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Autore: csgiovanna    15/02/2011    6 recensioni
Il dolore per la perdita della sua famiglia potrebbe davvero aver spinto Patrick Jane a compiere un folle gesto? E' questo il dilemma che Teresa Lisbon dovrà affrontare mettendo in discussione molte delle sue certezze.
Genere: Drammatico, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’amore può superare ogni confine? Teresa Lisbon e Patrick Jane lo scopriranno nel presente capitolo e nei successivi episodi di questa log-fic. Vi consiglio di leggerlo ascoltando l’hallelujah jeff buckley.
Buona lettura!

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Un vento lieve soffiava tra le fronde degli alberi creando un sussurro costante ma leggero. Non c’erano nuvole in cielo e tutto era sereno e tranquillo. Un gruppetto di persone camminava lungo il viale alberato, senza fretta.

Un raggio di sole gli illuminò il volto e lo svegliò. Si era addormentato all’ombra di un albero. L’aria era frizzantina, ma piacevole. Si alzò malvolentieri dal suo giaciglio di fortuna, si stiracchiò, sistemò il gilet e indossò la giacca. Attraversò il prato di fronte a lui accarezzando l’erba alta con la mano, ne raccolse uno stelo e se lo portò alla bocca. Si guardò in giro alla ricerca del resto della squadra. Camminava lentamente assaporando l’inusuale sensazione di benessere. Li vide poco distante e li raggiunse a grandi passi.
“Hey” - li salutò unendosi al gruppo.
Nessuno gli rispose.
“Oh avanti, Lisbon! Non vorrai tenermi il muso tutto il giorno! Stavo solo... pensando! - si giustificò, sul volto il suo solito sorriso impertinente.
Lei si voltò appena. Il volto scuro, gli occhi arrossati.
“Lisbon?”
Guardò gli altri. Van Pelt stava piangendo sorretta da O’Loughlin che le teneva la mano. Cho e Rigsby indossavano gli occhiali scuri ed entrambi fissavano un punto di fronte a sé. Lisbon tratteneva a stento le lacrime. Madeline Hightower era poco distante, accanto a lei Virgil Minelli. Entrambi erano silenziosi.
Si guardò intorno, a pochi metri da loro c’era una bara in mogano scuro coperta dalla Strares and stripes, un piccolo gruppo di poliziotti in divisa, una corona di fiori ed una sua foto.
Jane la riconobbe subito, era stata scattata un paio di mesi prima alla fine di un caso. Van Pelt aveva insistito tanto per immortalare in quel modo il successo della squadra. Quella foto l’aveva scattata Lisbon. Se lo ricordava perché ne era rimasto particolarmente colpito. Per lui una fotografia non parlava tanto del soggetto, ma piuttosto del fotografo che l’aveva scattata e quella foto gli aveva detto molto di Lisbon e di quello che provava per lui. Provò una strana sensazione al ricordo. Un’emozione che pensava di aver dimenticato.
“E così, è questa la morte?” - si chiese poi, quasi deluso.
Tornò a guardare Lisbon e gli si strinse il cuore, avrebbe voluto abbracciarla e dirle che andava tutto bene, che era lì con lei.
“Cos’è successo Lisbon?” - sussurrò.
Non sapeva come era morto. L’ultimo ricordo che aveva era Teresa che lo salutava una sera uscendo dal CBI, il suo sorriso e...la lettera di Red John.
Il prete stava recitando una preghiera per lui. Teresa piangeva in silenzio.
Cosa ci faceva lì? Se era morto perché stava assistendo al suo funerale e alla sofferenza dei suoi amici? Altro dolore su dolore? Altra colpa da aggiungere a quella che già portava nel cuore? Si era sempre immaginato che una volta morto non ci sarebbe stato più nulla. Niente più pena, niente più incubi, niente più rimorso. Solo il silenzio. Sospirò, sul volto un sorriso enigmatico. La morte si prendeva gioco di lui.
Mentre i poliziotti in divisa intonavano l’“Amazing Grace”, Minelli prese la bandiera e iniziò a piegarla, quindi la consegnò a Teresa che la strinse al petto. Jane distolse lo sguardo. A turno Van Pelt, Rigsby, Cho e Lisbon posarono una rosa rossa sulla sua bara, poi si allontanarono senza dire una parola. Patrick li seguì. Si voltò solo un attimo a guardare la sua tomba mentre calavano la cassa nella fossa.
Perché era lì? si chiese ancora una volta.

Nel S.U.V c’era un’atmosfera triste, nessuno parlava. Cho guidava, affianco a lui Rigsby fissava la strada senza vederla. Lisbon era seduta dietro, lo sguardo perso nel vuoto. Van Pelt li seguiva nell’auto di O’Loughlin.
Jane era seduto accanto a Lisbon e la stava osservando. Lei fissava la strada, le lacrime agli occhi, un sorriso malinconico ogni tanto le appariva fugace sulle labbra.Stava pensando a lui e a quante ne avevano passate insieme, immaginò Jane.
Avrebbe tanto voluto toccarla e cancellare tutta quella sofferenza.
Invece si stiracchiò, incrociò le braccia dietro la testa ed iniziò a fischiettare, dapprima un motivetto a caso poi cercò di seguire la melodia dell’“Hallelujah” di Jeff Barkley. Non sapeva nemmeno perché gli fosse venuta in mente. Forse a causa dell’atmosfera triste. In fondo era stato al suo funerale, cercò di giustificarsi.
Era stata una cerimonia degna di un vero poliziotto, si disse, anche se lui era un semplice consulente, come amava ricordare spesso Lisbon. Sorrise, ci avrebbe scommesso la testa che era stata lei ad insistere perché il suo funerale fosse celebrato in quel modo.
“Teresa” - sussurrò.
Lisbon sospirò e, come se avesse potuto sentirlo, si voltò verso di lui ed iniziò a cantare con voce incerta - “Well there was a time when you let me know.What's really going on below. But now you never show that to me do you”.
Cho e Rigsby si unirono a lei - “But remember when i moved in you”. And the holy dove was moving too. And every breath we drew was hallelujah...Hallelujah, hallelujah, hallelujah, hallelujah ....”.
Jane sorrise triste, poi scosse la testa per allontanare l’emozione. Avrebbe sentito la loro mancanza, ne era certo. E più di tutti gli sarebbe mancata Teresa.
“Credi che sia insieme alla sua famiglia ora?” - chiese dopo un po’ Wayne.
Lisbon sospirò “Lo spero.”
Jane fece una smorfia e scosse la testa - “Mi dispiace deludervi ragazzi, ma temo che il protocollo morte abbia un iter un po’ più complesso”.
“So che è un giorno duro per tutti “- intervenne poi Lisbon - “Ma devo chiedervi di rimanere in ufficio oggi” -
“Certo capo. Dobbiamo fare di tutto per catturare il colpevole”
Lisbon annuì - “Puoi scommetterci Cho. Troveremo il bastardo che ci ha fatto questo” .

Arrivati al CBI, Jane cercò di recuperare qualche informazione sulla sua morte. In breve tempo scoprì che, nel giorno del settimo anniversario dell’omicidio di sua moglie e sua figlia, era stato avvelenato con del cianuro. Scoprì anche che Lisbon era rientrata fortuitamente in ufficio e lo aveva soccorso. Inizialmente le sue condizioni non erano apparse gravi, ma improvvisamente aveva avuto un peggioramento e, dopo pochi giorni, il suo cuore si era fermato. Lisbon gli era rimasta accanto tutto il tempo.
All’inizio Teresa aveva pensato si fosse suicidato per via della lettera di John, non sapeva cosa le avesse fatto cambiare idea.
Naturalmente lui non lo aveva fatto. Era un po’ deluso dal fatto che Lisbon avesse potuto pensarlo.
La lettera l’aveva turbato, era vero, ma non si sarebbe mai tolto la vita.
Non prima di trovare Red John e vederlo morire per mano sua.
Quella lettera era una sfida, l’ennesimo suo giochetto. Lui voleva catturare Red John e lo avrebbe fatto se solo...
Aveva fallito, si disse. Aveva deluso la sua famiglia ancora una volta. Qualcuno lo aveva fermato prima di avere la sua vendetta.
Era ancora bloccato lì per scoprire chi era il responsabile?
Doveva trovare il suo assassino?
In quel momento avrebbe tanto voluto una tazza del suo tea preferito. La sua nuova condizione cominciava a stargli stretta. Niente tea, niente sudoku, niente scherzi a Rigsby, né tanto meno battibecchi con Lisbon.
“Passare a miglior vita. Un altro luogo comune da sfatare! - sbuffò annoiato.
Si stiracchiò, diede un ultimo sguardo alla macchia sul soffitto che lui chiamava Elvis e si avvicinò a Van Pelt, Cho e Rigsby. Stavano passando al setaccio tutti i suoi vecchi casi e l’elenco degli ex clienti, alla ricerca di un movente o di un possibile collegamento. La lettera di Red John al momento sembrava non centrare con la sua morte.
Era d’accordo con loro, non era stato Red John. La lista di potenziali assassini in ogni caso era piuttosto lunga. Inoltre non era ancora chiaro come fosse stato avvelenato. Non era stata trovata traccia di veleno al CBI e questo non aiutava di certo a capire chi potesse essere il colpevole.
“Hey capo. Forse ho trovato qualcosa”- esclamò Van Pelt.
Lisbon si avvicinò.
“Greg Hall” - disse mostrandole il monitor - “E’ il figlio di una ex cliente di Jane, morta suicida qualche anno fa. Poco dopo che Jane ha chiuso la sua attività di sensitivo. E’ arrivato a Sacramento quattro giorni fa.”.
Lisbon continuò - “Jennifer Hall, vedova con tre figli. Morta per avvelenamento da cianuro” - concluse per lei.  - “Ottimo lavoro Grace”.
“Cho. Tu e Rigsby andate a recuperare questo Greg Hall. Voglio interrogarlo subito. Van Pelt. Recupera tutte le informazioni che abbiamo su di lui”.
Avevano una pista, si disse Jane sorridendo. Anche se non ricordava per niente di aver avuto una cliente con quel nome, era pur sempre la prima pista concreta che avevano.
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Lisbon entrò nella sala interrogatori due, un fascicolo in mano, il volto serio. Si sedette. Jane era al suo fianco ed osservava con attenzione il ragazzo che avevano di fronte.
Greg Hall era giovane, la testa rasata e un paio di occhi gelidi su un viso irregolare. Non era brutto ma aveva un’aria inquietante. Stava seduto con aria annoiata e fissava Lisbon con straffottenza. Accanto a lui sedeva una giovane donna bionda, piuttosto minuta e dall’aria vagamente famigliare, notò Jane.
“Furto con scasso, aggressione, detenzione di stupefacenti” - iniziò Lisbon sfogliando il fascicolo ed ignorando la ragazza - “Un curriculum di tutto rispetto, davvero sig. Hall” - disse.
Il giovane alzò un soppracciglio ma non disse nulla. La bionda fissava Lisbon con rabbia. Teresa non sembrava notarlo.
“Sappiamo perché è qui a Sacramento Sig. Hall. O dovrei chiamarla Sig. Williamson, o Curtney?” - continuò Lisbon mostrandogli le patenti false che Cho e Rigsby avevano rinvenuto nella sua auto.
Lui sembrò non esserne turbato, però Jane notò un piccolo fremito del labbro. Ed anche Teresa lo vide. Patrick, guardandola, sorrise compiaciuto.
“Conosce quest’uomo?” - incalzò lei mostrandogli la foto di Jane.
“No” - rispose
Era vero, non lo aveva riconosciuto, si disse Jane. La ragazza bionda invece spalancò gli occhi.
Lo stava fissando? si chiese Patrick.
“Lasci che le racconti una storia Sig. Hall” - sibilò Lisbon con aria minacciosa - “Sua madre era cliente di Patrick Jane” - disse indicando la foto - “Lui le ha fatto credere per anni di poter comunicare con suo padre nell’aldilà spillandole un bel po’ di denaro, non è così?”
“Oh avanti Lisbon, la fai passare peggio di quel che è..”- si giustificò Jane imbarazzato, il suo solito sorriso impertinente sul volto.
“Poi il Sig. Jane ha smesso di fare il finto sensitivo svelando al mondo la sua truffa...Sua madre non ha retto e si è suicidata... col cianuro, non è così? Un duro colpo per un ragazzino di pochi anni”
Il giovane la fissò con rabbia senza dire nulla, i pugni chiusi, la mascella contratta.
“Le dico io come sono andate le cose” - continuò lei incalzante - “Ha atteso. Ha coltivato la sua rabbia per anni, aspettando l’occasione giusta per vendicarsi dell’uomo che le ha portato via tutto! Con lo stesso veleno usato da sua madre! Lei ha ucciso Patrick Jane!”
“No!” - urlò lui - “Non ho ucciso nessuno! Non conosco quest’uomo! Non so chi sia Patrick Jane, non l’ho mai visto né mi interessa nulla di quello che ha fatto a mia madre. Perché…” - si interruppe respirando affannosamente “ Perché mia madre...Sì, mia madre...era una stupida, egocentrica puttana egoista che meritava la fine che ha fatto!”.
Lisbon sollevò un soppracciglio. Lui la guardò con rabbia.
“Capo...” - Cho aprì la porta della sala interrogatori.
Lisbon si voltò a guardarlo, poi si alzò portando con sé il fascicolo. Uscì e iniziò a discutere animatamente con Cho.
“Cosa ci fa qui Sig. Jane?” - chiese d’un tratto la ragazza al consulente.
Lui trasalì. Cosa stava succedendo?
“Sì, ti vedo. Come tu vedi me...Mentre tutti gli altri non possono, è ovvio” - stava sorridendo in maniera strana. Poi appoggiò la testa sulle mani e lo fissò incuriosita.
Ovviamente sono qui per smascherare il mio assassino” - rispose Jane sorridendo divertito dalla situazione - “Che non è il tuo amico, naturalmente.”
“Hum... Ne dubito” - rispose lei sorridendo.
“Cosa intendi dire?”
“Che non sei qui per questo. Non siamo mai qui per noi.” - fece una pausa - “Davvero nessuno ti ha spiegato come funziona?”- sembrava sorpresa.
“Vedi” - riprese - “ Io sono qui per lui” -  e accompagnò la frase con uno sguardo tenero rivolto al giovane accanto a lei -”Non è cattivo, ma si mette sempre nei guai.”
Lisbon entrò in quel momento - “Può andare sig. Hall” - il suo volto era serio.
Jane sorrise, non era per nulla sorpreso.
Greg Hall si alzò e la giovane donna con lui.
“Dunque lei è così importante per te, Patrick?” - sussurrò la bionda mentre usciva dalla stanza, accennando a Lisbon. Jane la fissò incerto.
“Oh certo che lo è.” - aggiunse lei, un sorriso malizioso sulle labbra - “Buona fortuna Sig. Jane”.
Lui la fissò turbato, poi si voltò a guardare Teresa.
Si ricordò che le aveva fatto una promessa.

“Andate a casa” - sussurrò triste Lisbon alla sua squadra - “per oggi abbiamo fatto tutto quello che potevamo”.
“Lo troveremo” - disse Van Pelt salutandola.
“Certo Grace. Lo troveremo”.
“A domani capo” - salutarono Cho e Rigsby.
Lisbon entrò nel suo ufficio, si sedette alla scrivania e si prese la testa tra le mani.
Jane la seguì e si distese sul divano che le aveva regalato. Era annoiato ed aveva una gran voglia di un tea. Trovare il suo assassino si stava rivelando più complicato del previsto, l’unico sospettato che avevano era stato scagionato ed ora avrebbero dovuto ricominciare da capo. Greg Hall, alias Andrew Williamson, era stato arrestato per rissa poche ore dopo essere arrivato in città. Era uscito quello stesso pomeriggio. Non poteva essere l’assassino.
“Dannazione” - esclamò Lisbon.
“Già dannazione” - sussurrò Jane.
Lui però non si riferiva al caso, ma al fatto che avrebbe tanto voluto una tazza di tea.  Pensò a quanto gli aveva detto la ragazza. Era lì per Lisbon?
Si girò a guardala. Sorrise suo malgrado.
Era bella Teresa, anche in un momento come quello. I capelli arruffati, gli occhi arrossati e cerchiati da occhiaie. Fragile, tenace e combattiva Lisbon.
Chi stava prendendo in giro? Era ovvio che era rimasto per lei. Le aveva promesso che ci sarebbe sempre stato, che l’avrebbe protetta sempre e lui era il tipo d’uomo che manteneva le promesse. E quindi... Sì! Anche da morto.

Teresa sospirò, aprì il cassetto della scrivania e ne estrasse due bicchieri ed una bottiglia di Wiskey. Riempì i bicchieri, ne alzò uno al cielo e lo bevve in un sol sorso.
“Alla tua Jane. Riposa in pace” .
“Oh lo vorrei tanto Teresa. Ma a quanto pare anche da morto ho il mio daffare” - e le sorrise.
Lisbon bevve anche il secondo bicchiere, poi mise via la bottiglia e sospirò.
Lentamente spense il computer, prese la sua borsa e si incamminò verso l’ascensore. Erano andati via tutti.
Jane sbuffò, quindi si alzò dal divano e la seguì.




   
 
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