Anime & Manga > Rossana/Kodocha
Segui la storia  |       
Autore: isachan    05/02/2011    7 recensioni
"Forse era stato in quell'istante... quando, passeggiando per le vie della sua Tokyo, Akito le aveva involontariamente sfiorato una mano.
Un gesto normale, ovvio per due fidanzati.
Forse fu proprio in quel pomeriggio che Sana Kurata pensò per la prima volta che la mano di Akito sarebbe stata quella che avrebbe stretto per tutta la vita."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Welcome To PageBreeze

Via con il sesto capitolo! ^-^

 

 

CAPITOLO SEI: BUGIARDA

 

 

Avrebbe fatto qualsiasi cosa, si sarebbe spogliata di qualsiasi cosa, se solo fosse servito per evitarle di vedere l’espressione che invece vide sul volto di Naozumi quando, appena usciti da casa di Aya e Tsuyoshi, spinta da una forza che non credeva di avere –che non voleva avere- , incrociò il suo sguardo e gli disse semplicemente “Nao, devo parlare con lui”.

Lui capì, come sempre. E come sempre le sorrise, mascherando la paura folle che ancora aveva di lui.

- Ti aspetto sveglio, Sana.

Le disse poi, abbracciandola forte, forse per ricordarle quanto lui la amasse.

Come se già non fosse abbastanza chiaro.

Come se già non bastasse guardare un istante nei suoi occhi azzurri per capire che Naozumi Kamura amava Sana Kurata in un modo che molte persone non riescono neppure a concepire. Ed era proprio per questo, perché Sana sapeva che per lei Naozumi avrebbe fatto qualsiasi cosa, che quando si staccò dal suo abbraccio per avviarsi verso un Akito che, ignaro di tutto, si stava allontanando lentamente verso casa,  sentì l’irrefrenabile bisogno di chiedergli scusa. E su quel “Mi dispiace” , sussurrato così piano che forse lui neppure riuscì a sentirlo, gli diede le spalle e corse via.

 

 

 

                                                                       ***

 

 

Nel brevissimo tratto di strada che la separava da Akito, l’unica cosa che il suo cervello riuscì ad elaborare fu un confuso “Ma che diavolo gli dico?”

A quella domanda, alla quale ovviamente non seppe trovare risposta, ne seguirono moltissime altre.

In effetti, c’era qualcosa che voleva chiedergli. Tante, tantissime cose.

Per esempio, le sarebbe piaciuto sapere se praticava ancora il karate.

Se si era fatto nuovi amici o se, cosa molto più probabile, le sue amicizie iniziavano e finivano con Tsuyoshi. E se era ancora solo con lui che si sfogava quando era arrabbiato.

Poi avrebbe voluto sapere anche com’erano stati, quei quattro anni… cos’aveva fatto, come aveva passato le giornate, senza di lei.

Se, - e le sembrò di tremare al solo pensiero-, aveva conosciuto qualche ragazza.

Se baciava ancora bene come ricordava. Se era ancora dannatamente bello, quando faceva l’amore.

Se qualcun’altra l’aveva notata, quella piccolissima piega che gli corrugava la fronte mentre sognava.

Se altre mani, mani sconosciute, aveva toccato i suoi capelli biondi e conosciuto il suo corpo perfetto, sfiorando quel neo sul fianco che lei aveva baciato un milione di volte.

 

- AKITO!

Lo chiamò, per attirare la sua attenzione.

 

Ma si, qualcosa da dirgli l’avrebbe trovata.

 

 

                                                                       ***

 

Nel sentirsi chiamare, lui fermò la sua avanzata e si voltò di scatto, spalancando gli occhi, sorpreso di vedere chi era la persona che l’aveva appena chiamato. O sorpreso per il fatto che quella persona era sola, senza quel dannato damerino.

- A.. Akito…

Ripeté lei, muovendo qualche timido passo per avvicinarsi a lui. Quando gli fu di fronte, lo guardò negli occhi per un interminabile istante e si sentì una stupida per aver chiesto a Naozumi di andare via. Perché davvero, non sapeva cosa diavolo ci fosse da dire.

E di certo il modo in cui Akito la stava guardando, - come se stare lì con lei fosse l’ultima cosa al mondo che gli interessasse-, non l’aiutava affatto.

- Cosa vuoi?

Le chiese, il tono di voce meno scocciato di quanto volesse far credere.

- I.. io.. volevo parlarti. Facciamo due passi, ti và?

- Veramente…

- Ti prego. Solo due passi.

Quasi lo implorò.

Vide lo sguardo di Akito addolcirsi leggermente, prima che lui iniziasse a camminare, senza dire una parola. Istintivamente lo seguì, pensando che quel suo silenzio volesse dire che era d’accordo.

Camminarono l’uno accanto all’altra per un po’, senza che nessuno dei due avesse il coraggio di iniziare una conversazione. O meglio, lui non ci pensava neppure ad iniziarla.

Dopotutto, non era forse lei che gli aveva chiesto di parlare?

Forza, Sana. Da quando ti mancano le parole?

Prese un profondo respiro e si strinse nelle spalle, cercando di non far caso al freddo che c’era quella notte.

- E così Hisae e Gomi si sono sposati, eh? Tu lo sapevi?

Oh, brava, Sana! Bel modo di iniziare una conversazione!

- Si.

- Come mai nessuno me l’ha detto?

Akito fece spallucce.

- Forse perché nessuno sapeva come rintracciarti e in che parte del mondo fossi finita.

Colpita e affondata!

- Questo è vero, comunque…

Lui si fermò di scatto, guardandola truce.

- Mi hai raggiunto per parlarmi di Gomi e Hisae?

- N.. no.

- Lo spero, perché altrimenti la passeggiata termina qui.

Al diavolo! Era riuscita a farlo irritare nel giro di cinque secondi. Si sentì sciocca, e fuori luogo.

Per un attimo, desiderò davvero concludere lì quella breve passeggiata per tornare a casa da Naozumi che, di certo, la stava aspettando preoccupato.

Però non lo fece, perché ogni parte di lei, anche la più piccola e nascosta, desiderava restare lì, su quella strada quasi deserta, a notte inoltrata, per camminare accanto ad Akito.

E avrebbe potuto passare ore intere anche senza dirgli nulla, solo per sentirlo respirare.

Non farlo, Sana. Non ricordarti com’era…

Comunque, con molta probabilità, lui non la pensava allo stesso modo e, se non si fosse finalmente decisa a parlare di qualcosa di sensato, sarebbe andato via in fretta.

- Akito…

Il mugugno che uscì dalle labbra di lui, la convinse a continuare.

- Come stai?

- Cosa?

- Si insomma, come… come te la passi? Come ti và… la vita?

- Và…

Tipiche risposte di Akito che, accidenti a lui, non era affatto cambiato.

- Oh, Akito! Possibile che tu non abbia niente da dirmi? Raccontami qualcosa!

- Cosa vuoi sapere?

- Qualsiasi cosa…

- “Qualsiasi cosa” è un argomento troppo generico.

Ecco, in quel momento ebbe voglia di strangolarlo. O di tirare fuori il piko per prenderlo a martellate, come faceva un tempo.

- Ok, Akito. Probabilmente tra un secondo mi pentirò di quello che sto per chiederti, perché avevo     

promesso a me stessa che non avrei toccato l’argomento neppure sotto tortura, però… però ora mi sembra l’unica domanda possibile.

Senza sapere il motivo, si fermò di scatto e abbassò il viso.

- ... Com’è stato dopo che sono andata via?

Lui spalancò gli occhi. Di certo non aveva gradito la domanda. Ma, nel vederla così incredibilmente indifesa, non poté fare a meno di dirle la verità.

- Come se ogni minuto qualcuno mi sbranasse il cuore.

Era vero. Avrebbe voluto dirle molto di più, però. Per esempio, che ogni giorno era stato come girare a vuoto, percorrere una strada che conduceva ad un vicolo cieco. Perdersi nei minuti di una vita che non sembrava più sua, perché la sua se l’era portata via lei, il giorno in cui era salita su quel maledetto aereo.

Comunque, non gli sembrò il caso di renderla partecipe di ciò che aveva provato. Lei che il suo dolore non lo meritava neppure.

Sana finalmente alzò lo sguardo per incrociare quello di Akito e tremò, - si, tremò davvero-, nel vedere che quegli occhi dorati somigliavano tanto a quelli che l’avevano guardata infinite volte.

Quelli si, che erano gli occhi del suo Akito.

Si, Sana.. ma non avevi detto che era meglio non ricordare?

- Mi hai mai perdonata?

- Per cosa?

Gli si avvicinò e, senza sapere per mezzo di quale strana forza avesse agito, alzò una mano fino a sfiorargli il viso. Mossa sbagliata! Perché non appena le sue dita furono a contatto con quella pelle così familiare, si sentì morire.

- Per essermene andata… per non aver avuto il coraggio di restare con te.

Quando, di preciso, aveva iniziato a piangere, non lo sapeva. E non sapeva neppure come fare per fermare quelle lacrime.

- Non c’è niente da perdonare. Ormai è tutto passato.

Passato…

Com’era possibile che quelle parole, invece di consolarla, le fecero aumentare la voglia di piangere?

Si sforzò di ricacciare indietro le lacrime, per dimostrare a se stessa che Akito non sortiva più il minimo effetto su di lei.

Quindi si ricompose, asciugandosi il viso con il dorso della mano che, intanto, aveva già abbandonato il viso di Akito.

- Forse hai ragione. Forse non c’è niente da perdonare, però… però sento lo stesso il bisogno di chiederti scusa…

- Ti ho già detto che non è affatto necessario.

- Si, me l’hai già detto. Ma non potresti solo accettare le scuse senza dover sempre ribattere?

Ok, ora era irritata. Incredibile come avesse la capacità di cambiare umore nel giro di pochi secondi.

Però era strano, perché certe cose le succedevano solo se davanti a lei c’era Akito. Naozumi invece, il suo bellissimo e dolcissimo Naozumi, aveva il potere di trasmetterle una serenità inaudita.

- Come ti pare…

Rispose lui, prima di darle le spalle per andare a sedersi su una panchina poco distante.

Sana lo seguì, anche perché in effetti cominciava a non poterne più di camminare su quei tacchi altissimi, e, in silenzio, gli si sedette accanto.

 

Restarono così, immobili, senza dirsi una parola per moltissimi minuti.

Poi, casualmente, entrambi alzarono lo sguardo e i loro occhi si incontrarono ancora.

E Sana sentì un calore quasi dimenticato, eppure tanto familiare, impossessarsi del suo petto. Presa da una strana e inspiegabile paura, distolse lo sguardo per rivolgerlo alle deboli luci dei lampioni che illuminavano la panchina sulla quale erano seduti.

- Certo che non l’hai perso mai…

Tornò a guardarlo, stupida dal fatto che fosse stato lui, stavolta, a parlare per primo.

- Cosa?

- Il vizio di arrossire quando ti guardo.

Istintivamente, si portò le mani sulle guance, colpevole. E forse neppure si accorse del tono amaro con cui Akito aveva pronunciato quelle parole.

- Oh, non è affatto vero, Akito!

- Si che lo è.

- Visionario.

- Bugiarda.

Le sembrò di scorgergli sul viso una smorfia molto simile ad un sorriso. Magari flebile, flebilissimo, ma pur sempre un sorriso.

E le venne una voglia matta di sorridere a sua volta. E di abbracciarlo.

- Se è per questo, Akito, neanche tu l’hai perso mai.

- Cosa?

- Il vizio di guardarmi in quel modo.

Sembrò seriamente stupito.

- Quale modo?

- Come quando… mi amavi.

Di nuovo, Akito si lasciò andare ad un mezzo sorriso.

Si, aveva voglia di sorridere. Di abbracciarlo. E di piangere.

- Visionaria.

- Bugiardo.

A mala pena, riuscì a respirare.

 

 

 

                                                                       ***

 

 

Camminava avanti e indietro nella stessa stanza, - che, per inciso, era l’ingresso della casa d’infanzia di Sana-, da un tempo che gli sembrava infinito.

Nervoso, diede l’ennesima occhiata al suo orologio.

Erano passate quasi due ora da quando l’aveva lasciata e ancora lei non tornava.

Si maledisse una, due, cento volte, per aver acconsentito anche a quella richiesta. Dopotutto, sarebbe bastato dire un semplice “Sana, mi dispiace. Non voglio che parli con lui.”

Era o non era il suo ragazzo? Avrebbe dovuto dirle che si era sentito morire già dal momento in cui avevano deciso di fare ritorno a Tokyo. Vederla davanti a lui, mentre, con occhi imploranti, gli chiedeva di capirla, di capire che aveva bisogno di parlare con quell’Hayama, era stato il colpo di grazia.

Cazzo, Naozumi! Sei un uomo! Ricaccia indietro quella voglia di piangere!

No, non doveva pensare al peggio. Dopotutto, dove stava scritto che Sana l’avrebbe lasciato per tornare con Hayama? Il solo fatto che, dopo ben quattro anni, aveva sentito il bisogno di parlare con lui, non voleva assolutamente dire nulla.

Non era stata una fidanzata perfetta per tutto il tempo passato a New York?

Si, che lo era stata. E, in quei quattro anni, il fantasma di Akito non era mai tornato a tormentarlo.

Sana era la sua donna e, in quanto tale, era di lui che era innamorata.

Hayama apparteneva al passato. Un passato ingombrante, certo. Ma pur sempre passato.

E allora non c’era proprio niente di cui preoccuparsi.

 

 

 

                                                                       ***

 

 

Percorrere la strada che conduceva alla sua vecchia casa, avendo Akito al suo fianco, era indubbiamente uno strano scherzo del destino.

“Ironia della sorte!”, le venne da pensare.

 

- Da quanto tempo non ti riaccompagno a casa, eh?

Sorrise, amara.

- Sembra un’infinità.

- E’ un’infinità.

A volte in effetti, quei quattro anni, erano sembrati millenni.

- Akito…

- Mmm…?

- Ti.. ti squilla il cellulare, credo…

Mise una mano in tasca ed estrasse il cellulare che, effettivamente, stava squillando.

Lesse il nome del chiamante sul display, assunse un’indecifrabile espressione, e si allontanò di qualche passo, facendo segno a Sana di aspettarlo lì.

Lei avvertì una strana sensazione e una folle voglia di sapere chi diavolo chiamasse Akito a quell’ora di notte.

Sarà una ragazza?

Al pensiero, le sembrò che le gambe iniziassero a cederle.

Smettila, Sana! Non fare la bambina!

 

Dopo qualche minuto, finalmente Akito concluse la telefonata. Lei lo osservò e, senza pensarci due volte, glielo chiese.

- Chi era?

Lui la guardò, sorpreso e confuso per quella domanda così diretta. O forse solo per la sfacciataggine con la quale Sana gliel’aveva posta.

- Non credo siano affari tuoi.

- Lo so, ma…

- Niente ma, Sana! Non sono affari tuoi!

- Lo so benissimo che non sono affari miei, Akito! COSA CREDI?

Il tono della sua voce si era involontariamente alzato.

- … ma non potresti…

Abbassò il volto, perché non aveva nessunissima intenzione di supplicarlo guardandolo negli occhi.

- … dirmelo lo stesso…?

- Vuoi davvero saperlo?

- S.. si.

- Bene. Era una ragazza. Vuoi che ti dica anche come si chiama? Si chiama Naoko! Contenta?

Se solo avesse potuto, sarebbe tornata indietro, avrebbe riavvolto il nastro di pochi minuti, giusto il tempo di evitare di fargli quella stupida domanda.

Dio, che sciocca!

Chissà per quale assurdo motivo era convinta che non ci fosse nessuna ragazza.

Ovviamente, aveva sbagliato.

- Ci stai insieme? È la tua ragazza?

- Oh, andiamo! Ora smettila!

Si, Sana. Smettila!

- Ma non puoi dirm..

- ORA BASTA! CHE CAZZO VUOI SAPERE, KURATA?

Era a dir poco furioso.

- Vuoi sapere se ci sto insieme?? Se me la sono portata a letto? VUOI SAPERLO? BE’ LA RISPOSTA E’ SI! ME LA SONO PORTATA A LETTO! E NON E’ STATA L’UNICA! SODDISFATTA?

Soddisfatta? Poteva definirsi tale? Era “soddisfazione” quello che sentiva? O era il suo cuore che veniva fatto a pezzi?

Stavolta proprio non ci riuscì, a trattenere le lacrime.

- Cammina!

Le ordinò cattivo,- si, proprio cattivo-, scuotendola per un braccio, mentre ingaggiava una lotta contro se stesso per non far caso alla voglia matta che aveva di abbracciarla e di asciugarle le lacrime.

Aveva sempre odiato vederla piangere. Ogni volta che pensava a lei, - il che, nonostante tutto, avveniva ancora troppo spesso-, la immaginava con il suo migliore sorriso. Quello luminoso, caldo. Così inequivocabilmente suo.

Nel sentirsi trascinare, lei si riscosse, strattonando il braccio per liberarsi dalla presa di Akito.

Lui se ne accorse, ma non la lasciò.

- Andiamo, ti porto dal tuo ragazzo.

Le disse poi, marcando con un maggiore astio le ultime due parole, senza degnarla di uno sguardo e continuando a trascinarla.

Sana, nel sentire la frase pronunciata da Akito, si imbambolò, aprendo la bocca, sorpresa.

Già, il suo ragazzo.

Il viso tranquillo e sempre sorridente di Naozumi tornò prepotente nella sua mente, facendola sentire una persona orrenda.

Come aveva potuto non pensare a lui? A lui che, di certo, la stava aspettando, più preoccupato che mai?

Che diavolo aveva in testa quando aveva deciso di intromettersi nella vita privata di Akito con quelle domande inopportune?

Ma, soprattutto, perché il cuore continuava a farle un male cane?

Con la mente tartassata da domande, neppure si accorse che erano già arrivati,- o meglio, che Akito l’aveva trascinata-, di fronte la sua vecchia casa.

Non appena il grande cancello si stagliò di fronte a loro, Akito mollò la presa.

- Bene, Kurata. Direi che la nostra passeggiata termina qui.

Perentorio, come sempre. E senza attendere la sua risposta, le diede le spalle e iniziò a camminare.

- Aspetta, Akito!

No, Sana. Lascia che vada via…

Lui, comunque, si fermò, continuando a mostrarle la schiena.

- … so che c’è il matrimonio di Aya e Tsu, ma dopo la cerimonia…insomma… puoi dirmi se è con lei, con quella ragazza di prima, che…

Non farlo! Non renderti ridicola!

-… passerai la notte di Natale?

Bastò un istante, un secondo soltanto, e già si pentì di averglielo chiesto.

Dopotutto, che diritto aveva lei di sapere con chi Akito, - il suo ex, e odiato, compagno di classe, ex amico, ex fidanzato, ex centro del suo mondo-, passava il Natale?

“Ex”, Sana, sta proprio a significare che di certe cose non dovresti interessarti più.

Oh, accidenti!

E poi perché lui si era voltato e stava avanzando verso di lei senza dire nulla?

Credeva che guardarla in quel modo, con quei dannatissimi occhi, sarebbe servito a qualcosa?

Maledetto lui, che non smetteva di fissarla. E maledetta lei che, ancora, in quegli occhi d’oro vedeva il mondo intero.

Cercava di farla sentire in colpa? Di farle del male? Di ferirla?

Forse. O forse stava male anche lui, anche lui si sentiva impazzire, al pensiero che anche questo Natale li avrebbe visti separati.

Sei per caso impazzita? Hai passato gli ultimi natali con Akito? No, Sana! Li hai passati con Naozumi, ricordi?

Si, era vero. Però, da egoista qual era, aveva badato solo al dolore provato nel pensare che Akito potesse passare il Natale con qualcun’altra.

Forse anche Akito si è sentito così quando ha saputo di me e Naozumi.

Considerazione scontata, la sua.

Akito, intanto, aveva ancora quello sguardo. E Sana pensò che avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere cosa si ci nascondeva dietro.

Po lui finalmente rispose. Secco, laconico, monosillabico.

- No.

Due lettere. E lei capì.

Quello sguardo voleva solo dire che lui, almeno lui, non era ancora pronto per passare il Natale con qualcun’altra.

E bastò per farla sentire egoista. E vigliacca.

Non posso più stare qui. Non posso più…guardarlo.

Così, fedele al suo egoismo e alla sua vigliaccheria, gli diede le spalle e, senza neppure salutarlo, corse via, con in bocca il sapore amaro delle sue lacrime.

 

 

 

                                                                       ***

 

-C’hai mai pensato al fatto che la vita è strana?

La guarda, senza rispondere. Sa che non servirebbe, perché quella è una delle solite domande alle quali Sana risponde da sola. Quelle che ogni tanto si pone, quando la sua mente è presa a farneticare su quel genere di discorsi che solo lei stessa è in grado di capire.

- … Voglio dire, hai mai pensato all’eventualità che potremmo non passare insieme il prossimo  Natale?

Si stringe nelle spalle, posizionandosi meglio sul divano del salone, sotto l’enorme plaid di lana che Sana, la ragazza più freddolosa del mondo, gli ha praticamente costretto a tirar fuori dall’armadio.

- Come ti vengono in mente certe cose?

- Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda, lo sai Akito?

- Ah, no? E come dovrei rispondere ad una domanda del genere?

Lei sbuffa, finta irritata, e si accoccola meglio tra le braccia del suo ragazzo.

- Per esempio potresti dire che non passerai mai il giorno di Natale con qualcun’altra…questa si che sarebbe una bella risposta!

- Sei in cerca di romanticherie, Kurata?

Le chiede, guardandola come solo lui sa guardarla. Sana si lascia andare ad un piccola risata divertita. Eccolo svelato, il motivo di quella domanda.

- Mmm… e se anche fosse? Potresti assecondarmi almeno per una volta, no?

Sbuffa, mettendo su il suo inconfondibile broncio. Akito alza gli occhi al soffitto e scuote la testa.

Poi, nel vederla così vicina al suo viso, non può fare altro che baciare quelle labbra rosse e invitanti.

- Perché devi fare sempre così, Akito?

Chiede staccandosi da lui,- dopo qualche minuto, in verità-, incrociando le braccia nella speranza di mostrarsi offesa.

- Oh, e và bene, Kurata! Prometto…

Le si avvicina di nuovo, sorridendo. E Sana si rende conto che non c’è niente al mondo più bello del sorriso di Akito.

- … che non passerò mai il Natale con qualcun’altra. Contenta?

Il sorriso splendido che si spalanca sul volto di Sana e l’irruenza con la quale poi gli si getta tra le braccia, valgono indubbiamente come un convintissimo“si”.

 

 

Prese a pugni il muro dell’ingresso, non appena mise piede dentro casa.

Neppure fece caso ai graffi che gli sfiguravano il dorso della mano. O al sangue che gli colava dalle dita e che gli macchiava i polsi del maglione.

Nella sua mente solo una furiosa rabbia.

La stessa che aveva provato quando si era reso conto che era stata lei, bugiarda, ad infrangere quell’antica promessa.

 

 

                                                                       ***

 

Per quanto si sforzasse, quella notte proprio non ci riusciva proprio a prendere sonno.

Indubbiamente, ricordare l’immagine di Sana che tornava a casa, con gli occhi gonfi e rossi, non contribuiva a renderlo tranquillo.

E poi, anche il fatto che lei non gli avesse dato la minima spiegazione e che si fosse messa a letto senza guardarlo negli occhi, non era certamente un buon segno.

Per lo meno, dopo qualche minuto di teso silenzio, l’aveva chiamato chiedendogli di sdraiarsi accanto a lei.

Almeno mi vuole accanto…

Magra consolazione.

- Sana…?

Non ottenne risposta.

- Sana, dormi?

Lei scosse la testa, e i suoi capelli provocarono un leggero fruscio sul cotone del cuscino.

- Nemmeno io. Senti… prima hai pianto vero?

- N.. non.. ne voglio parlare.

- Sana! Ho il diritto di sapere cos’è successo, non credi?

Si, aveva indubbiamente il diritto di sapere cosa era successo tra la sua ragazza, la donna che amava praticamente da sempre, e l’uomo che più di tutti temeva al mondo.

Lei parve notare la difficoltà con cui Naozumi le fece quella domanda, così come parve accorgersi anche del tremore che ne caratterizzò ogni sillaba.

- Scusami, Nao…

- Non voglio che tu ti scusi! Voglio solo che mi dica cosa è successo…

La vide girarsi nel letto, forse per cercare il suo viso.

- Hai ragione. Ho pianto.

Era già arrivato a questa conclusione,- gli occhioni gonfi erano stati un illuminante indizio-, eppure quelle parole gli fecero un male atroce.

- P.. perché?

- Perché sono un’egoista. E una bugiarda.

- Una bugiarda?

- Come la chiameresti una persona che non tiene fede ad una promessa?

Non rispose, seguendo quella parte di cuore, o di cervello, che gli urlava di non indagare oltre.

Lei si girò di nuovo, dandogli le spalle, e poi, probabilmente, si addormentò.

 

 

 

                                                                       ***

 

- Fuka è già andata a dormire?

- Credo di si. È chiusa nella camera degli ospiti da un bel po’.

Si tolse gli occhiali, poggiandoli sul comodino accanto al letto, prima di raggiungere la sua futura sposa sotto il caldo tepore delle coperte.

- Senti, Tsu… non ti è sembrata un po’ strana?

- Strana? in che senso?

- Mah… non lo so. Soprattutto con Akito… non l’hai quasi mai guardato.

Nel buio della camera da letto, cercò gli occhi di Aya.

- Ma no, tesoro. È normale che dopo tutto questo tempo ci sia un po’ di imbarazzo.

- Ne sei convinto?

Le sorrise, carezzandole il capo, per farla poggiare sul suo petto.

- Certo.

La sentì tirare un mezzo sospiro.

- Ok, allora sono convinta anch’io.

 

 

 

                                                                       /*/

 

Note dell’autrice: Perfetto, eccoci giunti alla fine del sesto capitolo! Devo ammettere che è stato il capitolo più difficile da scrivere fin’ora. Il confronto tra Sana e Akito mi ha messo un bel po’ in difficoltà. Spero di essermela cavata abbastanza bene, comunque. Questo, però, potete dirmelo solo voi nelle vostre recensioni! ^-^

I soliti ringraziamenti a chi continua a seguirmi, perché mi aiuta a mantenere intatta la mia voglia di scrivere!

A presto! ^-^

 

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rossana/Kodocha / Vai alla pagina dell'autore: isachan