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Autore: Maura85    05/01/2006    3 recensioni
Questo è l'ultimo dei racconti che hanno come protagonista Zaria, un personaggio che mi è piaciuto così tanto, da dedicarle una trilogia.
La storia che vi apprestate a leggere si colloca subito dopo Notte, Unicorno e Licantropo e molti anni prima di Sentinella... è la storia del primo appuntamento tra Zaria e Piton.
Ovviamente, scardà nella follia. Ma ormai sapete cosa aspettarvi da me, no?
Dedicato a tutti coloro che mi hanno incoraggiata: grazie!
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco che finalmente aggiorno ^^
Ho idea che questa storia stia uscendo ancora più folle delle altre, e chiedo perdono se esporto troppa pazzia... non dipende da me, è che ho il neurone in Lapponia, e mi devo arrangiare XD
Beh, ecco il cap. A brevissimo seguiranno gli altri ^^



3.

Volteggiava come un angelo.
Ci sono persone che si sentono inutili, pesanti, ingombranti. Persone che non sentono d’aver il minimo controllo neppure sul bollitore del the, che inciampano in un qualsiasi spuntone, che rotolano per tre piani di scale, e si sentono sempre più idioti. E poi magari, quasi sempre per caso, scoprono un campo, lo scoprono forse per gioco, dove sono così bravi, ma così bravi, da poter essere considerati regnanti incontrastati.
Come forse s’è già detto, anche per Zaria era stato così. E anche ora, a cavallo di quella scopa, con l’aria che le riempiva la bocca, i capelli, fata volteggiante in uno spazio di sua esclusiva proprietà, non ricordava minimamente la goffa creatura bionda che, solo due ore prima, aveva fatto esplodere ben tre preziose palme della serra numero tre.
Beh, non era certo colpa sua, se nessuno l’aveva avvertita che per le Palme Allergiche All’acqua non è esattamente salutare essere avvicinate da un bell’innaffiatoio pieno sino all’orlo! Insomma, certe cose bisogna precisarle sull’etichetta. E che scus era ‘Ma sull’etichetta c’era il nome!’? Come si poteva capire una cosa del genere dal nome?
Bah, misteri delle menti dei professori. L’insegnante di erbologia era infine fuggito in lacrime, in preda a chissà quale crisi depressiva.
Ma come sempre, la sua posizione di Cercatrice l’aveva protetta. Ed ora, quasi per offrire sentiti ringraziamenti, si impegnava come non mai nei faticosi giri di riscaldamento.
“Ok Zaria: ora ti lancio un bolide. Evitalo!”
“Sì, capitano!” Lo chiamava sempre così, sul campo. Era segno di rispetto.
Salì di quota, e quasi distrattamente abbassò uno sguardo verso il basso.
Quasi nessuno si disturbava ad assistere agli allenamenti della squadra della propria Casa. Era divertente presenziare alle partite, questo sì. Ma affrontare il freddo e le intemperie per vedere sette scemi passarsi e ripassarsi delle palle… no, grazie.
Così, gli spalti erano sempre vuoti, deserti. E quel giorno, il ragazzo dai capelli scuri, anche se seduto in disparte, le saltò all’occhio come un puntino nero in uno spazio bianco. Severus Piton, in persona. Imbronciato come sempre, e seduto a gambe accavallate, il naso puntato verso il cielo e il solito sguardo di fuoco verso chiunque.
“Ehi, Severus!” Lei si sbracciò, salutandolo allegramente. Lui rispose con un freddo cenno del capo.
“Zaria, il Bolide!” Uh, era la voce del Capitano che la chiamava! Cosa voleva? Va beh, se ne sarebbe occupata dopo…
“Hai visto?” Proseguì, trionfante. “Qui su non sembro un’imbecill…”
“Zaria, il…!”
E quindi si risvegliò. Dolorante, a terra, circondata da tutti, ma si risvegliò.
“Come stai? Tutto bene?” Lamida, una Cacciatrice, la sorresse gentilmente, aiutandola a sedersi.
“Eh… come potrebbe andar meglio…?” Balbettò la poveretta, cercando di mettere meglio a fuoco il mondo intero.
“Zaria! Ma sei scema, o la fai?” Sbraitò la voce del capitano.
“La prima, suppongo…” Rispose freddamente quella di Severus; dagli spalti, doveva essere accorso, per sfotterla più da vicino. Ma che carino…
“Ehi, pipistrello, che accidenti ci fai qui?” Non v’erano dubbi circa a chi si riferisse il capitano. “Porti rogna, non vedi?”
“Capitano!” Zaria si riprese in un istante, lanciandogli uno sguardo di fuoco, che lo fece ragionevolmente ritrarre. Anche perché lei aveva istintivamente estratto la bacchetta, e ogni buon saggio sapeva che era matematicamente impossibile prevedere cosa potesse uscire da un simile strumento in mano a quella. “Cerchiamo di non trarre conclusioni da idioti, che ne dice?” Sibilò.
“Da che pulpito giunge il saggio consiglio…” Piton alzò gli occhi al cielo.
“Vedi di stare zitto!” Ma, per evitare brutte conseguenze, il capitano evitò di inserire altri epiteti offensivi nei suoi confronti. “Renditi utile, piuttosto: accompagnala in infermeria. Noi dobbiamo proseguire l’allenamento!”
Mentre la squadra, non proprio tranquilla per le mani ove era stata affidata la Cercatrice, risaliva in groppa alle scope, Severus, sbuffando, l’aiutò a rimettersi in piedi.
“Sto bene, davvero…” Tentò di protestare. Zampettava decisamente incerta, e lui fu costretta a sorreggerla.
“Vieni, Miss Intelligenza. In infermeria.”
Arrendevole, si lasciò condurre. In effetti, capitava proprio a fagiolo. Da giorni voleva parlargli, ma lui sembrava quasi volesse evitarla. Ma probabilmente era una sua impressione.
“Allora, per l’appuntamento?” Volle sapere, e non badò alla stretta di lui che s’irrigidì. “Dove ci vediamo?”
Piton non rispose. Gli occhi si riempirono di strane ombre, e le labbra si serrarono in preda alla rabbia. Ma Zaria aveva appena ricevuto un Bolide nello stomaco, e si era goduta una bella caduta dall’alto, quindi non era esattamente nelle condizioni di badare a certi particolari.
“Davanti alla Stamberga Strillante.” Rispose infine, con voce atona, quando entrarono nel castello. “Vedi di essere puntuale. Ho idea che sarà una giornata… sorprendente.”
“Lo credo anche io.” Annuì con un sorriso, e peccato che nessuno potesse leggere nella testa dell’altro.

E venne il gran giorno. E lei indossò qualcosa di carino, subito nascosto sotto strati di vestiti per il gran freddo. Però lasciò i capelli sciolti, che l'avvolsero come una specie di aurea.
E quindi si diresse verso...
“Ci vediamo lungo il corridoio…” Zaria scimmiottò la voce frizzantina di James, percorrendo un vecchio, abbandonato corridoio dell’ala ovest. “Come accidenti si fa a mandare un gufo con un appuntamento lungo un corridoio?” Sbraitò, verso il nulla. “Un corridoio così lungo, poi! Ma perché ho dei parenti tanto idioti?” Scosse il capo, demoralizzata.
Va bene, stava parlando da sola. Non era certo la prima volta che le capitava, e non sarebbe stata l’ultima.
E poi, era agiata: stava per evadere dal castello, fuggire in un villaggio di maghi… e avere un appuntamento con Severus. Delle tre, non riuscì a stabilire quale fosse l’impresa più rischiosa.
Borbottando maledizioni in direzione del cugino, proseguì nel cammino; da ormai venti minuti si faceva delle vasche su e giù per quei freddi muri ricoperti di muschio, senza trovare alcun indizio che le indicasse dove trovare quell’idiota di Potter.
Lui non aveva voluto spiegarle niente di più del modo in cui l’avrebbero condotta a Hogsmeade. Voleva fare il Misterioso, lui, il Tenebroso Condottiero o chissà che accidenti d’altro! E intanto, lei prendeva del freddo in uno stupido, vuoto e inutile corridoi…
“UAAAH!” Non poté fare a meno di urlare, quando le braccia fuoriuscirono direttamente dal muro, trascinandola verso una cavità nei mattoni. A cieco, sparò verso le sue spalle due pugni, che non mancarono il bersaglio.
“Ahia! Ma sei tutta scema?” James la lasciò andare, portandosi le mani al naso offeso dai ripetuti colpi di Zaria. “Cosa hai fumato, code di rospo?”
“IO ho fumato code di rospo?” Urlò lei, ansimante, appiattita contro il muro e non ancora ripresasi dallo choc. “Tu, pezzo di scemo, che mi salti alle spalle e… Ehi!” Solo allora si guardò attorno. Il cugino, con la sua somma e aulica delicatezza, l’aveva trascinata in una specie di cunicolo, la cui apertura era situata proprio in quel famoso corridoio dove aveva passeggiato per quasi mezz’ora. “Ma questo è un passaggio segreto!” Esclamò, elettrizzata.
“Davvero? Mi credevo fosse il Louvre…” Borbottò lui con voce nasale.
“Spiritoso! Allora, lo devo percorrere, e mi ritroverò a…”
“Lo percorreremo, e ci ritroveremo a…”
“Com’è che metti il plurale?” Lo guardò storto.
“No, com’è che tu metti il singolare!” Lui la fissò ancora peggio.
“Non vorrai presentarti al mio appuntamento!” Strillò, più minacciosa che mai.
“Beh, dovrò pur controllare che sia un tipo affidabile…”
“E poi ti converrà affidarti al miglior stregomago della zona…” Ringhiò, facendo scroccare le dita.
James parve soffermarsi attentamente sulla questione.
“Ti accompagno, e poi ti lascio sola.”
“Lo vedi che sei intelligente, quando vuoi?”
Il cugino annuì, e si avviò prima di lei per il passaggio; in realtà, come sempre, aveva un geniale asso nella manica! Zaria era troppo concentrata sulla fuga per rendersene conto, ma all’appello mancavano tutti i Malandrini…


  
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