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Autore: Haruko    01/01/2006    4 recensioni
E’ solo la mia prima FF e vi chiedo di essere clementi nel giudicarla, va bene?! Alcune cose le ho inventate un po’ (i referti medici, l’arma ignota e altre cosine qua e là, penso!)…spero che riuscirete a capire ciò che vi ho voluto trasmettere scrivendo questo aberrante primo capitolo! Non uccidetemi se vi fa veramente pena!!
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2- Silenzi

2- L’immagine riflessa

 

Personaggi: Jin, Kazuya, Heiachi e Xiaoyu.

Genere: FF triste…

Commenti dell’autore:  Salve !A distanza di ben 5mesi, aggiorno la mia storia…purtroppo ho avuto dei problemi e non ho potuto completarla prima, ma finalmente in questa settimana ci sono riuscita! Mi sono accorta che la prima parte, infondo, non era male (come all’inizio sostenevo!) ed era piuttosto difficile crearne un seguito dello stesso livello, ma io ci ho comunque provato! Questa seconda parte, parla soprattutto dei sentimenti e dei pensieri di Jin, messi a dura prova (come letto nel capitolo precedente) dal padre. Si sviluppa anche il rapporto Xiao/Jin, mentre si cela la perfidia senza limiti del malvagio Heiachi. Beh, credo che il resto lo dovrete leggere da soli ^__^

Buona lettura!

 

 

 

 

Mishima Zaibatsu, il mattino seguente.

 

Heiachi stava tenendo una conferenza sui bilanci dell’azienda –In conclusione, signori, penso sia di comune accordo affermare che…- venne interrotto dalla sua guardia, Ito, che bussò ed entrò

–Signore, ci sono novità per lei.- Heachi si infuriò per quella irruzione improvvisa –Non è il momento! Sto trattando una questione alquanto delicata, Ito!- la guardia insistette –Ma, signore, riguarda la sua famiglia…- Heiachi cambiò subito umore –Oh, la faccenda cambia…la famiglia sempre al primo posto, dico io! Vogliate scusarmi.- il vecchio si avviò con la guardia nella saletta delle proiezioni accanto alla sala congressi dove era tenuta la conferenza –Dunque?- Ito prese una busta bianca e la porse al suo padrone –Sarebbe?- chiese Heiachi, mentre osservava la busta, Ito si spiegò.

 

Nel pomeriggio.

 

Jin, si stava allenando nella sua palestra personale, mentre tirava pugni al sacco, non poteva fare a meno di pensare all’accaduto del giorno precedente, continuavano a venirgli in mente le parole che lui e suo padre si erano detti, continuava a chiedersi “Avrò fatto bene a fare ciò che ho fatto?” oppure “Se avessi agito diversamente,cosa sarebbe successo?” la risposta non veniva mai, nella sua mente vi erano solo quelle laceranti domande, che gli provocavano un forte colpo al cuore, solo ad essere pensate. I suoi pensieri vennero interrotti –Ciao Jin!!- era Xiaoyu –Ah, ciao.- disse asciugandosi con la mano il sudore sulla fronte –La porta della palestra era aperta e quindi sono entrata. Voglio congratularmi con te! E’ stato un grande gesto quello di salvarlo.- il ragazzo prese un asciugamano, poi si sedette su una panca –Già, grande, gesto.- la ragazza lo vide poco convinto

–Cosa c’è che non va?- lui scosse il capo –Niente…senti, ti va di allenarci?!- chiese per cambiare argomento –Io, con te?- lui annuì –Si.- lei naturalmente accettò –Ma certo! E me lo chiedi?!-.

I due ragazzi si allenarono per circa due ore. Al termine di quelle due ore, andarono a casa del ragazzo per bere qualcosa –Lo fai tutti i giorni?!- chiese Xiaoyu sorseggiando del the –Che cosa?- lei gli sorrise –Allenarti in questo modo, così, così…intensamente!- lui non lo riteneva affatto un allenamento intenso quello appena terminato, era stato più che altro un modo per svagarsi o meglio un modo per soffocare le voci nel suo cervello, le voci che ponevano senza sosta le famose domande già citate. Xiaoyu era davvero felice di essersi allenata con il ragazzo che amava, lo osservava silenziosamente, quasi fosse in ammirazione del ragazzo, non era facile capire cosa passasse per la mente del giovane, ma una cosa era chiara; non erano pensieri felici. La giovane cinesina l’aveva intuito, aveva capito che c’era qualcosa che non andava, avrebbe voluto chiedere lui cosa in particolare lo turbasse, ben sapendo che era di certo qualcosa riguardante il padre e il fatto che l’avesse salvato, però, decise di non porgli alcuna domanda, di ammirarlo in silenzio, cercando di trarre da quei suoi silenzi qualcosa che le facesse capire come poterlo aiutare. Finito di bere, Jin, si alzò, finché era in compagnia, le domande nel suo cervello non lo torturavano, così, quasi come per istinto, prese una decisione –Senti, che ne diresti di fermarti fino a stasera?! A cena intendo…- lei accettò, ignara del perché le avesse così improvvisamente fatto quella proposta e in cuor suo sperò che avesse un doppio fine –Volentieri. Sai cucinare?- il ragazzo diede una risposta negativa –No. Pensavo di…ordinare una pizza.- la cinesina sorrise –Allora, credo che cucinerò io stasera!- il ragazzo accettò –Meglio così!-.

 

Poco dopo, alla Mishima Zaibatsu –Mi ha mandato a chiamare, signore?!- chiese la guardia Ito presentandosi nell’ufficio del principale –Si, Ito…questa sera in televisione verrà trasmessa l’intervista che ho rilasciato dopo la “lieta” notizia, mi riferisco al fatto che Kazuya si sia salvato, ovviamente…- Ito aveva assistito all’intervista –Posso, senza presunzione, affermare che il piano che sta attuando è di certo il migliore che abbia mai pensato, signore.- Heiachi ghignò –Ma certo che lo è! Ah, Ah, Ah! Comunque, ti ho mandato a chiamare, perché vorrei che tu invitassi Jin Kazama per assistere all’intervista, nel salone di questo palazzo, proprio davanti a me. Voglio vedere l’espressione del suo volto, voglio vederlo soffrire lentamente…- Ito si preparò ad esaudire quel comando –Lo farò chiamare, padrone. Desidera altro?!- il vecchio era sicuro che quella volta il suo piano si sarebbe adempito –No, per ora…-.

 

Jin., dopo essersi fatto una doccia per rinfrescarsi le idee, si gettò sul divano per cercare di vedere la televisione, la sua ospite era seduta sulla poltrona accanto, immobile, si sentiva ignorata, per fare qualcosa gli fece una strana proposta –Jin, ti andrebbe di guardare un film?- lui accettò –Si, che cosa?- lei si alzò e si sedette vicino al ragazzo –Hai qualche cartone animato?!- lui fece una strana espressione –Non siamo un po’ troppo grandi per queste cose?!- la ragazza non lo pensava affatto

–Assolutamente no! Non penserai anche tu che i cartoni siano solo per i bambini?!- lui invece lo pensava –Credo sia così…- la ragazzina si arrabbiò, ma ovviamente non era una vera e propria arrabbiatura –Ah si?! Beh, invece non è così! I cartoni insegnano a vivere! Anche agli adulti! Poi ci sono anche i cartoni per i grandi!- Jin conosceva solo un certo tipo di “cartoni per i grandi” –Non penso che dagli hentai si possa davvero trarre qualche insegnamento sulla vita!- a quella battuta Xiayu arrossì –Ecco…io non intendevo quello! Non ci sono solo quelli per i grandi! Scusa, ma tu ne hai mai visto uno?!- anche Jin arrossì -…No!- la ragazza ci credeva poco –Sicuro? A me sembra quasi che tu ne abbia visti parecchi!- il ragazzo sorrise –Beh, magari qualcuno…- anche la cinesina sorrise. La ragazza era riuscita a far sorridere Jin, era tanto che non lo vedeva più sorridere, poi con la sua ondata di allegria mista a un po’ di ingenuità infantile, era riuscita a sollevare il morale del ragazzo. In quel momento, nei pensieri del giovane, non c’erano massacranti quesiti o strane sensazioni, la sua mente era quasi vuota. Purtroppo, quella sensazione, durò molto poco, un semplice squillo del telefono bastò per infrangere quell’effimera allegria, il ragazzo si alzò

–Pronto?- la voce dall’altro capo del telefono non rispose immediatamente –Si, pronto, sono la segretaria del signor Heiachi Mishima.- il sorriso di Jin si tramutò subito in una espressione di tristezza –Cosa vuole da me?- chiese stanco –Il signor Mishima la invita questa sera alle nove alla Mishima Zaibatsu…- Jin era stanco di tutto quello –E’ necessario che vi vada?- la risposta fu chiara e concisa –Si.- il ragazzo accettò –Ci sarò.- poco dopo riattaccò. Xiaoyu aveva assistito alla scena

–Che cos’è successo?- lui scosse il capo –Nulla. Alle nove dovrò uscire…- la ragazza guardò l’orologio a pendolo, segnava le sei –Vorrà dire che la cena sarà pronta per le sette!- disse sorridendo, sperando di vedere sorridere anche lui, ma non fu così, infatti il ragazzo andò sul balcone. Non gli era parso vero di essere riuscito per pochi minuti a scordarsi dei suoi problemi, infatti, era durato ben poco, ora i suoi pensieri erano tornati ad assillarlo, si sentiva la testa pesante, non ce la faceva più, era la prima volta che si sentiva crollare interiormente “E adesso cosa vorrà Heiachi da me?!” pensò fissando le luci dei palazzi circostanti, fece un lungo respiro. Qualcosa dentro di lui gli suggeriva che tutti i suoi problemi non si sarebbero risolti molto presto –Guarda, si è già fatto buio!- esclamò Xiaoyu apparendogli accanto, il ragazzo non fiatò –Mio nonno mi dice sempre che la miglior soluzione per ogni problema è sorridere e pensare che potrebbe accadere di peggio così di conseguenza i problemi si risolveranno da soli! (Me lo dice sempre anche il mio nonnino, eh, eh ^__^ n.d.H) Di solito funziona!- Jin non reagì –Poi un così bel viso è sprecato per un’espressione triste!- dopo quella affermazione la cinesina arrossì, non aveva riflettuto affatto prima di pronunciare quelle parole, se Jin fosse stato muto nuovamente, Xiaoyu avrebbe certamente detto altre considerazioni personali che voleva, appunto, far rimanere tali –Come dici?- per fortuna il ragazzo non aveva prestato attenzione –Oh, niente! Dicevo solo che…ho intenzione di preparare del riso al curry…ti piace, vero?- il ragazzo annuì –Ma certo…mia madre me lo cucinava sempre quando ero un bambino…era la sua specialità…aveva quel gusto delicato e fine, ma notevolmente apprezzabile, proprio come lei.- Jin non aveva mai parlato di sua madre con Xiaoyu –Tua madre doveva essere davvero una brava persona…- Jin confermò –Lo era. Se sono cresciuto come sono adesso è solo perché ho avuto lei come madre…altrimenti…sarei diventato come Kazuya e spero con tutto il cuore di non assomigliare mai a lui, mai.- Xiaoyu notò una nota di malinconia in ciò che aveva appena detto Jin –Ancora non capisco come una persona sensata come mia madre, abbia potuto innamorarsi di lui. Tutte le parole che mi ha detto ieri, oggi mi risuonano false, non riesco a credere possibile che lui l’abbia amata. Non perdonerò mai mia madre per essersi innamorata di quell’essere spregevole.- c’era dell’odio o della semplice inquietudine nelle parole di Jin?! Xiaoyu stava cercando di capirlo –Jin, non dovresti dire questo!- lui non capiva

–Perché?!- lei cercò le parole più semplici possibili per spiegarglielo –Perché, vedi, secondo me se tu l’hai salvato è perché…hai creduto nel suo lato umano, quello di cui probabilmente tua madre si è innamorata.- Jin smentì –No. L’ho fatto solo per dimostrare che sono diverso da lui, ricordi?! Tu stessa mi hai suggerito di fare ciò che mi diceva il mio cuore ed era questo.- la ragazzina scosse il capo –Ne sei proprio sicuro?- Jin diede uno sguardo alla città –Sicurissimo.- lei non poté che starsene zitta, cambiò discorso –Devo cominciare a preparare la cena…Ti assicuro che assaggerai un riso al curry che non ti scorderai facilmente! Tanto è vero che mi chiamo Ling Xiaoyu!- Jin non diede cenno di risposta. Il ragazzo rimase su quel balcone a lungo, in balia dei suoi pensieri, primo fra tutti, cercava di immaginare il motivo dell’invito di Heiachi –A tavola!- urlò Xiaoyu, il ragazzo allora raggiunse la sala da pranzo, si sedette. La tavola era stata apparecchiata a regola d’arte, sembrava quasi di cenare in un vero e proprio ristorante, il cibo aveva un aspetto davvero promettente e il profumo era del tutto invogliante. Jin ne assaggiò prima una piccola parte per assaporarne meglio il gusto, Xiaoyu era ansiosa di ricevere il commento, per preparare quel piatto ci aveva messo tutto l’amore e l’impegno possibili e, a suo personale parere, era ottimo –Allora? Com’è?- domandò la cinesina impaziente lui la lasciò sulle spine, fece una smorfia, ma poi –E’ ottimo.- Xiaoyu era davvero soddisfatta –Sono la migliore!- purtroppo, l’espressione del ragazzo non mutò, nemmeno il piatto preferito preparato apposta come lui definiva quello della madre “delicato e fine”, era riuscito a strappargli un sorriso “Vorrei tanto aiutarti Jin” pensava la ragazza dispiaciuta.

 

Durante tutta la cena, nessuno dei due parlò, certo, Xiaoyu ci aveva provato, ma senza risposta da parte del ragazzo. Solo verso la fine della cena, Jin, parlò –E’ quasi come quello di mia madre.- quel commento fece sorridere di cuore la ragazza. Prima delle nove, l’ospite decise di andarsene –Credo sia ora che vada.- disse dopo aver sparecchiato la tavola –Ah, si.- disse Jin, accompagnandola fino alla porta –Grazie mille della serata e degli allenamenti!- disse la ragazzina –Grazie a te.- rispose lui –Spero che mi inviterai di nuovo! Così potrò prepararti ancora il mio riso al curry!- lui annuì

–Certo.- lei non voleva proprio andarsene, non voleva lasciarlo solo, le dispiaceva che fosse così triste –Ciao ciao Jin!- lui alzò la mano. Ora era di nuovo solo, in quella grande casa vuota, non c’era più la voce allegra della ragazza a distrarlo, per quanto fosse possibile. Erano quasi le nove, così decise di avviarsi verso la Mishima Zaibatsu, salì in macchina. C’era abbastanza traffico quella sera e in più i semafori erano sempre rossi, al quinto semaforo si stancò, c’era colonna ferma fino alla sua destinazione, ma non era ancora in ritardo, si guardò allo specchietto e lo vide, Lui, il suo demone, lo vide in faccia per la prima volta, si giro di scatto, pensando ingenuamente che fosse dietro di sé, ma, naturalmente, non c’era, era solo la sua immaginazione. Quella visione gli fece uno strano effetto, quasi lo spaventò. Poco dopo il traffico ripartì regolarmente.

 

Arrivato all’edificio centrale, entrò senza problemi, una guardia lo condusse da Heiachi, l’uomo era comodamente seduto su una grande poltrona, lo accolse con falso calore, come era solito fare –Oh. Kazama! Finalmente!- il ragazzo odiava quell’ipocrisia –Cosa vuoi da me?- l’uomo ghignò –Ma come?! Ti rivolgi così al tuo caro nonno che ti invita a trascorrere del tempo con lui?- Jin lo guardò male –Finiscila con le falsità, arriva al sodo.- il vecchio fece chiamare uno dei suoi assistenti –Voi ragazzi di oggi volete tutto e subito! Come desideri! Ma…ti consiglierei di metterti comodo.- in pochi istanti l’enorme televisore al plasma fissato al muro si accese e partì la registrazione –Che cosa significa questo?- chiese Jin sorpreso –Lo scoprirai.- rispose il vecchio. La registrazione iniziava in quella stessa sede dove si trovavano loro, una giovane giornalista, probabilmente europea, stava ponendo delle domande a Heiachi. –Ci dica signor Mishima, cos’ha pensato quando ha saputo delle condizioni di suo figlio?- il vecchio nel video aveva la stessa espressione che aveva seduto su quella poltrona –Naturalmente, ero molto triste. Sapete, i padri con i figli…- la falsità del vecchio non cambiava mai –Posso immaginare…ma, mi racconti tutto. Dica al nostro pubblico del generoso gesto.- Jin ebbe un forte colpo al cuore –Sapete, il mio adorato nipote, Jin Kazama, è un bravo ragazzo, ma molto egoista! Io avrei tanto voluto poter salvare mio figlio, ma per colpa di un maledetto e pericoloso anticorpo nel sangue di padre e figlio…non ho potuto. Così ho supplicato il mio nipote prediletto, nonché l’unico, a fare una generosa donazione, ma lui si è opposto! Solo alla fine grazie alle mie sagge parole, i medici in maniera molto ortodossa, data la resistenza, sono riusciti a far si che concedesse qualche goccia del suo sangue infetto.- ora tutti sapevano cosa c’era nel sangue di Jin –Vecchio, io ti…- l’uomo lo fece azzittire –Aspetta, non penserai che sia finita qui?- Jin era davvero furioso, tornò a seguire il filmato –Si, sa, la gioventù odierna è piuttosto egoista! Ma, ha parlato di un anticorpo pericoloso e infetto?- il segreto di Jin, ormai, non era più tale –Si. E’ più che altro una specie di gene. Un gene malvagio. Che porta alla malvagità dell’individuo che lo possiede…- l’espressione della giornalista si fece preoccupata –Lei sta forse dicendo che, il signor Kazuya Mishima e il signor Jin Kazama, sono un pericolo?- Heiachi annuì

–Si, naturalmente non penso che arriverebbero mai ad uccidere.- la donna era terrorizzata

–Uccidere?- il vecchio si divertiva un mondo seduto sulla sua comoda poltrona –Ho detto uccidere? Mi dispiace! Non volevo dire questo.- invece era tutto escogitato –Bene, credo che sia tutto. Speriamo di rivederla presto.- la televisione si spense. –Allora, sono telegenico, ragazzo?- Jin trasudava odio –Tu! Come hai potuto farlo?- il vecchio era davvero fiero di stesso –Diciamo che tu e tuo padre non mi siete mai piaciuti molto.- il ragazzo provava l’irrefrenabile voglia di distruggerlo –Sei un traditore codardo!- quegli insulti lusingavano soltanto Heiachi –Ti ringrazio. Questa intervista andrà in onda oggi a tarda notte, ciò significa che molto presto sarai ricercato da giornalisti e dai medici come i cacciatori d’avorio danno la caccia agli elefanti. Questo perché voi due avete quel gene, che io non ho!- Jin avrebbe voluto ucciderlo, ma temeva di trasformarsi in quel mostro del quale aveva avuto paura solo nel guardarlo allo specchio, si calmò –La pagherai per questo, te lo assicuro.- il vecchio scoppiò a ridere –Ma fammi il piacere! Cosa vorresti fare?! Speri forse che tuo padre ti aiuti dopo quello che hai fatto per lui?!- la rabbia di Jin era al massimo della sopportazione –Stai zitto…STAI ZITTO!- il vecchio continuava a ridere di gusto –Bene, ora vattene…ah, ancora una cosa. Questa lettera è per te, prendila.- porse al ragazzo una busta bianca, Jin la guardò –L’ha scritta tuo padre, per te. Ha incaricato un’infermiera di consegnartela e questa l’ha erroneamente portata qui.- il ragazzo mise in tasca la busta –Vai, pure. Stai attento a non sbatterti la porta in faccia mentre esci, ah ,ah! (battuta patetica per non dire vecchia, ma secondo me ci sta bene, no?! N.d.H).-

Jin con calma uscì dal palazzo, faceva piuttosto freddo quella sera, erano solo le nove e mezza. Ci impiegò abbastanza tempo ad arrivare a casa, come all’andata, c’era molto traffico. Fu a casa per le dieci. Arrivato, appoggiò sul tavolo da pranzo la busta “Perché dovrei leggerla?”, ora ad angosciarlo vi era anche il fatto che nel giro di un’ora tutto il Giappone, per non dire tutto il mondo, avrebbe saputo del devil gene. Ancora una volta Heiachi era riuscito a rovinarlo. La cosa che però temeva ancora di più era quel mostro che c’era in lui, pronto ad uscire in ogni momento “Se diventassi come Kazuya?! Farei del male a tutti! Non posso, NON POSSO!” Pensava fissando nel vuoto. Rimase immobile sul divano, ad assillarsi con sospetti, pensieri e qualsiasi cosa lo potesse mettere in crisi. In quel momento era vulnerabile, si sentiva indifeso. Quando l’orologio a pendolo suonò la mezzanotte, decise di andarsene a letto. Si infilò il pigiama e si buttò a peso morto sul suo immenso letto “Domattina mi verranno a cercare.” pensava fissando il soffitto “Potrei scappare!” pensò in un attimo di follia “No, sarebbe inutile, mi troverebbero.” si girò su un fianco in modo da vedere la luna dalla finestra che faceva filtrare la sua luce fioca illuminandogli parzialmente il viso “Li affronterò, fosse l’ultima cosa che faccio!” decise, poi si girò nuovamente. Quella notte, Jin, non riusciva a dormire, rimase a rigirarsi nel letto fino alle due, poi decise di alzarsi, andò in bagno a rinfrescarsi il viso, immerse completamente la faccia nel lavello, quando rialzò lo sguardo vide nuovamente allo specchio quella terrificante immagine, però, quella volta non si girò per vedere se fosse dietro di sé –Sei qui, vero?- disse appoggiandosi una mano sul cuore –Così, questo sarei io…- lo specchio continuava a riflettere quell’immagine, con la differenza che ripeteva ogni gesto,Jin, facesse –No…no…no…no…NO!- il ragazzo in preda all’ira e al terrore, scagliò un violento pugno al specchio, riducendolo in frantumi e tagliandosi la mano –IO NON SONO QUELLO! IO NON SONO COSI’! NON SONO IO!- urlò disperatamente, mentre il sangue scorreva liberamente sul lavabo, solo qualche minuto dopo, si accorse della ferita sulla mano e andò a medicarsi con del disinfettante e delle bende, dopodichè si appoggiò al tavolo fissando la mano bendata, quasi impietrito dal comportamento che aveva appena tenuto. Con la coda dell’occhio vide quella busta bianca “L’avrà scritta davvero lui?” si chiese  “Ad ogni modo, non mi interessa! Non la voglio leggere!” nonostante i suoi pensieri, continuava a fissarla “Cosa vorrà ancora da me?! Non gli è bastato?” rimase qualche istante a fissare il nulla, poi uno scatto improvviso gli fece afferrare la lettera, la aprì frettolosamente, conteneva tre fogli scritti a mano, (ho ipotizzato una lunghezza, come fosse scritto in ideogrammi e a penna! N.d.H) cominciò a leggere.

 

Jin,

Ti scrivo questa lettera pochi istanti dopo il generoso gesto che tu hai compiuto per me. Lo faccio in questo preciso istante, quando Lui non è ancora così forte da sopprimermi, in un momento in cui riesco ancora ad avere il sopravvento. Voglio ringraziarti per quello che hai fatto, questo dimostra che affermando che sei l’unica “cosa” che mi sia riuscita, non sbaglio. Ti ho fatto del male in questi anni e me ne rendo conto, hai sofferto per causa mia eppure sei riuscito lo stesso a strapparmi dal braccio della morte, posso dirti una cosa?! Non me lo merito, io non mi merito niente, soprattutto da te. Sono sicuro che l’hai pensato e IO sono d’accordo.  Non ho idea di come Lui si comporterà nei tuoi confronti ora, so solo che IO non potrei essere più fiero.

Tutto ciò che ti ho detto IO, potrà risuonare falso, ma ti assicuro che non lo è. Ciò che mi hai sentito dire è la verità. Sono consapevole che anche scrivendoti quello appena riportato, se pensi che non ti abbia detto la verità, continuerai a pensarlo, ma… io credo in te. Segregato in questo corpo che ormai non è nemmeno più MIO, ho potuto osservarti e ti assicuro che ho tentato di far si che Lui ti lasciasse vivere una vita serena, come quella che tua madre avrebbe voluto che vivessi, ma come hai provato sulla tua pelle, non ci sono riuscito. Sfortunatamente, nessuno di noi ha potuto e potrà vivere una vita del tutto felice e soprattutto normale. C’è chi direbbe che siamo nati sono una cattiva stella, ma ti dico una cosa, io non credo nel destino, non ci ho mai creduto. Non posso credere che davvero qualcuno decida per noi cosa faremo, ognuno ha la capacità di scelta e nessuno all’infuori di lui stesso sa cosa farà, lo testimonia il fatto che tu mi abbia salvato la vita, a mio parere, il destino non sapeva anticipatamente che cosa tu avresti fatto, in parole povere, il destino ce lo costruiamo da soli. Vorrei solo che tu tenessi bene a mente questo. Mi sarebbe piaciuto farti padre e impartirti degli insegnamenti, nonostante, probabilmente, anche se fossi stato presente non ne sarei stato capace.  Nemmeno io, in pratica, l’ho avuto un padre. Jin, io ho fallito, come uomo. Sono stato eclissato dalla mia parte malvagia e, penso per comodità, non ho avuto il coraggio di oppormi, quando il coraggio l’ho avuto, era troppo tardi. Te lo dico perché desidero che tu non faccia la mia fine, devi opporti a Lui, sono sicuro che sarai tu ad avere la meglio. Posso solo immaginare quanta gente ti abbia detto che somigli a me, ma tu non devi ascoltare chi dice questo, perché non è vero! Tu sei buono Jin, IO no. Tu sei forte d’animo e IO no. Ti è stato insegnato ciò che giusto e ciò che è sbagliato, sai ciò che devi fare. Potresti  pensare che io sia un vigliacco, un traditore, un debole e avresti ragione, ma non pensare MAI che non abbia amato tua madre o che non ti abbia desiderato come figlio perché sbaglieresti. Queste sono le uniche due certezze nella mia vita.

E’ difficile esprimere su carta tutto ciò che ti voglio dire, sto cercando di scrivere il più possibile prima che Lui vinca contro di me. Sto già affievolendomi, faccio quasi fatica a scrivere queste  poche parole, mi devo preparare a scomparire nuovamente in quel baratro buio e senza uscita che ormai è divenuto il mio corpo. E’ stato bello poterti parlare, poterti finalmente vedere con questi occhi accecati dal male e dalla perfidia, da questo cuore egoista e spietato. Vorrei dirti tante cose, rispondere a qualunque tua domanda, ma per farlo dovrei passare nuovamente del tempo con te e questo non è possibile. Una cosa però te la posso ancora dire; credi in te stesso. L’autostima è il modo migliore per affrontare i problemi, chi crede in sé sopravvive, chi invece non ci crede viene schiacciato. Anche nel mondo moderno vale la “legge del più forte”, anche se ha pressoché un senso metaforico, in quanto non si  intenda la vera forza fisica, ma la forza interiore. Di certo mi hai odiato con tutto te stesso ed è probabile che tu mi odi ancora. Non nego che la cosa mi dispiaccia, ma so di essermelo meritato. Non sempre mi sono assunto le mie responsabilità, il fatto che non ti abbia cresciuto è un chiaro esempio. Ti starai chiedendo perché scrivo tutto questo e  perché non ho fatto che ripetere le stesse cose per tutta la durata di questa lettera. Ecco la tua risposta; voglio che tu mi dia il colpo di grazia. Esatto, voglio che tu mi uccida, o meglio, voglio che tu uccida Lui, perché, vedi, IO sono già morto, tempo fa, IO sono morto nel momento nel quale ho ucciso Jun, sono morto con lei. Morto dentro di una morte lacerante e dolorosa. Tu vuoi vendicare tua madre, anch’io, anch’io desidero la sua vendetta. E’ morta per mano di chi si fidava, non se lo meritava. Al contrario di Lui ( e nemmeno IO mi escludo) che quindi ci meritiamo una morte indegna, da traditori, una morte che non lasci di noi la minima traccia che ci spazzi via per sempre dalla terra e dalla memoria di chi ha sofferto per causa nostra, primo fra tutti tu. Ti ho detto che non mi devi nulla, ma questo te lo chiedo ugualmente, sperando che tu mi faccia questo favore.

E’ sempre difficile chiudere una lettera, sai?!  Spero che tu la legga tutta, considerala il ricordo  di un padre che non hai mai potuto avere accanto.

Addio…

 

Sinceramente,

Kazuya Mishima, papà

 

 

 

Mentre terminava di leggere quella lettera, la sua mano destra, quella fasciata, cominciò a tremare, e il suo respirò cominciò a farsi affannoso, dopodichè, il messaggio gli scivolò dalle mani, dopo di esso anche lui cadde, in ginocchio –Come ti permetti di scrivermi questo?!- disse debolmente riferito al padre –Ti odio Kazuya! TI ODIO!- per la prima volta, da quando era nato, Jin Kazama pianse, in realtà non fu un vero e proprio pianto, ma una lacrima cristallina che scese sul suo viso, lacrima che Jin asciugò presto, vergognato, quasi temesse che qualcuno potesse vederlo debole, che qualcuno potesse capire che in realtà non era proprio odio quello che stava provando, ma qualcosa di diverso, a lui sconosciuto, che mai avrebbe pensato di provare nei confronti di Kazuya .

 

 

***Fine secondo capitolo!***

 

 

 

àFinita! Sono riuscita a concludere il secondo capitolo. Come dicevo all’inizio ci ho messo tanto ad aggiornare e quindi ho in parte perso lo “spirito” utilizzato nel primo capitolo (che ho scritto a fine luglio!). Ho fatto il possibile per renderla decente. A mio parere non è il massimo, ma io penso sempre che quello che faccio fa schifo, (proprio io che ho fatto dire a Kazuya nella lettera che bisogna avere autostima! Come sono incoerente!!!) quindi giudicate da voi!

In questa seconda parte si svela un Jin che nel mitico gioco non si vedrà mai, però ho provato a costruire quella specie di “crollo psicologico” dovuto ad un così inaspettato svolgimento dei fatti! Questa volta ho già ideato il capitolo successivo, quindi per la terza parte non farò più passare così tanto tempo!

 

Bene, ho già scritto troppo! Ah, dimenticavo, vi invito a scrivermi più commenti possibili e farmi notare se ,come al solito, ho fatto qualche errorino (però per favore siate sempre gentili e clementi, altrimenti mi demoralizzo!! compatitemi ^__^)! Okay, appuntamento alla prossima!! ß

 

 

Baci da

Haruko -m-(^0^)-m-

 

  
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