E ho
dimenticato
di dirti che ti amo
e la notte è
troppo lunga e fredda, qui
senza di te, piango per la
mia condizione
perchè non
riesco a trovare la forza
di dirti che ho
così bisogno di te.
[Sarah
Mclaggen, I
love you ]
Rose non era mai stata
nell’ufficio di suo cugino, alla
Gringott. Per ovvie ragione aveva evitato accuratamente tutti quei
posti in cui
avrebbe rischiato di vederlo. Se l’era ripromesso durante il
suo ultimo anno ad
Hogwarts, quando convivere con la presenza di Scorpius era stato
insopportabile. All’epoca il suo rapporto con Al ne aveva
risentito non poco,
il ragazzo diluiva il suo tempo per non privare nessuno dei due della
sua
presenza, e non era semplice.
Ma quel giorno non poté
evitare di recarvisi, Roxanne nei
suoi accentuati vaneggiamenti di donna in subbuglio ormonale, non era
riuscita
a spiegarle quello che era accaduto tra lui e Katie. Così la
sua curiosità
superò il suo timore e fu felice della sua decisione mentre
rideva fino a star
male del racconto che suo cugino le stava narrando.
“Non ti vedevo ridere
così da… troppo, direi…”
“Si, io…
è che è troppo… Rox
è… oh, Merlino sto morendo!”
Appoggiata alla scrivania accanto ad
Al, era piegata in due
e reggendosi lo stomaco cercava di mettere insieme parole di senso
compiuto tra
una risata e l’altra, con scarso risultato in effetti. Lo
stridio della porta
fece voltare entrambi e Rose, che ancora stava sbellicandosi, si
interruppe
così bruscamente che solo l’intervento di quel
buon uomo di Merlino riuscì ad
evitarle un soffocamento.
Scorpius restò impalato
dinanzi a loro, la mano ancora ferma
sulla maniglia. Il silenzio che improvvisamente li colse aveva un che
di
irreale. Per anni aprendo quella porta, aveva sperato di trovarla
lì a ridere e
scherzare con suo cugino, proprio come faceva ora. Si
soffermò sul suo volto,
ancora disteso e raggiante. Le labbra rosse appena dischiuse, gli occhi
lucidi
per le troppe risate. Pensò di non averla mia vista tanto
bella.
Lo era sempre stata ai suoi occhi, ma
quella beltà acerba
negli anni era fiorita a tal punto che si scoprì incapace di
respirare solo
guardandola. Era consapevole di dover smettere di fissarla, ma i loro
occhi
incatenati non volevano saperne. Scorpius si chiese se quel cretino del
suo
migliore amico avesse compiuto qualche strana magia per cui non
riusciva a
muovere un muscolo eccetto il suo cuore che mai aveva accelerato
così tanto il
suo battito. Nemmeno la prima volta che l’aveva baciata, o la
prima volta che
avevano fatto l’amore o quando all’ultimo anno la
osservava da lontano,
desiderando solo di stringerla tra le sue braccia.
Era davvero giunto il momento? Se era
così avrebbe dovuto
sentirsi finalmente bene, felice. Invece sentiva di avvertire
l’intera gamma
delle emozioni umane, meno quelle che avrebbe voluto. Il pensiero di
far uscire
il proprio amore, di scoprire le proprie carte, lo spaventava da
morire. Si
diede del codardo decine e decine di volte in pochi secondi.
“Bhè…
meglio che vada… a dopo Al…”
Rose diede un bacio sulla guancia a
suo cugino e afferrata
la borsa lasciata sulla scrivania, fece qualche passo verso la porta,
mantenendo lo sguardo basso.
“Non andare via a causa
mia…”
Rialzò gli occhi su di lui
e fu sicura che il suo cuore
avesse smesso di battere. Non avvertiva più il suo pulsare,
non sentiva nulla
se non la sua voce. Quella voce che per anni non aveva udito, ma che
centinaia
di volte aveva cercato di ricordare. Indugiò sui lineamenti
di quel viso
pallido, imprimendo nella mente ogni dettaglio.
Col tempo l’immagine di
Scorpius era divenuta sfocata, e se
da un lato era felice del fatto che riuscisse a pensare a lui molto
meno,
dall’altro odiava il fatto di non ricordare più
ogni piega delle sue labbra,
ogni piccola ruga del suo viso, ogni sfumatura di quel grigio che era
il colore
dei suoi occhi.
“N-no.. dovevo andare via
comunque…”
Senza che nemmeno se ne rendesse
conto, le sue labbra si
piegarono in un sorriso. A Scorpius sembrò di essere stato
appena colpito da un
incantesimo gambe molli e se non si fosse tenuto ben saldo alla porta,
si
sarebbe di certo piegato sulle sue stesse ginocchia.
Quel sorriso, il suo sorriso di nuovo
rivolto a lui. Non
aggiunse altro, non ne era in grado. Rose fece un ultimo cenno a suo
cugino,
alzando la mano in segno di saluto e andò via. Albus si
avvicinò all’amico,
schioccando le dita dinanzi al suo viso, risvegliandolo così
da quel dolce
torpore. Lo
fissò a lungo, sorridendo e
scuotendo il capo.
“Sei un
cretino…”
Si, lo era. Così
com’era consuetudine per loro rinfacciarsi
vecchi insulti in situazioni davvero simili. Quelle furono le stesse
parole che
pochi giorni prima, Scorpius aveva usato per etichettarlo del suo
comportamento
con Katie e ora gli si rivoltavano contro. Ma era la verità,
era un cretino,
quando si parlava di lei lo era
sempre stato.
***
L’accogliente cafè
della Londra babbana, quel giorno ospitava un vecchio gruppetto di
amiche che
da troppo tempo non sedevano a quel caro tavolo, dinanzi al consueto
the e in
quel caso, anche ad una sfilza di dolci di tutte le forme. Oramai le
abitudini
di Roxanne, da donna incita quale era, prevedevano quantità
esorbitanti di cibo
a qualsiasi ora e a niente servivano i presagi di Domique sulla sua
futura
obesità.
Rose prestava poca attenzione ai
racconti di Katie, alle
domande curiose di Lisa, alle prediche di Dom, alle conseguenti strambe
repliche di Rox, e alle risate di Lily. Il volto di Scorpius, che solo
due ore
prima aveva avuto dinanzi agli occhi, non accennava a lasciare la sua
mente.
Rivedeva i suoi occhi, la sua espressione e soprattutto i cambiamenti
che quel
corpo avevano subito nel corso degli anni, era un uomo oramai.
“Rose hai caldo? Sei un
peperone!”
La domanda di Roxanne la distrasse dai
suoi pensieri, le
altre smisero di chiacchierare e
concentrarono tutta la loro attenzione su di lei. In effetti si sentiva
decisamente accaldata e l’idea di essere arrossita per quelle
fantasie poco
caste che avevano attraversato la sua mente, la imbarazzò
maggiormente.
“N-no,no… forse
un po’…”
Portò una mano sul viso,
come a nasconderlo dalle occhiate
preoccupate delle amiche e sbirciò le loro reazioni tra un
dito e un altro.
Nessuna di loro si era evidentemente bevuta la sua finta indifferenza
alla cosa
e conoscendole l’avrebbero, da lì a pochi minuti,
tempestata di domande.
“Sei sicura?”
“Non me la racconti
giusta….”
“Sei incinta anche
tu?”
“Che hai
combinato?”
Per l’appunto.
Modalità apprensive, sospettose, invadenti in
azione. Ma fu l’affermazione di Katie che lasciò
tutte di stucco, inclusa la
stessa Rose.
“Hai visto
Scorpius…”
Le ragazze sgranarono gli occhi
all’unisono, guardando prima
l’una poi l’altra. Roxanne si fece scivolare un
pasticcino dalle mani che finì
per atterrare sul vestito di seta azzurra che Dominique aveva indosso.
Ma
talmente scossa dalla piega che stava prendendo la situazione, nemmeno
lo notò.
“Io… come lo
sai?”
“Vorrei dirti di averlo
intuita io stessa o che posseggo
doti da veggente, ma la verità è che prima di
venire qui sono passata da Al… è
stato lui a raccontarmi tutto!”
Rose storse la bocca in una smorfia
indispettita. Non che
avrebbe voluto tenere la cosa segreta alle sue amiche, ma
l’aspetto da
‘pettegola’ di suo cugino, l’aveva sempre
infastidita.
“Com’è
successo, quando, dove, perché?”
Le domande fatte tutte di un fiato da
un’agitata e divertita
Roxanne, rispecchiavano la curiosità di tutte. Le ragazze
osservavano Rose in
attesa che lei parlasse, che le mettesse a conoscenza delle sue
sensazioni, dei
suoi pensieri. Ma lei ostentava ancora uno snervante silenzio.
Sospirò, posando
un gomito sul tavolo e reggendosi la testa col palmo della mano,
borbottando
qualcosa di incomprensibile. Evidentemente la confusione che albergava
nella sua
testa, non aveva trovato la giusta strada per giungere sino alle labbra.
“Rivederlo dopo tanto tempo
deve aver creato in te un tale
stato di confusione che tu stessa stenti a capirne
qualcosa…”
Rose spostò lo sguardo su
Lisa, incrociandone gli occhi colmi
di dolcezza. Non potè evitare di sorridere ed annuire
mestamente. Lei la
capiva, tutte loro comprendevano la situazione. Nemmeno ci fu bisogno
di
parlare troppo quel pomeriggio, una sola frase chiarì ogni
cosa.
“Confusione nella mia testa,
ma non nel mio cuore…”
Rose sapeva cosa aveva sempre voluto,
l’aveva capito col
tempo certo, ma ci era riuscita ed ora quello che doveva fare era
attendere
ancora e in quel momento nemmeno lei sapeva quanto la sua pazienza
sarebbe
stata ripagata.
“ROXANNE! IL MIO VESTITO,
MALEDIZIONE!”
***
“Rose ha uno di quegli
aggeggi babbanni che chiamano
tefelono, giusto?”
“Forse volevi dire telefono!”
“Si quello che
è… potrei farlo attraverso quel coso!”
“ Vuoi dirle che
l’ami, che non hai mai smesso e che è il
tuo più profondo tormento, con una telefonata?”
“No… hai
ragione… una missiva?”
“Scorpius ti sei
rincitrullito? Roxanne non è un buon
esempio di vita, sai?”
Albus era appoggiato alla sua
scrivania, braccia incrociate,
muoveva il capo,
seguendo ogni movimento
del suo migliore amico. Questo a grandi falcate attraversava la stanza
per poi
ritornare al medesimo punto di un attimo prima, fino a che non si
accasciò su
una poltrona, sprofondando il viso tra le mani e scuotendo il capo come
in
preda ad un attacco epilettico.
“Senti, devi solo andare da
lei e parlarle, vedrai che tutto
ti risulterà più semplice di quello che
pensi!”
Si era avvicinato a lui con cautela,
sedendosi sul bracciolo
della poltrona e posando una mano sulla sua spalla. La situazione di
Scorpius
era diversa da qualsiasi altra lui avesse dovuto affrontare, persino
quella con
Katie. Non sapeva quindi in quale altro modo l’amico avrebbe
dovuto comportarsi
se non essendo sincero, aprendo il suo cuore.
Scorpius dal canto suo, rimuginava sul
da farsi dal giorno
in cui l’aveva rivista. Non pensava ad altro che a lei, a
suoi occhi, la sua
bocca, il suo corpo e… impazziva lentamente.
Scattò in piedi all’improvviso,
facendo ruzzolare Al giù dalla poltrona.
Quest’ultimo lo guardava con
un’espressione perplessa e allo stesso tempo spaventata.
“Cazzo ti prende?”
“Vado da lei !”
Afferrò la giacca e
aprì la porta, quando stava per varcarla
la voce di Albus lo trattenne.
“Ah,
Malfoy…”
Scorpius voltò il capo
verso di lui, alzando le sopracciglia
e guardandolo nell’attesa che continuasse.
“Rendila spudoratamente
felice, o scatenerò su di te la
furia di Rox!”
L’amico gli sorrise,
fingendo uno sguardo impaurito, poi
dopo un ultimo cenno del capo, si allontanò. Al si
rialzò, scompigliando
maggiormente la sua corvina capigliatura e scartando una cioccorana che
aveva
in tasca. La figurina che ne uscì mostrava il volto di Albus
Silente.
“La prego, ci pensi lei
!”
Sospirò, accasciandosi
sulla poltrona e ingozzandosi di
cioccolata.
***
“Etciù
!”
L’ennesimo starnuto di una
malata, l’ennesimo fazzoletto
lasciato a marcire sul basso tavolino davanti al divano su cui Rose,
tra una
coperta e l’altra era sprofondata. Odiava sentirsi tanto
debole a causa della
febbre alta, odiava che chiunque la vedesse in quello stato.
Aveva perciò tenuto ben
nascosto il motivo della sua
‘vacanza’. Per cui, quando sentì bussare
alla propria porta, sperò con tutte le
sue forse di non ritrovarsi una delle sue cugine o peggio ancora
qualche suo
collega del Ministero o sua madre, che ricopriva entrambi i ruoli.
Quando aprì la porta,
lasciando intravedere solo la sua
testolina rossa, immaginò di essere preda di
un’allucinazione. Scorpius
Hyperion Malfoy non poteva trovarsi dinanzi a lei, lì in
quel momento. Quando
poi udì anche la sua voce, indietreggiò
velocemente portando le mani a chiudere
la vestaglia che indossava su uno di quei pigiami con cui nessuno,
nemmeno il
tuo più caro amico dovrebbe vederti.
“Disturbo?”
“S-s…
no… che ci fai qui?”
Scorpius avanzò mentre lei
indietreggiava ancora di più, chiuse
la porta alle sue spalle, affondando le mani nelle tasche e
osservandola da
capo a piedi. Notò il rossore del suo viso, gli occhi lucidi
e la sentì tirare
su col naso in un modo che gli parve adorabile. Probabilmente solo un
uomo
innamorato avrebbe potuto trovarla bellissima anche ridotta in quello
stato.
“Hai la febbre?”
Gli si avvicinò, posando
una mano sulla sua fronte,
testandone la temperatura che appurò essere alta. Rose
socchiuse gli occhi a
quel contatto, riaprendoli solo quando le dita del ragazzo scesero
lungo la sua
guancia, indugiando su di essa. Si scostò da lui,
incamminandosi verso il
divano e raccattate le coperte e ammassatele in un angolo, si sedette
facendo
cenno a Scorpius di fare lo stesso. Non rispose alla sua domanda, ma
ribadì
quella che gli aveva rivolto solo un attimo prima.
“Che ci fai qui?”
Il ragazzo prese un lungo respiro,
prima di imitarla e
accomodarsi accanto a lei. Incrociò le dita, poggiando i
gomiti sulle gambe e
guardando ostinatamente davanti a sé. A Rose
sembrò di impazzire nell’attesa
che lui si decidesse a risponderle.
“Ho bisogno di parlarti,
Rose…”
Sentirgli pronunciare nuovamente il
suo nome le parve più
una sofferenza che non una gioia. Deglutì a fatica,
avvertendo il cuore salirle
sino in gola. Ne sentiva il battito, che pian piano accelerava a
dismisura,
fino a che non sarebbe uscito dal suo petto. Era inutile, qualsiasi
cosa
facesse, la sua felicità come la sua angoscia erano date da
una sola persona.
Il mondo di Rose continuava a girare intorno a Scorpius.
“Dirti finalmente la
verità… i motivi che più di cinque
anni
fa mi hanno spinto a lasciarti e…”
“Non ce
n’è bisogno…”
“Rose ti prego, permettimi
di spiegarti le mie ragioni…”
Scorpius che si era voltato verso di
lei, preso dal panico e
spaventato dall’idea che lei non lo ascoltasse neppure, la
fissava implorante.
Rose alzò una mano per zittirlo, chiudendo gli occhi e
sospirando.
“Il motivo per cui non
c’è ragione che tu continui è che so
cosa stai per dirmi… col tempo io l’ho
capito…”
L’espressione del ragazzo
rifletteva a pieno il suo stato di
confusione e perplessità. Lei sorrise, inclinando appena il
capo per osservarlo
meglio.
“Però…
ce ne hai messo di tempo, voglio dire… un altro
po’ e
avrei accettato la corte di quel bellimbusto di…”
“ROSE!”
Scorpius si rialzò,
osservandola dall’alto della sua statura
e stringendo i pugni tanto da farsi male. Non riusciva a capire le sue
parole o
forse desiderava solo sbagliarsi.
“Tu sapevi
che…”
“Sapevo che non avevi smesso
di amarmi, sapevo che quelle rose,
assieme alla smisurata quantità di cioccolata ad ogni
compleanno o Natale erano
da parte tua, sapevo che l’uomo biondo che di tanto in tanto
vedevo fuori la
mia finestra eri tu… e credimi, tante volte la tentazione di
urlarti contro o
pestarti è stata forte, ma avevo deciso di aspettare che
fossi pronto… pronto a
tornare da me… “
Rose si rialzò, posandogli
una mano sul petto e
sorridendogli ancora. Aveva atteso quel momento da troppo tempo, e ora
l’unica
cosa che desiderava era di lasciarsi tutto alle spalle e iniziare da
capo, perché la loro storia doveva
ricominciare.
“Certo, speravo che tu lo
facessi prima di allontanarti da
tuo padre, così ti avrei convinto a cercare con lui un
compromesso, qualcosa
per cui…”
“No, no, no…
tu… “
Scorpius sentì la terra
sotto i suoi piedi instabile,
avvertì ogni sua certezza crollare. Per cinque anni aveva
sofferto più di
quanto era umanamente possibile e lei sapeva tutto, soffrendo assieme a
lui e
aspettandolo. Questo aveva fatto negli ultimi anni, smettere di vivere
per
attendere che lui si decidesse finalmente a tornare da lei. Lui voleva
proteggerla e lei l’aveva capito. Sentì il bisogno
di piangere, di sciogliere
cinque anni di pene e rimpianti.
Rose capì la sua
confusione, la sua immensa tristezza e lo
abbracciò. Portò le sue braccia attorno al suo
collo e alzandosi sulle punte si
unì a lui. Quel gesto sciolse definitivamente il peso che
lui portava sul
cuore, si abbandonò così in un pianto
liberatorio. Affondò la testa nei capelli
di Rose, stringendola a sé per non permetterle di mandarla
via mai più.
“Perdonami…”
La ragazza si scostò da
lui, sorridendo e annuendo
impercettibilmente. Lo guardò ancora prima che il suo
sorriso si incrinasse in
una smorfia piuttosto inquietante. Scorpius si allontanò di
poco, spinto
probabilmente dal suo istinto di sopravvivenza, cosa che non gli
evitò comunque
una ginocchiata pericolosamente vicina alla sua zona più
sensibile,
accompagnata da un pugno nello stomaco e un calcio sugli stinchi.
“Ora posso
perdonarti… una tazza di the?”
Mentre Rose si dirigeva verso la
cucina, uno Scorpius
dolorante e acciaccato, si accasciava sul pavimento borbottando
qualcosa sul
fatto che un danno alla sua virilità avrebbe colpito anche
lei. La ragazza
fingendo di non aver udito le sue lamentele, si muoveva tra un utensile
e
l’altro sorridendo raggiante e soprattutto soddisfatta. Si, la storia potrà ricominciare.
***
L’appartamento di Rose
accoglieva ancora una volta diverse
persone, come quel ventisette marzo. Giorno che alla ragazza parve
incredibilmente lontano. In questo caso però le persone che
affollavano il suo
salotto erano davvero tutte quelle
a
cui aveva ceduto parte del suo cuore. Vi era anche lui. Poggiata al
tavolo
della cucina, osservava felice i suoi cugini, le sue amiche.
Roxanne sedeva sulle gambe di
Lysander, rideva come aveva
sempre fatto. Quella risata capace di risollevare qualsiasi animo
turbato,
quella risata che aveva fatto sì che Scamander si
innamorasse di lei. Il
ragazzo borbottava qualcosa sul suo peso e sulle sue povere gambe,
beccandosi
qualche pugno sulla spalla, subito seguito da un abbraccio e da un
bacio.
Roxanne aveva modi tutti suoi per dimostrargli il suo amore, ed era
questo che
rendeva la vita al suo fianco incredibile e anche un tantino pericolosa.
James e Lisa erano accanto al tavolo
delle cibarie, lui
stava ingozzandosi come suo solito e lei rideva del fatto che sapesse
ancora
sporcarsi come un bambino. Lui si fingeva offeso per poi afferrarla per
i
fianchi e baciarla, dimenticandosi di tutto il resto.
L’amava, ogni giorno con
più passione e tenerezza. Lei era stata al suo fianco per
tutta la vita,
dapprima con discrezione e poi facendosi spazio nel suo cuore, fino ad
occuparlo completamente.
Katie mostrava ad Albus delle
pergamene, sembravano missive.
E lo erano, lettere che lei aveva scritto nei due anni in cui non erano
assieme, evitando di mandargliele. Lui le leggeva, rialzando di tanto
in tanto
lo sguardo su di lei. Rose poteva vedere i suoi occhi verdi brillare di
una
luce meravigliosa e sapeva che da quel momento in avanti non avrebbe
più
permesso a niente e nessuno di portargliela via. Ma del resto lei
stessa sospettava
che Katie non sarebbe andata proprio da nessuna parte.
Dominique ascoltava con vero interesse
ciò che Frank Paciock
stava dicendole e Rose si stupì piacevolmente nel vederla
così rapita.
Intravide un accenno di rossore sulle gote di sua cugina e non
potè fare a meno
di sorridere, finalmente aveva permesso a qualcuno di sfiorare la sua
anima,
qualcuno che non fosse un Weasley o un Potter.
Il sorriso sulle labbra di Rose
morì quando i suoi occhi si
posarono su Hugo e Lily, chiacchieravano tranquillamente, ridendo di
tanto in
tanto, alle prese con la musica da mettere. Non aveva chiesto
spiegazioni a
nessuno dei due, ma aveva compreso quello che il loro cuore nascondeva.
Avrebbe
voluto che ci fosse un lieto fine anche per loro, lì in
quella stessa sera.
Tuttavia sapeva bene che la speranza sarebbe stata l’ultima a
morire e forse
anche per loro non era tutto andato perduto.
Scorpius, avvicinatosi a lei le
posò un bacio nell’incavo
del collo, cingendole la vita con le braccia. Lei sorrise, portando le
mani
sulle sue, stringendole.
“A cosa pensavi?”
“A
quant’è meraviglioso il mio appartamento con voi
dentro…”
Il ragazzo rise, poggiando la testa
sulla sua spalla e
inebriandosi del profumo della sua pelle, dei suoi capelli. Quel
profumo che
per anni aveva solo sognato e ricordato e che ora poteva vivere, ancora
e
ancora e ancora, senza mai stancarsi.
Probabilmente vi è una
forza di gravità anche per i rapporti
personali, non importa quanto arrivino in alto, alla fine della storia
riescono
sempre a trovare la strada di casa.
Il peggio
é
passato ora e possiamo respirare ancora
voglio renderti felice, tu
soffi via la mia
sofferenza
E' rimasto ancora cosi
tanto da imparare
E non é rimasto
nessuno da combattere
voglio renderti felice e
soffiare via la tua
sofferenza.
[Seether
& Amy Lee, Broken
]
Eccoci qui, con l’ultimo capitolo di
questa terza
parte e anche l’ultimo di questa serie. E’ un
dolore lasciare andare via tutti
loro, ma immagino non ci sia altro da aggiungere sulle loro vite,
oramai
semplicemente perfette.
Non so come ringraziare ognuno di voi, è
merito vostro
se ho continuato a scrivere di loro, e se sono riuscita a trasmettervi
qualcosa, non posso che esserne orgogliosa.
Spero di non aver deluso le vostre aspettative con
questo finale e di non ricevere troppi insulti al riguardo! :p
Naturalmente non smetterò di scrivere e
se ancora
vorrete seguire le mie storie, mi renderete davvero una pseudo autrice
felicissima!
Vi abbraccio tutte, una per una!