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Autore: Ale    14/02/2011    9 recensioni
“Okay. Respira, Rachel. Respira. Ecco, brava: inspira, espira. Ti fischiano le orecchie: meglio se provi a sederti. Credi che sia un brutto sogno? Prova con un pizzicotto… No, visto? Il test è ancora tra le tue mani ed è ancora positivo. Benvenuta nel Fantastico Mondo delle Teenager Incinte.”
Prendete la classica brava ragazza e il classico cattivo ragazzo, una festa di fine estate e qualche bicchiere di troppo. Shakerate per bene e… voilà: ecco a voi una perfetta Gravidanza Indesiderata! Aggiungete al mix due migliori amiche pronte a tutto, il quarterback (per il quale Lei ha una cotta) e la sua ragazza, la Capo-Cheerleader (per la quale Lui ha un’attrazione fatale): cosa ottenete? A Bun In The Oven. Rating Giallo per i temi trattati e la boccaccia di Elijah.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ … prima della tempesta ~

(parte prima)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Dunque, mi sembra che qui sia tutto in ordine” commentò la dottoressa, sfogliando gli esiti degli esami. Alzò gli occhi, guardando tutti loro da sopra le lenti degli occhiali. “La tua nausea potrebbe non essere nulla di cui preoccuparsi, ma, prima di emettere qualsiasi verdetto, diamo un’occhiata al piccolo.”

 

Vide la Reyes sbottonarsi i pantaloni e alzare l’orlo del golf fino all’ombelico. Forse l’osservò con troppo interesse, perché la Holland gli lanciò un’occhiataccia e si avvicinò di più all’amica, coprendogli parzialmente la visuale.

 

Dopo aver sbuffato, Dick tornò a prestare attenzione alla dottoressa, che ora stava controllando uno schermo in bianco e nero. Fu solo qualche istante più tardi che riconobbe la forma sul monitor. (Il cosino! Quello era proprio il cosino!) Il cuore gli batté forte in gola nell’osservare il corpicino acchiocciolato e la testolina leggermente troppo grande.

 

“Com’è cresciuto!” sentì mormorare la Parks.

 

La dottoressa Guerrero sorrise. “Ora il bambino è lungo circa 8 centimetri: un bel salto rispetto alla prima ecografia, no? Adesso si potrebbe tenere in una mano.”

 

(Già, come quella che non gli era stato permesso di stringere. Gli era toccato restarsene in piedi, a fare da tappezzeria…) Gettò un altro sguardo torvo alla Holland, prima di tornare a studiare lo schermo. “Ehi, ma si è mosso!” esclamò, nel vedere il cosino spostarsi, come se l’aggeggio della dottoressa gli desse fastidio.

 

La Guerrero si voltò a guardarlo, gli occhi color miele che affondavano nei suoi, quasi lo stessero soppesando. “Il feto ha già iniziato a muoversi, ma è ancora troppo piccolo per dare fastidio alla mamma. Tutto si è già formato, il suo cervello sta cominciando a produrre ormoni e il suo apparato digerente è in funzione: quindi, attenzione a ciò che mangi” disse, rivolta di nuovo alla Reyes. “Niente bevande alcoliche, niente sostanze nocive; cerca anche di non mangiare cibo troppo fritto: potresti avere problemi a digerirlo.”

 

La ragazza annuì, seria.

 

Dick fece una smorfia: si ricordava perfettamente di come fosse stata male l’ultima volta che l’aveva portata a mangiare in un fastfood. (Non sarebbe mai più stato in grado di mangiare le alette di pollo senza pensare all’Esorcista…)

 

“A quanto vedo, comunque, la gravidanza sta procedendo bene” commentò la donna, spostando ancora l’aggeggio sulla pancia “ingellata” della Reyes. “Anche il battito cardiaco è a posto. Volete sentirlo?”

 

Tutti e quattro risposero affermativamente e un palpito velocissimo si diffuse nella stanza.

 

Dick sentì le ginocchia cedere e con affettata disinvoltura si appoggiò al muro alle sue spalle. (Cosino… cuore… wow…) Con la coda dell’occhio vide la Reyes voltarsi e i loro sguardi si incrociarono sopra la testa bionda della Holland. Al sorriso meravigliato della ragazza rispose con uno entusiasta.

 

La dottoressa chiuse lo schermo e passò dei fazzolettini alla Reyes. “Puoi rivestirti, cara. Sono contenta di poterti dire che è tutto a posto” aggiunse, dirigendosi alla propria scrivania e tirando fuori un blocchetto per le ricette. “Solo qualche indicazione… Ti sto prescrivendo altri controlli delle urine e il Duo e il Tri-test. Questi ultimi sono esami che servono per individuare eventuali anomalie cromosomiche del feto; non comportano rischi né per te né per il bambino: si tratta solo di un prelievo di sangue. Ciò detto, le consegnò la prescrizione. “Ora, per quanto riguarda la nausea, mi sento piuttosto sicura nel dirti che non è nulla di grave. Ovviamente, se dovesse persistere, contattami subito, d’accordo? Ti scrivo anche i nomi di un antiacido per possibili bruciori di stomaco e di una crema per rendere più elastica la tua pelle: applicala su seno e addome per attenuare le smagliature. Passò alla Reyes un’altra ricetta. “Direi che, a questo punto, possiamo vederci tra un mese e mezzo.”

 

“Mi scusi, ma il sesso?” domandò Dick.

 

“Oh, certo, dimenticavo…” mormorò tra sé la Guerrero, riposizionando gli occhiali sulla radice del naso con fare professionale. “Visto che il rischio di aborto si è ridotto e il feto è protetto dal liquido amniotico, potete riprendere la vostra normale attività sessuale.”

 

Dick vide la Reyes boccheggiare. “Beh, buono a sapersi” commentò, lasciandosi scappare un sorrisetto nel vederla prendere fuoco. Poi, però, intercettò il cipiglio tempestoso della Holland e quello scandalizzato della Parks e tornò sobrio. “Ma veramente intendevo il sesso del bambino. Sa già se è maschio o femmina?”

 

“Oh. No, non siamo stati fortunati: il feto non era in una posizione tale da poterlo determinare con esattezza. Tra la 21esima e la 23esima settimana vi prescriverò un’Ecografia Morfologica e sicuramente per quell’epoca scopriremo se si tratta di un bimbo o di una bimba.

 

 

 

 

Buono a sapersi?!” ringhiò la Holland, mollandogli un pugno sul braccio non appena usciti dallo studio della dottoressa Guerrero.

 

“Cercavo solo di alleggerire l’atmosfera” mugugnò, massaggiandosi la zona offesa.

 

“Te lo do io ‘alleggerire l’atmosfera’!” lo minacciò, gettandogli un’occhiata furente. “Ma si può sapere che diavolo ci fai qui?!

 

“Sono stato invitato, esattamente come te!” replicò Dick, cominciando a scaldarsi.

 

“Ehi, ragazzi: datevi una calmata. Siamo ancora nella clinica” ricordò loro la Parks, accennando a tutti gli sguardi curiosi che avevano attirato. “Rachel sta finendo di parlare con la dottoressa: non fatevi vedere mentre litigate.”

 

Entrambi grugnirono qualcosa e si diedero le spalle. La Parks alzò gli occhi al cielo e si voltò per accogliere la Reyes. “Allora? Tutto bene?”

 

“Sì, mi ha lasciato il suo numero di cellulare per ogni evenienza. E il recapito di un Centro-Adozioni” aggiunse, rivolta a Dick. “Dice che dovremmo cominciare a parlarne con i nostri genitori e contattare il centro per…

 

Smise di ascoltarla, sentendo la rabbia risalirgli in gola. (Davvero voleva dare via il cosino? E non gli chiedeva nemmeno cosa ne pensava?) “Magari dovresti cominciare a parlarne con me” sbottò.

 

Lei lo guardò sorpresa. “Ma… Ne avevamo parlato…”

 

“No, tu mi hai detto che pensavi di darlo in adozione, ma noi non ne abbiamo mai parlato.”

 

“Ehi, Dickson: è Rachel che deve decidere” si intromise a muso duro la Holland.

 

Non ci vide più. “No, cazzo! Il bambino è mio come suo!” sbraitò, catturando nuovamente l’attenzione dei presenti nella sala d’attesa.

 

Shh!” lo zittì la Parks, portandosi l’indice alle labbra e cominciando a spingere tutti verso l’uscita. “Non mi sembra proprio il luogo giusto per parlare di queste cose…

 

“E invece va benissimo!” Si divincolò e affrontò la Reyes, puntandole contro un dito. “Non hai il diritto di scegliere anche per me, hai capito?” Non si fece intenerire dagli occhi atterriti della ragazza, tuttavia proseguì con un tono più basso: “Piuttosto mollo la scuola e mi metto a lavorare per mantenerlo, ma non voglio darlo a estranei”.

 

“Oh, sì, certo: chissà che bella vita sarai in grado di offrirgli!” sbuffò con sdegno la Holland.

 

Si voltò verso di lei con furia omicida. “A te non te ne deve importare niente: non sono fatti tuoi!” esclamò, controllandosi a stento. (Poteva anche essere un bullo, ma lui non picchiava le ragazze. Nemmeno quelle rompicoglioni come la Holland.) Strinse forte i pugni e girò sui tacchi per proseguire verso l’uscita.

 

Nessuna delle tre provò a fermarlo.

 

 

 

Saltò la scuola, girando senza una meta per tutta la mattina. (Se sua madre l’avesse scoperto gli avrebbe fatto il pelo e il contropelo, ma per fortuna era piuttosto bravo a falsificare la sua firma.) Strinse forte il volante del pick-up appena parcheggiato nel piazzale della scuola. Era ancora nervoso e arrabbiato; così tanto che gli tremavano le mani. Se le passò tra i capelli, tentando di calmarsi.

 

(Si era sentito così contento quando aveva visto il cosino nell’ecografia e ora… Ora aveva solo voglia di spaccare la faccia a qualcuno. Fortuna che c’era l’allenamento di football: si sentiva proprio in vena di buttare a terra quei bestioni dei suoi compagni di squadra…)

 

Proprio in quell’istante un primino ritardatario uscì in tutta fretta dall’ingresso principale. Un lento sorriso nacque sulle labbra di Dick. Scese dall’auto, infilò le mani in tasca e cominciò a seguire lo sfigato con gli occhiali.

 

La sua preda non ci mise molto a rendersi conto della sua presenza: Dick se ne accorse perché la sua camminata divenne più tesa e nervosa. Sogghignò, continuando a incedere senza fretta. (Che figata! Mancava il tan-tan-tan di sottofondo e sarebbe stata uguale a una scena dello Squalo…) Proprio quando era sul punto di raggiungerlo (sentiva già il familiare prurito alle mani farsi più insistente), qualcuno lo agguantò per la manica del giubbotto trascinandolo in un anfratto avvolto nella penombra.

 

Si girò col cuore che gli batteva forte in gola e si trovò davanti… il sorriso sensuale di Amanda Lindsay.

 

“Oh, ehi” la salutò senza troppo entusiasmo, mentre il cuore decelerava e gli occhi correvano al piazzale giusto in tempo per vedere il primino salire in tutta fretta sull’autobus. (Perché quella delusione? Quella era Amanda, cazzo! Chi altri voleva che fosse?)

 

“Ciao, Dick” rispose lei con un tono languido che non usava più con lui da quando si era messa con Brad. “Oggi non c’eri a scuola…” proseguì, imbronciando le labbra.

 

“Sì, avevo altro da fare” replicò, sbirciando con un po’ di desiderio la bocca pronunciata.

 

Alzò per un attimo il sopracciglio, ma la sua espressione ritornò subito seducente. “È un po’ che non ti fai vedere in giro… Ci sei mancato.” Si avvicinò tanto che il suo respiro gli sfiorò una guancia. “Mi sei mancato…”

 

“Perché?” domandò aspro, nonostante un brivido caldo gli fosse appena sceso lungo la schiena. (La sua vicinanza gli faceva ancora quell’effetto.) “Non avevi nessun altro a cui ricordare che nessuno è degno di leccarti la suola delle scarpe?”

 

Amanda si irrigidì. “Pensi questo di me?”

 

“Se penso che tu sia una stronza che non si fa problemi a calpestare la gente? Assolutamente sì.”

 

“È per questo, allora, che anche tu scodinzoli attorno a quella puttanella della Reyes? Perché lei sì che è una brava ragazza, vero?

 

A Dick non piacque il disprezzo nella sua voce. “Cosa c’entra la Reyes adesso? Stavamo parlando di te.”

 

“Ecco, appunto: allora guardami!”

 

Lo chiese con una tale disperazione, che le parole seguenti gli uscirono in un mormorio: “Ma io ti sto guardando”.

 

Gli occhi azzurri di Amanda gli scrutarono il volto seri e angosciati; poi, senza preavviso, la cheerleader lo prese per il bavero della camicia e fece cozzare le loro bocche in un bacio intenso e furioso. Dick rispose con uguale fervore (era arrabbiato, eccitato e stanco di pensare), toccando e mordendo in una spietata lotta per la supremazia.

 

Per un attimo pensò di chiederle cosa l’avesse spinta di nuovo tra le sue braccia (Gelosia? Frustrazione? Desiderio puro e semplice?), ma la mano di Amanda si avventurò a sud della sua cintura e a quel punto non gliene fregava più nulla della ragione: il suo cervello non era più intasato dai pensieri, si limitava a provare sensazioni. Qualunque fosse il motivo dietro quell’incontro appassionato, Dick non avrebbe guardato nella bocca del caval donato. Si limitò a baciarla con ancor più foga.

 

 

 

 

Fu l’ultimo ad arrivare nello spogliatoio, già sudato e accaldato ancor prima di cominciare l’allenamento.

 

Aprì l’armadietto dove teneva la divisa della squadra e vi lanciò dentro la giacca, seguita un secondo più tardi dalla maglietta appallottolata. Stava slacciandosi la cintura, quando il suo armadietto venne richiuso di scatto, facendolo sobbalzare.

 

Brad avanzò di un passo, la mano ancora appoggiata all’anta metallica. Aveva un brillio minaccioso negli occhi scuri. “Dov’eri?”

 

La sua mente corse a pochi minuti prima, al respiro affannato di Amanda che si mischiava al suo, alla fronte di lei appoggiata sulla sua spalla. “Non sono affari tuoi.”

 

Brad contrasse la mandibola e tirò un pugno all’armadietto. “Certo che lo sono! Ti stai immischiando con la ragazza sbagliata, Dick.

 

Ebbe un tuffo al cuore. (Brad sapeva di lui e Amanda?) La mano gelida del senso di colpa gli occluse lo stomaco: nonostante nell’ultimo periodo i loro rapporti si fossero molto raffreddati, Brad era il suo migliore amico e lui era appena stato con la sua donna. “Senti, ha cominciato lei: io l’ho solo assecondata.”

 

“Stronzate!” ringhiò l’altro. “Non è proprio il tipo che verrebbe a cercare uno come te.”

 

Il senso di colpa sparì veloce com’era arrivato. “Uno come me?! Perché chi sono io, Brad, eh?”

 

“Sei uno che non prende mai niente sul serio e lei non ha bisogno di questo. Soprattutto adesso!”

 

“Oh, sta’ tranquillo! Ne ha bisogno, ne ha bisogno eccome. Forse perché tu non riesci a essere all’altezza!

 

Brad strinse le labbra, le narici che fremevano di rabbia. “Può darsi, ma tu devi starle alla larga, sono stato chiaro?”

 

Ops, mi dispiace, amico. È troppo tardi” disse con un sogghigno che la diceva lunga su quanto fosse dispiaciuto.

 

“Lo so. Ho visto” replicò Brad con una smorfia di biasimo.

 

Dick impallidì, suo malgrado. “Hai visto?!

 

Brad aprì il proprio armadietto e gli sbatté sul petto un foglio. “Non mi interessa cosa ti sei messo in testa: lei non la devi nemmeno pensare.”

 

Dick squadrò l’immagine in bianco e nero. Era l’ecografia del cosino. Con appiccicato un post-it, dove era stato scribacchiato “Mi dispiace. Ne possiamo parlare?”. Tornò a guardare Brad, confuso. “Ma di chi diavolo stiamo parlando?”

 

“Di Rachel, ovviamente!”

 

“Della Reyes? Io pensavo parlassimo di Amanda!”

 

“Cosa c’entra Amanda?” chiese perplesso Brad, nello stesso momento in cui Dick sbottava furioso: “Starle alla larga? Ma chi ti credi di essere?!

 

“Chi ti credi di essere tu?!” ribatté Brad, tornando alla sua arringa.

 

“IO SONO IL PADRE!” ruggì, sentendo il sangue ribollire per la rabbia. (Prima l’adozione e ora questo?! Era davvero troppo!)

 

Stavolta fu Brad a impallidire. “Tu sei cosa?”

 

“Ricordi la festa dove ti sei messo con la ragazza che piaceva a me? Beh, io e la Reyes abbiamo fatto sesso. Proprio così, Hurst: ho fatto sesso con la tua preziosa Reyes” aggiunse con sadica soddisfazione, non aspettandosi certo il pugno che gli arrivò in risposta.

 

La violenza del colpo lo costrinse a fare qualche passo all’indietro. Ma non ebbe il tempo di reagire perché Brad, con un urlo animalesco, gli si avventò contro, facendolo cadere per terra.

 

Rotolarono tra le panche, colpendo ogni parte scoperta dell’avversario. Dick era in svantaggio, visto che Brad aveva indosso la divisa mentre lui era a torso nudo, ma non per questo tentò di ritrarsi dallo scontro: aveva talmente tanta collera in corpo che darle di santa ragione al suo migliore amico era quanto di meglio potesse chiedere quel giorno.

 

“Come. Hai. Potuto?!” inveì Brad sopra di lui, percuotendogli il costato.

 

Con un colpo di reni, invertì le loro posizioni. “Non c’era il tuo nome scritto sopra” replicò, imprimendo con forza le nocche sullo zigomo dell’altro. Ma prima di poterci riuscire una seconda volta, cinque loro compagni di football, incitati dal coach, intervennero per dividerli.  

 

Dopo una gran bella strigliata su civiltà, rispetto e spirito di squadra (che né lui né Brad avevano ascoltato, impegnati com’erano a guardarsi in cagnesco e a esaminare con compiacimento i danni assestati all’avversario), il coach ordinò che facessero di corsa duecento giri del campo e, se avessero avuto ancora fiato, i raccattapalle fino alla fine dell’allenamento.

 

“Sissignore…” borbottò, facendo per infilare il casco. Nel sorpassarlo per uscire, Brad gli diede una forte spallata che glielo fece sfuggire di mano. Dick si trattenne a stento dal rincorrerlo per dargli un’altra lezione. Prese un gran respiro e si chinò per raccogliere il casco. (Grazie a Dio quella giornata di merda era praticamente finita. Ci mancava solo che succedesse qualcos’altro…)

 

E così Dick cominciò a fare il primo dei suoi duecento giri di corsa, del tutto ignaro che quello sventurato venerdì era ben lungi dall’aver raggiunto la sua conclusione…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commenti:

Ebbene sì, sono ancora viva!^^’ So di essere non in ritardo, ma in super-iper-ritardo, però spero che mi perdonerete visto che in questo mese e mezzo circa ho finito tutti gli esami che mi mancavano e finalmente mi laureerò a fine marzo!! ^O^

Per questo, purtroppo, non ho avuto molto tempo da dedicare a questo capitolo, che è rimasto a prendere polvere per più di un mese prima che riuscissi a riprenderlo in mano e a concluderlo. Mi perdonate?

 

Ringrazio davvero di cuore chi mi ha lasciato una recensione per lo scorso capitolo, ovvero Gea_Kristh, marty15, Nickyley, Iris_colurs, Emily Doyle, Valentina78, Lucille_Arcobaleno, Korat e Mirya, a cui tra l’altro devo ancora rispondere, ma giuro che dopo aver postato il capitolo filo a ringraziarvi come si deve!^^

 

Spero che sarete così gentili da dirmi cosa ne pensate anche di questo capitolo, la cui seconda parte sarà pubblicata lunedì 28 febbraio. Cascasse il mondo!

 

Ringrazio moltissimo anche chi ha aggiunto questa storia ai preferiti, chi la sta seguendo e chi si è semplicemente fermato a dare un’occhiata.

 

Allora, buona serata a tutte, e oltre agli auguri di San Valentino, vi faccio (in ritardo) anche quelli di Buon Anno! Spero che il vostro 2011 vi porti molta più gioia di quanta ne abbia dispensata a me il 2010!^^

 

A tra due lunedì!

 

Ale

   
 
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