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Autore: Blalbi    08/02/2011    0 recensioni
Noah è un normale diciotenne di Seattle con la passione per la musica e qualche vizio non troppo salutare. Vive tra amici diversi l'uno dall'altro, un padre assente e il ricordo di una madre persa all'età di tre anni. Finchè non arriva lei. Lei che lo condurrà in un mondo mai immaginato e lo costringerà a fare i conti con il passato della sua famiglia per mettere fine alle tremende morti che stanno devastando la città.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 
Erano ormai due settimane che il notiziario ripeteva le stesse tragiche notizie: persone morte a causa di incidenti stradali. Il giornalista stava annunciando la morte di un certo Christopher Morris, un uomo sulla quarantina. Il decimo in due settimane.
Il tratto di strada che collega Seattle e Vancouver è spesso stato pericoloso per gli automobilisti, soprattutto nella stagione fredda, quando la neve rende quasi impraticabile la strada, ma dieci morti, consecutive e perlopiù a pochi metri di distanza l’una dall’altra, avevano scosso lo Stato.
Il notiziario continuava a mandare in onda le stesse immagini: un’auto rovesciata in mezzo alla strada e i paramedici, che portavano via sulla barella l’ennesimo cadavere. Il tutto aggiunto alle parole degli ufficiali di polizia che non sapevano come spiegare quei fatti ai telespettatori.
“Noah, datti una mossa o farai tardi!”
La voce di mio padre dalla stanza accanto arrivò come un getto d’acqua fredda, tanto ero concentrato ad ascoltare le ultime notizie.
“Vai a prepararti. Ti accompagno io a scuola”, aggiunse affacciandosi alla porta della cucina. Mi alzai, diretto verso le scale, quando il notiziario annunciò il ritrovo di una piuma bianca sul luogo dell’ultimo incidente.
“Una piuma del genere non appartiene a nessun tipo di volatile presente nella zona. Sarà fatto un esame del DNA per…”
“Noah, andiamo.”
Spensi la tv e presi la borsa con il libri, diretto verso la porta dove mio padre già mi aspettava. Quando mi sedetti in macchina, mio padre mi rivolse un’occhiata interrogativa. “Oggi sei strano.”
“Sono solo stanco”, gli risposi, tentando di evitare il solito interrogatorio.
“Ricordati che stasera ho una cena di lavoro e non so a che ora rientrerò.”
“Tranquillo. Mi sono già organizzato con Zane.”
Ero ormai abituato a passare le serate da solo a casa, sin da quando mia madre era morta.
Il resto del tragitto verso la scuola lo passammo senza dire una parola. Stavo ancora guardando fuori dal finestrino, quando mi resi conto che eravamo arrivati. Salutai mio padre con poco entusiasmo e mi diressi verso il portone della scuola, mentre la campanella suonava.
Passai la mattinata tra lezioni di storia sulla guerra civile e di letteratura su un certo John Milton, la cui opera raccontava della battaglia tra Lucifero e gli angeli. Niente che potesse interessarmi. Mi resi conto che i miei appunti erano diventati scarabocchi poco distinguibili e chiari.
All’ora di pranzo, mi diressi con un vassoio in mano verso il tavolo nell’angolo, dove già mi aspettavano gli altri. Mi sedetti, dopo averli salutati, alla destra di Cory, intento a disegnare su un blocco da disegno qualcosa di totalmente diverso dai miei scarabocchi. Quando si rese conto del mio arrivo, alzò la testa verso di me e mi porse una sigaretta, che non esitai ad accendere. Davanti a me, invece, Zane stava giocando con una pallina da tennis, lanciandola in aria e riprendendola subito dopo. Conoscevo Zane e Cory da anni, da quando alle elementari, mentre ero seduto in cortile ad ascoltare la musica con il mio lettore CD nuovo di zecca, regalo del mio decimo compleanno, un bambino, dagli incredibili occhi verde smeraldo e dall’aria orgogliosa, mi si avvicinò, seguito da un bambino silenzioso con in mano un blocco da disegno, e mi chiese che musica ascoltassi.
“Arriva”, disse Zane, distogliendomi dai miei pensieri.
“Ciao ragazzi”. Ariadne era il tipico moscerino che sceglieva i momenti meno opportuni per ronzarti intorno. Tutto quello che faceva era talmente rumoroso, che nel giro di pochi minuti tutta la scuola ne era a conoscenza. Ma ormai ci avevo fatto l’abitudine.
“Allora, stasera alle otto a casa mia. E non dimenticate la birra.”
Ariadne era così, dalla parlantina facile e socievole, ma era una del gruppo.
“Guarda che se bevi troppa birra, quella tutina da cheerleader non ti entrerà più”, la provocò Zane.
“Ma io mi tengo in esercizio, al contrario tuo”, rispose, provocando una risatina in Cory, subito placata da un’occhiataccia di Zane. Io, invece, mi limitai a spegnere il mozzicone di sigaretta. Quando Ariadne si accorse del mio gesto, mi lanciò un’occhiata fulminea.
“Noah, sai perfettamente che non devi fumare quando ci sono io”, mi rimproverò.
“Cercherò di ricordarmelo la prossima volta.”
“Magari tu potresti stare lontana quando uno di noi sta fumando”, aggiunse Zane, poggiando sul tavolo la pallina da tennis per mostrarle il pacchetto di sigarette mezzo vuoto. Ignorandolo, Ariadne rivolse lo sguardo verso il gruppo delle cheerleader, seduto qualche tavolo più lontano.
“E’ meglio che vada prima che vengano a farmi una scenata. Ci vediamo stasera, ragazzi.” Detto questo, si allontanò seguita da qualche sguardo indiscreto.
“Mi chiedo perché continui a far parte delle cheerleader”, disse Cory, girandosi a guardare Ariadne che aveva nel frattempo raggiunto i suoi compagni di squadra. “Magari le piace mettersi in mostra”, aggiunse Zane, accendendosi una sigaretta. Effettivamente, anche io mi facevo la stessa domanda. Ariadne era più bassa della media, eppure aveva un fisico minuto ed agile, che non era sfuggito all’allenatrice delle cheerleader. Il fatto che fosse nostra amica non veniva visto di buon occhio dai suoi compagni, troppo snob per scendere dal piedistallo. Ma la presenza di Ariadne nella squadra aveva portato una nuova atmosfera ed ottimi risultati, così si limitavano a dirle che non doveva frequentarci, senza spingersi troppo oltre per paura di perdere un membro valido come lei.
“Allora, ragazzi. Per stasera siamo d’accordo? Passo io a prendervi”, disse Zane, cambiando discorso.
“Hai qualche altra idea? Sei l’unico ad avere una macchina”, gli rispose Cory.
“Voi due dovreste prendere esempio da me. La mia macchina è ancora tutta intera, al contrario della vostra.”
Mentre Zane e Cory continuavano a punzecchiarsi a vicenda, la campanella suonò, annunciando il rinizio delle lezioni. Li salutai, felice di allontanarmi dal loro battibecco.
Quando tornai a casa, mio padre non c’era, probabilmente era a lavoro. Non mi meravigliai della sua assenza: vi ero troppo abituato. Notai un suo bigliettino sul frigorifero, ma mi limitai a dargli un’occhiata veloce.
Mi feci una doccia veloce per eliminare la pesantezza della giornata e andai nella mia stanza a prepararmi per l’uscita con gli altri. Mentre mi dirigevo verso la mia camera, mi soffermai a guardare la stanza dei miei genitori, dove, sul mobile affianco al letto, troneggiava una foto di mia madre, risalente ormai a quindici anni prima. La presi in mano, scrutando quegli stessi occhi che vedevo ogni volta che mi specchiavo.
Nell’aria si sentiva ancora il suo profumo.
Il suono del campanello mi riportò alla realtà. Quando aprì la porta, Zane era appoggiato con la mano ad una delle due colonne poste davanti all’entrata, mentre Cory si sistemava il giubbotto di pelle sulle spalle.
“Complimenti per la maglietta”, disse Zane, indicando la maglietta sgualcita e strappata, mentre li invitavo ad entrare.
“Vado a cambiarmi. Voi aspettate qui.”
Salì le scale di corsa mentre mi sfilavo la maglietta, per cambiarla con una in condizioni migliori. Presi al volo il giubbotto e tornai di sotto.
“Hai tu i biglietti, Cory?”
“Toccava ad Ariadne questa settimana”, mi rispose, alzandosi dalla poltrona in cui si era seduto mentre mi aspettava. “Allora siamo in buone mani”, aggiunse Zane, sarcastico.
Il tragitto tra casa mia e quella di Ariadne era piuttosto breve, tuttavia riuscimmo ad arrivare in ritardo, almeno secondo Ariadne, che ci aspettava già sulla porta di casa assieme a Zooey.
Avevamo conosciuto Zooey due anni prima  e da allora era entrata a far parte del gruppo. Veniva da una famiglia benestante ed il padre l’aveva iscritta ad una scuola privata, dove era costretta ad utilizzare la divisa scolastica. Nonostante ciò e gli ottimi voti, preferiva passare il tempo libero con noi quattro.
“Forza, sali in macchina e piantala.”
“Ti sei ricordato la birra? Ah, ecco i vostri biglietti.”
“Certo. Ho tutto il necessario.”
Arrivati allo stadio, notammo la fila che si era già creata davanti all’entrata. Scendemmo dalla macchina, però,, senza nessuna preoccupazione. Prendemmo alcune bottiglie di birra e ci dirigemmo verso l’entrata secondaria dove ci aspettava A.J., il buttafuori di colore che, conoscendoci da anni, ci permetteva di entrare dal retro e stare tra le prime file ad ogni concerto a cui partecipavamo.
“Ragazzi, oggi siete in ritardo.”
”Visto, Zane?”, aggiunse Ariadne.
“Vi conviene entrare velocemente e dite a Garrett di non combinare casini questa volta.”
Zane gli diede una bottiglia di birra come ringraziamento ed entrammo. Fortunatamente riuscimmo a stare tra le prime file, nonostante il ritardo.
“bene, adesso dobbiamo aspettare.”
“Ehi, avete sentito del decimo incidente? A quanto pare hanno ritrovato una strana piuma bianca”, disse Zooey, rivolta a tutti e quattro.
“Magari è di un uccello tropicale”, le ripose Zane.
“Hai mai sentito parlare di uccelli tropicali migratori?”
“Il clima sta cambiando, Zooey. Tu ed i tuoi amici scienziati non potete più prevedere certe cose”, la rimbeccò Zane, beccandosi come risposta una linguaccia.
“Stavo pensando che domani potremmo andare a fare una passeggiata a Desert Land”: cambiò argomento Ariadne, senza ricevere  risposta perché all’improvviso le luci si spensero tra applausi ed urla. La band, capitanata da un cantante con folti ricci, entrò accolta da un pubblico urlante e iniziò il concerto con il loro ultimo successo e singolo.
Mentre il gruppo intonava la terza canzone della scaletta, notai che Zooey diceva a Zane qualcosa all’orecchio, indicandogli la sua sinistra. Mi girai anche io verso quella direzione e notai che si dirigeva verso di noi un ragazzo biondo con addosso una maglietta con il logo della band: Garrett. Mi avvicinai a Zane, facendo spostare le ragazze.
“Noah, non mi fai salutate le ragazze?”, mi disse Garrett, con un ghigno strafottente stampato in faccia. “Non ti fidi di me?”
“No”, gli risposi secco. “E nemmeno io. Adesso prendi i soldi e sparisci”, aggiunse Zane.
“Agli ordini, capo”, gli rispose, prendendo i soldi e dando a Zane dei sacchetti trasparenti.
“Ricordami di spaccargli la faccia se osa avvicinarsi ad Ariadne. O a Zooey”, aggiunse di fronte alla mia faccia stupita al sentirgli dire solo il nome di Ariadne con tanta serietà. Mi diede poi una cartina ed uno dei sacchetti trasparenti con l’erba. Mi girai la canna, mentre Zane si dirigeva verso gli altri. La accesi mentre zane stava ancora distribuendo i sacchetti per poi tornare da me, girando una canna anche lui.
“Hai un accendino?”, mi chiese.
Quando finì la canzone, il cantante annunciò la prossima canzone come il loro più grande successo.
“Per fortuna quell’idiota non è arrivato durante la mia canzone preferita”.
Annuì, sorridendo.
Feci un ultimo tiro per poi spegnere il mozzicone con la scarpa, mentre il chitarrista intonava le prime note della canzone. 


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Il primo capitolo non è niente di che, giusto una presentazione dei personaggi e della loro vita. Spero di riuscire presto a scrivere il secondo capitolo, anche se la scuola in questo periodo mi sta occupando troppo tempo.

  
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