Pioggia e Sole
Draco sì svegliò di
soprassalto, colto dalla musica ad alto volume che aleggiava nella casa.
“Ma
cosa cazz---” pensò, mentre tastava il letto,
stranamente morbido, più di quanto non ricordasse.
E si rese conto che quello non era il suo letto.
Sbatté un paio le palpebre un paio di volte, prima di realizzare che, per
dirla tutta, quella non era nemmeno la sua
casa.
Dormiva completamente nudo
in un letto che non era il suo.
Ed ora che stava realizzando realmente la situazione
in cui si trovava, cominciò a sentirsi lievemente spaventato.
Ripercorse
velocemente ciò che era accaduto la sera prima. Ritrovo con vecchi amici… burrobirra…
Harry Potter…
Un terribile, terribile
pensiero si fece strada nella sua mente.
“O
minchia! Non mi sarò mica scopato Harry Potter!!!”
Non fece in tempo a
pensarlo, che una testa nera dalla folta capigliatura spettinata fece capolino da dietro la porta.
– Oh, buongiorno. Vedo che
ti sei svegliato… Non sapevo se chiamarti o meno, non
conosco i tuoi impegni… Ma, ecco… non ho avuto il coraggio di svegliarti. Spero che non ti dia fastidio la musica. Io in genere
l’ascolto sempre quando mi sveglio, ma non avevo idea di cosa ti piacesse, e così sono andato sul classico…
Harry
era visibilmente imbarazzato, e Draco letteralmente ammutolito. Probabilmente, il grifone avrebbe voluto che
dicesse qualcosa, ma in assenza di un qualunque altro segnale di vita, continuò, con un tono di voce leggermente più basso.
– Stamattina sono uscito e
ti ho preso uno spazzolino… se vai in bagno, ti ho messo anche un asciugamano
pulito…
Draco non sapeva che cosa
fare, né che cosa dire.
– Grazie, Potter… Non
dovevi disturbarti.
Harry, sentendosi chiamare
così, si rabbuiò un poco.
– Nessun disturbo, non
preoccuparti.
– Ah, e… dov’è il bagno?
Harry si scansò un poco
dalla porta, in modo che il suo braccio destro fosse ben visibile, ed indicò in
quella direzione.
– Lì. Vai
in fondo, è la prima porta…
Draco si alzò.
– Grazie, Harry.
Disse piano, cercando di
rimediare all’errore di prima.
Il moro sorrise.
– Ti metto su qualcosa per
pranzo, visto che è quasi mezzogiorno… O hai altri
impegni?
Draco sembrò pensarci un
attimo.
Non aveva nessunissima altra cosa da fare, ma… Davvero poteva
accettare il suo invito?
A lui era sempre piaciuto
Harry Potter, fin da quando andavano a scuola. e non
aveva mai osato sperare che potesse accadere qualcosa, qualsiasi cosa tra di
loro. Eppure… eppure ora era successo. E Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto che questa cosa, di
qualunque cosa si trattava, andasse avanti. Ma
dall’altra parte, si sentiva spiazzato, confuso ed indeciso. Aveva abbandonato
l’idea di poter anche solo sfiorare Harry da tre anni, da quando cioè aveva terminato Hogwarts,
annegando il suo desiderio in decine di relazioni fallimentari.
Ed ora era lì a pochi passi da lui, che gli chiedeva
gentilmente se voleva restare a pranzo da lui… e a Draco sembrava tutto così
complicato e difficile e… in parte, anche sbagliato.
Estremamente sbagliato.
Loro erano sempre stati
diversissimi, opposti.
E se Harry poteva essere
paragonato ad una splendente giornata di sole primaverile, che rischiarava e
riscaldava tutti gli abitanti del mondo magico, lui di sicuro era l’autunnale
giorno di pioggia, grigio e tedioso, che nessuno
poteva volere.
Non gli piaceva piangersi
addosso, ma semplicemente era così, e lui non avrebbe potuto
fare niente – niente – per cambiare la realtà dei fatti.
Si rese conto che si era
perso nei meandri dei suoi pensieri e della sua memoria troppo a lungo,
tant’era che Harry stava quasi per andarsene.
Fu allora che si rese
conto di una cosa.
– Po… ehm, Harry… Dove
sono i miei vestiti?
Il moro sorrise,
imbarazzato, ed accennò con la testa ad una sedia ai piedi del letto
– Ti lascio solo con la
tua biancheria…
Ridacchiò l’ex grifondoro
per sdrammatizzare.
– Ok, ci vediamo fra un
po’ in cucina?
– In cucina.
Ripeté il moro.
Neanche dieci minuti dopo
Draco era lindo e pinto, perfettamente ordinato e sistemato. Harry si stupì di come Draco riuscisse sempre a sembrare perfetto,
sempre. Avrebbe potuto poter ammirare quella perfezione tutti
i giorni, per il resto della vita, senza stancarsi mai di farlo.
Arrossì leggermente a quel
pensiero, e sperò che Draco non lo notasse.
Poi, vedendo che non
accennava a muoversi dalla soglia, lo invitò ad entrare.
– Non ti mangio mica, sai?
Scherzò.
Il serpeverde non sembrava
molto a suo agio, ma comunque fece un passo in avanti.
– Ti avrei fatto
accomodare in soggiorno, ma… beh, è un tale casino…
Sono due settimane che non torno a casa se non per dormire, e non ho avuto
tempo per riordinare. In realtà nemmeno per fare la spesa a dirla tutta, ma… ho
rimediato qualcosa dal frigo. Sempre che ti piaccia il
pesto… non ho altro di commestibile per il primo.
Draco annuì
– Non c’è
problema, va benissimo.
– Ok. Allora, senti… in
realtà non so esattamente come fare ad affrontare l’argomento – ammise l’ex
grifondoro – ma prima o poi dovremo pur farlo, no?
Draco fece segno di sì con
la testa, anche se in effetti non si sentiva ancora
del tutto pronto a farlo. A dire la verità non si sentiva pronto nemmeno ad
ammettere ciò che era successo.
Nonostante avesse lui stesso proposto di parlarne, però,
Harry non riuscì a dire nulla per parecchi minuti.
Cioè, ci provò. Ma la sua
bocca si apriva e richiudeva senza emettere alcun suono.
Alla fine Draco cercò di
rompere il ghiaccio.
– Prima hai detto che sono
due settimane che non torni a casa durante il giorno… com’è? Per via del tuo
lavoro?
Harry, che in un primo
momento si era irrigidito nel sentire la voce del biondo, si rilassò un po’ e gli sorrise.
– Sì… Sono cercatore di
professione, e la settimana prossima avremo una partita contro una squadra
americana molto forte, e così gli allenamenti durano molto più a lungo, senza
contare che sono vicecapitano, e così devo stare con il capitano a studiare gli schemi di gioco…
Draco sembrava molto
interessato a giudicare dal suo sguardo, ma Harry non avrebbe
saputo dire se veramente gli importava qualcosa di ciò che stava dicendo
o se cercava solo di evitare discussioni meno rilassanti.
– E
tu, che lavoro fai?
Chiese infine il moretto
portando a tavola due piatti di pasta
– Oh, io… lavoro al
ministero.
Biascicò imbarazzato
– Ah. E
di cosa ti occupi esattamente?
Draco distolse lo sguardo
da Harry e arrossì furiosamente
– Sono nell’ufficio per le
relazioni con i babbani…
Harry scoppiò
immediatamente in una fragorosa risata.
Anche se Draco dovette
ammettere con sé stesso che gli faceva un certo effetto vedere Harry Potter
ridere così di fronte a lui, il suo orgoglio provava comunque
un certo fastidio nel sentir derisa la sua occupazione.
Alla fine Harry aveva
quasi le lacrime agli occhi, prima che cercasse di darsi un po’ più di contegno
– Tu… Draco Malfoy,
sostenitore ad oltranza dei purosangue e nemico
giurato dei babbanofili… almeno ai tempi della
scuola… Oddio, non ci posso credere… TU che lavori… con i babbani…
Draco mise su un broncio
così tenero che Harry si sentì sciogliere
– A dire la verità Weasley
lo sapeva, visto che collaboro con suo padre. Per cui
mi stupisce il fatto che tu non ne fossi al corrente…
la prima volta che l’ho incontrato ero sicuro del fatto che vi sareste fatti
quattro risate assieme alle mie spalle.
Harry smise un attimo di
ridacchiare.*
– Appena becco Ron lo
strangolo… è morto
Draco sorrise appena
– Strano, però. Non mi
aspettavo certo di essere il vostro principale argomento
di conversazione, ma ignorarmi così del tutto… comincio a sentirmi quasi
offeso, sai?
– Se
avessi immaginato che anche tu lavoravi al ministero, avrei accettato la
proposta di Caramel** di candidarmi ministro della
magia…
Draco sorrise malizioso.
E speranzoso, soprattutto
– Perché?
– Ma
come perché? Vuoi mettere l’immensa soddisfazione di poter rompere le palle a
Draco Malfoy anche a lavoro?
– Non lo avresti fatto.
– E
chi te lo dice?
– Il
fatto che in genere sono sempre stato io a dar fastidio a te… e non viceversa.
– Concordo, un punto per
te.
Entrambi tacquero, imbarazzati, non sapendo come proseguire il
discorso.
Questa volta però fu più
veloce Harry.
– E
come mai proprio il ministero?
Draco, a questo punto, si
trovò ad un bivio. Possibilità uno: inventare una pietosa
bugia a cui di certo il grifondoro avrebbe creduto, e lasciare che il discorso
si posasse su altri argomenti. Possibilità due, invece, dirgli il reale
motivo per cui lavorare lì, e di conseguenza
dichiararsi una volta per tutte e stare a vedere che cosa succedeva. Sebbene la
possibilità di mentire risultasse alquanto allettante,
e continuava a sussurrargli in un orecchio “inventa qualcosa, inventa
qualcosa!”, alla fine scelse di rischiare.
– Vuoi davvero saperlo?
Domandò sommessamente
– Se te
l’ho chiesto…
– Perché
c’era Weasley. E perché di tanto in tanto chiamano anche la Granger per una consulenza.
Harry continuava a
guardarlo, senza apparentemente capire.
– Perché,
in un modo o nell’altro, mi sembrava di essere un po’ più vicino a te che non facendo
qualunque altra cosa.
Harry era semplicemente
spiazzato.
– Tu… tu…
Draco fece un’alzatina di spalle
– Beh, non ricordo che
cosa sia successo ieri sera, ma… se tu non mi interessassi,
non mi sarei mai ritrovato qui stamattina sai?
Harry si alzò, scostando
la sedia, e andò verso Draco. Per poi gettargli le braccia al
collo, e stringerlo a sé, febbrilmente.
– Sai, quando stamattina ti
ho visto disteso affianco a me non potevo crederci. E…
credevo… credevo che fosse tutto… solo colpa dell’alcool…
che una volta sveglio te ne saresti andato per sempre dalla mia vita, e che non
ti avrei mai più rivisto. Per questo… per questo non sono riuscito a svegliarti…
Draco lo abbracciò a sua
volta. Non riusciva a credere che Potter, Harry Potter, davvero potesse provare
qualcosa per lui.
Si alzò dalla sedia, senza
mai staccare le braccia dai fianchi del moro che teneva stretto a sé, e poi con
la mano gli accarezzò la guancia che scoprì essere umida, fino ad arrivare al
mento che sollevò appena per poterlo guardare negli occhi
– Non sai quanto mi renda felice sentirtelo dire, Harry…
Disse solo, prima di
posare le sue labbra su quelle del moro, assaporandone tutta la dolcezza e
capendo finalmente che, per quanto potesse provare a stare con qualcun altro,
per quanto potesse cercare di trovare l’amore stando
accanto a qualcuno che non fosse Harry, l’unica persona che poteva dargli delle
emozioni così forti anche solo con un bacio, o un abbraccio, era lì, davanti a
lui.
E, sì, loro due erano come la pioggia e il Sole.
Ma come la pioggia e il Sole, assieme potevano dare
vita ad uno splendido arcobaleno.
***End***
* Ebbene
sì, lo ammetto. A questo punto del racconto (massì,
dai, chiamiamolo racconto che fa più poetico) ero tentata di inserire una frase
del tipo “– Io e Ron non ci parliamo più da quando Hermione è morta per
difendermi da Voldemort… / Harry abbassò lo sguardo
tristemente, rivelando tutto il suo dolore per una ferita ancora scoperta ed
una vita fatta oramai di solitudine e desolazione”. Ma
alla fine mi sono sentita magnanima ed ho deciso di continuare in una maniera
un po’ più allegra. Aaah, sono trooppoo
buoonaa…
** Chi ha già letto HP6 sa che forse non potrà essere proprio così… ma lasciamo
correre, ok?
Note
dell’autrice
Ed ecco a voi un’altra shot
– l’ennesima – … So che devo continuare le long fic,
e che non mi sopportate più perché ci sto mettendo vent’anni…
ma ci sto lavorando, ve l’assicuro.
Permettetemi però una
breve divagazione prima di salutarvi: com’è nata questa one
shot. Perché, al contrario di molte altre in cui
anche se i personaggi si muovevano comunque da soli,
io ci ho messo del mio, in questa non è accaduto. Ieri mattina mi sono svegliata
– dopo aver fatto all’incirca le 2.00-3.00 di notte scrivendo una shot natalizia che in testa ho
tutta ma non vuol saperne di venire fuori, col risultato che Natale è passato
ed io sto ancora a caro amico – dicevo, mi sono svegliata con la musica del concerto
di capodanno a tutto volume, e questa strana associazione di sole e pioggia che
mi ronzava nella mente. Non so da dove sia uscito tutto ciò, so
solo che mi crogiolavo nel tepore del mio amato e soffice (nemmeno più di
tanto, a dirla tutta) lettino quando l’idea di questa storia mi ha folgorata, e
l’ho avuta tutta in mente in un attimo. Dovendo ieri uscire ho cercato di non pensarci
più per non modificarla più di quanto non sarebbe avvenuto naturalmente nel
giro di ventiquattr’ore (il mio cervello lavora da
solo, e mi manda una specie di avviso di chiamata quando
ha ottenuto qualche risultato… non so se ci sia qualche altro sciroccato in giro per il mondo per cui avviene la stessa
cosa), fino al momento in cui finalmente ho potuto mettermi davanti alla
tastiera del computer e tirare fuori tutto quello che avevo messo da parte per
paura di rovinarlo. E non ho ritoccato nessuna idea,
tranne sopra, dove c’è l’asterisco, perché siamo in un periodo di festa e non mi
andava di essere deprimente, non troppo almeno.
E così questa è la one-shot più spontanea che io
abbia mai scritto, appena in tempo per inaugurare il nuovo anno, e per augurare
a tutti voi un 2006 che sia ricco e splendente, proprio come l’arcobaleno
quando brilla al Sole.