viso, voltandosi immediatamente verso di me e dandomi la possibilità di ammirare i suoi occhi che sembravano brillare di una nuova luce. Quella della speranza.
Ripresi:
“Dopo averti conosciuta quella mattina, ho ripensato a te, al tuo sguardo triste, alla tua dolcezza. Ero dannatamente dispiaciuto del fatto che sicuramente non ti avrei rivista mai più. Ma poi, di sera, se da una parte non volevo vederti su quel palco, dall’altra ero sollevato perché almeno sapevo dove poterti trovare.”
Mi guardava. Non sapeva più come continuare, era sorpresa.
“Bunny, io sapevo già le tue sensazioni, i tuoi pensieri che mi hai appena rivelato. Li leggevo nei tuoi occhi, nel tuo sguardo. Sapevo che non mi sbagliavo.”
“Davvero?” chiese incredula, portando una mano chiusa all'altezza del cuore e continuando a fissarmi.
Annuii: “Io devo chiederti scusa per il mio comportamento infantile e irruento. Sono stato troppo impulsivo in questi giorni. Hai ragione tu, sono soltanto un ragazzo viziato. Non sapevo cosa fosse la vera sofferenza. L’ho scoperta solo oggi. Vedendo Usa. Vedendo te.”
Mi interruppe scuotendo la testa:
“No. Non devi scusarti. Sono io che devo chiederti scusa.
Come stavo dicendo prima, è da quando ti ho conosciuto che qualcosa mi diceva dentro di me di potermi fidare. E ne ho avuto la conferma quando sei entrato nella mia stanza proteggendomi da Seiya.”
Si nascose il viso fra le mani:
“Oddio, che vergogna.”
Una pausa, poi:
“Ti ho visto veramente come un eroe, ho capito che eri diverso. E poi, quando mi hai detto quella frase… il mio cuore si è sciolto.”
Avrei voluto dirle di nuovo che l’unica cosa che volevo era soltanto vederla felice. Ma non potevo. Non adesso che si stava lasciando andare. Non ora che si stava confidando.
“Marzio, da quando ti conosco, cerco di combattere con me stessa. Cerco di non pensare al tuo modo, dolce e gentile di rivolgerti a me, alle tue attenzioni… ai tuoi sentimenti per me.”
Una lacrima scese sul suo bel viso. L’asciugò rapidamente, poi:
“La sera che seppi che Usa probabilmente non avrebbe mai avuto un donatore, mi sentivo fragile. Mi sentivo come se la vita, breve, mi stesse sfuggendo velocemente di mano. Avevo bisogno di te, del tuo calore, del tuo sostegno… del tuo amore. E quando sei tornato, inaspettatamente, ho capito che dovevo rivelarti i miei sentimenti."
Il suo tono divenne esasperato:
"Solo che, la mattina seguente la razionalità ha ripreso il sopravvento. Ho ripensato a Usa, ai maledetti soldi che mi servono per lei. E così, ancora una volta, ho sofferto in silenzio. Sono stata cattiva con te. Non avrei voluto, credimi.”
Le presi una sua mano e la baciai delicatamente:
“Non importa Bunny, non preoccuparti.”
“Marzio, per me è stato difficile ieri notte mandarti via. Io… ecco vedi… io non volevo che te ne andassi. Ma dovevo andare da Usa. Ero spaventata. Temevo di perderla.”
Prese coraggio abbassando gli occhi e chiudendo le mani a pugno sopra le gambe:
“Mi dispiace di essere scappata via dopo averti visto con quella, cioè volevo dire, con Sidia. Non erano affari che mi riguardassero.”
Il suo modo di nominare Sidia, il tono che usava, accompagnata da quell’espressione infastidita che celava un’enorme gelosia, mi fece sorridere.
Amavo vederla gelosa di me, anche se di quello spiacevole episodio avrei fatto a meno.
“Bunny, ti ho lasciata parlare, ora per favore fammi spiegare. È importante per me.”
Mi fissò, senza dire una parola, rimanendo in quella posizione.
“Bunny, la mattina in cui mi dicesti di lasciarti andare per sempre, mi è crollato il Mondo addosso. Ingenuamente, da ragazzo viziato che ottiene tutto facilmente, ho creduto che saremmo stati assieme, felici. E invece tu non c’eri accanto a me. Solo un biglietto. Sidia mi ha visto uscire dalla stanza e mi ha ricattato.”
Sussultò, spaventata.
Ceracai di farle capire la realtà delle cose:
“Mi disse che, se non volevo che dicesse nulla a lady Amy, avrei dovuto accettare la sua compagnia. Ho cercato di proteggerti. Ero ubriaco…”
Non mi lasciò finire. Si alzò di scatto dirigendosi verso la portafinestra da cui era possibile vedere il panorama di Manhattan:
“Basta Marzio, ti prego, non dire nulla… non voglio saperlo.”
Notando il suo nervosismo, la raggiunsi, cingendole la vita da dietro e sussurrandole dolcemente all’orecchio:
“Iniziai a bere pensando che, vedendomi con quella puttana, ci saresti stata male. Sapevo che non avresti potuto sapere che lo stavo facendo per proteggerti.”
Al contatto col mio corpo e al mio respiro sulla sua pelle, si irrigidì. Le diedi un bacio sul collo, sotto l’orecchio, mentre lei rimaneva immobile, osservando dalla finestra il caos dell'Upper East Side, tra gente che camminava a passo spedito e file di auto imbottigliate nel traffico.
“Bunny, mi sono ubriacato vedendoti ballare. Ero geloso, mi avevi lasciato quella mattina e, in quel momento ballavi quasi nuda davanti a tutti quei porci che ti mangiavano con gli occhi senza che io potessi fare niente.”
Sentivo il suo respiro farsi sempre più affannato.
Un altro bacio, sulla spalla leggermente scoperta dalla scollatura a barca della felpa, mentre le mie mani accarezzavano il suo ventre:
“Dopo che sei andata via dal palco non riuscivo a smettere di pensare a te. Volevo stare con te. Ero così ubriaco da non rendermi conto che quella mi avesse portato nella sua stanza. E anche lì, immaginavo te, pensavo che ci fossi tu con me.”
Si voltò di scatto, con le lacrime agli occhi, ritrovandosi stretta fra le mie braccia:
“L’ha fatto apposta… è venuta da me, dicendomi che fosse urgente e che dovessi raggiungerla, con cattiveria. La odio.”
Il suo tono era pieno di rabbia, si sentiva tradita.
“Lo so Bunny, lo so. Non temere, non sarà più cattiva con te. Te lo assicuro” le risposi, comprensivamente, scostandole i ciuffi che le scendevano sulla fronte.
Ci guardammo. Non riusciva a trattenere le lacrime, mentre stringeva le sue mani sulla mia camicia:
“Se tu sapessi quanto sono stata male quella notte… per averti visto con lei in braccio dovendo far finta di nulla. Per averti visto insieme a lei nella sua stanza… sul suo letto.”
Iniziò a singhiozzare:
“E poi, Usa che perde conoscenza… oddio.”
La strinsi forte a me, poggiandole la testa sul mio petto.
“Bunny, non avrei mai voluto farti soffrire, volevo solo proteggerti… mi dispiace. Perdonami.”
Rimase qualche minuto in quella posizione, cingendomi la schiena, mentre io le accarezzavo i capelli cercando di farla calmare.
Nessuno parlava, solo il caos della City. Dopo qualche minuto, si allontanò dal mio abbraccio, quel poco per potermi guardare in viso:
“A proposito di Usa. Stamattina quando ti ho visto in ospedale ho capito che stavo sbagliando tutto. Io non volevo dirti addio. Voglio averti accanto. È solo che non posso farti entrare nella mia vita per come vorrei. Tu capisci questo vero?"
Si voltò di profilo, cercando le parole giuste per continuare:
"Usa ha bisogno di cure. Io non posso lasciare il Moonlight. Se prima pensavo che ti saresti stancato presto di me e dei miei problemi, dopo averti visto con Usa non lo penso più. Ma non ho 40.000 dollari per il risarcimento. Devo restare lì. Almeno fino alla scadenza del contratto.”
Non sapevo che dire, io volevo tanto aiutarla, trovare una soluzione e renderla libera, ma non avevo tutto quel denaro. Avevo usato l’acconto per il secondo libro per pagare il mutuo dell’appartamento, che tra l’altro non era ancora stato estinto.
Capii le sue ragioni, neanche per lei era facile quella situazione e; anche se avrei cercato in tutti i modi una soluzione, stavolta, non le avrei complicato le cose, non le avrei reso tutto più difficile. Lei si fidava di me e io dovevo meritarmi quella fiducia.
Cercai di rassicurarla, di farle capire che su di me avrebbe potuto sempre contare: “Ti starò accanto nel modo che vorrai tu. Sarò tuo amico, se è questo che desideri. Farò di tutto per proteggerti. Non sei più sola. Ci sarò io con te d’ora in poi.”
Mi guardò. I suoi occhi, appannati dalle lacrime, brillarono.
Adesso si sentiva più tranquilla, sollevata. Piena di conforto.
“Grazie, Marzio” disse dolcemente.
Sorrisi, lasciandola uscire dal mio abbraccio.
Dovevo comportarmi da amico. Dovevo resistere, dovevo farlo per Lei.
Si voltò, tornando a sedersi sul divano. La seguii, sedendole accanto.
Le chiesi quanti giorni di ferie aveva preso e mi rispose:
“Una settimana, sperando che Usa non peggiori. Lady Amy è una ragazza molto comprensiva. È stata molto disponibile quando Rea e Marta mi hanno portata al Moonlight. Ha capito la mia situazione e non ha esitato ad assumermi.”
“Sì, ma a lei, al locale, conveniva assumerti” ribattei io istintivamente. Lei riusciva sempre a vedere il buono in tutti. Era sempre amorevole con chiunque. Io no. Specialmente in quell’ambiente.
“Sì è vero, però non è cattiva. È comprensiva. Non ci impone, ad esempio, di dormire lì. Possiamo andar via dopo aver finito il lavoro, al contrario di altri night club…
Sono io che, dopo aver venduto la casa, mi sono trasferita lì. Così come Marta e Rea.”
Quella situazione, il fatto che avesse dovuto vendere la casa dopo la morte dei suoi, dovendosi accontentare di un luogo non adatto a lei mi lasciò amareggiato: “Bunny, sappi che puoi venire qui tutte le volte che vorrai. Poi, l’ospedale è vicino. È anche comodo per andare da Usa. Davvero, mi farebbe piacere se mi venissi a trovare quando ne hai voglia.”
In realtà avrei voluto dirle che volevo con tutto me stesso che si trasferisse da me, ma sapevo che non avrebbe accettato, e io avrei fatto di nuovo la parte del ragazzo impulsivo.
Cercai di ironizzare:
“Qui i pasticcini non mancano mai!”
Annuì sorridendo: “Grazie Marzio, sei gentile. Verrò a trovarti qualche volta.”
“Allora amici?” chiesi con tono affettuoso.
Il telefono squillò. E lei, distratta dalla suoneria, non mi rispose.
“Scusami, torno subito” dissi mentre mi avviavo verso la cucina, dove avevo lasciato il cellulare.

Lessi sul display: Mamma.
Era da qualche settimana che non la sentivo. Da quando era partita per Parigi insieme a mio padre.
Lui era andato per una conferenza medica internazionale. Lei, invece, approfittandone per fare una vacanza nella città che tanto amava.
Risposi al telefono, scambiando quattro chicchere con lei e chiedendole del viaggio.
In realtà avevo voglia di chiudere la telefonata e tornare da Lei.
Dopo qualche minuto la salutai, quindi, dicendole che sarei andato presto a trovarla.

Tornai in salotto e il cuore mi si riempì di una tenerezza indescrivibile.
Si era addormentata sul divano, rannicchiata su se stessa.
Era esausta. Infinitamente dolce e, ai miei occhi, indifesa e vulnerabile.
Aveva dovuto prendersi sempre cura di Usa, dalla morte dei suoi genitori, mettendo da parte se stessa, la sua vita e i suoi sentimenti.
Non aveva potuto neppure riposare quella notte. Se avesse continuato così, avrebbe finito per ammalarsi.
Da quel momento in poi mi sarei preso cura di Lei.
Mi avvicinai a lei e delicatamente la presi in braccio cercando di non svegliarla.
La portai nella mia camera e la adagiai al centro del letto.
Dormiva beatamente.
La coprii per evitare che prendesse freddo. Solo allora aprì gli occhi, lentamente, come se non si rendesse conto di essersi addormentata.
Mi chinai verso di lei e, baciandole la fronte, le sussurrai:
“Dormi Bunny, riposati.”
Richiuse gli occhi annuendo, ancora assonnata, scostandosi alcuni ciuffi dal viso.
Mi rialzai, dirigendomi verso il salotto con l'intenzione di riprendere a scrivere.
Solo quando cercai di allontanarmi da lei, prese la mia mano incrociando le sue dita fra le mie.
Mi voltai di scatto, sorpreso.
“Marzio, ti prego, resta qui con me. Tienimi stretta a te.”
Lo aveva chiesto con tanta dolcezza, quasi implorandolo.
Il mio cuore iniziò a battere più forte. Una piacevolissima sensazione di calore mi pervase.
Mi sdraiai accanto a lei, rimanendo con la mano nella sua.
L’abbracciai forte e lei si strinse ancora di più a me, con la testa lì dove batteva il mio cuore.
“Tienimi stretta Marzio, non lasciarmi andare... ”
Le sue parole sembravano un sussurro, bisognoso di protezione, di tenerezza, d’amore.
Io non capivo, mi sforzavo di capire ma proprio non ci riuscivo.
Mi aveva detto, poco prima, che non avrebbe potuto avermi nella sua vita nel modo che entrambi desideravamo. Le avevo risposto che le sarei stato accanto come amico. E ora? Cosa significava ‘Non lasciarmi andare…’?
Non riuscivo a darmi una risposta ma, in quel momento, non mi interessava. Volevo solo starle accanto e darle quell’affetto di cui aveva un immenso bisogno.
Le baciai dolcemente la fronte, cullandola fra le mie braccia e rassicurandola:
“Sono qui con te, Bunny, non ti lascio più.”
E così, con più serenità, lasciando fuoriuscire un sorriso pieno di sollievo, richiuse gli occhi e si lasciò trasportare nel mondo dei sogni.
 
Note:
*: classica tazza souvenir, venduta in tutto il Mondo con il nome delle varie città, in questo caso NY.
 

Il punto dell'autrice
 
Carissimi lettori, spero che questo capitolo (pubblicato prima del previsto) non vi abbia deluso.
So che molti di voi attendono con ansia un‘risvolto’, ma questo capitolo, apparentemente piatto, era un passaggio fondamentale per spiegare meglio i loro sentimenti.
Ora si sono parlati col cuore in mano. Ora non ci sono più possibili interpretazioni.
Mi auguro che vi sia piaciuto.
Grazie sempre a tutti coloro che mi seguono e che mi dimostrano il loro affetto quotidianamente!
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!
Anche se negativa, una vostra recensione è sempre graditissima!
Baci e a presto!
Demy


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