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~ … prima della tempesta ~
(parte prima)
“Dunque, mi sembra che qui sia tutto in ordine” commentò
la dottoressa, sfogliando gli esiti degli esami. Alzò gli occhi, guardando
tutti loro da sopra le lenti degli occhiali. “La tua nausea potrebbe non essere
nulla di cui preoccuparsi, ma, prima di emettere qualsiasi verdetto, diamo
un’occhiata al piccolo.”
Vide
Dopo aver sbuffato, Dick tornò a prestare attenzione alla
dottoressa, che ora stava controllando uno schermo in bianco e nero. Fu solo
qualche istante più tardi che riconobbe la forma sul monitor. (Il cosino! Quello era proprio il cosino!) Il cuore gli
batté forte in gola nell’osservare il corpicino acchiocciolato e la testolina
leggermente troppo grande.
“Com’è cresciuto!” sentì mormorare
La dottoressa Guerrero sorrise.
“Ora il bambino è lungo circa 8 centimetri: un bel salto rispetto alla prima
ecografia, no? Adesso si potrebbe tenere in una mano.”
(Già, come quella che non gli era
stato permesso di stringere. Gli era toccato restarsene in piedi, a fare da tappezzeria…)
Gettò un altro sguardo torvo alla Holland,
prima di tornare a studiare lo schermo. “Ehi, ma si è mosso!” esclamò, nel
vedere il cosino spostarsi, come se l’aggeggio della dottoressa gli desse
fastidio.
La ragazza annuì, seria.
Dick fece una smorfia: si ricordava perfettamente di come
fosse stata male l’ultima volta che l’aveva portata a mangiare in un fastfood. (Non
sarebbe mai più stato in grado di mangiare le alette di pollo senza pensare
all’Esorcista…)
“A quanto vedo, comunque, la gravidanza sta procedendo
bene” commentò la donna, spostando ancora l’aggeggio sulla pancia “ingellata” della Reyes. “Anche il
battito cardiaco è a posto. Volete sentirlo?”
Tutti e quattro risposero affermativamente e un palpito
velocissimo si diffuse nella stanza.
Dick sentì le ginocchia cedere e con affettata
disinvoltura si appoggiò al muro alle sue spalle. (Cosino…
cuore… wow…) Con la coda dell’occhio vide
La dottoressa chiuse lo schermo e passò dei fazzolettini
alla Reyes. “Puoi rivestirti, cara. Sono contenta di poterti dire che è tutto a posto” aggiunse,
dirigendosi alla propria scrivania e tirando fuori un blocchetto per le ricette.
“Solo qualche indicazione… Ti sto prescrivendo altri controlli delle urine e il
Duo e il Tri-test. Questi ultimi sono esami che
servono per individuare eventuali anomalie cromosomiche del feto; non comportano
rischi né per te né per il bambino: si tratta solo di un prelievo di sangue.” Ciò detto, le consegnò la
prescrizione. “Ora, per quanto riguarda la nausea, mi sento piuttosto sicura
nel dirti che non è nulla di grave. Ovviamente, se dovesse persistere,
contattami subito, d’accordo? Ti scrivo anche i nomi di un antiacido per possibili
bruciori di stomaco e di una crema per rendere più elastica la tua pelle: applicala
su seno e addome per attenuare le smagliature.” Passò
alla Reyes un’altra ricetta. “Direi che, a questo
punto, possiamo vederci tra un mese e mezzo.”
“Mi scusi, ma il sesso?” domandò Dick.
“Oh, certo, dimenticavo…” mormorò tra sé
Dick vide
“Oh. No, non siamo stati fortunati: il feto non era in una
posizione tale da poterlo determinare con esattezza. Tra la 21esima e la
23esima settimana vi prescriverò un’Ecografia Morfologica e sicuramente per
quell’epoca scopriremo se si tratta di un bimbo o di una bimba.”
“Buono a sapersi?!” ringhiò
“Cercavo solo di alleggerire l’atmosfera” mugugnò,
massaggiandosi la zona offesa.
“Te lo do io ‘alleggerire l’atmosfera’!”
lo minacciò, gettandogli un’occhiata furente. “Ma si può sapere che diavolo ci
fai qui?!”
“Sono stato invitato, esattamente come te!” replicò Dick,
cominciando a scaldarsi.
“Ehi, ragazzi: datevi una calmata. Siamo
ancora nella clinica” ricordò loro
Entrambi grugnirono qualcosa e si diedero le spalle.
“Sì, mi ha lasciato il suo numero di cellulare per ogni
evenienza. E il recapito di un Centro-Adozioni” aggiunse,
rivolta a Dick. “Dice che dovremmo cominciare a parlarne con i nostri genitori
e contattare il centro per…”
Smise di ascoltarla, sentendo la rabbia risalirgli in gola.
(Davvero voleva dare via il cosino? E non gli chiedeva
nemmeno cosa ne pensava?) “Magari dovresti cominciare a parlarne con me” sbottò.
Lei lo guardò sorpresa. “Ma… Ne avevamo parlato…”
“No, tu mi hai
detto che pensavi di darlo in adozione,
ma noi non ne abbiamo mai parlato.”
“Ehi, Dickson: è Rachel che deve
decidere” si intromise a muso duro
Non ci vide più. “No, cazzo! Il bambino è mio come suo!” sbraitò, catturando nuovamente
l’attenzione dei presenti nella sala d’attesa.
“Shh!” lo zittì
“E invece va benissimo!” Si divincolò e affrontò
“Oh, sì, certo: chissà che bella vita sarai in grado di
offrirgli!” sbuffò con sdegno
Si voltò verso di lei con furia omicida. “A te non te ne deve importare niente: non sono fatti tuoi!” esclamò, controllandosi
a stento. (Poteva anche essere un bullo, ma lui non
picchiava le ragazze. Nemmeno quelle rompicoglioni come
Nessuna delle tre provò a fermarlo.
Saltò la scuola, girando senza una meta per tutta la
mattina. (Se sua madre l’avesse scoperto gli avrebbe
fatto il pelo e il contropelo, ma per fortuna era piuttosto bravo a falsificare
la sua firma.) Strinse forte il volante del pick-up appena parcheggiato nel piazzale
della scuola. Era ancora nervoso e arrabbiato; così tanto che gli tremavano le
mani. Se le passò tra i capelli, tentando di calmarsi.
(Si era sentito così contento quando aveva visto il cosino
nell’ecografia e ora… Ora aveva solo voglia di spaccare la faccia a qualcuno.
Fortuna che c’era l’allenamento di football: si sentiva proprio in vena di
buttare a terra quei bestioni dei suoi compagni di squadra…)
Proprio in quell’istante un primino
ritardatario uscì in tutta fretta dall’ingresso principale. Un lento sorriso
nacque sulle labbra di Dick. Scese dall’auto, infilò le mani in tasca e
cominciò a seguire lo sfigato con gli occhiali.
La sua preda non ci mise molto a rendersi conto della sua
presenza: Dick se ne accorse perché la sua camminata divenne più tesa e
nervosa. Sogghignò, continuando a incedere senza fretta. (Che figata! Mancava il tan-tan-tan di sottofondo
e sarebbe stata uguale a una scena dello Squalo…)
Proprio quando era sul punto di raggiungerlo (sentiva già il familiare prurito
alle mani farsi più insistente), qualcuno lo agguantò per la manica del
giubbotto trascinandolo in un anfratto avvolto nella penombra.
Si girò col cuore che gli batteva forte in gola e si trovò
davanti… il sorriso sensuale di Amanda Lindsay.
“Oh, ehi” la salutò senza troppo entusiasmo, mentre il
cuore decelerava e gli occhi correvano al piazzale giusto in tempo per vedere
il primino salire in tutta fretta sull’autobus.
(Perché quella delusione? Quella era Amanda, cazzo! Chi altri voleva che
fosse?)
“Ciao, Dick” rispose lei con un tono languido che non
usava più con lui da quando si era messa con Brad. “Oggi non c’eri a scuola…”
proseguì, imbronciando le labbra.
“Sì, avevo altro da fare” replicò, sbirciando con un po’
di desiderio la bocca pronunciata.
Alzò per un attimo il sopracciglio, ma la sua espressione
ritornò subito seducente. “È un po’ che non ti fai vedere in giro… Ci sei
mancato.” Si avvicinò tanto che il suo respiro gli sfiorò una guancia. “Mi sei mancato…”
“Perché?” domandò aspro, nonostante un brivido caldo gli
fosse appena sceso lungo la schiena. (La sua vicinanza
gli faceva ancora quell’effetto.) “Non avevi nessun altro a cui ricordare che nessuno
è degno di leccarti la suola delle scarpe?”
Amanda si irrigidì. “Pensi questo di me?”
“Se penso che tu sia una stronza che non si fa problemi a
calpestare la gente? Assolutamente sì.”
“È per questo, allora, che anche tu scodinzoli attorno a
quella puttanella della Reyes? Perché lei sì che è
una brava ragazza, vero?”
A Dick non piacque il disprezzo nella sua voce. “Cosa
c’entra
“Ecco, appunto: allora guardami!”
Lo chiese con una tale disperazione, che le parole seguenti
gli uscirono in un mormorio: “Ma io ti sto guardando”.
Gli occhi azzurri di Amanda gli scrutarono il volto seri e
angosciati; poi, senza preavviso, la cheerleader lo prese per il bavero della
camicia e fece cozzare le loro bocche in un bacio intenso e furioso. Dick
rispose con uguale fervore (era arrabbiato, eccitato e stanco di pensare),
toccando e mordendo in una spietata lotta per la supremazia.
Per un attimo pensò di chiederle cosa l’avesse spinta di
nuovo tra le sue braccia (Gelosia? Frustrazione? Desiderio puro e semplice?),
ma la mano di Amanda si avventurò a sud della sua cintura e a quel punto non
gliene fregava più nulla della ragione: il suo cervello non era più intasato
dai pensieri, si limitava a provare sensazioni. Qualunque fosse il motivo
dietro quell’incontro appassionato, Dick non avrebbe guardato nella bocca del
caval donato. Si limitò a baciarla con ancor più foga.
Fu l’ultimo ad arrivare nello spogliatoio, già sudato e
accaldato ancor prima di cominciare l’allenamento.
Aprì l’armadietto dove teneva la divisa della squadra e vi
lanciò dentro la giacca, seguita un secondo più tardi dalla maglietta
appallottolata. Stava slacciandosi la cintura, quando il suo armadietto venne
richiuso di scatto, facendolo sobbalzare.
Brad avanzò di un passo, la mano ancora appoggiata
all’anta metallica. Aveva un brillio minaccioso negli occhi scuri. “Dov’eri?”
La sua mente corse a pochi minuti prima, al respiro
affannato di Amanda che si mischiava al suo, alla fronte di lei appoggiata
sulla sua spalla. “Non sono affari tuoi.”
Brad contrasse la mandibola e tirò un pugno
all’armadietto. “Certo che lo sono! Ti stai immischiando con la ragazza
sbagliata, Dick.”
Ebbe un tuffo al cuore. (Brad
sapeva di lui e Amanda?) La mano gelida del senso di colpa gli occluse lo
stomaco: nonostante nell’ultimo periodo i loro rapporti si fossero molto raffreddati,
Brad era il suo migliore amico e lui era appena stato con la sua donna. “Senti,
ha cominciato lei: io l’ho solo assecondata.”
“Stronzate!” ringhiò l’altro. “Non è proprio il tipo che
verrebbe a cercare uno come te.”
Il senso di colpa sparì veloce com’era arrivato. “Uno come me?! Perché chi sono io, Brad,
eh?”
“Sei uno che non prende mai niente sul serio e lei non ha
bisogno di questo. Soprattutto adesso!”
“Oh, sta’ tranquillo! Ne ha bisogno, ne ha bisogno eccome.
Forse perché tu non riesci a essere all’altezza!”
Brad strinse le labbra, le narici che fremevano di rabbia.
“Può darsi, ma tu devi starle alla larga, sono stato chiaro?”
“Ops, mi
dispiace, amico.
È troppo tardi” disse con un sogghigno che la diceva lunga su
quanto fosse dispiaciuto.
“Lo so. Ho visto”
replicò Brad con una smorfia di biasimo.
Dick impallidì, suo malgrado. “Hai visto?!”
Brad aprì il proprio armadietto e gli sbatté sul petto un
foglio. “Non mi interessa cosa ti sei messo in testa: lei non la devi nemmeno
pensare.”
Dick squadrò l’immagine in bianco e nero. Era l’ecografia
del cosino. Con appiccicato un post-it, dove era stato
scribacchiato “Mi dispiace. Ne possiamo parlare?”. Tornò a guardare
Brad, confuso. “Ma di chi diavolo stiamo parlando?”
“Di Rachel, ovviamente!”
“Della Reyes? Io pensavo
parlassimo di Amanda!”
“Cosa c’entra Amanda?” chiese perplesso Brad, nello stesso
momento in cui Dick sbottava furioso: “Starle alla larga? Ma chi ti credi di
essere?!”
“Chi ti credi di essere tu?!”
ribatté Brad, tornando alla sua arringa.
“IO SONO IL PADRE!” ruggì, sentendo il sangue ribollire
per la rabbia. (Prima l’adozione e ora questo?! Era
davvero troppo!)
Stavolta fu Brad a impallidire. “Tu sei cosa?”
“Ricordi la festa dove ti sei
messo con la ragazza che piaceva a me? Beh, io e
La violenza del colpo lo costrinse a fare qualche passo all’indietro.
Ma non ebbe il tempo di reagire perché Brad, con un urlo animalesco, gli si
avventò contro, facendolo cadere per terra.
Rotolarono tra le panche, colpendo ogni parte scoperta
dell’avversario. Dick era in svantaggio, visto che Brad aveva indosso la divisa
mentre lui era a torso nudo, ma non per questo tentò di ritrarsi dallo scontro:
aveva talmente tanta collera in corpo che darle di santa ragione al suo
migliore amico era quanto di meglio potesse chiedere quel giorno.
“Come. Hai. Potuto?!” inveì Brad
sopra di lui, percuotendogli il costato.
Con un colpo di reni, invertì le loro posizioni. “Non c’era
il tuo nome scritto sopra” replicò, imprimendo con forza le nocche sullo zigomo
dell’altro. Ma prima di poterci riuscire una seconda volta, cinque loro
compagni di football, incitati dal coach, intervennero per dividerli.
Dopo una gran bella strigliata su civiltà, rispetto e
spirito di squadra (che né lui né Brad avevano ascoltato, impegnati com’erano a
guardarsi in cagnesco e a esaminare con compiacimento i danni assestati
all’avversario), il coach ordinò che facessero di corsa duecento giri del campo
e, se avessero avuto ancora fiato, i raccattapalle fino alla fine
dell’allenamento.
“Sissignore…” borbottò, facendo per infilare il casco. Nel
sorpassarlo per uscire, Brad gli diede una forte spallata che glielo fece
sfuggire di mano. Dick si trattenne a stento dal rincorrerlo per dargli
un’altra lezione. Prese un gran respiro e si chinò per raccogliere il casco. (Grazie a Dio quella giornata di merda era praticamente
finita. Ci mancava solo che succedesse qualcos’altro…)
E così Dick cominciò a fare il primo dei suoi duecento
giri di corsa, del tutto ignaro che quello sventurato venerdì era ben lungi
dall’aver raggiunto la sua conclusione…
Commenti:
Ebbene sì, sono ancora viva!^^’ So di essere
non in ritardo, ma in super-iper-ritardo, però spero
che mi perdonerete visto che in questo mese e mezzo circa ho finito tutti gli
esami che mi mancavano e finalmente mi laureerò a fine marzo!!
^O^
Per questo, purtroppo, non ho avuto molto
tempo da dedicare a questo capitolo, che è rimasto a prendere polvere per più
di un mese prima che riuscissi a riprenderlo in mano e a concluderlo. Mi
perdonate?
Ringrazio davvero di cuore chi mi ha
lasciato una recensione per lo scorso capitolo, ovvero Gea_Kristh, marty15, Nickyley,
Iris_colurs,
Emily Doyle,
Valentina78, Lucille_Arcobaleno, Korat e Mirya, a cui tra
l’altro devo ancora rispondere, ma giuro che dopo aver postato il capitolo filo
a ringraziarvi come si deve!^^
Spero che sarete così gentili da dirmi cosa
ne pensate anche di questo capitolo, la cui seconda parte sarà pubblicata lunedì 28 febbraio. Cascasse il mondo!
Ringrazio moltissimo anche chi ha aggiunto
questa storia ai preferiti, chi la sta seguendo e chi si è semplicemente fermato
a dare un’occhiata.
Allora, buona serata a tutte, e oltre agli
auguri di San Valentino, vi faccio (in ritardo) anche quelli di Buon Anno!
Spero che il vostro 2011 vi porti molta più gioia di quanta
ne abbia dispensata a me il 2010!^^
A tra due lunedì!
Ale