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Autore: MaTiSsE    08/02/2011    10 recensioni
Bella Swan era una giovane, felice e normalissima adolescente. Edward Masen il suo dolcissimo, splendido ragazzo.
Fin quando qualcosa di oscuro non viene a separarli, distruggendo il loro sogno d'amore.
Edward scompare il giorno del diciassettesimo compleanno di Bella da Forks, piccola cittadina in provincia di Washington.
Dov'è finito Edward?
Come vivrà Bella la sua esistenza senza di lui?
Riusciranno mai a ritrovarsi?
E se questo accadesse, come andranno le cose tra i due?
Leggete per scoprirlo! :)
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Più libri/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
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nuovissima14 Ragazze, anzitutto buonasera a tutte voi.
Mi scuso enormemente per il ritardo con cui posto questo capitolo. Non sto neanche a spiegarvi quanto sia stata incasinata; inizialmente mi è mancata un po' di ispirazione, lo ammetto...Successivamente sono stata riempita di impegni ed incarichi per cui....Eccomi qui dopo troppo tempo! Non ho mai voluto postare avvisi a riguardo perchè non volevo illudervi inutilmente di aver aggiornato per cui...mi scuso anche del mio silenzio.
Spero possiate scusarmi. Francamente non sono neanche molto soddisfatta del risultato ma spero l'apprezzerete lo stesso...Spero di rifarmi con i prossimi capitoli.
Vi mando un bacio enorme!
Scusatemi ancora
PS: nei prossimi giorni risponderò alle vostre recensioni...Grazie come sempre per il vostro sostegno, siete dolcissime!
Un bacio

MaTiSsE!






CAPITOLO 14
Rivelazioni

(POV BELLA/ EDWARD)








POV BELLA


"Bella? Bella....!"

Mi svegliai di soprassalto con un urlo.

Affaticata e spaventata da quell' incubo atroce e devastante.

Avvolta nell'oblio del sonno la mia mente traditrice aveva ricostruito l'immagine di Edward, il mio Edward dolce e bellissimo di un tempo,  mentre mi sussurrava deliziose paroline d'amore, disteso accanto a me su di un tappeto di morbidi fiori colorati.
Era primavera e la radura splendeva nel primo sole del mattino.

Percepivo ancora distintamente il suo tocco gentile sulla mia pelle ed il sapore dei suoi baci delicati sulle labbra.

L' avevo osservato amorevolmente mentre nascondeva il viso tra i miei capelli bruni, annusandone il profumo ed io avevo riso, inclinando la testa di lato per meglio accoglierlo nell'incavo del mio collo.

Ero felice.
Il cuore era  colmo di gioia, di amore incondizionato e di ritrovata allegria; pensavo, scioccamente, che potesse non essere in grado, un muscolo tanto piccolo, di contenere nel medesimo istante tutte quelle deliziose e meravigliosamente devastanti sensazioni.

E tuttavia, avrei potuto morire in quel posto ed in quel momento e non mi sarebbe importato finchè Edward era con me.
Avevo tutto, ero felice, non avevo nient'altro da chiedere alla mia vita.

"Ti amo, Edward..." - Avevo mormorato lentamente, sorridendo e cercando piano le sue labbra.

"Ti amo anch' io...." - Aveva risposto lui, in un sussurro. E lì aveva avuto inizio l'orrore giacchè, alzando di nuovo lo sguardo, i miei occhi non avevo incontrato più il viso dolcissimo dell' Edward che amavo bensì quello trasfigurato e repellente di un demone dalle pupille scarlatte ed i denti aguzzi, pronto a colpirmi.

"Bella, mia adorata...Bella...Bella"

L' ultimo ricordo era quello del mio nome ripetuto all'infinito da una voce demoniaca prima di finire dissanguata sul bel prato fiorito della radura.
Con esso si chiudeva il mio incubo.

Ma nella realtà qualcuno chiamava davvero il mio nome: era la povera Allison che si sgolava nel tentativo di svegliarmi.

"Ally!" - Urlai, svegliandomi di soprassalto ed ansimando, finalmente consapevole di essere stata vittima di un incubo insopportabile ed atroce.

La mia amica mi sogguardò sconcertata prima di rivolgermi la parola.

"Mio Dio, Bella....che stavi sognando? Non hai fatto altro che agitarti....E' tutto ok?"
"Sì...sì, tutto ok..." - Mormorai stentata - "Che ore sono?" - Domandai infine realizzando ulteriormente di ritrovarmi al sicuro, nella mia piccola camera di Forks avvolta ormai nella penombra.
"Le sei del pomeriggio....Cavolo, eravamo davvero stanche tutte e due!" - Osservò Allison - "Per quel che mi riguarda, la fatica del viaggio s'è fatta sentire...mi sono addormentata come una neonata, a mezzogiorno e per giunta a casa di Jasper Cullen. Che frana!"

Jasper.
Casa Cullen.

Edward.

La radura.
I vampiri.


VAMPIRI.


Mi venne da vomitare.


"Bella? Ma stai bene?" - Allison mi trattava con estrema delicatezza, non c'era che dire. Dovevo averla impressionata davvero molto.
"Credo di avere un po' di influenza..."

Mentii. Che altro potevo mai fare?

"Oh...! Beh, sarà uno di quei noiosissimi virus intestinali che girano di questi periodi...Hai la nausea?"
"Un po'..."
"Vuoi che ti prepari qualcosa? Una camomilla?"
"No, niente davvero...grazie."

Allison fece spallucce e poi mi sorrise. Amavo il suo sorriso sincero e luminoso: riusciva sempre a restituirmi un po' di pace.

"Allora? Sei riuscita a parlare con Edward?"
"Cosa?"

Mi si bloccò momentaneamente il respiro.
Perchè doveva rivolgermi proprio quella dannata domanda?

"L'hai trovato? Mi sembravi abbastanza sicura di sapere dove scovarlo quando ci hai lasciati..."
"Ah.... Beh, ecco....in realtà no....Ci siamo ritrovati più tardi per caso, dai Cullen...Quando sono venuta a recuperarti in preda al sonno..."
"Non me ne parlare!" - Esclamò allora, nuovamente consapevole - "Che figuraccia, Bells! Addormentarmi sul divano di casa loro....Soltanto Allison Rogers poteva riuscire in una simile impresa!" - Sbuffò assai comicamente sollevando un ricciolo ricaduto sulla guancia sinistra.
"Come ci sei finita a casa Cullen?"
"A dir la verità è stato Jasper ad invitarmi...E' stato molto...carino. E gentile."
"Sì?"
"Già..."

Un rossore diffuso colorò le guance di Allison, accentuandone le piccole lentiggini.

"E dopo ti sei addormentata..." - Constatai.
"Non so come sia potuto accadere, credimi...è stato così.....ridicolo! Ma mi sentivo tanto rilassata ed a mio agio...E poi le palpebre hanno cominciato a farsi pesanti...E mi sono risvegliata praticamente a casa tua. Non ho parole!"

Avrei voluto sorridere dell'espressione buffa e tenerissima di Ally, del suo modo adorabile di rimproverarsi. Ero quasi certa che le piacesse Jasper, benché cercasse di nasconderlo consapevole del fatto che io fossi, in maniera più o meno intensa, legata ad Alice che di Jasper era, ufficialmente, la fidanzata. E tutto sommato in quell'istante non riuscivo ad interessarmi effettivamente a tutto quanto avrebbe voluto raccontarmi, prigioniera com'ero di quell'assurda realtà ben più angosciante e sconvolgente del brutto incubo da cui mi ero risvegliata.

Un sogno, per quanto orribile possa essere, ha sempre un inizio ed una fine.

Quel che stavo vivendo io, viceversa, somigliava molto più verosimilmente ad un buio tunnel senza vie d'uscita.
Mi sentivo come la protagonista di un film horror da quattro soldi e non si trattava di una sensazione piacevole.

Edward, il mio Edward, scomparso due anni prima dalla sua cittadina, sottratto al mio amore ed all'affetto dei suoi cari, era stato trascinato in un baratro sovrannaturale e terrificante, trasformato in un mostro sanguinario senza possibilità di ritorno alcuna.

Chiunque altro, al posto mio, non avrebbe creduto ad una sola parola dello strampalato discorso di Alice. Le sue parole, sommate, sembravano solo le fantasie di un adolescente facilmente impressionabile alle prese con il suo primo film dell'orrore. Eppure, anche  a distanza di qualche ora, non faticavo a crederci.
Troppe cose combaciavano.

In primis la confessione stessa di Edward, qualche mese prima, quando mi aveva rivelato di essersi macchiato di un delitto atroce ed inspiegabile.
Adesso era tutto più semplice e più chiaro: Marta, innocente e bellissima, era morta preda del mostro irrefrenabile che si nascondeva dietro il volto bellissimo di Edward. Lì dove l' istinto omicida aveva prevalso su qualsiasi forma di razionalità.

E poi quel colore di occhi che tutti i membri della famiglia Cullen possedevano pur non essendo realmente imparentati tra loro, e quella loro pelle così liscia e freddissima, come il ghiaccio.
La loro velocità, la loro abominevole, spropositata forza.

E quell'espressione terrificante di Edward mentre combatteva con le sue nemiche.

Lo stomaco si contrasse in un singulto di disgusto.



"Bella?"

Avevo portato una mano alla bocca e l'altra a carezzare la pancia, nell'intento poco riuscito di apportare un minimo di sollievo al mio povero stomaco.

"Bella, ti senti male? Ti accompagno in bagno, vieni..."

Feci segno di no con l'indice.

"No, no Ally. Sul serio. Va...meglio..."
"Sei così pallida...Hai la febbre?"

Pallida.
Come Edward?

Cos'era Edward adesso?

Edward...

Un'idea mi balenò nella mente. 

"A...Ally andresti...A prendermi un po' d'acqua, per piacere?"

Allison era troppo desiderosa di aiutarmi. Non avrebbe certo opposto rifiuto ad una richiesta tanto banale.

"Oh...Ma certo! Aspettami, faccio in un attimo!"

Avevo sete di risposte in realtà.
Per cui, non appena Allison abbandonò la stanza mi fiondai al computer. Sapevo che avrebbe impiegato qualche minuto per tornare perchè mio padre teneva i bicchieri ben nascosti nella credenza, convinto che, con la mia proverbiale goffaggine, li avrei distrutti uno ad uno se non li avesse tenuti sufficientemente al riparo, per cui avevo un po' di tempo a mia disposizione per operare una piccola indagine personale.
Digitai in fretta la parola "vampiro" nel motore di ricerca ed un elenco infinito di possibili siti da cui trarre informazioni si aprì davanti ai miei occhi.

Da sotto avvertivo rumori di piatti e stoviglie, segno che il mio espediente aveva funzionato: Allison faticava a portare a termine il suo compito.

"Swan, ma dove diamine sono i bicchieri?!"

Con gli occhi ben puntati allo schermo, urlai una risposta incerta.

"Non so, cerca in giro!"
"Ok!"


Titubante ed indecisa su quale fosse il sito più affidabile da consultare, alla fin fine ripiegai semplicemente sul primo che mi capitò sotto mano.
Fu, in realtà, una pessima idea.

Tutto ciò che i miei occhi riuscirono a cogliere fu un susseguirsi di parole tetre ed inquietanti come "demoni" o "non - morti", oltre che infinite spiegazioni su particolari risaputi come quelli riguardanti la loro pelle freddissima e l'estrema agilità. Ed ovviamente la capacità - assolutamente necessaria per la loro esistenza - di cibarsi di sangue umano.

Ma fu soprattutto fu quell'idea del "non - morto" che mi colpì al cuore.
Perchè era questa la realtà effettiva delle cose, quella che sino a quell'istante non avevo contemplato: Edward era morto ed al contempo non lo era, non sarebbe morto mai più.

Era stato trasformato in un vampiro, in un qualche modo a me sconosciuto, certamente.

Ma difatti era morto.

La persona con cui avevo parlato, fatto lunghe passeggiate, litigato, urlato, la persona per la quale avevo pianto in tutti quei lunghi quattro mesi in realtà non era una persona.
Non esisteva più su questa Terra in quanto essere umano.
Era una creatura non ben identificata e priva di qualsiasi linfa vitale che non fosse il sangue altrui, che si aggirava indisturbato tra gli altri individui senza essere come loro.
Un uomo morto ed immortale al contempo.


Edward era morto.


Corsi in bagno appena in tempo.
Allison mi ritrovò accovacciata di fianco al water, ansante. Trattenni le lacrime per poco.

"Oddio, Bella!"

Vidi la mia amica corrermi incontro preoccupata, abbandonando il bicchiere d'acqua che le avevo richiesto sul primo scaffale utile.
Si accovacciò accanto a me porgendomi un fazzoletto e tirandomi i lunghi capelli bruni in una crocchia disordinata, tenuta alla buona con una forcina che si ritrovava per caso nella tasca del suo maglione.

"Come ti senti?"
"Meglio..." - Mentii.
"Hai una brutta cera. Adesso misuriamo la febbre, poi chiamo tuo padre e..."
"No Ally, ti prego. Resta, resta tu accanto a me. Ma non chiamare nessuno, ti prego. Papà ha già tanti problemi con il lavoro, non....voglio preoccuparlo ancora di più."

Allison mi guardò sospirando.
"D'accordo. Ma ora lavati i denti e fila subito a letto. Mi occuperò io di te."

Le sorrisi malinconica.

"D'accordo, dottore."

Mi alzai a fatica utilizzando la mano di Allison a mo' di sostegno, dopodiché mi preparai a seguire il suo il consiglio - o piuttosto l'ordine che mi aveva impartito. Mi lavai i denti ed il viso, più e più volte. Non so bene cosa sperassi di fare, forse cancellare le profonde occhiaie violacee che risaltavano sulla mia pelle diafana e spenta, ma fu un tentativo pressocché inutile, difatti: neanche un lungo sonno ristoratore mi avrebbe restituito il mio viso florido e luminoso di un tempo.
Stanca di osservare l' immagine angosciata di me stessa che mi veniva offerta crudelmente allo specchio, quasi meccanicamente, raggiunsi nuovamente Allison in camera mia.

La ritrovai, sorprendentemente, a confabulare con mio padre come due amici di vecchia data.

"Allison! Ti avevo chiesto di non chiamare papà...!" - Esclamai ad alta voce.
"Infatti non mi ha telefonato, Bella. sono tornato ora dal lavoro per conto mio. Non mi hai neanche sentito, ti ho chiamato appena sono rientrato."

Davvero non avevo sentito alcun rumore. Avrebbe potuto entrare chiunque in casa in quel momento, qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere ed io me la sarei lasciata scivolare tranquillamente addosso.
Rabbrividii.

"Scusami..." - Mormorai stentatamente - "Non me ne sono accorta..."
"Non ti preoccupare Bells. Hai la febbre certamente,....La tua amica Allison mi stava dicendo..."
"Oh papà! Ho dimenticato di avvertirti dell'arrivo di Ally!"

Una lucina si accese nella mia mente confusa.

Allison mi guardò sorridendo.

"Oh, non c'è problema. Tuo padre ha capito chi fossi appena mi ha vista. Devi avergli parlato molto di me!"
Annuii sorridendo anche io.

"Sì. Tanto..."

"Ed anche piuttosto bene Allison!" - Confermò papà con quell'aria bonaria che sfoderava sempre in presenza di ospiti graditi - "Tra l'altro " - "Aggiunse - " Il tuo arrivo è tutt'altro che un un problema. Anzi, Allison, se potessi trattenerti per un po' sarebbe fantastico...Temo che avrò molto da fare in questi giorni con il lavoro e Bells starebbe sempre a casa da sola..."

Allison non se lo fece ripetere due volte. Le sue belle labbra carnose si aprirono in un sorriso sincero e luminoso mentre rispondeva a mio padre:

"E' tutto ok, signor Swan. Mi tratterrò quanto volete. Non potrebbe esserci cosa più gradita, davvero."

Anche mio padre sorrise apertamente; dopodiché bofonchiò qualcosa sulla mia salute precaria e sull'ultima partita di campionato, prima delle vacanze natalizie, che non poteva in alcun modo perdere ed alla fine girò sui suoi tacchi socchiudendo la porta alle proprie spalle.
Me ne stetti impalata a guardare nella direzione dalla quale era sparito prima di rendermi conto che stavo in piedi con estrema fatica.
Barcollai ed Allison mi aiuto a sorreggermi.

"Vieni..." - Mi disse sollevando la trapunta colorata e scoprendo un lato del letto - "Vieni a stenderti. Sarò la tua crocerossina fin quando non sarai guarita, Swan!"

Riluttante mi adagiai sul letto; benché avessi tutt'altra intenzione che riposare dovetti convenire che, effettivamente, ero stanca . Tutto sommato provai sollievo nel crogiolarmi tra quelle lenzuola.

"Allison, mi dispiace...."
"Di cosa, Bells?" - Fece lei accomodandosi delicatamente - strano a dirsi - accanto a me.
"Del fatto che tu sia costretta a stare qui, con me, per farmi compagnia manco fossi una bimbetta di tre anni. Non è giusto, ecco. Tu hai la tua famiglia e le tue cose a Vancouver e mio padre invece non ne ha tenuto affatto conto.."
"Oh, Bella!" - Rispose lei agitando una mano  "Per me non è un problema!"
"Per te, forse...Ma i tuoi genitori? Non hai voglia di stare con loro?"

Gli occhi di Allison si incupirono improvvisamente ed un malinconico sorriso le piegò gli angoli della bocca.
La osservai mentre si alzava lentamente dal letto per raggiungere la finestra poco distante.
Dandomi le spalle, attese qualche secondo prima di parlare.

"Ti svelerò un segreto, Swan..."

Mi rizzai a sedere guardando Allison con aria interrogativa e vagamente preoccupata.
Ne avevo abbastanza di segreti per quel giorno ma la sua voce tremolante e quella nota di dolore che in essa avevo percepito mi avevano stretto troppo il cuore per non badare al suo racconto.

"Di cosa stai parlando, Ally?"

"Non c'è nessuno che mi aspetti a casa. Forse soltanto Suor Maria ma sarà comunque troppo impegnata con i bambini piccoli per badare alla mia assenza."

Arrancai sino al bordo del letto.

"Che significa tutto questo, Allison?"
"Che significa?" - Rispose lei voltandosi lentamente verso di me. Per la prima volta da quando la conoscevo le osservavo sul volto un'espressione stanca e sofferente.Qualche lacrime impertinente era rimasta intrappolata tra le sue lunghe ciglia, qualcun'altra scivolava lungo le guance - "Significa che non c'è nessuna mamma e nessun papà, Isabella. Non c'è nessuna casa dove io possa tornare. L'istituto è la mia casa ed io non voglio più rivederlo".


Deglutendo a fatica, guardai Allison per un lunghissimo, interminabile istante, prima di capacitarmi delle sue parole.




POV EDWARD


Avrei dovuto abituarmi a vivere senza di lei.
A questo avrei dovuto rassegnarmi: alla sua assenza.

Nessuno avrebbe potuto sapere, capire. A nessuno sarebbe importato.

Bella era andata via poche ore prima.

Non mi aveva voluto neanche guardare e quando poi l'avevo costretta io stessa a farlo avevo realizzato che sarebbe stato mille volte meglio permetterle di scappare via da me senza rivolgermi neanche uno sguardo.
Era disgustata. E terrorizzata.

Da me.

Mi era bastato un decimo di secondo per decifrarle tutto l'infinito senso di orrore che le allargava le pupille e la costringeva a respirare più forte. Sentivo il suo cuore battere all'impazzata e l'amore non c'entrava nulla con quel moto irrazionale che le pompava più veloce il sangue nel corpo: voleva soltanto fuggire - ed il più velocemente possibile - da me.

Come darle torto, del resto?
Chiunque, al posto suo, anche la donna più innamorata del mondo, sarebbe scappata via a gambe levate dopo una simile rivelazione.
Io non ero nient'altro che un mostro e certo non meritavo la mia Bella splendida e fragile.

Da quando era andata via da casa nostra non avevo fatto altro che rimurginare disperato su tutto quanto era accaduto quella maledettissima mattina, standomene seduto in cima alle scale che dal salotto conducono ai piani superiori, tenendo la testa fra le mani ed i pugni stretti in una morsa dolorosa persino per me che ero un essere privo di qualunque forma di dolore.
Se non quello interiore, s'intende.

Dal basso captavo le voci dei miei familiari intenti ad un'accesa discussione sugli ultimi avvenimenti. Ai pensieri espressi in parole si sommavano quelli apparentemente silenziosi della mente che, purtroppo, mi arrivavano altrettanto chiari e distinti.
I più irritanti erano quelli di mia sorella Rosalie che, sin dal principio di questa storia, aveva espresso il suo più totale disappunto in merito al mio riavvicinamento ad Isabella.
Era certa che, per quanti sforzi potessi tentare di fare per tenerla lontano da me, avrei sempre finito col tornare da lei a causa del mio "sciocco" amore adolescenziale che ancora mi teneva saldamente legato alla mia precedente vita; ed era sempre stata altrettanto certa del fatto che questo mio intestardirmi avrebbe creato null'altro che impicci e problemi, com'era difatti accaduto.

Sentivo la sua voce penetrarmi nelle orecchie, raggiungere la mente e staccare ad una ad una le connessioni neuronali tanto era petulante e fastidiosa. L'avrei uccisa, se non fosse stata mia sorella.

"Lo sapevo, lo sapevo che sarebbe finita così! Adesso siamo tutti in pericolo, più che mai...Sciocco che non sei altro, Edward!"

Digrignai i denti ed un ringhio sordo si fece strada dal basso sino alle labbra.

"ROSALIE!" - Urlai infine in preda ad una rabbia accecante - "Tieni per te i tuoi pensieri, mi stai dando sui nervi!"

La voce mentale di Rosalie si spense all'istante: mia sorella era fin troppo consapevole del fatto che, qualora mi fossi arrabbiato seriamente, le conseguenze avrebbero potuto essere piuttosto gravi giacchè faticavo ancora parecchio nel controllare me stesso, i miei stati d'animo e le reazioni ad essi conseguenti. Troppi tavoli in vetro ed in legno si erano frantumati sotto i miei colpi e tutto sommato non sarebbe stato carino distruggere altre parti di quel prezioso mobilio tanto caro ad Esme.

Ed Esme...La mia buona mamma! I suoi pensieri costituivano quanto di più dolce ed amorevole un figlio avrebbe potuto aspettarsi da sua madre. E tuttavia non riuscivo ad ascoltare neanche più le sue, di parole.
Mi costringevano ancora di più a guardare ad occhi spalancati la dura realtà che mi si parava davanti ed io non avevo tanta forza per sopportarlo.

Benchè mia madre, apparentemente, fosse coinvolta nella discussione con tutto il resto della famiglia e fosse alla ricerca di una soluzione più o meno intelligente al problema, la sua mente, viceversa, risultava impegnata in tutt'altra conversazione.
Un fitto colloquio con se stessa in cui si chiedeva come avrebbe fatto il suo bambino, il suo figlio più giovane e più fragile ad affrontare una situazione tanto drammatica.
Perdere la propria vita da umano, perdere i propri genitori biologici, perdere anche Bella ora.

Una vera tragedia.

"Basta, basta. Per favore, lasciatemi in pace" -Mormorai tra me e me,  premendo più forte il palmo delle mani sulle orecchie, come se mi fosse servito a scacciare dalla mia testa  quelle voci invadenti e piene di dolore.
Sarebbe stato meglio concentrarmi su mio padre o sulle idee di Emmett e Jasper che si limitavano a fare il punto della situazione a riguardo del ritorno, a Forks, del clan di Victoria piuttosto che confabulare sulla mia vicenda personale di solitudine e disperazione.
E tuttavia non vi riuscii. Tutto ciò che mi ronzava in testa mi riportava esclusivamente a lei, Bella.
Era frustrante.
E doloroso.

Staccai i pugni dalle tempie ed aprii le mani per guardami quei palmi lacerati dalla stretta troppo forte.
Immaginai tra le mie le piccole mani di Isabella, così delicate e soffici, semplici come lei.
Avevo voglia di piangere.
Finchè altre mani, altrettanto delicate ma più curate e smaltate di rosso sangue vennero a riempire quel vuoto.

"Edward?"

La vocina delicata di Alice bussò con un toc toc delicato alla porta della mia mente.
Senza pensare a nulla che non fosse il mio nome.
La guardai dal basso.

"Ehy, fratellino....Posso sedermi accanto a te?"

Annuii senza proferire parola; la mia piccola, deliziosa sorella si accomodò elegantemente accanto a me e trasse un lungo sospiro.

"Giornata lunga..."
"Perchè non sei giù, con tutti gli altri?" - Mormorai io senza badarle.
"Oh!" - Rispose agitando la mano - "Perchè non è importante. Non c'è bisogno di sgolarsi tanto, qualsiasi cosa dovesse accadere lo vedrò prima per cui...nessun problema!"
"E sino ad adesso non hai visto nulla?"
"Nada, fratellino.."

Annuii.

"Come stai?"
"Secondo te?"
"Non essere scontroso Ed....Sono davvero preoccupata per te."

Sospirai.

"Lo so, perdonami. Sono il solito, pessimo fratello..."

Alice mi sorrise, accarezzandomi la spalla.

"Non sei per niente un pessimo fratello. Io ti trovo adorabile. Quando poi ti arrabbi fai quelle facce buffe....sei così divertente!"
"Oh, smettila di prendermi in giro!" - Ma finalmente stavo sorridendo anche io.

"Bella non tornerà più. E' vero Alice?" - Chiesi improvvisamente.
"Non lo so, Edward. Per adesso non riesco a vedere nulla. Ma non angosciarti. Anche senza visioni sono comunque certa che Bella stia pensando a te e che ti voglia bene. Quindi cerca di stare tranquillo..."
"Certo. Starà pensando a me. Bisogna vedere in che termini però....Hai sentito anche tu cos'ha detto uscendo da questa casa.."
"Mio Dio, Edward...Le abbiamo dato una notizia assurda ed inaccettabile! Qualsiasi essere umano avrebbe reagito come lei, è piuttosto logico...Dalle solo un pochino di tempo e vedrai che tutto si risolverà..."

Non credevo onestamente neanche ad una sola delle parole di mia sorella e tuttavia mi aggrappai ad esse perchè costituivano l'unico conforto per il mio povero cuore martoriato. Come un bambino che, desideroso di essere rassicurato, creda a qualsiasi stupida favola gli racconti la sua mamma, anche io volevo sforzarmi, tutto sommato, di considerare veritiere le ipotesi di Alice soltanto perchè mi davano quel minimo di forza necessaria per risollevarmi e ricominciare.

E forse avrei impiegato davvero tutte le mie energie per cercare di rimettermi anche un minimo in carreggiata, se un particolare odore, sgradevole di per sè e per le conseguenze che comportava, non avesse richiamato l'attenzione mia e di Alice.

"Lupi..." - Aveva mormorato placidamente mia sorella - "Avremmo dovuto aspettarcelo..."

Rosalie aveva già spalancato la porta prima ancora che i nostri ospiti avessero avuto il tempo necessario per annunciarsi.
La sentimmo ringhiare dal basso ed Alice mi guardò divertita, nonostante tutto, prima di volare anche lei al piano di sotto nel tentativo di calmarla.

"Vado prima che li faccia fuori tutti!" - Esclamò sorridendo.

Scesi anch'io le scale, piano - anche più lentamente che per un essere umano - e sulla porta ritrovai Jacob Black con un compagno sconosciuto.

"Benvenuti" - Esordì Carlisle. Benchè trovassi mio padre sempre molto garbato e diplomatico ed apprezzassi enormemente tali virtù, talvolta avrei preferito scoprirlo un tantino più combattivo. Soprattutto contro chi si presentava a casa nostra senza preavviso, sfoderando un' aria minacciosa di rimprovero e disappunto.
Ciononostante dovevo dargli ragione ancora una volta: mostrare apertamente l'astio che avvertivamo naturalmente verso i licantropi non avrebbe fatto altro che peggiorare la nostra già precaria convivenza; già Rosalie non si sforzava neanche minimamente di risultare garbata, se anche Carlisle, Esme od Emmett avessero assunto lo stesso atteggiamento probabilmente la nostra antipatia reciproca sarebbe immediatamente sfociata in una lite furiosa.
Oltretutto c'era da constatare che Jacob Black aveva salvato la mia vita e quella di Isabella soltanto alcune ore prima quando, alla radura, cercavamo di sfuggire alla furia omicida  di Victoria e della sua amica Keira.

Guardai Jacob per un lungo istante e tuttavia faticai non poco nel riconoscere in quel forzuto ragazzone, il lupo rossiccio che era giunto in nostro soccorso: davanti ai miei occhi Jake era ancora il ragazzino Quileute che suo padre Billy trascinava, di tanto in tanto, a casa Swan. Soltanto un po' più cresciuto.

"Avete combinato un grosso guaio" - Esordì Jake senza rispondere al saluto di mio padre - "Soprattutto tu, Cullen." - Mi indicò.
"Lo so Jake e mi dispiace."
"Non abbiamo bisogno del vostro dispiacere o delle vostre scuse...!"

L'amico di Jake, più grande e più alto, gli pose la mano destra in petto, per calmarne i toni e l'atteggiamento. Jacob inspirò profondamente e non aggiunse altro.

"Salve. Io sono Sam Uley" - Si presentò - "Io sono... sono l'alfa."

Il capo del branco. Ci guardammo tutti in volto, silenziosamente.

"Jacob ci ha raccontato tutto quanto è accaduto questa mattina. Fortunatamente era di ronda in zona ed è riuscito a portare soccorso. State tutti bene?"

Annuimmo.

"Edward?"
 
Si voltò improvvisamente verso di me, rivolgendosi col tono tipico di un vecchio amico. Eppure, sino a cinque minuti prima ignoravo persino la sua esistenza.
Lo guardai sbigottito prima di rispondere.

"Sto bene. A proposito, grazie Jacob."

Mi rispose con un grugnito.

"Ed Isabella Swan? Sta bene?" - 
"E' scioccata ed intontita certamente" - Rispose mia madre - "Ma fisicamente stava bene quando ha lasciato la nostra casa..."
"Sicchè" - S'intromise Jacob nuovamente  - "Adesso sa tutto di voi, suppongo..."
"Siamo stati costretti a dirglielo..Ha assistito al combattimento nella radura, ha visto bene in faccia Victoria, la sua compagna...e me, ovviamente" - Sospirai.
"Benissimo! Magari le avete raccontato anche di noi!"
"Jacob" - Il tono di mio padre assunse un'accezione solenne e seria. Non c'era vibrazione in quella voce: Carlisle era fermo ed impassibile, quasi irritato - per una volta - dalle illazioni di Jake. - "Non ci saremmo mai arrogati un simile diritto. Tutto ciò che si siamo limitati a fare è stato mettere Isabella a parte del nostro segreto. In parte perchè era giusto, dopo l'orribile scena cui è stata costretta ad assistere nella radura. Ed in parte perchè le spetta, essendo stata legata ad Edward, in passato. E probabilmente anche adesso, almeno sentimentalmente. Il vostro segreto resterà tale, non avremmo alcun interesse a divulgarlo in giro."

Jacob - probabilmente colto di sorpresa dal discorso di Carlisle - non abbozzò neanche una parvenza di risposta. Deglutì pesantemente ed infine si voltò, dandoci le spalle.

Da breve distanza mi giungevano i pensieri di Rosalie: erano piuttosto chiari e quando mi voltai per guardarla scoprii, sulle sue labbra, un sorrisetto eloquente. Era piuttosto compiaciuta dalla reazione di Carlisle e pensava che, sebbene con modi educati e civili, nostro padre avesse lasciato intendere ai lupi chi comandava, effettivamente. In realtà neanche Rose digeriva a sufficienza l'idea che Bella adesso fosse più o meno a conoscenza del nostro terribile segreto ma se questo era il prezzo da pagare per evidenziare la nostra supremazia rispetto al branco, beh....l'avrebbe accettato.

Di parte sua Sam lasciò correre la piccola discussione, decisamente più preoccupato dall'idea di Victoria e di un vampiro neonato in giro per la regione.

 "Il problema è un altro adesso, signori. Dei pericolosi vampiri si aggirano per i dintorni di Forks. Edward, avrai constatato tu stesso quanto sia stato difficile metterli fuori gioco. La nostra priorità ora, per il bene comune, è quella di stanarli ed ucciderli. Se avete un'informazione, anche la più piccola, che possa essere considerata utile allo scopo, vi prego di fornircela. E' necessaria per me, per Jacob e per tutto il branco."

Guardai Sam con estremo rispetto. I suoi pensieri erano chiari, limpidi e sinceri.
Nulla gli stava più a cuore della salvezza della propria tribù e dell'intera comunità di Forks.
Era buono e forte, sano di mente e di cuore.

Guardai Carlisle: mio padre ricambiò lo sguardo ed infine annuì.

"Lo faremo, Sam. Edward?"

Feci un passo in avanti ed invitando i nostri ospiti a farsi strada verso il salotto mi preparai a raccontar loro tutto quanto sapevo a riguardo del clan di Victoria.



POV BELLA


"Sono stata mandata in istituto all'età di sette anni" - Cominciò Allison in un sospiro. Se ne stava seduta sul mio letto, giocando nervosamente con un lembo della trapunta, mentre io la guardavo ad occhi spalancati. Il suo bel viso, appena illuminato dalla fioca luce dell'abat - jour, appariva improvvisamente pallido e sofferente, come se l'idea di scavare nel proprio passato riaprisse improvvisamente e senza soluzione alcuna profonde ferite nel suo animo. Le costava molto, lo sentivo eppure sembrava del tutto convinta  di volerlo fare.

"Mia madre era una specie di alcolizzata o qualcosa del genere. Si chiama o si chiamava Annie, non so se sia ancora viva, non ho mai chiesto niente di lei e non m'interessa cercarla. L'ho rimossa dalla mia memoria o almeno cerco continuamente di farlo, sebbene a volte ancora la sogni e questa cosa non mi piace. Mio padre ci aveva abbandonate quando Annie rimase incinta di mia sorella più piccola: non gli andava a genio di sobbarcarsi due marmocchie anziché una soltanto. Anzi, per dirla tutta, io ero già di troppo. Pensa che ricordo ancora perfettamente le urla e gli oggetti che volavano in quella catapecchia decrepita dove abitavamo, quando litigavano. Delle litigate tremende, non puoi capire. Descriverle è ben diverso che viverle."

Allison strinse più forte la trapunta, mordendosi il labbro inferiore.
A me, viceversa, lo stomaco si strinse in una morsa.
Eravamo quasi arrivate alla mezzanotte di quella lunga, lunghissima giornata, e le rivelazioni non erano ancora terminate. Partendo da quanto era accaduto con Edward quel mattino arrivando sino alle confessioni di Ally, in tarda serata, sentivo la testa piena come un uovo, dolente come dopo un incidente. Ed il cuore, dal canto suo, non era certamente più in forma: già fortemente ferito dalla mancanza di Edward, e, successivamente, da quel suo ritorno irrazionale corroso da motivazioni terrificanti ed inaccettabili adesso lo sentivo sgretolarsi sotto il peso delle parole di Allison.
Voleva apparirmi distaccata, come se il passato fosse solo un ricordo lontano e non una lama ancora rovente sulla pelle. Ma non riusciva a convincermi. Non se all'angolo del suo occhio scorgevo il luccichio di una lacrima impertinente; non se le sue labbra si facevano livide e serrate nello sforzo di parlare.

"Un giorno mamma svenne. Forse aveva bevuto troppo o aveva preso qualche sedativo, non so. Ma la ricordo perfettamente, accasciata sul pavimento del bagno Ero una piccola studentessa della seconda classe elementare, all'epoca: la scuola era distante da casa ma ero già abituata ad andarci da sola. Vedevo le mamme delle mie compagne di classe che aspettavano le proprie bimbe all'ingresso mentre per me non c'era mai nessuno. Ma cercavo di non badarci più di tanto, piccola com'ero: mi credevo spavalda ed a sette anni ero già convinta di essere autonoma ed autosufficiente. L'indipendenza era la maschera che mi ero creata per sentirmi forte."

Mi venne da piangere, immaginando una piccola Allison dalle trecce rosse e la guance paffute aggirarsi perplessa tra le strade di Vancouver, scansando le auto in corsa lungo la strada con la sua pesante cartella in spalla.
La mia Allison piccola, coraggiosa ed infinitamente sola.

"...E poi, quando aprii la porta di casa, al ritorno da scuola, quel giorno...trovai la mia sorellina di appena tre anni che piangeva sensa sosta nel suo box, in un angolo della cucina mentre mamma si godeva il freddo delle mattonelle del pavimento in bagno. Non accennava a muoversi ed io, spaventata, corsi a chiamare la nostra vicina di casa."

Si fermò, improvvisamente, arsa dal dolore atroce che quei ricordi si trascinavano dietro.
Posi la mia mano sul dorso della sua, carezzandola.
Sapevo perchè Allison stava facendo tutto questo, confessarsi e parlare benchè fosse difficile: non l'aveva mai fatto con nessuno realmente, ed ora aveva bisogno di essere ascoltata.
Fui onorata di considerare che il bene e la stima che provava nei miei confronti fosse tanto grande da averla indotta a scegliere me come sua unica confidente.

"Cos'è accaduto dopo, Ally?"
"Oh....fu tutto così rapido...In ospedale curarono Annie e credo che l'abbiano rimessa in sesto...Ma io non l'ho più vista. Un'assistente sociale, chiamata dagli stessi medici che avevano curato mia madre, si presentò in ospedale quel giorno stesso e prelevò me e mia sorella. Ricordo ancora la scusa con la quale mi indusse a seguirla: una bella torta al cioccolato, calda e buona. Ed io acconsentii ad andare con lei soltanto per quel motivo: perchè nessuno mi aveva mai preparato una torta."

Lasciai scivolare le lacrime lungo le guance, seguendo a ruota il pianto silenzioso e composto della mia amica.

"Poi da lì, giudici, tribunali....Sai come funzionano queste cose, no? A mia madre fu tolta la nostra custodia, ovviamente, ed io e mia sorella finimmo in orfanotrofio. Con la differenza che lei è stata affidata e poi adottata poco tempo dopo da una famiglia volenterosa che andava alla ricerca di una bimba piccola."

"E tu? Non potevano adottare anche te?"

Sorrise mestamente.

"Pare di no. Avevano già dei figli maschi più grandi e desideravano soltanto una bimba piccola. Una seconda di quasi otto anni sarebbe risultata di troppo cosicché io rimasi in orfanotrofio. E benchè alle visite domenicali tutte le perfette famiglie americane che giungevano in istituto mi trovassero sempre tanto carina e graziosa, nessuno mai ha fatto richiestra per adottarmi. In principio perchè ero troppo silenziosa, successivamente perchè troppo ciarliera e disordinata. Fatto sta che ho visto uscire tanti amici da quell'istituto mentre io sono rimasta sempre lì ad osservarli in silenzio mentre se ne andavano mano nella mano con la nuova mamma ed il nuovo papà.Alla fine mi sono rassegnata."

Continuai a piangere senza ritegno.
Allison, viceversa, si asciugò le lacrime e mi sorrise. Nel momento stesso in cui il suo racconto era terminato aveva ripreso l'espressione sbarazzina di sempre, benché continuassi a scorgere un velo di malinconica rassegnazione nei suoi occhi.

"Oh, basta Swan! non piangere più per me. Tutto sommato sono stata felice. Le suore mi volevano bene, soprattutto Suor Maria mi coccolava sempre e mi regalava i dolcetti per Natale. Quando ho vinto la borsa di studio per l'Alaska hanno esultato tutte di gioia dicendo che ero l'orgoglio dell'istituto. Per cui, per piacere, smettila con quella faccia triste. Tanto più che ho bisogno di te e devi essere lucida!"

Mi asciugai le lacrime anche io e la guardai ad occhi spalancati.
A cosa mai potevo servirle io, disorientata e confuda com'ero?

"Cosa...Che dovrei fare, Ally?"

"Aiutarmi a cercare mia sorella. La famiglia che la prese in affido e successivamente l'adottò si trasferì a New York per un periodo di tempo, per motivi di lavoro, ma adesso pare che sia tornata dalle parti di Vancouver o addirittura a Seattle, non sono stati molto precisi in orfanotrofio quando ho chiesto informazioni. Vorrei semplicemente ritrovarli e poter riabbracciare mia sorella. Vorresti darmi una mano nelle indagini?"

Sorrise strizzando l'occhio.

"Ma certo, Ally! E' ovvio. Ti aiuterò, non c'è neanche bisogno di ripeterlo"

Mi sentivo finalmente felice e con uno scopo. Aiutare Allison nella sua personale ricerca mi avrebbe anche consentito di ritornare con i piedi per terra, regalandomi quel tempo necessario per metabolizzare quanto di tragico ed inconcepibile avevo appreso da Edward e dalla sua famiglia. E poi sapere di poterle essere utile in un qualsiasi modo era per me un'esauribile fonte di gioia: avrei fatto di tutto per farla sorridere sinceramente. La vita era stata poco clemente sia con me che con Ally, per un motivo o per un altro ma ero certa che lei meritasse più di me un briciolo di felicità.
Perchè era una persona migliore.
Perchè non si perdeva mai d'animo, era coraggiosa, paziente ed ottimista.
E perchè, in fondo, i miei anni di gioia io li avevo già vissuti: adesso toccava alla mia amica essere felice.

"Cominciamo da una cosa semplice, allora, ti va? Come si chiama tua sorella?"
"Oh sì, questo è semplice!" - Rise lei. - "Il cognome della famiglia è Sanders, finalmente sono riuscita a strappare quest'informazione a Suor Pauline. Ormai è vecchia, poveretta, non ne può più di far la lotta con me!" - Sorrise. - "Comunque spero che abbia mantenuto anche il cognome Rogers. E di nome beh, si chiama Keira."

Keira.
Keira.

Keira?


Non si chiamava forse Keira anche quella piccola vampira famelica e sanguinaria che combatteva contro Edward nella radura?
Ma certo! Ricordavo le parole urlate dal suo compagno dalla pelle olivastra:

"Victoria, basta, scappiamo! Andiamo Victoria! Keira!"

E non ero stata io stessa a considerare la straordinaria somiglianza che intercorreva tra la suddetta vampira e la mia amica dai capelli rossi?


Mi si gelò il sangue nelle vene e dovetti impallidire giacché Allison mi guardò con estrema preoccupazione.

"Oddio, Bella! Stai di nuovo male?? Sei diventata pallida così di colpo!"

Deglutii a fatica cercando di mascherare inutilmente lo sconcerto ed il dolore.

"Sto...Sto bene. Benissimo. Che dicevi di tua sorella?" - Balbettai.

Già. Cosa mi dicevi di tua sorella, mia piccola Allison?
Perchè io, in realtà, qualcosa da raccontarti a suo riguardo ce l'avrei.
Ma non so bene da dove cominciare per spiegarti che Keira....che la tua amata Keira si è trasformata in un mostro.
   
 
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