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Autore: iryssha    05/02/2011    1 recensioni
Non vi siete mai chiesti cosa nasconda Kakashi sotto la sua maschera? o cosa significhi il suo sguardo triste? Forse sono solo i ricordi che ci tace. (Tengo sottolineare che Tsubaki non è un riferimento ma un personaggio originale)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto prima serie
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Il giorno dopo, all’esame, la mente del ragazzo era lucida, era ritornato a vedere chiaramente le sue priorità e, come sperava, si diplomò come il migliore del corso. Subito dopo la consegna del frontale con il simbolo della foglia, formarono i gruppi e conobbe Rin e Obito, i suoi nuovi compagni. Furono assegnati a Minato, il jonin che, si diceva, fosse il più potente e promettente. Quando Kakashi lo vide il suo viso gli ispirò fiducia e fermezza, la sua fama di invincibile guerriero lo aveva reso entusiasta all’idea di allenarsi con lui. Alla fine di quell’intensa giornata si stese sul letto e la sua fantasia corse alla bambina del giorno prima, Tsubaki; non poté fare a meno di chiedersi se l’avrebbe rivista. I giorni scorrevano sereni, l’allenamento era duro ma il giovane genin si affezionò a Minato; nella sua immagine decisa e fiera vedeva un ideale e vi si ispirava, in oltre nei suoi gesti era sempre presente la devozione a Konoha ed un occhio di riguardo per compagni e sottoposti. Non serve dire che, per un bambino senza affetti, il maestro diventò ben più che una guida. “Tu- esordi il jonin un giorno, puntando il dito contro il ragazzino- cosa è più importante? La missione o i compagni?” La risposta fu immediata e schietta: “La missione, sempre. Siamo ninja per questo.” Minato sospirò, abbassò il braccio poggiando la mano sui folti capelli dell’allievo. “Siamo ninja per difendere i nostri compagni. Ma non pretendo che tu lo capisca subito.”
Con Rin e Obito non mancava mai una sana competizione, ma col tempo finirono per diventare amici, i primi amici che si guadagnò. Soprattutto con Obito ci volle del tempo per instaurare un buon rapporto, il ragazzo si sentiva messo in ombra da Kakashi e tentava di dimostrare il suo valore in ogni occasione; in più nutriva una profonda ammirazione per Zanna Bianca e non mancava mai di ricordarlo al compagno, che invece soffriva ancora molto per la perdita del padre e avrebbe tanto voluto stesse zitto. Nonostante ciò Kakashi riconosceva in Obito un ninja fedele e coraggioso dai saldi principi morali, per questo lo rispettava e stimava, sentimenti cha vacillavano solo quando assisteva alle patetiche scuse che Obito avanzava per giustificare i suoi ritardi o alle magre figure che faceva a causa della cotta che si era preso per la compagna Rin. Kakashi era più calmo, concentrato sulle sue aspirazioni non aveva mai un tentennamento, solo una persona riusciva a farlo sudar freddo, senza accorgersene e con la sola vicinanza. Ogni sera, dopo cena e prima di tornare a casa, si fermava all’albero dove l’aveva incontrata la prima volta. Tsubaki sbucava dall’ombra come la luna quando le nuvole le passano oltre, ed insieme giocavano o chiacchieravano regalandosi momenti preziosi in cui le preoccupazioni del mondo non sembravano riguardarli.
Un anno volò via e venne il giorno in cui dovettero salutarsi.
“Devi proprio andare?” mugugnò Kakashi, senza osare guardarla negli occhi.
“Sì, il tuo sogno è qui ed io devo inseguire il mio.”
“Quindi non ci rivedremo più.”
“Non lo so.. io, io ti prometto che ce la metterò tutta per tornare a trovarti!” sentenziò decisa Tsubaki, stringendo i pugni. Lui ne rimase colpito, ma non quanto il fatto che lui stesso non riusciva a pensare di non poterla più rivedere. Istintivamente le andò vicino, la strinse sentendo quel corpicino rigido sciogliersi fra le sue braccia e ricambiarlo. “Io ti aspetterò, lo prometto.” Dopo un attimo che cercarono di protrarre il più possibile si separarono e Kakashi vide che lei stringeva qualcosa nella mano destra. “Quella cos’è?”
“E’ la mia maschera da Oinin.”
“Maschera? Perché non hai un frontale come il mio?”
“Perché io non sono un ninja come te. Appena me ne andrò dovrò indossarla e da quel momento sarò un’ombra.” Lui sembrò non capire, forse non voleva ma comunque appariva confuso. “Sai bene quale sarà il mio compito, è più facile se nessuno conosce la mia identità. Per questo sarà difficile rivederti e per questo odio questa maschera.”
“Se sarai costretta a nascondere il tuo viso- esordì Kakashi- allora anche io lo farò.”
“Cosa? Ma è sciocco!”
“No non lo è! Non è giusto che tu sia l’unica a sacrificarsi. La tua maschera sarà il tuo sacrificio e la mia il mio impegno ad aspettarti.” Il viso del ragazzo era contratto, il suo sguardo brillava di decisione e Tsubaki, commossa dal gesto dell’amico,  non riuscì a trovare la forza di dissuaderlo. Lo osservò mentre si copriva il volto con il collo del maglione, lasciando visibili solo gli occhi, e si infilò la sua senza ancora calarsela sul volto. “Allora, ci vediamo..” mormorò lei con gli occhi lucidi. “Sì, arrivederci Tsubaki.”
“Arrivederci Kakashi.” si coprì la faccia e scomparve nell’ombra, prima di dire altro e lasciare che diventasse troppo difficile separarsi dall’amico.
Kakashi si voltò verso la strada di casa ma non fece nessun passo, si dovette sedere un istante. Il vento si era calmato e la sera si stava inoltrando, non si vedeva più il sole ma né la luna né le stelle erano ancora in cielo, era tutto immobile. Quel paesaggio tanto vivo e rassicurante che spesso aveva contemplato al fianco di Tsubaki ora gli parve spento, un brivido lo percosse.
Tornando a casa pensava fra sé e sé che era un egoista, l’aveva avuta per un anno ogni giorno e non aveva il diritto di chiederle di rimanere. Poi lui sarebbe rimasto al villaggio con Minato, Rin e Obito, lei invece doveva recarsi in un posto sconosciuto e da sola. Era suo compito sostenerla ed aspettarla. Impegnarsi nell’allenamento, con quella malinconia addosso, sarebbe stato faticoso ma lo avrebbe certamente temprato. Una volta a casa si gettò sul letto, guardò il cielo nero dalla finestra e l’occhio gli cadde su di un libro appoggiato sul comodino. Lo prese e gli venne quasi da ridere. Aveva visto la prima volta quel libro in mano a Tsubaki, mesi prima, lei lo stava leggendo appoggiata ad un albero, aveva il viso rosso e le mani le tremavano lievemente.  “Cosa leggi?”
“Niente!” si affrettò a replicare lei, nascondendo il libro dietro la schiena. Ovviamente questo non fece altro che portare alle stelle la curiosità del bambino che cercò di rubarglielo dalle mani, lei fece di tutto per allontanarlo ma tra calci e spintoni la lotta non sembrava avere un vincitore. “Va bene va bene. Ho chiesto al mio papà come nascono i bambini, lui è arrossito e ha detto che queste sono cose che solo mamma era brava a spiegare. Così mi ha dato questo. Lo devo leggere ma per ora non sono sicura di aver capito nulla.”
“Fa vedere, così poi te lo spiego io.” Disse con aria saccente, sedendosi sull’erba cominciò a leggere dove Tsubaki gli indicò, dopo pochi istanti, però, divenne rosso e le sopracciglia gli si aggrottarono. “Che schifo!” gridò lasciando cadere il volume a terra. Lei scoppiò a ridere, gli andò vicino dandogli un grosso pizzicotto sulla guancia. “Allora, non dovevi spiegarmi tutto, genio?” lo schernì ghignando. Anche lui le strinse la guancia in un pizzico biascicando: “Te lo spiegherei ma è una cosa terrificante e non riusciresti a sopportarla.” Nella confusione delle battaglie e dei giochi che seguirono finì per infilarsi in tasca il libro della ragazzina, per poi accorgersene solo una volta a casa. Ogni sera si diceva che glielo avrebbe restituito ma sistematicamente se lo dimenticava “Fa niente, glielo darò domani.” pensava e questo gli dava un velato senso di serenità: domani lei ci sarebbe stata ancora. Così quella sera non poté far a meno di provare quella stessa sensazione, stingendo il libro, era come se qualcosa gli dicesse che l’avrebbe rivista anche solo per restituirglielo.
   
 
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