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Autore: Rei Hino    12/02/2011    10 recensioni
Si gettò sul soffice materasso, ancora una volta la memoria corse veloce e autonomamente nel suo ennesimo dibattito, stavolta concernente il letto e il giaciglio che aveva accolto il suo corpo e quella della sua sposa nelle precedenti settimane.
Riemersero altri ricordi, riemerse la culla, la culla già pronta per accogliere quella vita tradita, che ancora gridava.

Piccolo Missing Moment ambientato dopo l'episodio 'The Paradise Syndrome' 3x02
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Io dico, ma se parti con l'idea 'oh sì facciamo una scenetta fluffosissima e piena di coccoleeee *w*' come fa ad uscire invece questa cosa?!?!? TAT Non ho parole...
Mah... prendetela così com'è, un piccolo sclero della mia mente affranta, colpa di greco!
Sarebbe un piccolo Missing moment ambientato dopo la puntata 'The paradise Syndrome', quello dove Jim rimane con gli indiani per due mesi, perchè aveva perso la memoria, si sposa, aspettano un bimbo, poi lo ritrovano e lei muore. http://en.wikipedia.org/wiki/The_Paradise_Syndrome
Perchè non so più scrivere fluff??? D:
-Fede te lo dedico, mi spiace tesoro, non doveva venire così ma sempre meglio di un dito in un occhio XD ...spero-
Non ho messo la dicitura Slash perchè si può interpretare liberamente, anche se Star Trek e Slash sono pressochè sinonimi XD

**
Due mesi… erano scivolati via… in un batter di ciglia… due mesi… e come dopo venir destato da un sogno, la vita doveva ora riprendere normalmente. Come se nulla fosse accaduto. Anche quella volta la sua vita ricominciava, tranquilla, consueta, sorvolando noncurante quel frammento…
‘Come se nulla fosse accaduto’
Ma c’era un segno, indelebile, che anche quell’estratto gli avrebbe marchiato dentro.
Un’altra lesione agglomerata che ne arricchiva la vasta schiera, oppressa e dimenticata, dentro di lui.
Aveva vissuto un’intera esistenza su quel pianeta, estranea e inconsapevole di ogni altra cosa.
Un’altra persona, un’altra vita, un’altra mente.
Osservava quei ricordi senza riconoscersi, ricordi che eppure conservava nella sua memoria, ma che non erano suoi, appartenenti ad una vita sgorgata nei recessi della sua vera essenza assopita.
Una vita che eppure, era felice.
 
Mentre l’acqua bollente continuava a scendere sul suo corpo stanco, con gli occhi rivedeva il volto di Miramanee. Ostinatamente, ogni qualvolta sbatteva le palpebre quel volto era lì…
‘Buffo…’
Era il loro volto che prepotentemente si impossessava dei suoi sogni e delle sue veglie, era la sua nave, la sua vita, erano le loro voci a riempire la sua mente, la mente di quell’esistenza appena lasciata. E ora che era tornato, un curioso e malsano contrappasso dantesco aveva ribaltato le carte in tavola.
‘Miramanee…’
Soffiavano, senza emettere suono, le sue labbra. Le labbra che avevano incontrato le sue, un incontro che aveva fatto nascere qualcosa... una vita. Un’esistenza che non era più… un frutto troppo acerbo caduto inesorabilmente, un frutto andato distrutto. Troppo presto persino per essere considerata vita, era già volata lontano.
Una non-vita che gli apparteneva. Che pesava, che si impadroniva del suo animo, gridando.
 
Sentì un freddo improvviso graffiargli la liscia pelle ambrata, l’acqua aveva frenato la sua discesa
“E’ più di un’ora che sei sotto la doccia…”
Girò il volto, incontrando i luminosi occhi celesti, sorridenti e gentili, che carezzavano amorevolmente il suo corpo e gli donavano il loro calore.
“Erano due mesi che non ne facevo una!”
Sorrise, macchinalmente, tirando fuori quella solarità che lo caratterizzava in ogni situazione, che doveva  rappresentarlo.
Si gettò sul soffice materasso, ancora una volta la memoria corse veloce e autonomamente nel suo ennesimo dibattito, stavolta concernente il letto e il giaciglio che aveva accolto il suo corpo e quella della sua sposa nelle precedenti settimane.
Riemersero altri ricordi, riemerse la culla, la culla già pronta per accogliere quella vita tradita, che ancora gridava.
 
“Sapevo di non appartenere a quel luogo…”
Mormorò quasi inconsapevolmente. Gli occhi celesti non smettevano di cercare di lenire le sue pene, seduto accanto a lui, l’uomo gli teneva la mano con fermezza
“…sognavo ogni notte… voi, la nave… sapevo che il mio posto era qui… eppure non ricordavo…”
Una nota di rammarico e responsabilità nella calda voce
“Non puoi incolparti di questo Jim…”
Gli carezzò i chiari capelli, assaporando quella dolce sensazione, come aveva sognato di fare per settimane. Settimane che lo avevano quasi condotto al limite della follia, li avevano condotti.
Settimane frenetiche e nervose, trascorse nel silenzio e nella lontananza, nello scontro, perché quella parte mancava. Quella parte che tutto conciliava, riuscendo a sommare ed amalgamare i tre frammenti.
Mancava il loro nucleo, il loro Sole, intorno al quale i loro elementari assi continuavano a girare, in un movimento perfetto ed equo. Perdendo la loro stella, le orbite si erano sfaldate, sciolte, e i due distinti pianeti erano andati inesorabilmente in collisione e alla deriva.
 
“Aspettava un figlio… mio figlio…”
Sussurrarono gli occhi dorati, di quel Sole che aveva ripreso il suo posto.
Altre due vite che si erano spente a causa di un suo fallimento
‘…di un mio sbaglio…’
In un vociare indistinto, il sonno scese pesante sui suoi occhi stanchi e adombrati, sotto quelle calde mani amorevoli. Non portò con sé volti, né voci, né luoghi.
 
Il passo lento e cadenzato dell’alto ufficiale riempì la silenziosa stanza semibuia. I suoi occhi neri e profondi come il cosmo si adagiarono su quel delicato viso addormentato.
“Ora sta bene, Leonard”
La sua voce calda e sicura raggiunse gli oscurati occhi celesti, che vegliavano accorti quel sonno
“Sì…  sta bene… lui sta sempre bene, deve…”
Le mani umane carezzavano quelle aliene.
Lo sguardo chiaro rimproverava quel ruolo imposto al quale il suo ragazzo era vincolato. Quel sorriso, quella serenità, quella superficialità nella quale si costringeva ostinatamente, mostrando al resto dell’universo - e allo specchio- ciò che necessitava vedere, ciò su cui unicamente si soffermava; sicurezza, coraggio, sfrontatezza.
Era questo ciò che a Jim veniva chiesto, era questo ciò che Jim offriva.
 
“Anche la corda più resistente del mondo si rompe, a forza di venire tirata, Spock…”
“E’ nostro dovere far sì che ciò non accada…”
I loro sguardi si incrociarono nel medesimo istante che loro dita conversero, carezzanti entrambi la mano del capitano assopito
“…e io non ho mai mancato un dovere”
Gli occhi neri rimanevano fissi nei suoi, emanando quella scintilla passionale ed emotiva che raramente li illuminava, ma che si mostrava con prepotenza ogni qual volta toccavano Jim. E la loro, forse irrazionale, ma giustificata, sicurezza oltrepassò i loro confini e riuscì a dipingere un sorriso sincero, rasserenato, sul volto dell’umano.
La mente aveva decretato con fermezza la sua verità.
Con quella sicurezza trasmessa e quella vitalità di nuovo rinvigorita, gli occhi celesti sorrisero ancora, fiduciosi, pieni, sereni
“Hai ragione, Spock… “
L’alzata del nero sopracciglio alieno, non poté impedire al solito meccanismo, dal vulcaniano stesso appena ricaricato, di rimettersi in moto. E immediatamente il dottore corrucciò la sua espressione
“…una volta tanto!”
Aggiunse borbottando frettolosamente. Un piccolo gesto… riavviando la loro vita… come se nulla fosse accaduto.
   
 
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