Siccome sono
passati più di due anni – e non
“solo” un anno – dall’ultima
volta, ho pensato
di postare due capitoli (insieme)
Certo, un
attesa così lunga non potrà essere mai del tutto
ripagata, tuttavia chi scrive
sa che è tutta una questione di ispirazione: per DHO ho
avuto enormi problemi a
capire come desideravo sul serio che andasse avanti la
storia… in ogni caso non
volevo interromperla perché la amo molto, e così
non ho potuto che attendere di
avere una qual sorta di epifania.
E in
qualche modo l’ho avuta.
Volevo
postarlo proprio a San Valentino, perché mi sembrava
appropriato, ma sono
rimasta bloccata a casa del mio ragazzo a discutere amabilmente (alias:
lanciarci piatti, sedie e altri oggetti contundenti)
In ogni
caso, questo capitolo è per voi.
Per tutti
voi che rimanete a distanza di tempo e continuate ad appassionarvi a
questa
storia. Per quelli che non hanno perso la speranza di vedere che fine
faranno i
nostri eroi. Per quelli che si fidano del fatto che Draco ed Hermione
si
meritano un finale degno dello sforzo che hanno fatto per arrivare fin
qui
insieme.
E ve lo
meritate anche voi, per lo sforzo che fate a seguirmi.
Per cui, con
il cuore e il solito affetto, ecco un nuovo capitolo dalla vostra
silverwings.
Un capitolo
che non conclude questa storia, ma che ci mostra un altro piccolo passo
verso
quello che spero sarà un gran finale.
Coerente,
divertente e felice.
Ps. E per
chi si chiede quando sarà, non so dirlo in termini di tempo.
Ma parlando di
capitoli, non so se arriveremo ai 20.
The Draco and Hermione’s
Opera
Capitolo 13. Il
massacro di San Valentino
Venerdì
14 Gennaio. Ore 19.22
Hogwarts. Sala Grande
« Così,
non sei mai stato al mare. »
Prese nota.
« E
nemmeno ci vorrei andare! »
« Certo,
certo… e in montagna? »
« A
fare cosa? Assiderare?! »
Prese nota.
« Giusto,
giusto… voi non sciate »
« Sci-cosa?
»
« No,
niente, uno sport. Dove andavi in vacanza, quindi? In campagna?
»
«
Vuoi
scrivere la mia biografia, per caso? » Le rimbeccò
infastidito Draco Malfoy,
stravaccato su mezza panca e mezzo tavolo della biblioteca, a
quell’ora ormai praticamente
vuota.
«
Non ci
andavi? » Continuò serrata, staccando lo sguardo
dal foglio e piantandoglielo
direttamente in faccia, ignorando bellamente le sue ingiunzioni.
Il metodo
migliore per farlo arrabbiare.
« Adesso
basta! » Ringhiò lui, sbattendo una mano sul
tavolo e aggrottando la fronte con
così tanto disappunto che sembrava quasi che lo stesse
insultando. Cosa che per altro si
sarebbe
meritato, considerando tutto! «
Non
ho alcuna intenzione di rispondere oltre a queste tue domande idiote!
Chissene
frega se non scivolo in montagna!
»
Scio.
« O
se mi piace giocare alle piglie in
spiaggia! »
Biglie.
« O
se la mia casa in campagna ha la terevisione!
»
Ecco,
appunto: il metodo migliore per farlo arrabbiare, e per farlo
rispondere.
«
Ah, ok
ok… ti piace la campagna, dunque, bene…
bene… » Commentò con tono distratto,
mentre tornava a scrivere avidamente.
E comunque,
si dice televisione.
Con la coda
dell’occhio notò Draco andare in escandescenza,
alzandosi e cominciando a
gesticolare freneticamente, ma cercò di non badarci.
Se non
altro perché, nel momento in cui si fosse messo a gettare
all’aria dei libri,
Madama Pince l’avrebbe fustigato a dovere in sua vece.
Ormai
accadeva da giorni.
O almeno da
quando Draco si era reso conto che lei si ritagliava sempre
più momenti di
solitudine, e non gli dedicava più tutta
l’attenzione che lui riteneva di
meritare, riversandola invece su chilometriche e misteriose pergamene.
Tutti quei
sotterfugi e quell’improvvisa necessità di
mantenere più spazi privati avrebbero
immediatamente messo sul chi vive una persona intelligente. In poco
tempo, una
persona intelligente avrebbe potuto effettivamente scoprire che lei
stava
facendo qualcosa che lo riguardava e che doveva assolutamente tenergli
nascosto…
Ma,
fortunatamente, Draco Malfoy dimenticava veramente spesso di essere una
persona
intelligente.
Chiaramente
il mentirgli e il tenerlo all’oscuro la facevano sentire in
colpa ogni tanto. Ma
il più delle volte, fondamentalmente, riteneva che fosse
soltanto un emerito
cretino, e che se solo lui avesse avuto un po’ più
di pazienza e calma lei avrebbe
potuto evitarsi l’ulcera che con ogni probabilità
le stava scavando lo stomaco!
Naturalmente
comprendeva – in qualche modo – la sua
acidità. Non era proprio con investigativa
accortezza che cercava di estorcergli informazioni sulla sua vita.
Né con
particolare tatto che talvolta gli diceva di sloggiare
perché all’improvviso si
rendeva conto di aver altro da fare.
D’altra
parte, anche a costo di sentirsi rispondere di essere una deprivata mentale, qualunque cosa Draco
credeva volesse dire – e
dubitava che fosse il vero significato del termine – aveva e
avrebbe continuato
a restar vaga sui suoi affari, e ad impedirgli di ficcarci il naso
adducendo
scuse sceme come l’aumento improponibile di compiti, certa
del fatto che per la
semplice ragione che si trattava di compiti Draco se ne sarebbe tenuto
alla
larga.
Tattica
fino a quel momento rivelatasi estremamente vincente.
Udì
la voce
acuta di Madama Pince frustare l’aria con una fattura.
Trasse un
sospiro.
Come da
copione, ecco la fustigazione.
*** *** ***
Domenica 16
Gennaio. Ore 19.22
Hogwarts. Sala Grande
Le vacanze
erano finite, e Ginny Weasley era tornata a Hogwarts…
Benché
ciò
che la univa a quel luogo fosse anche un legame triste, fatto di banchi
e letti
ormai vuoti, appartenuti a persone importanti di cui non rimaneva altro
se non
un’assenza ingombrante. Benché la vita si fosse
rivelata difficile entro quelle
mura assai più che nella sua casa dell’infanzia,
tana caotica ma sempre
accogliente. Benché avesse compreso cos’era il
dolore, e persino la morte, solo
da quando Hogwarts l’aveva ospitata nelle sue alte
torri… benché tutto questo
fosse vero, ogni volta che se n’era andata,
foss’anche per una breve giornata
ad Hogsmean, l’idea di tornare le aveva sempre trasmesso un
senso di sollievo.
Il punto
era che a Hogwarts non c’era mai stato e mai ci sarebbe stato
nulla di
prevedibile, ma non l’aveva mai abbandonata la certezza che
tutto fosse superabile.
Come se in
qualche modo, qualunque cosa avesse dovuto affrontare, in quella scuola
avrebbe
trovato la forza e il coraggio per uscirne intera.
Per la
prima volta, invece, varcando le alte arcate dell’ingresso di
Hogwarts, e poi
la stretta cornice del ritratto della Signora Grassa, aveva percepito
un po’ di
inquietudine dentro di lei…
E questo
perché Draco Malfoy continuava a mettere in discussione,
ogni volta di più, i
piccoli frammenti di concessioni che gli accordava per amor di
onestà… o semplicemente
per amor di Hermione.
Chissà
perché, infatti, leggendo della cattura di Narcissa Malfoy
l’avevano colta,
nello stesso momento e con la stessa intensità, un senso di
paura e
rivendicazione: aveva dato fiducia a quel Serpeverde per avere in
cambio la
certezza che una delle persone da cui traeva quel
coraggio e quella
forza potesse rimanere al suo fianco. Non aveva dato un out-out a
Hermione per
non rischiare di essere l’out scartato, e aveva pensato che
quello sarebbe
bastato a far sì che Hermione restasse anche con loro.
Invece i disastri che
continuavano a travolgerlo non facevano che rendere sempre
più instabile l’equilibrio
che si era sempre sforzata di creare intorno a loro.
E quei
sentimenti
ingarbugliati non l’avevano abbandonata nemmeno quando era
venuta a sapere che
era stata proprio Hermione Granger a riportare Draco Malfoy a
Hogwarts…
Non
l’aveva
sorpresa che il litigio tra loro due fosse finito: ricordava che quando
era
iniziato aveva sperato che accadesse. Tuttavia, il fatto che Hermione
si fosse
precipitata da lui l’aveva un po’ turbata, come se
si fosse resa conto solo in
quel momento che, anche se aveva riportato Draco a Hogwarts, prima o
poi non
avrebbe più potuto farlo.
E a quel
punto? Se si fosse piombata a salvarlo, e una volta lì
avrebbe scoperto che non
poteva riportarlo indietro? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe tornata
indietro?
Oppure non avrebbe saputo abbandonarlo al suo destino?
Queste
domande le pesavano sullo stomaco al punto che il bel viso latteo aveva
fatto
un grande sforzo per apparire naturale di fronte alla sua migliore
amica, la
quale, accortasi che qualcuno era entrato nella stanza, aveva sollevato
lo
sguardo luminoso dalla pergamena ch stava scrivendo.
« Ciao
Ginny! » Aveva esclamato, festosa, alzandosi per andarle
incontro ed
abbracciarla « Mi sei mancata! Andate bene le
vacanze, si? »
« Si,
bene, bene… » Aveva risposto sciogliendo
lentamente l’abbraccio, e abbozzandole
uno stentato sorriso. « E tu? »
Hermione
allora le aveva rivolto uno sguardo lento, profondo, diretto.
« Hai
sentito di Draco, vero? » Aveva domandato dopo qualche
attimo, senza l’ombra di
un cruccio a increspare quella fronte pensosa che abitualmente si
indignava per
tutte le ingiustizie della terra. Senza un fondo vibrante di stizza o
di rabbia
nella voce ferma e distinta.
Erano sole,
eppure a Ginny era parso di udire un ronzio di voci insistenti nella
sua testa.
Perché
se
Hermione Granger non si indignava, né provava rabbia,
significava soltanto che
aveva già pensato a qualcosa.
« Si…
si l’ho sentito… » Aveva risposto,
vagamente a disagio.
Non aveva
potuto negare nemmeno a se stessa di aver sperato che Hermione lo
lasciasse
sprofondare solo, e non tentasse di salvarlo. Non per poi scoprire che
forse
avrebbe dovuto usare qualunque mezzo per riuscirci.
« Ginny
» L’aveva richiamata l’amica, gli occhi
lucenti che la guardavano senza sosta e
che lei faceva di tutto per evitare.
« Starai
dalla sua parte, lo so già » Si era ritrovata a
rispondere, forse per chiudere
quel discorso che era stato un po’ troppo veloce per il suo
stato d’animo.
« Non
ci sono parti, Ginny » L’aveva subito corretta
Hermione. Calma, ed eppure
incalzante. Specialmente quando aveva ripetuto, di nuovo:
« Ginny,
ascoltami »
I suoi occhi
blu avevano cercato di girare dappertutto tranne che nel punto in cui
avrebbero
incontrato quelli dell’amica. Aveva avuto il presentimento
pulsante che se vi
si fosse soffermata sarebbe accaduto qualcosa di terribile.
O,
semplicemente, qualcosa che avrebbe cambiato di nuovo molte, troppe cose.
Non fu
così,
invece.
« Ginny
» Aveva ripetuto per l’ennesima volta Hermione, con
forza, costringendola
infine a guardarla « Ginny, avrei bisogno che tu mi
faccia un favore… »
Ed era
stato così che dopo tantissimo tempo, Hermione Jane Granger,
senza un’ombra,
senza un rimorso, senza un dubbio, solo con l’accenno di un
breve sorriso, le
aveva chiesto qualcosa.
Di fronte a
questo, Ginny Weasley aveva forse pensato di piangere.
« Tutto
bene, Gin? » La richiamò dai suoi pensieri Dean,
seduto accanto a lei nella
lunga tavolata dei Grifondoro, in quel momento intenti a pasteggiare.
Scosse
meccanicamente il capo, annuendo un paio di volte senza però
riuscire a trovare
qualcosa da dire. Era passato qualche giorno dal suo ritorno, e le sue
ansie si
erano sciolte nella quotidianità delle lezioni, delle
scaramucce tra compagni,
nelle lotte tra Case… ma il senso più profondo
della conversazione con
Hermione, e soprattutto di come si era conclusa, avevano aperto un
solco profondo
nella sua testa.
Così,
in
attesa che qualcosa lo riempisse, non poteva far altro che rimuginarci
sopra.
Le
spiegazioni che il suo mite ma attento ragazzo avrebbe probabilmente
richiesto
a seguito del suo mutismo persistente vennero però
nuovamente posticipate.
E questa
volta, proprio dall’improvvisa comparsa di Draco Malfoy.
Pericolosamente
vicino al tavolo dei Grifondoro.
Seamus, che
stava raccontando con orgoglio della sua ultima esplosione, girandosi
in
direzione di molte paia di occhi allibiti si ammutolì
all’istante nel vedere il
Serpeverde fermo a un paio di metri di distanza, con aria profondamente
scossa
e la bocca storta in una smorfia devastata.
Sta male?
Con la
fronte aggrottata, per un attimo fu incerta se gioirne o preoccuparsi.
«
… Mi sono avvicinato al tavolo di Grifondoro…
» Lo sentì sussurrare, lo sguardo
fisso davanti a sé mentre assentiva in modo ebete, come se
stesse provando a
convincersi del fatto che ciò che stava facendo non
corrispondeva ad una
condanna a morte. Ma non vi stesse riuscendo.
Nel silenzio
spiazzato che si era venuto a creare a causa dell’apparente
mongolismo del loro
peggior nemico, quello stesso nemico, alzando lo sguardo come folgorato
da una
capitale rivelazione, esalò:
« Non posso
avanzare più di così…
non devo… potreste infettarmi con i vostri germi
da Grifondoro… »
L’improvviso
desiderio di invertirgli l’angolo dei gomiti per un attimo
colmò il solco che Ginny
aveva in testa.
Altri
Grifondoro, di pretese mentali assai meno alte delle sue, probabilmente
pensarono che, benché meno raffinato di invertire
l’angolatura naturale delle
braccia, fosse ugualmente incisivo fargli notare:
« Se
non volevi avvicinarti perché l’hai fatto?!
»
« Già,
sloggia Malfoy! »
« Se
non le vuoi prendere, è meglio che ti allontani! »
Draco si
voltò verso di loro, il viso pallido e gli occhi sbarrati.
E lei ebbe
l’orrida impressione che stesse per dire
qualcos’altro di immensamente idiota.
Difatti,
con aria grave gemette:
« Il
trauma me lo impedisce… »
…
Da
encefalogramma piatto, praticamente,
Cosa, precisamente, Hermione trovava in quello
squilibrato?
Ginny
Weasley se lo chiese mentre con uno sguardo al limite della
sopportazione e
dell’incredulità osservava la connaturata
spossatezza con cui il Serpeverde
arrivava a tenersi la fronte con le mani, afflitto dalla sua stessa
ammissione,
dandole la netta impressione che non avrebbe dovuto minimizzare le voci
di
corridoio che lo volevo addirittura peggiorato
nella sua deficienza.
Quando
infatti le avevano detto che Hermione era diventata ossessionata
– più del
solito! – dalle sue pergamene, e che Draco Malfoy, a digiuno
dalle sue
attenzioni, era diventato un po’ più pazzo di
quello che era prima di Natale,
non ci aveva dato troppo peso. Non è che si potesse superare
una certa soglia di pazzia, no?
Evidentemente
si…
Nel
chinarsi prostrato, lo sguardo di Draco dovette però
incontrarsi con quello di
Neville…
« Che
vuoi Paciock? » Si trovò a domandare contrito lo
stesso Malfoy, impreparato
allo sguardo pieno di disagio e afflizione con cui il Grifondoro lo
fissava.
Neville
parve trasalire e impallidire allo stesso tempo.
Scosse il
capo nervosamente un paio di volte.
« Tutto
bene? » Gli domandò Dean, con il tono cauto di chi
sa di parlare con qualcuno
che da qualche giorno si comporta in modo decisamente strano.
« Ehi?
» Tentò Seamus, più brusco, dandogli
uno scrollone.
Neville
continuava però a fissare Draco, dando
l’impressione di non aver udito una sola
parola. Provò forse a replicare, aprendo e chiudendo la
bocca, come se
boccheggiasse. Poi, semplicemente, serrò la mascella con
aria scossa, e se ne
andò via senza una parola, ondeggiando visibilmente.
« Ehi,
Neville?! » Provò a richiamarlo Dean, allarmato.
Non
ottenendo alcun risultato, lanciò un’occhiata
d’intesa a Seamus, che gli corse
dietro.
Lei per
parte sua rimase zitta. E d’altra parte né Dean
né Seamus le coinvolsero in
quella faccenda. Non a fronte dello scarso trasporto con cui aveva
cercato di
capire lo stato distratto e iperteso in cui avevano trovato Neville al
ritorno
dalle vacanze.
Seamus se
l’era un po’ presa a male per il suo apparente
distacco verso le afflizioni
dell’amico. O almeno, questo era quello che aveva potuto
capire da certi suoi
sguardi disapprovanti. Dean invece aveva rispettato il suo
atteggiamento.
Forse, pur
nella sua connaturata insensibilità maschile, il suo ragazzo
era riuscito a
capire, senza parlarne, che non era affatto questione di
disinteressarsi del
loro comune amico. Semplicemente, era estremamente cosciente che non
c’era poi
molto che lei potesse fare per Neville in quel momento.
Non tanto
perché non lo capisse… anzi.
Forse,
semplicemente,
anche lui aveva un solco in testa.
Per questo
si era convinta che l’unica cosa che avrebbe potuto aiutarlo
era che qualcuno o
qualcosa glielo riempisse, così come pensava che fosse
necessario per lei…
« Non
li hai sentiti? » Continuavano intanto altri Grifondoro
sopraggiunti,
incuriositi dalla presenza del Serpeverde in quell’ostile
parte della Sala
Grande.
« Te
ne vai a o no? Senza mangiamorte stiamo benissimo! »
« Già,
non tutti sono disposti a lasciar correre i tuoi sbagli, sai?
»
« Vattene,
non vogliamo futuri assassini al nostro tavolo! »
« Potrai
esserti ingraziato
« Ingraziato? »
Malfoy
uscì
dal torpore inerme in cui era scivolato e con cui aveva stupito i
presenti che
lo conoscevano come il più irascibile dispensatore di
insulti immotivati.
Con una
nota di stridulo panico fece tirare un sospiro di sollievo proprio a
quelli che
avevano pensato che la terra avrebbe presto preso a girare al contrario
se un
Malfoy, e a maggior ragione quel
Malfoy,
aveva il buon senso di non rispondere a tono a simili oltraggi:
« Il
mio trauma è già abbastanza esteso senza
insinuare che abbia fatto qualcosa di
così disgustoso come ingraziarmi quella stupida!
»
« Ma
come ti permetti?! » Strillò indignata lei,
sbarrando gli occhi incredula. Ma
che diavolo stava dicendo?!
« Non
parlare in questo modo di Hermione! » La appoggiò
Dean, accigliato.
Per tutta
risposta Draco, si sedette al posto vuoto di Hermione e si mise a
mangiare a
caso quello che trovava.
…
forse in segno
di spregio alla legittima proprietaria?
Ginny
Weasley non si prese la briga di rispondersi, e, sbattendo un mano
sulla tavola
e mandando lampi saettanti verso di lui, gli ordinò furiosa:
« E
non mangiare la sua roba! »
Non venendo
ascoltata, si alzò con l’intento di fermarlo,
imbracciando per sicurezza anche
la bacchetta. A questa azione il Serpeverde reagì infilzando
con enfasi un
pezzo di patata imburrata, e schioccando acido:
« Calma
piattola, o ti si alza la pressione »
Dean allora
si alzò al suo fianco, ad un tempo sicuro, ad un tempo
tranquillo.
« Hermione
non c’è, ok? Per cui vattene »
Draco
sollevò il capo verso di lui, ingoiando l’ultimo
boccone con incredulità.
Cosa per la
quale lei si ritrasse in un misto di diffidenza e sorpresa.
Che Malfoy
si fosse redento? Che avesse solo bisogno di qualcuno che gli parlasse
senza
insultarlo o imbracciare armi per massacrarlo? Che la presenza di
Hermione
avesse avuto una qualche positiva influenza su quell’essere
demenziale senza
apparente possibilità di appello fino al punto che persino i
suoi amici,
Grifondoro convinti, potevano avere la speranza di avere una
conversazione
civile e costruttiva con lui?
Che il suo
encefalogramma non fosse poi così piatto?
« Dio,
Thomas… » Farfugliò invece Draco, le
sopracciglia arricciate sulla fronte e gli
occhi deformati da una profonda angoscia « Il
cappello parlante deve aver
fatto una fatica immensa a non
spedirti dai Tassorosso…
»
…
A molti
sfuggi il significato di quella frase, ma come per renderla
più chiara, Draco prese
a guardarsi attorno con orrore, continuando a balbettare agghiacciato:
« Al
tavolo di Grifondoro…
con uno che
sembra Tassorosso! Devo andarmene
il
più presto possibile da qui! »
Con la coda
dell’occhio lei osservò che Dean faceva molta
fatica a contare fino a 10.
Mantra che gli permetteva di stare calmo anche in situazioni come
quella.
Lo ammirava
per quello, ovviamente.
Per quel
suo modo di affrontare con maturità la vita, i conflitti, i
litigi. Per quella
sua magnifica capacità di superare la propria rabbia e
convivere con uno stato
di pace imperitura degna di un eremita. Per la grazia innata con cui la
notte
prima del 21 dicembre 2012 avrebbe raggiunto la pace dei sensi in una
grotta
sperduta nei boschi del Canada, aspettando la fine senza rimpianti. Per
la
lealtà imprescindibile con cui aveva accolto, meglio di
tutti gli altri, e
persino di lei, che Hermione Granger tenesse, in qualche modo, a Draco
Malfoy.
Si, lo
ammirava.
Ma, certamente, se i gomiti di Draco Malfoy
si fossero improvvisamente rivoltati e il suo ragazzo ne fosse stato
responsabile l’avrebbe ammirato infinitamente
di più.
Cosa MAI quella dannata testa da 1000 galeoni
di Hermione poteva trovarci in quel deficiente patentato?
Cosa?!
C’erano
confini oltre i quali anche lo spirito di sacrificio non poteva, non doveva arrivare!
E per
l’attaccamento della sua più cara amica a quella
creatura fuori da ogni logica
non poteva esserci nessun’altra ragione oltre allo spasmodico
desiderio di
immolarsi!
Ma
l’avrebbe persuasa.
Si,
l’avrebbe persuasa che c’erano modi più
nobili di sacrificare la sua vita per
un idiota! O comunque che c’erano idioti più
meritevoli di quel mentecatto
irascibile e cretino che nemmeno la rispettava! Che nemmeno la
conosceva! Che
persino Ronald Weasley, per quanto impenitente, poteva essere
recuperato al
confronto con Malfoy!
…
Forse.
« Ci
stai ignorando, Malfoy? » Continuava minacciosa un altro
Grifondoro,
ciondolando sui due piedi: « Non ti conviene, sai?
Non c’è più nessuno qui
disposto a pararti le spalle »
Al di
là di
ogni pensiero, Ginny Weasley percepì chiaramente una nota di
cattiveria in
quella voce… una nota che la urtò leggermente in
qualche parte della pancia, e
non avrebbe saputo davvero dire quale.
Ma non ebbe
tempo di rifletterci, perché una voce conosciuta si
intromise nella
discussione:
« Che
succede? »
Un libro
sotto braccio. I capelli arruffati. Un’aria tranquilla. E
negli occhi, nessuna
sorpresa.
Il tono
quasi incuriosito di una bambina che assiste ad un gioco a cui le
piacerebbe
tanto partecipare – se solo non avesse un sacco di compiti da
finire,
naturalmente.
Ecco Hermione
Granger, che li guardava come se non ci fosse nulla di sbagliato.
Nemmeno nel
trovare lei e Dean in piedi, visibilmente schierati contro Malfoy.
Nemmeno
trovarlo seduto al suo posto, uno scempio al posto della cena e una
forchetta
impugnata come un’arma da taglio molto pericolosa. Nemmeno
nel trovare qualcuno
che lo insultava.
Nulla di
diverso dal fatto che non si può apprezzare tutti, ma non
è nemmeno detto che
un Serpeverde e un Grifondoro debbano detestarsi.
Per un
attimo, Hermione le parve così inattaccabile che non fece
fatica a capire come
mai i due Grifondoro più infervorati se ne andarono, mentre
gli altri si
voltavano senza troppi complimenti.
Un’autorità
che non aveva avuto nemmeno quando camminava insieme a Ron e
Harry…
Ecco quello
che aveva Hermione in quel momento.
« Ma che fai?! »
Sibilò per tutta risposta
Draco, isterico. « Se fai così penseranno
che io ti abbia ingraziato!
»
« Ingraziato?
» Domandò Hermione con aria interrogativa, non
capendo bene il punto della
questione; solo per poi aggiungere stringente, con un grande bagliore
negli
occhi: « Andiamo a studiare, comunque? »
Il punto
importante n° 1, appunto.
« Puoi
scordartelo! » Soffiò tra i denti lui. Gli occhi
asserragliati dietro le
palpebre che la fissavano con collerico astio. « Mi
hai fatto di nuovo aspettare! E per
di più in
mezzo ai tuoi amici deficienti! Io non mi muovo! »
Hermione
lanciò uno sguardo e un’alzata di spalle verso lei
e Dean, come per dire: “evitate
di ascoltarlo, è un po’ nervoso”;
dopodiché tornò a guardare Draco e con grande
pazienza cercò di blandirlo:
«
Si,
ok. Ora però andiamo? »
« No!
Io non me ne vado! »
Ringhiò
furibondo Draco, lanciandole uno sguardo dardeggiante e puntando la
forchetta
contro di lei come se potesse maledirla: « Tu
vattene! »
E per
sottolineare la questione, ingurgitò in un sol colpo, con
aria di sfida
fiammeggiante, tutte le aringhe che riuscì a infilzare con
la forchetta
brandita con ferocia, lanciandole un’ultima trionfante
occhiata, mezzo
ingozzato e mezzo agonizzante.
…
In un altro
mondo, un valoroso guerriero alzava il capo e fiutava la presenza di un
degno
avversario.
Lei invece
avvertì un grande senso di desolazione.
La stessa
avvilente sensazione che doveva provare sua madre quando suo padre
portava a
casa palline anti-stress babbane pagate con il proprio stipendio.
Degli
ultimi 6 mesi.
Dopo
diversi attimi di raccapricciato silenzio, Draco Malfoy dovette
rendersi conto,
di fronte allo sguardo del tutto impassibile di Hermione Granger, che
lei non
aveva alcuna intenzione di andarsene. Che lui era ancora al tavolo dei
Grifondoro. E, soprattutto, che era in atto una crisi respiratoria
acuta che
con molta probabilità lo avrebbe reso incosciente in pochi
secondi se solo non
avesse fatto qualcosa per impedirlo.
Ciò
fu finalmente
sufficiente a farlo alzare e arrancare via.
Lei e Dean
si voltarono tombali verso Hermione, ma lei anticipò i loro
dubbi scotendo il
capo sconsolata, ma anche vagamente intenerita:
« E’
il suo modo di dire “andiamo”, capite? »
Capiva,
certo.
Eccome se
capiva.
Capiva che
doveva essere dura per una madre aver concepito un ragazzo che a 17
anni aveva
l’età mentale di un neonato!
Tutt’un
tratto il fatto che Narcissa fosse una mangiamorte assunse un
significato
differente nella sua testa: avere un figlio simile doveva far uscire di
testa…
Siccome
continuava
a guardare Hermione in un modo assolutamente attonito e Dean, che
probabilmente
non era nelle condizioni psicologiche per compatire
« E’
solo un po’ isterico in questi giorni, capite?
Perché dice che non lo sto
abbastanza a sentire » E aggiunse, in un sorriso un
po’ abbacchiato, ma anche
un po’ divertito.
« Che ci si
può fare? »
Dean
evidentemente non poteva farci nulla, perché tacque.
Con
l’aria
di chi non ha intenzione di parlare più per parecchio tempo.
*** *** ***
Martedì
19 Gennaio. Ore 15.22
Hogwarts. Campo di Quidditch
Al campo di
Quidditch c’era solo una certezza quel giorno.
Che Draco
Malfoy sarebbe stato ancora più irascibile del solito.
Il motivo?
Frasi come
questa, per esempio:
« Oh,
Draco, quel tiro era proprio penoso,
davvero… »
Questo era
ciò che Hermione Granger, mortificata e un po’
avvilita, dispensava ad ogni
tiro monco del più scorbutico cercatore della storia del
Quidditch, mentre
continuava a compilare una fitta pergamena – dando ai
più l’impressione di non
star facendo abbastanza compiti considerata la mole immensa di pagine
scritte
ogni giorno dalla Grifondoro.
« Ma
vuoi stare zitta?! E smettila di chiamarmi Draco! » Replicava
generalmente lui,
spesso brandendo minacciosamente contro di lei le mazze dei battitori
che
intimoriti non potevano far altro che cedergliele. Salvo poi cercare di
trattenerlo per evitare l’irreparabile.
Ovvero che
Hermione Granger mettesse fuori gioco il loro unico cercatore con una
fattura.
A circa
metà allenamento, quando un saggio boccino d’oro
decise di volare molto lontano
dagli spalti, portando con sé anche Draco, i suoi insulti e
i rammarichi di
Hermione, a quest’ultima si avvicinò
l’improbabile capitano della squadra
Serpeverde di Quidditch, che dopo un tentennante saluto, si decise a
chiederle
cautamente:
«
Sicura
che Draco può allenarsi? Non deve studiare? »
Ecco il
genere di domande a cui Hermione Granger avrebbe preferito non
rispondere.
Perché
l’ordine logico e d’importanza di
“quidditch” e “studio” non era
realmente
invertibile nella sua volubile mente.
« Ma
certo, siete in vista di una partita, no? » Rispose dunque
con cordiale e
infiocchettata dolcezza, e la più finta convinzione di
ciò che stava dicendo.
Vedendo il
capitano poco persuaso – poiché era impossibile
esserlo di fronte all’evidente
incomprensione del quidditch – ammise con più
brutale semplicità, gli occhi che
lanciavano un piatto sguardo di fronte a sé:
« E
comunque studierà questa notte. »
Pucey
Davis, in sella alla sua Nimbus, sgranò lo sguardo verso di
lei.
« Sono
sorpreso… Draco si è davvero molto
responsabilizzato da quando siete amici »
Hermione
Granger fece tanto di occhi.
« Davvero?
»
Questa le
era nuova.
Pucey
raddrizzò un po’ le spalle, riassestandosi
più comodamente sulla sua Nimbus e assentendo
con incoraggiante solidarietà maschile.
« Io
penso che sia da persone responsabili non voler mettere nei guai la
propria
squadra al prezzo di studiare la nottata »
Hermione
Granger fece nuovamente tanto di occhi.
« Ma
lui non lo sa, ovviamente
» Rispose
stupita. « Se lo sapesse tenterebbe di
uccidermi… »
Con fatture
che probabilmente non gli
riuscirebbero…
Concordò
con se stessa in uno sconsolato sospiro: perché doveva avere
quel grado di incompetenza?
Eppure se
si fosse applicato forse sarebbe anche riuscito a vincere in uno
scontro magico
con lei.
…
Forse.
Il sospiro
di cui sopra, comunque, inesplicabilmente, fece mormorare a Pucey,
ammirato:
« Sei
un’ottima insegnante »
Hermione
Granger fece per la terza volta tanto di occhi.
Anche questa
le era nuova.
Ma un
timido accenno di rosa le puntellò le guance nel replicare,
in un farfuglio
inspiegabilmente vergognoso:
« …
ma dai, non è vero! »
D’altra
parte Hermione Granger avrebbe dovuto convincersene davvero.
La
dimostrazione arrivò dall’ultimo compito di
pozioni, alla fine di gennaio, quando
Draco Malfoy prese un’altra fiammeggiante O.
Naturalmente,
la giovane reginetta di Grifondoro ebbe una sincope quando si ravvide
che
nemmeno con tutti i suoi sforzi il suo sconsiderato allievo era
riuscito a
raggiungere l’eccellenza, ma dovette arrendersi ed ammettere
il “discreto
risultato” ottenuto. Accettabile
di
fronte all’impegno profuso nella partita di Quidditch
– persa per un soffio –
che aveva immancabilmente guastato i suoi programmi di studio intensivo
(18 ore
su 24, 7 giorni su 7).
Fu con
queste stesse parole che pochi giorni più tardi, nella
gufiera, si espresse con
Ginny Weasley.
La rossa
più rossa di Hogwarts commentò con aria fiacca e
vagamente piccata:
« …
guarda che qui sei l’unica che crede che per Malfoy una O in
pozioni sia un
traguardo misero » E poi aggiunse, con un pizzico di
rivendicazione e più fiero
risentimento: « Non è certo il Quidditch
quello che lo rovina »
E Hermione
sapeva che Ginny avrebbe voluto finire quella frase con
“è solo il suo
cervello”.
Questo,
inspiegabilmente, la rasserenò un pochino.
Puntò
la
bacchetta contro la pergamena che aveva in mano, che venne avvolta da
una luce
azzurro cielo.
« Sei
sicura che quell’incantesimo sia sufficiente? »
Sentì domandare l’amica.
Il tono
dubbioso aveva qualcosa di troppo pressante per essere solo
preoccupazione, o
incertezza. Tuttavia non alzò nemmeno gli occhi dalla
pergamena per rispondere,
nonostante sentisse quelli penetranti di Ginny fissarla intensamente.
« E
comunque sei sicura di quello che stai facendo? »
Continuò dopo un momento
l’altra, ancora una volta con un’insistenza poco
dissimulata nella voce.
Si
girò
verso Ginny, che la guardava con l’espressione di una persona
che non può
smettere di chiederlo, anche se un po’ si sente in colpa nel
farlo.
Le sorrise.
« Sei
davvero la migliore amica che ho »
E questo,
che fece sentire ancora più in colpa Ginny Weasley, la fece
anche sospirare
rassegnata, e la indusse a mettersi a cercare il gufo più
prestante che la
scuola potesse mettere a loro disposizione, per permettere alla
chilometrica
pergamena di raggiungere il lontano destinatario.
Tuttavia
anche lei se l’era chiesto, all’inizio.
Se era sicura
di quello che stava facendo, e del modo in cui lo stava facendo.
Ogni volta
si era però risposta di esserlo.
E quando
vide il gufo prendere il volo non c’era niente nel suo cuore
se non la certezza
assoluta che quello era davvero il minimo che potesse fare.
*** *** ***
Domenica 1
Febbraio. Ore 10.22
Hogwarts. Sala Grande
Era una
calma giornata di febbraio quando Blaise Zabini si era alzato dal suo
letto con
la precisa sensazione che si sarebbe trascinato addosso, per tutta
Hogwarts, un
logorante senso di noia.
Da quando
Draco Malfoy aveva smesso di andare fuori di testa semplicemente se
qualcuno
gli ricordava che Hermione Granger lo aiutava in pozioni. Da quando le
– poche
– capacità mentali del suddetto Serpeverde erano
riservate alla suddetta
Grifondoro e non potevano più essere convogliate seriamente
nella campagna
anti-Tassorosso – che Blaise aveva personalmente
incoraggiato. Da quando
Hogwarts era dunque tornata quasi tranquilla, un malumore nefasto era
sceso
nella sua vita, e lui aveva preso a trascinarsi per quella noiosa
scuola con la
sola speranza che qualcosa di orribile
vivificasse le sue giornate.
Cosa poteva
fare? Come poteva arginare quella sensazione deprimente di pace
assoluta in cui
tutti era troppo felici e troppo contenti per divertirlo discutendo,
ferendosi,
uccidendosi?
Rimpiangeva
la presenza di Harry Potter: ecco quello che era arrivato a pensare.
Con
orrore, si era trovato a sperare che Harry Potter tornasse a Hogwarts a
inscenare lotte di quartiere contro i proseliti di Salazar Serpeverde,
riuscendo a vedere intrighi e cospirazioni ovunque. Lui, che riusciva a
rischiare
di morire e sovvertire l’ordine cosmico anche se nessuno
cercava di accopparlo
o di invertire il ciclo dei pleniluni.
Che
tristezza…
Sospirò
e
scosse il capo, indolente: gli serviva qualche disastro da ingigantire,
qualche
guerra a cui fare da spettatore. Cosa bisognava fare per passare il
tempo in
quella placida, pacifica, nausente scuola…?
Arrivato in
sala grande un volantino sembrò attirare la sua volubile
attenzione.
Dalla
sommità del foglio, una scritta sbarluccicante e tintinnante
brillava a
intermittenza citando:
“La festa che
fa per te! Non mancare!”
Mh.
Si
avvicinò.
Alle feste,
la gente si ubriacava, si picchiava. Alle feste, la gente lanciava
bicchieri, e
con un po’ di fortuna, qualcuno si faceva male.
Forse
c’era
del potenziale.
“La
sera del 13
febbraio ti aspettiamo in Sala Grande per festeggiare San
Valentino!”
Interessante.
San
Valentino: il giorno degli innamorati e della pazzia più
sfrenata.
L’ultima
volta che era andato ad una festa di San Valentino, un ragazzo aveva
quasi
fatto una maledizione senza perdono ad un altro, scatenando una guerra
tra
bande nel nome di una ragazza che alla fine era scappata con un terzo.
Col suo
pronto intervento, la guerra aveva continuato a prescindere da questo
piccolo
inconveniente.
Proseguì
ancora nella lettura, fiducioso.
“Anche
se non hai
ancora incontrato la tua anima gemella, non preoccuparti: porta un
amico! San
Valentino si festeggia in coppia!”
Gli occhi
scintillanti vennero attraversati da lampi nefasti.
Due nomi
comparirono immediatamente nella sua mente, araldi del suo buon umore.
Un
sorriso si disegnò sul viso di Blaise Zabini mentre il suo
machiavellico
cervello cominciava già a sfornare macabre idee.
Una di
quelle fu promossa a pieni voti e senza indugi.
Con candore
prese il volantino e si diresse con passo festoso verso il dormitorio
di
Grifondoro, dove era quasi sicuro che casualmente
avrebbe incontrato Hermione Granger.
« Ehilà
Granger » La salutò allegramente, quando la vide
provvidenzialmente uscire dal
ritratto della Signora Grassa.
« Zabini?
» Replicò la Grifondoro, stupita.
« E’ una sorpresa vederti da queste
parti… »
Si
soffermò
solo per un momento a osservare i calzini spuri che Hermione indossava,
e
ricacciò la smorfia esilarata che gli era balenata sulle
labbra dietro la sua maschera di
elegante
educazione.
« Andato
bene il compito di Draco? » Le chiese, con finta
casualità.
La
Grifondoro, probabilmente toccata nel vivo dell’incompetenza
del suo allievo
prediletto, lasciò cadere la questione della sua presenza
lì, e ammise di
malavoglia, storcendo il naso:
« E’
stato alquanto mediocre, in effetti. Ha preso di nuovo O
»
Ecco quello
che gli piaceva di quella ragazza.
Le sue
priorità.
Oltre al suo
gusto nel vestire, naturalmente.
« Ma
ha avuto anche il Quidditch, giusto? » Infierì,
sempre più candidamente, gli
occhi verdi splendidamente puntati su di lei.
« Già,
il Quidditch » Commentò freddamente Hermione
Granger, la voce congelata e gli
occhi induriti in un caustico rancore: « Malefico Gioco »
Già,
malefico.
Ricacciò
indietro anche le risa, e
continuò a
contemplare la latente ferocia che la Grifondoro aveva nel fondo della
voce
inveendo contro il Quidditch, cercando di dimostrare con molto
raziocinio che era
uno sport veramente infelice. Nel frattempo, seriamente addolorato per
non
poter ascoltare pienamente quella tirata, da cui uscivano perle del
tipo
“Dovrebbero abolirlo per il bene
dell’istruzione”, lui cercò di capire
quale fosse
il momento migliore per convincerla che
Tuttavia,
un commento inaspettato di lei lo indusse a frenare il suo intento.
« Ma
Pucey Davis è un capitano molto assennato »
Assentendo
con il capo ma non potendo che guardarla sospeso, ripeté
anche lui con finta
convinzione:
« Certo,
Davis è un capitano molto assennato »
« Già
» Proseguì Hermione, assentendo viceversa realmente
convinta, il cipiglio da so-tutto-io interrotto da un moto di stima.
« Ed
è stato molto gentile con me l’altro giorno
»
« …
ah si? E’ stato molto gentile con te? »
Ripeté ancora lui, lentamente, con il
presentimento che i suoi piani nulla fossero al confronto di
ciò che avrebbero
potuto essere dopo quelle capitali scoperte.
Hermione
Granger continuò ad assentire e tessere le lodi di un
capitano di Quidditch che
comprende le esigenze dello studio: Oliver Baston – disse
– non aveva certo
avuto quella incredibile integrità etica ai suoi tempi. Era
stato
disinteressato nei confronti delle necessità scolastiche di
Harry Potter, e
l’aveva probabilmente condannato da quel punto di vista. La
Grifondoro,
risentita e quasi rammaricata, definì persino crudele
il fatto che Baston avesse troncato in questo modo i fasti scolastici
del Bambino sopravvissuto.
Blaise si
annotò che in caso di noia e in mancanza di feste sarebbe
stato sufficiente
parlare con quella ragazza per riscoprire quanto poco ci volesse a
discendere
negli abissi della più vera ed esilarante pazzia.
Ma il cielo
l’aveva premiato, e quel giorno aveva avuto sia la festa, sia
lo squilibrio
mentale.
Di meglio
non si poteva proprio chiedere.
Continuò
ad
assentire, con apparente maggior attenzione: in realtà,
aveva sentito più che
abbastanza. Colse l’occasione di sganciarsi quando lei,
incuriosita, domandò
cosa fosse il volantino che aveva in mano:
« Cosa
c’è lì? »
«
Oh
nulla. Solo una festa »
« Davvero?
»
« Già,
già » Tagliò corto lui, solo per poi
ripensarci, in un lampo di genio
improvviso, e aggiungere: « Draco non te
l’ha detto? Andrà con una lontana
cugina che deve ancora ambientarsi »
« Carino
da parte sua » Commentò genuinamente Hermione, con
un pizzico di basita
ammirazione nello sguardo bruno. Forse sorpresa che Draco Malfoy
potesse avere
una slancio di caritatevole generosità verso qualcuno come
una lontana cugina.
E in
effetti, anche lui dubitava che l’avrebbe avuto.
Se mai
avesse avuto una cugina.
« Molto carino »
Concordò con autentica
dolcezza, prima di congedarsi allegramente:
« Arrivederci Granger! »
E la
lasciò.
Rifece al
contrario il percorso dell’andata. Allegro al punto che non
si negò dei piccoli
balzelli di felicità. Ma, di fronte al portone che dava sul
cortile esterno, una
voce allarmata e alta almeno due ottave sopra la norma lo
bloccò con un urlo
felino:
« FERMATI!
»
Se non si
fosse trattato di Theodore non si sarebbe affatto fermato.
Ma
trattandosi di lui, lo fece.
Lo vide
avanzare verso di lui con grandi falcate e il fiato corto.
« Ti
ha visto di sfuggita Eloise! Perché eri con la Granger? E ora
dove stai
andando? E perché saltellavi
allegramente?
Cosa
vuoi
fare? »
« Conosci
Pucey Davis, Theodore? » Ribatté per tutta
risposta lui.
Pucey
Davis, la sua nuova musa.
« Il
capitano della squadra di Quidditch? » Replicò
perplesso l’altro, ancora affannato
per la corsa e col viso trasfigurato dal sospetto.
« Proprio
lui »
Pucey
Davis, il suo terzo Serpeverde
preferito.
« E
cosa vuoi da Pucey? » Domandò sempre
più circospetto Theodore, probabilmente
sudando freddo.
Gli rivolse
un sorriso a 32 bianchissimi denti.
« Voglio
fare un esperimento per rivalutare la sua utilità »
Pucey
Davis, la sua nuova cavia.
Vide
Theodore impallidire, e Blaise Zabini confermò a se stesso
che Pucey non avrebbe
potuto guadagnarsi il primo posto nel suo volubile cuore.
Nessuno era
come Theodore, dopotutto.
Rispetto a
scavalcare
Draco, invece, se quest’ultimo avesse mai messo la testa a
posto, forse c’erano
speranze per diventare il suo secondo Serpeverde Preferito.
Non aveva
riserve in merito.
Proprio in
quel momento un loro compagno di casa chiamò Theodore per
qualche questione, e
questo diede a Blaise l’occasione di proseguire nel suo
percorso verso il campo
da Quidditch. Era infatti certo che il suo più stretto amico
non avrebbe potuto
ignorare qualcuno che domandava il suo aiuto. Non prima di essersi
accertato
che non fosse grave, che non fosse assolutamente necessario il suo
intervento,
che nessuno sarebbe morto per il suo diniego.
Più
o meno,
non prima di un paio d’ore.
Ma a
quell’ora il suo malefico piano e il suo probabile effetto
valanga sarebbero
stati già azionati da un pezzo, e con un po’ di
fortuna, non avrebbero più
potuto essere fermati da nessuno.
Volteggiò
all’esterno della scuola, ispirando una buona dose
d’inebriante aria invernale,
e raggiunse il campo di Quidditch proprio quando vide Pucey Davis che
avanzava
verso di lui con la sua bella scopa in spalla.
Fece forza
su se stesso per non ricominciare a saltellare felicemente.
Comparendo
dinnanzi
a Pucey con la grazia di un Dissennatore, gli fece scivolare una mano
sulla spalla
con aria falsamente bonaria. Lo sentì raggelarsi per un
momento sotto quel
tocco, mentre lo salutava con un tipico tono da confratello:
« Davis,
amico mio »
Questo
dovette
però essere troppo persino per Pucey, che, vagamente a
disagio – ma troppo
Tassorosso nell’anima per scostargli la mano –
domandò d’istinto:
« Zabini…
hai bisogno di qualcosa? »
« Informarti
della festa del 13 febbraio, naturalmente » Rispose
candidamente lui, senza
lasciarsi minimamente scoraggiare dal fragile muro della sua diffidenza.
Diffidenza
che per altro cadde miseramente di fronte al prospettarsi del gaio
evento.
« Festa?
» Replicò infatti Pucey, sorpreso.
« Già:
festa » Confermò sorridendo smaliziato.
« Abito lungo » Aggiunse
lanciandogli uno sguardo che doveva simulare una certa intesa.
« Si va in
coppia »
Il
Serpeverde in realtà a questo punto parve un poco sconsolato
nel comunicargli:
« Ma
io… ehm, non ho nessuna da- »
Ignorando
completamente Pucey e il suo avvilimento, come se fossero entrambi del
tutto
superflui in quella conversazione – e lo erano! –
Blaise si guardò intorno con
aria estremamente innocente e casuale.
« C’era
qui Hermione Granger? »
« Come?
» Domandò perplesso Pucey, al quale sfuggiva
qualcosa.
Cosa non
strana, né poco frequente.
Era anzi
sicuro che spesso gli sfuggisse persino il suo nome.
« Dico,
è qui? » Insistette, tacendo quei pensieri nel
fondo della sua anima oscura. Allargando
il sorriso, aggiunse poi in tono lusinghiero: « Non
sarebbe così strano,
del resto, non è vero? »
« Perché?
»
Altro nesso
che doveva sfuggire all’acuto capitano di Quidditch di
Serpeverde.
« Sai,
per quello che si dice in giro » Riprese con assoluta
leggerezza, come se
stessero parlando di qualcosa di talmente ovvio che era persino inutile
continuare. E per rimarcare il concetto, finse di preoccuparsi di uno
sbuffo di
polvere che scacciò con dolcezza dalla spalla di Pucey, il
quale domandò di
rimando:
« Ah,
di lei e Draco? »
Blaise
Zabini percepì una nota di sconforto.
Una evidente nota di sconforto.
Le sue
sonde maligne si impennarono all’impazzata nel decifrarla:
sempre attente a
carpire ogni cosa, recepirono quel commento con così tanta
gioia che il suo
desiderio di approfondire il possibile rapporto tra Hermione Granger e
Pucey
Davis auto-fomentò la sua impazienza di mettere in atto il
suo piano. Che certo
avrebbe avuto maggior effetto se non fosse stato lui a portare Hermione
Granger
al ballo, e invece l’avesse fatto proprio
quell’ibrido di Serpeverde capitato
tra le loro fila perché di fronte alle richieste del
Cappello Parlante aveva
detto che gli piaceva il verde.
Ottimo modo
di scegliere la propria casa.
Ed era
estremamente serio, nel pensarlo.
« Ma
certo che no, Davis! » disse emulando una sorpresa infinita,
di una frivolezza
tale che Calì e Padma Patil sarebbero state orgogliose di
lui, e l’avrebbe
eletto loro capo e maestro: « Di te
e lei »
…
Nessuna
reazione.
L’ebetismo
è una malattia comune in questa scuola.
Senza voler
appurare se ci fosse o ci facesse, decise di essere più
esplicito:
« State
insieme, no? » Domandò con fermezza e, per
sicurezza, accompagnò queste parole con
una leggera gomitata al braccio più vicino di Pucey.
Fu quasi
certo che quel colpetto fu determinante.
Una vampata
di calore abbrustolì il viso di Davis.
Questa
volta non riuscì davvero a mascherare un ghigno mellifluo
mentre il compagno di
casa cominciava a balbettare nervosamente, grattandosi la nuca
così forte da
farsela diventare tutta rossa:
« N-no,
cioè… lei e Draco… io e
lei… insomma, lei… IO?
Ah ah ah! »
Il trionfo.
Mentre
continuavano i risolini isterici, a Pucey cominciarono a venir fuori
lentiggini
così appariscenti che lui seppe che era il momento di
buttare l’amo, insinuando
con voce carezzevole:
« Eppure
da come lei parla di te,
sai… »
Hop.
Il
pesciolino saltò freneticamente sull’acqua, e
chiuse la bocca intorno all’esca
come una preda che crede di essere il cacciatore. La
velocità con cui Pucey
Davis andò incontro alla sua fine gli sembrò
veramente commovente, almeno
quanto l’ottuso imbarazzo che aveva disegnato una smorfia
felice sul suo viso
asciutto e abbronzato.
« Beh,
fa nulla! Fa nulla se
mi sono sbagliato! » Esclamò allegramente Blaise
Zabini,
incapace di controllare la sua gioia e marcando le parole con un
disinteresse
così plateale che sarebbe parso evidente a chiunque che
erano studiate.
Ma non a
Pucey Davis, perso nei meandri delle sue speranze e sogni.
Nell’andarsene,
Blaise Zabini fece solo molta attenzione a voltarsi e ricordandogli
raggiante:
« Comunque,
non scordare la festa! »
*** *** ***
Well
they're packed pretty tight in here tonight
I'm looking for a dolly who'll see me right
I may use a little muscle to get what I need
I may sink a little drink and shout out "She's with me!"
Bene,
si è tutti
ammassati qui questa sera,
Io
sto cercando la
ragazza che mi troverà giusto per lei
Potrei
usare anche la
forza per ottenere quello di cui ho bisogno
Potrei
essere un po’
brillo, e gridare “Lei è con me!”
[Elton
John - Saturday Night’s Alright to
Fighting]
*** *** ***
Sabato 6
Febbraio. Ore 10.02
Hogwarts. Sala Grande
Chissà
perché da qualche giorno Hogwarts era praticamente
sottosopra.
Cercava di
raccapezzarsi in quel mistero mentre camminava perplessa per i corridoi
dove a
riempire l’aria c’era ogni genere di sospiro e
bisbiglio incantato. Ma, considerando
che non c’era nessun compito importante
all’orizzonte, non c’era proprio alcuna
ragione per cui tutti quegli studenti – e, guarda il caso
strano, specialmente
le studentesse – dovessero avere quei moti emotivi.
A meno che io
non lo sappia, e domani c’è un
compito di Trasfigurazione.
La
possibilità la fece per un attimo sudare freddo.
Era
possibile che con tutte le cose a cui stava pensando avesse dimenticato
un
compito? Raccapricciata dall’ipotesi, fu solo con grande
presenza di spirito
che si disse che era impossibile, e che non sarebbe andata dalla
professoressa
McGranitt a supplicarla di perdonarle la dimenticanza e dirle su
cosa era quel maledetto compito.
La
verità
era che se anche a Hermione Jane Granger avessero spiegato che tanti
moti
emotivi erano solo per una stupida festa di San Valentino, lei non ci
avrebbe
comunque creduto.
Fu dunque
con un peso nel cuore, e una preoccupazione crescente che
proseguì nel suo
incedere verso la casa di Hagrid.
Qui
incontrò il vecchio amico per cui aveva lasciato a Draco il
giorno libero.
Per inciso:
i compiti di Pozioni per cui era stata “ingaggiata”
all’inizio erano finiti,
tuttavia ne mancavano ancora molti in cui aveva messo in chiaro sin
dall’inizio
di gennaio che non avrebbe permesso al Serpeverde di sprofondare
nell’abisso
della sua ignoranza caprina. Considerando che gli aveva fatto questa
tirata
lontano dal resto della scuola, lui l’aveva solo mandata a
quel paese
augurandole di fondersi il cervello, e in questo modo acconsentendo nitidamente al fatto che i loro incontri
proseguissero.
Le si
dipinse un pigro sorriso sul viso.
Ormai
decriptava i suoi insulti come se fossero la sua seconda lingua.
Faceva
molta più fatica a capire il perché di certi
sguardi risentiti. Come quello che
le aveva rivolto solo il giorno prima, quando gli aveva annunciato che
l’avrebbe lasciato libero dal suo torchio severo. Forse
l’idea che lei andasse
da Hagrid l’aveva indispettito al solo ricordo di quanto
fosse stato cretino il
terzo anno con Fierobecco.
Un giorno
dovrò dirgli che l’ho liberato io…
Il pensiero
le accarezzò il cervello insieme alla consapevolezza che
avrebbe potuto usarlo
come minaccia per farlo studiare di
più:
avrebbe potuto dirgli che l’Ippogrifo era sotto il suo
controllo, e che spesso
le faceva capire che desiderava mangiare furetti per cena.
Il che per
altro era vero. Almeno per l’ultima parte.
In ogni
modo, meglio che credesse che si vedeva con Hagrid.
Cosa
anch’essa vera solo in parte.
La
verità
da rivelare sarebbe stata probabilmente intollerabile per Draco.
Passò
nella
sua casupola tutta la mattina, poi si diresse con passo incerto per
sentieri
più deserti che conosceva: c’erano molti pensieri,
dopo quell’incontro, a
riempire il gran cervello che ospitava la sua generosa scatola cranica.
Ed erano
pensieri così complessi che non avrebbe potuto pensare
lucidamente ad altro.
Forse per
questo avvenne ciò che avvenne, e cioè
ciò che Blaise Zabini aveva così
fortemente desiderato.
Una voce
infatti
la chiamò, al limitare del lago nero, con
un’insolita solennità balbettante:
« G-granger?
»
Con sua
somma sorpresa, mentre la sua mente vagava per decisamente altri
massimi
sistemi, un rossissimo Pucey Davis le comparve di fronte, con
l’aria di un
soldato che prima di andare ad affrontare una missione suicida ha una
gran
voglia di dire qualcosa a qualcuno.
Si sarebbe
perciò aspettata che lui le chiedesse
un’informazione. Tipo, dove fosse una
qual tizia di cui difficilmente gli avrebbe saputo dire qualcosa.
Quello che
le domandò fu invece di ben altra natura.
Hermione
Jane Granger strabuzzò gli occhi diverse volte prima di
comprendere appieno
quello che lui, sfregandosi nervosamente le mani sudate sul proprio
giaccone,
cercò di domandarle con voce agitata:
« So
che è una cosa improvvisa… sicuramente avrai
ricevuto la proposta di Draco. Ma
se non fosse così: il prossimo sabato
c’è una festa di San Valentino. Si va in
coppia… ma non è specificato se la coppia
è… insomma… è di due
che… beh, hai capito.
Anzi! C’è proprio scritto
che si può anche essere due amici… o
conoscenti… o penso che voglia dire anche
compagni di scuola! Comunque, beh… ecco: sarei felice di
accompagnarti, perché
ti trovo davvero una ragazza intelligente e carina, e mi farebbe
piacere »
Hermione
Jane Granger rimase a fissare Pucey Davis con gli occhi sgranati per
diversi
interminabili attimi.
Sotto
quello sguardo del tutto inopportuno, il povero buon vecchio Pucey
cominciò a
sentirsi per la prima volta il perfetto idiota che tutti pensavano.
Sennonché,
proprio quando ogni speranza sembrava perduta, Hermione ritenne di aver
finalmente afferrato il nocciolo della questione, e smise di guardarlo
come se
non capisse bene se fosse un broccolo oppure uno studente.
Va detto,
prima di rivelare la risposta della nostra giovane eroina, che al
contrario di
quanto tutti pensavano, alla nascita lei era diventata blu per un paio
di
minuti.
Cioè:
nonostante tutti ritenessero che il suo cervello fosse in perfette
condizioni,
una parte di esso, e specialmente la parte di decodifica dei sentimenti
romantici nei suoi confronti, non aveva ricevuto ossigeno per quei
sacri e
inestimabili attimi.
Così,
anche
quando Viktor Krum le aveva bruscamente domandato, con la sua
baritonale voce e
il suo gutturale accento bulgaro, se voleva andare con lui al Ballo del
Ceppo, Hermione
Granger aveva pensato anzitutto alla cooperazione
dei maghi tra le scuole. Si era detta che non poteva far male
che lei desse
il buon esempio.
E,
ugualmente, quel giorno di febbraio accettò
l’offerta di Pucey nel nome della
stima che provava per lui come capitano di Quidditch impegnato nel
“comitato
per la promozione dei diritti degli studenti giocatori”. E a
pro dell’indecente
speranza che potessero arrivare a concordare, in quella festa, un
programma
integrato per lo studio di Draco.
Se Blaise
Zabini fosse stato presente, e le avesse letto nella mente, le avrebbe
dato una
medaglia.
E poi
avrebbe abbracciato Pucey Davis, che era così imbecille e
cavalleresco da
pensare che prima di poter invitare ad un appuntamento una ragazza
doveva invitarla
come “compagna di scuola” – e poi come
“conoscente” e infine come
“amica” – cosa
che certamente aveva reso molto più semplice ad Hermione
Granger accettare il
suo invito. Nonostante qualunque persona sulla faccia della terra
avrebbe potuto
farsi un’idea diversa della questione.
Comunque,
Hermione aveva accettato. Pucey aveva rifulso di una luce accecante e
pura. E
il danno era fatto.
Il
Serpeverde, volteggiando come una Veela, si era dileguato dandole
appuntamento
per la festa.
Lei si era
stretta nelle spalle, ed era tornata al castello. Dove, di nuovo, si
chiese
perché diavolo tutti bisbigliassero in quel modo.
Forse dovrei
andarci dalla McGranitt…
« Granger!
» La chiamò in quel momento la voce aspra e
già seccata di Draco Malfoy, con la
solita inflessione volubile che ormai era diventata come il suo pane
quotidiano.
Si
voltò
verso di lui con aria interrogativa.
« Il
mio vestito è blu » Disse soltanto, lui, a
bruciapelo, avanzando con una luce
scintillante negli occhi. « Ti prego
di sforzarti di comprendere cosa significa »
E la
superò senza un’esitazione, impettito e gioioso.
Lo
seguì con gli occhi spalancati.
Questa volta,
al contrario della precedente, avvenuta solo pochi
minuti prima, Hermione Jane Granger aveva davvero
l’impressione di non aver
afferrato il nocciolo della questione.
Ma siccome
ormai era abituata alla follia dei Serpeverde, e in
particolare a quella di Draco Malfoy, si strinse di nuovo nelle spalle
e
riprese a camminare senza l’ombra di un pensiero.
Pensò
solo che la prossima volta che gli avesse dovuto fare un regalo,
avrebbe preso qualcosa di blu.
Evidentemente
gli piaceva.
***
***
***
Sabato 6
Febbraio. Ore 11.22
Hogwarts. Sala Grande
Era da
qualche tempo che ogni volta che Hermione Granger si girava, dandogli
le
spalle, un nodino gli si arrotolava nello stomaco.
Per la
precisione: era da quando, un mesetto prima, era diventata
così ossessionata
dai compiti di scuola da non dedicare più tutte le sue
energie nel colmare le
sue immense lacune formative, quella sua schiena ossuta e ingobbita gli
dava un
fastidio tremendo.
Il fatto
era che non trovava proprio giusto che lei si prendesse del tempo per
se
stessa. Per cui si era detto che quel maledetto nodino doveva essere
indignazione profonda per la sua scarsa responsabilità nei
suoi confronti.
Non aveva
ancora saputo rispondersi, invece, sul perché quel tal
nodino si srotolasse
quando, ogni volta che la vedeva e la chiamava, lei si girava verso di
lui.
Non sapeva
proprio perché… ma così avvenne anche
quella volta.
« Granger!
»
Distratta
dal suo continuo rimuginare, si volse verso di lui.
Mentre
avvertiva chiaramente il nodino srotolarsi, e la bocca dello stomaco
stringersi, Draco Malfoy avanzava verso di lei rendendosi conto che
nonostante
sembrasse più frastornata del solito, dietro le labbra le si
fosse formata
l’ombra di un sorriso nel riconoscerlo.
Nel notare
quel sorriso, il suo viso divenne più luminoso.
« Il
mio vestito è blu » Le disse soltanto.
« Ti prego di
sforzarti di comprendere cosa
significa »
E senza
aspettare di verificare che l’espressione ebete che si era
disegnata sul viso di lei svanisse, a dimostrazione che almeno qualcosa
l’avesse compreso, se ne andò impettito e gioioso.
Blaise era
stato utile, per un volta: era andato da lui e gli aveva
fatto vedere il volantino della festa. E lui subito ci aveva pensato:
subito il
pensiero meraviglioso di invitarla aveva invaso la sua mente.
Si.
Perché
sarebbe stato estremamente divertente
farla inciampare e ruzzolare giù dalle scale. O vederla
camminare su dei tacchi
a spillo con la grazia di un Troll. Poi forse avrebbero anche dovuto danzare, giusto per non essere
proprio i soli a non farlo… ma sì, per farle
giusto qualche sgambetto, o
calpestarle i piedi, avrebbe anche potuto invitarla a ballare.
Magari
avrebbero anche dovuto posare per le foto ricordo.
Certo,
poteva anche rifiutarsi.
Ma poteva
anche acconsentire, tutto sommato.
Certo, tutto
sommato potrei.
Un vago
senso di preoccupazione gli assalì lo stomaco.
Pregò che Hermione
sapesse
davvero che cosa significava che il suo vestito fosse blu:
nella foto
sarebbe venuta orrenda con lei vestita, per dire, di verde scuro.
Ma forse
non avrebbero ballato, e nemmeno fatto foto…
Un pensiero
lugubre gli corrucciò il viso.
Forse lei
avrebbe
continuato a fargli tutte quelle domande incomprensibili che
ultimamente
continuava a fargli. O forse sarebbe stata zitta a scrivere in un
angolo quelle
sue pergamene fittissime e incomprensibili che aveva sempre da fare.
Un altro
pensiero gli illuminò nuovamente il viso.
Dopotutto
era un mago. E quindi, anche se si fosse seduta su una sedia isolata ne
avrebbe
fatta comparire un’altra.
Vicina a
lei.
Non troppo vicina, naturalmente.
Diciamo,
abbastanza
vicina…
Ma non troppo!
…
ma abbastanza.
*** *** ***
Venerdì
12 Febbraio. Ore 15.29
Hogwarts. Sala Grande
Era una
questione di karma, Ginny Weasley ne era convinta: lei adorava la sua
migliore
amica. Davvero. Ma nella sua vita passata doveva essere stata davvero un’idiota fotonica a
giudicare
da come attirava idioti di proporzioni galattiche.
Per la
legge del Contrappasso, doveva per forza essere andata così.
Ma non
c’era nessuna legge cosmica che potesse giustificare il
presagio che Seamus le
aveva profetizzato la sera prima.
E
nonostante generalmente non desse alle sue supposizioni nemmeno il peso
che
dava a quelle di Ron, nelle ultime 24 ore ad attanagliargli lo stomaco
erano
state proprio le sue profetiche parole:
« Scommetto
tutto quello che ho, più le mutande di Neville, che Malfoy
alla festa ci andrà
con Hermione »
Lei e
Neville l’avevano guardato come se, se l’avesse
ripetuto, l’avrebbero bruciato
nel camino.
…
d’accordo, forse solo lei
aveva
pensato questo.
O forse
anche Neville, per via delle mutande.
Comunque
Seamus aveva ipotizzato che Draco l’accusasse di essere
stupida e che per
questo le avrebbe fatto il dono di andare con lei alla festa, per
salvarla
dalla solitudine. Aveva anche aggiunto che Hermione, forse nella folle
idea di
farlo studiare anche alla festa, avrebbe potuto accettare.
O forse
avrebbe
potuto accettare e basta, siccome ormai era data per spacciata e
impazzita
anche da lui.
Questa
ipotesi era così assurda che si era convinta che sarebbe
andata esattamente così.
Era dunque
da tutto il giorno che tentava di organizzare un piano alternativo.
Neville
sarebbe stato un candidato perfetto per farle da cavaliere se solo non
gravitasse ancora in quel famoso stato comatoso. Per cui doveva solo
cercare di
convincere Seamus ad accompagnarla – anche se questi era
sempre stato vagamente
intimidito da Hermione.
Dentro di
sé era pronta a cederle persino Dean: non le importava.
Purché Hermione non
andasse insieme a Draco ad una festa in cui fiumi di alcol, vestiti
svolazzanti
e atmosfere magiche potessero indurli a credere di poter essere
più che amici.
Il pensiero
la fece rabbrividire, ma quella sera dovette far fronte
all’atroce verità.
Che era ben
più terribile di quello che aveva profetizzato Seamus e di
quello che aveva
temuto lei.
«Ginny.
»
La chiamò Hermione, con aria meditabonda, sollevando
all’improvviso lo sguardo
dalla sua pergamena.
«
Mh? »
«
Secondo
te, cosa vuol dire “il mio vestito è
blu”? »
Strinse gli
occhi sull’amica, inarcando un sopracciglio.
«
Come? »
Hermione
scrollò le spalle, come se non fosse altro che un pensiero
sciocco, e poi le
domandò, con un sorriso:
«
Andrai
con Dean alla festa, vero? »
Sbiancò
all’improvviso, e un tick nervoso le fece mettere dietro
l’orecchio per cinque
volte una ciocca di capelli.
La stessa ciocca di capelli.
Hermione
sapeva della festa? Hermione sapeva, e chiedeva del suo cavaliere?
Hermione
forse aveva già un cavaliere?
QUEL
CAVALIERE ERA DRACO MALFOY?
2000
campanelli d’allarme le suonarono in testa.
Si
avvicinò
di più al tavolino dove l’amica stava facendo i
compiti e col tono più finto e
più casuale che riuscì a simulare mentre era
divorata dall’ansia le domandò:
«
Mh,
si. E tu… con
chi… beh, con chi andrai
alla festa? »
Hermione
ampliò il sorriso con naturalezza, come se quello che stava
per dire fosse una
piacevole novità. Tipo che avevano aumentato i compiti di
due pergamene e mezzo
ma che lei era già a buon punto.
Avvertì
di nuovo l’orrido
presentimento che
sarebbe accaduto qualcosa di terribile, e che lei avrebbe avuto un
attacco
ischemico letale.
E di solito
i suoi presentimenti non facevano cilecca due volte nello stesso mese.
«
Con
Pucey Daves. Lo trovo un ragazzo molto intelligente. »
Niente
attacco ischemico.
Semplicemente,
un aneurisma grosso come una noce le si formò
all’istante nella parte destra
della testa ed esplose.
Boom.
E i suoi
neuroni cominciarono letteralmente a marcire.
«
Con chi? » Strillò
con voce strozzata.
Incapace di dire altro. Incapace di pensare.
Qualcuno si
girò verso di loro, ma lei lo fulminò con lo
sguardo inducendolo a farsi gli
affari suoi.
Si
rigirò
verso Hermione con il viso agghiacciato. Se fosse andata alla festa con
uno di
loro, forse Draco l’avrebbe risparmiata da tutte le sue
colossali idiozie. Ma
Pucey Davis… cosa avrebbe potuto fare,
sapendolo?
«
E’ il
capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde. » Le stava
intanto
rispondendo con tono puntiglioso Hermione. « L’hai
visto un sacco di volte,
sai? »
Scosse
furiosamente il capo.
«
Si, so
chi è! Intendevo:
com’è possibile?
»
«
Me
l’ha chiesto ieri. Sai… non me l’aveva
ancora chiesto nessuno, quindi… »
«Malfoy
non… non ti ha invitato? » Domandò,
scrutandola avidamente con gli occhi
sporgenti fuori dalle orbite e il viso trasfigurato in una smorfia.
«
Perché
anche tu pensi che avrei dovuto andare con Draco? »
Domandò con autentico
stupore Hermione. « Anche Pucey me l’ha detto. Che
strano… »
Strano?
La parte
del suo cervello che era ancora inspiegabilmente funzionante dopo
l’aneurisma
esploso, avrebbe voluto prenderla a pungi.
Che strano
sto’ gran ca**o! Era colpa sua se tutto il settimo anno di
Grifondoro
scommetteva su quell’evento con orrore: era lei che aveva
reso normale pensare
che avrebbe potuto invitarla! E anzi!
Che avrebbe preteso di andare con
lei!
Ma si
contenne, distese il pugno destro e si passò la mano sudata
sulla gonna: quello
non era un discorso che era pronta ad affrontare, e soprattutto, era fondamentale capire ben altro.
« E
cosa
pensi di fare con Malfoy? » Le chiese, con la voce che usciva
arida perché in
gola non aveva neanche una goccia di saliva.
Era
assolutamente certa che lui non lo sapesse già, appunto.
Perché il castello era
ancora in piedi, e perché Hermione non aveva
l’aria di un animale braccato da
un idiota che non avrebbe mai avuto il cuore di mandare a quel paese.
D’altra
parte, aveva forse intenzione di dirglielo?
Hermione si
strinse nelle spalle.
Lei ebbe un
tremito orribile: perché si stringeva nelle spalle mentre
lei si faceva
sanguinare il cervello per quella cosa?!
«
Intendi
se gliel’ho detto? Non ricordo, sono stata molto presa con lo
studio… però lui
va con un’altra »
Oh.
Si
fermò.
Respirò.
La
guardò.
Era
tranquilla, e serena. E Draco Malfoy andava con
un’altra… forse era stato tutto
un sogno? Forse la sua migliore amica non aveva mai e poi mai fatto
amicizia
con il Serpeverde.
Incerta se
aggrapparsi a quella speranza, o lasciarsi dominare da un improvviso, terzo presentimento di angoscia, Ginny
Weasley fu decisamente sul punto di avere anche
un infarto, quando Hermione, con aria saputa a intelligente,
orribilmente ebete
in quel momento, le spiegò:
«
Zabini
me l’ha detto. Draco va con sua cugina »
Fu il colpo
di grazia.
«
Zabini…?
» Sussurrò in un filo di voce, come se dirlo a
voce più alta potesse uccidere
qualcuno.
E poteva, maledizione!
Se si
trattava di Zabini, poteva!
«
Ehi
Ginny! Ho bisogno di una mano! » La chiamò
Calì con voce cinguettante.
«Aspetta!
» Strillò con angoscia.
Hermione
inizialmente la guardò, e non capendo bene a cosa fosse
dovuta la sua angoscia
pensò di sorridere.
Di nuovo
l’impulso di prenderla a pugni stava per prendere il
sopravvento, quando la
vide alzare gli occhi sull’orologio della Sala Comune, ed
esclamare, in un
terrificante perentorietà:
«Oh
caspita com’è tardi! Devo proprio andare
»
«No!
Hermione aspetta! »
Tentò di
fermarla, disperata.
Venne
però
immobilizzata da un quarto, folgorante, raccapricciante
presentimento…
«
Cosa
c’è? » Domandò Hermione un
po’ impaziente, fermatasi dal raccattare i libri
solo perché Ginny sembrava davvero più morta che
viva.
Effettivamente
cadaverica, Ginevra Weasley si sporse ancora di più sul
tavolo, le guance
incavate dal terrore e dallo sfinimento, gli occhi scintillanti per una
rabbia
ancestrale, le spalle scosse da tremori irreprimibili.
« … è stato Malfoy a dirti che
il suo vestito
è blu? » Soffiò tra i denti
con voce tiratissima
Hermione la
guardò.
Candidamente.
«
Si,
perché? »
«
GIIIINNYYYY!
» Cantilenò in un cinguettio grazioso
Calì, alzato di due ottave e lanciato
nell’aria con l’evidente intenzione di rompere
diversi timpani. Tra cui
certamente anche il suo.
« ASPETTA! » Ruggì,
voltandosi solo per un
secondo fatale in cui Hermione, richiamata dall’appello
solenne dei compiti, se
ne fuggì velocemente via, scusandosi per la fretta.
Rimasta
sola, a Ginevra Weasley non restò che imprecare in modi che
non verranno qui
ripetuti.
Al posto di
andare verso Calì, imboccò velocemente il foro
del ritratto con l’intenzione di
scovare Draco Malfoy.
Forse
avrebbe fatto in tempo.
Forse, se
avesse detto a Draco Malfoy che Hermione non aveva capito un emerito
ca**o,
avrebbe potuto scongiurare di far diventare quella festa di San
Valentino un
massacro!
Quando,
dopo ben due ore, vide Blaise Zabini aggirarsi nei pressi della Sala
Grande si
avventò su di lui come un’arpia, con tutta
l’intenzione di strappargli un
braccio per farlo confessare su dove fosse quel beota cronico di cui
era alla
ricerca!
«
ZABINI! FERMATI IMMEDIATAMENTE! »
«
Weasley!
» La sua faccia contorta dalla rabbia e dal terrore
sembrarono essere come
balsamo per le sue arrugginite giunture maligne. « Che bello
vederti. Ho la
sensazione che mi porti buone nuove. »
«
Dov’è
Malfoy? » Ruggì digrignando i denti.
Le parve di
vedere un sorriso dietro la maschera di educazione che ostentava di
fronte a
lei, mentre le rispondeva, lento e flemmatico:
«
Perché
lo cerchi? »
Fu solo per
miracolo che non gli azzanno la faccia deturpandolo per sempre.
«
Devo parlargli! »
« E
perché
gli devi parlare? »
«
Affari
miei! » Berciò con poca grazia.
«
Se non
me lo dici, non te lo dico » Cantilenò Blaise
Zabini allegro. Estremamente
allegro.
«
Sta
zitto, idiota! E’ tutta colpa tua! E non giurerei nemmeno che
non sia colpa tua
anche il fatto che Malfoy abbia chiesto a Hermione di andare alla
festa! »
Zabini
sembrò perplesso.
Ginny
Weasley non poteva sapere che Blaise Zabini era andato da Draco,
informandolo
della festa, e dicendogli espressamente
che Hermione Granger gli aveva parlato dando per scontato che sarebbero
andati
insieme alla festa di San Valentino. Si era assicurato di blandirlo il
più
possibile, nel timore che la sua somma idiozia e soprattutto il suo
fenomenale
e abnorme imbarazzo potesse portarlo da lei e urlarle con mala grazia
che
poteva scordarselo che sarebbero andati insieme alla festa: gli aveva
detto che
lo trovava maturo, essendo loro amici. Che forse lei voleva farsi
perdonare per
il poco tempo che gli dedicava. Che avrebbe potuto farla inciampare e
tutto il
resto, e prenderla in giro per il colore del suo vestito, che sicuramente non sarebbe stato
appropriato.
Così,
Draco
Malfoy, un po’ inebetito, un po’ stupidamente
convinto di non aver dato a vedere
la sua gioia per l’essere il cavaliere di Hermione, non
avrebbe davvero avuto
alcuna ragione né per andare da lei a urlarle che era
deficiente, né per andare
a invitarla.
Ma se Draco
era andata ad invitarla e Pucey Davis non aveva ancora provveduto a
farsi
avanti, Hermione Granger sarebbe andata con il più sveglio
dei due Serpeverde e
avrebbe rifiutato il meno sveglio, rovinando tutto il suo malefico
piano.
E questo
era oltremodo ingiusto!
Mai Blaise
Zabini mostrò un’espressione così
frastornata a dispiaciuta.
«
…
allora gliel’ha chiesto… questo non
l’avevo previsto… » Mormorò,
affranto.
Ginny
Weasley, intimamente stupita per quell’espressione, si
riprese in tempo record
e puntandogli un dito in piena faccia, tuonò:
«
Beh,
notizia dell’ultima ora! L’ha fatto! E lei non ha
capito, anche perché tu le
hai detto che lui va con una cugina! Così Draco non sa che
lei ha già detto di
sì a Davis! »
Mai Blaise
Zabini mostrò un’espressione così
felicemente stupita.
«
Dici
sul serio?! »
«
Tu non hai idea di che cosa hai
fatto. »
Ringhiò tra i denti lei, stringendo i pugni lungo i fianchi
e vibrando dalla
rabbia.
«
Credo sinceramente di non averla
avuto fino in
fondo, si » Ammise
lui, in preda ad
un’ondata di felicità. « Ma se dici che
è andato tutto così bene
» Digrignò anche lui i denti, come
una belva feroce. « Allora posso dirti senza dubbio che Draco
a quest’ora è
agli allenamenti » allargò il famelico sorriso.
« Con
Pucey Davis, naturalmente. »
Un urlo
terrificante, convulso e strozzato giunse in quel momento alle loro
orecchie,
qualcosa di molto simile a:
« TU HAI INVITATO CHI?
E LEI HA DETTO COSA?
»
Blaise
Zabini esalò l’aria inebriato.
Ginny
Weasley perse 10 anni di vita.
Il famoso
aneurisma grosso come una noce, che le aveva fatto marcire tutti i
neuroni della
parte destra del cranio e che miracolosamente non l’aveva
uccisa, esplose. Di nuovo.
Il fatto
era che Ginny Weasley avrebbe davvero preferito che almeno quel secondo
colpo
apoplettico andasse a buon fine, siccome nei giorni seguenti visse col
terrore
di una preda braccata che Draco Malfoy sbucasse da ogni angolo per
ucciderli
tutti.
Accompagnò
Hermione a comprare il suo vestito, a un giorno dalla festa, temendo
che dietro
ogni porta di Hogsmean si celasse il Serpeverde con una clava o
chissà cosa in
mano, pronto a trucidarle.
Non
riusciva davvero a spiegarsi come Hermione potesse stare tranquilla,
anche se
non aveva avuto il cuore di spiegarle cosa le stava capitando.
Non aveva
avuto il cuore nel senso che il suo cuore non avrebbe retto.
Chiaro
è
che quando Hermione mise gli occhi su un vestito blu il suo sguardo non
era mai
parso così luminoso e sereno, e in quel momento le
augurò con tutto il cuore di
avere la stessa gastrite che i suoi gusti in fatto di amici le stavano
procurando!
In ogni
modo, se anche Ginny Weasley aveva temuto fino all’ultimo che
la scenata di
Draco Malfoy si sarebbe consumata in pubblico, in un certo senso si
sollevò
quando scoprì, proprio la mattina dopo, che qualcuno aveva
rubato il pacchetto
accuratamente chiuso e curato in cui era stato riposto il vestito di
Hermione –
con un bel biglietto su cui lei aveva scritto a Calì e
Lavanda di non metterci
su le loro manacce.
Hermione
per altro non sembrava così sconsolata, e si era persuasa a
cercare qualcosa di
adatto nel suo armadio. Inspiegabilmente, mentre aveva la sua testa
ficcata
all’interno, specificò in un brontolio scomposto
che aveva certamente qualcosa
di blu.
Considerando
la tranquillità con cui Hermione aveva preso la cosa, Ginny
fu quasi persuasa a
sua volta di non andare da Draco Malfoy a dirgli che solo lui poteva
essere
così abissalmente cretino da fare una cosa simile. Poi
però vide che cosa
precisamente Hermione aveva deciso di mettersi in sostituzione del suo
precedente vestito da sera, e, agghiacciata, Ginny Weasley si decise,
pur con
la sensazione che la sua gastrite stesse peggiorando, di andare a
recuperare il
vestito.
«
Apri
Malfoy. » Dettò dunque fuori dalla porta della sua
camera, dopo aver schiantato
un po’ di Serpeverde che ostacolavano la sua marcia.
Nessuna
risposta.
«
Subito.
»
Nessuna
risposta.
« Immediatamente. »
Draco
Malfoy finalmente socchiuse l’uscio della sua porta e dallo
spiraglio la
osservò con astio.
Le parve
che avesse gli occhi iniettati di sangue e l’aria di un folle
che non dorme da
giorni.
Per un
attimo si dispiacque per lui.
«
Che
vuoi? » Ringhiò poi il Serpeverde, acido.
E
così
smise di dispiacersene.
«
Sapevo
che eri un cretino, ma non immaginavo così tanto »
ribatté altrettanto acida. «
Ridammi quel maledetto vestito! »
«
Fatti
gli affari tuoi! » Sputò lui, caustico, e un
guizzo di febbrile, infantile
orgoglio gli attraverso gli occhi azzurri iniettati di sangue.
«
Senti chi
parla! » Rimbeccò sarcastica lei, incapace di
trattenersi. « Non sono nemmeno
affari tuoi con chi va Hermione alla festa se non la inviti! »
«
Ha
detto a Blaise che era contenta di venire con me! »
Strillò Draco, un poco più
isterico di quanto probabilmente si rendeva conto. « E
comunque era sottointeso
che nessuno l’avrebbe invitata e che quindi le avrei fatto il
piacere di
accompagnarla! » E qui il guizzo d’orgoglio divenne
quasi stoico « Ha
approfittato indebitamente della mia bontà!
»
La folla
che si era riunita attorno a loro ebbe un attimo di straniamento di
fronte a
quello sproloquio. Ginny Weasley, però, era così
provata dalla sua gastrite che
non era più disposta a rimanere sorpresa di fronte alla sua
demenza.
Però
ci
tenne a precisare:
«
Tu sei
malato! »
« E
lei
è senza vestito! » Rimbeccò lui
trionfante, con un cipiglio folle.
«
Stai
delirando?! » Urlò a sua volta, dimenticando per
un momento di dover sembrare
alquanto ridicola a litigare con la fessura di una porta. «
Sei arrabbiato
perché ci va con un altro! Ecco la verità!
»
«
Sono
disgustato perché ci va con l’essere
più simile a Ronald Weasley che questa
scuola abbia mai avuto! » Le rispose a tono la fessura
« Il tappeto del mio
bagno ha più dignità di quel beota di Davis!
» La fessura sembrò estremamente
provata e disgustata nell’ammettere: « E persino il
tuo tappeto ce l’ha! Era
deciso che saremmo andati insieme! »
«
Nella
tua testa bacata, forse! » Ruggì lei.
Evitò
di
ricordarsi che anche secondo il suo modestamente più saggio
e sensato punto di
vista era abbastanza scontato che ci sarebbero andati insieme. Decise
di
concentrarsi solo sul fatto che Malfoy fosse uno spocchioso imbecille
con il
cervello fatto a cubetti di paglia!
Un
orgoglioso incredibile, e perfetto, insensato, colossale,
RON.
«
Non
andrà alla festa! » Stridé solenne
Draco, sollevando un po’ il mente ed
ergendosi dietro la porta con tutta l’altezza che aveva.
Ma non
aveva capito bene, evidentemente.
Non aveva
capito che non si stava macerando l’intestino per non
ottenere niente.
Si
avvicinò
di un passo verso di lui, gli occhi incollati alla sua faccia pallida.
Una
strana aura onnipotente che la attorniava. E qualcosa di inquietante e
spettrale nella sua faccia deformata dal malfunzionamento di
metà dei suoi
apparati.
«
Provo
a dirtelo con le buone, e spero che tu capisca » ma le
avrebbe anche fatto tanto
piacere che non lo capisse, così avrebbe potuto farglielo
capire con altre
maniere. « Dopo mio fratello speravo che Hermione avesse la
decenza di
scegliersi gente meno idiota e invece pare che perseveri. Non importa.
Resta
solo un fatto, per quel che mi riguarda: se Hermione non vede il suo
abito
questa sera… tu non vedrai l’alba domani mattina.
»
E siccome
non era sicura che Draco avesse capito quanto era seria, diede uno
spintone
alla porta, ignorando i suoi lamenti inconsulti, individuò
il pacchetto sul
letto, lo afferrò, e tenendo Draco sotto tiro con la
bacchetta tesa, per
dissuaderlo a fare solo un passo verso di lei, fuggì via.
Ormai certa
che quella festa sarebbe stata una monumentale tragedia.
*** *** ***
Sabato 13
Febbraio. Ore 21.00
Hogwarts. Sala Grande
Hermione
Granger, vestita di tutto punto per la festa di San Valentino e
puntuale come
un orologio svizzero, sospirò ai piedi della scalinata.
Con sua
somma sorpresa, Draco non si era più fatto vedere, ed era
successa una cosa
strana quella mattina in dormitorio: qualcuno aveva rubato il suo
vestito per
il ballo. E poi Ginny era ricomparsa con il pacco che lo conteneva, ma
non
aveva voluto dirle dove l’aveva trovato. E d’altra
parte lei non aveva
insistito, e si era messo l’abito.
Era un
vestito molto bello: con maniche a tre quarti, uno scollo a V non
troppo
pronunciato, e un’elegante svasatura che partiva dai fianchi.
Aveva delle
decorazioni argentate sui bordi, ma per lo più era
inderogabilmente e
indubitabilmente blu.
Come i suoi
fermagli. Come le sue scarpe. Come la sua borsa. Come i suoi orecchini.
Tutto blu.
Sorrise
inconsciamente al nulla davanti a sé: chissà come
sarebbe stato sorpreso Draco
nel vederla.
«
Davis
non arriva… »
Si
voltò
verso Ginny, che aveva un bellissimo vestito rosso scuro ma
l’aria di un’anima
in pena. Continuava a sussurrare frasi incomprensibili. Gliene aveva
anche
chiesto il motivo, ma aveva avuto l’impressione che ce
l’avesse un po’ con lei,
e che non volesse proprio dirglielo.
«
Spero
per Malfoy che non abbia fatto scherzi… » la
sentì di nuovo sussurrare, e con
grande cautela e gentilezza le chiese:
«
Cerchi
Dean? »
Ginny scosse
meccanicamente il capo.
«
No. »
rispose inquieta, senza smettere di guardarsi in giro.
La
imitò
anche lei, e all’improvviso vide Draco comparire
dall’ingresso della Sala
Grande.
«
Oh,
ecco Draco! » Esclamò, gioiosa. « Draco!
» Lo chiamò sbracciandosi per farsi
vedere.
Sentì
un
peso trascinarle giù il braccio, e si accorse che Ginny gli
si era avventata
addosso e la guardava scioccata.
«
Abbassa quella mano! » Esclamò in un filo di voce,
come se fosse terrorizzata
da qualcosa.
Da cosa,
però,
lei non lo sapeva.
Stette per
metterle una mano sulla spalla, e garantirle che l’avrebbe
aiutata qualunque
fosse la questione che l’angustiava. Ma non poté
farlo, perché prima che
potesse chiederle quale fosse il suo problema, Draco Malfoy le
raggiunse e si
parò loro davanti.
Hermione
Jane Granger rimase per un momento senza molte parole.
Davanti a
lei c’era un Draco diverso da quello che conosceva.
Fu strano
rendersi conto che, anche se l’abito non fa il monaco,
quell’abito da sera blu
notte, fatto su misura ed estremamente elegante, metteva in luce
qualcosa che
forse era sempre rimasto nascosto dietro la divisa da quidditch e
l’uniforme
della scuola.
Si rese
conto che presto Draco Malfoy sarebbe diventato un adulto.
Che la
persona che gli stava davanti in quel momento era un ritratto fedele di
chi
sarebbe arrivato di lì a pochi anni.
I capelli
così biondi e così lisci. Gli occhi di ghiaccio
misteriosi ed affascinanti.
Alto ed elegante al di là dell’abito che avrebbe
indossato. Con quel mento
sempre un po’ più su del dovuto. E
quell’aria da schiaffi che, però, alle
volte, avrebbe regalato piccoli, preziosi sorrisi a chi avesse avuto la
pazienza di aspettare che lui si aprisse.
Si
sentì
invasa da un senso di aspettativa per il futuro senza precedenti.
Come se
l’orgoglio di potergli stare al fianco e vederlo maturare
nella mente come
nell’aspetto, fosse tanto grande quanto la
felicità di aver sfidato ogni
convenzione per diventargli amica ed essersi guadagnata un posto
speciale nel
suo futuro, per poter vedere quei sorrisi.
E
improvvisamente si accorse anche di un’altra cosa.
Che gli era
mancato per tutti i giorni in cui non si erano visti.
E che se
quel ballo fosse stato diverso, se avesse dovuto portarci un compagno
scegliendolo tra tutti gli altri al di là di ogni criterio,
quel compagno non
avrebbe potuto essere altri che Draco.
Pensava a
questo così intensamente che non si accorse che Draco la
guardava con così
tanta aperta irritazione che tutti i presenti si erano allontanati da
loro, e
Ginny, coraggiosamente, aveva fatto un passo avanti prendendo mano alla
bacchetta nascosta nella manica del bel vestito che indossava, pronta a
ingaggiare un duello con lui per difenderla.
Si accorse
che qualcosa non andava solo quando Draco soffiò tra i
denti, con astio:
«
Questa
me la pagherai davvero cara… »
Strabuzzò
gli occhi.
«
Ma
cosa stai dicendo? »
Non aveva
idea di cosa gli passasse per la testa, ma fu estremamente chiaro che
qualunque
cosa fosse non migliorò dopo quella risposta,
perché le parve che le vene
verdastre che si vedevano sulla pelle lattea del Serpeverde
cominciarono a
pompare sangue al cervello con un ritmo inquietante. Gli occhi sempre
fissi su
di lei che la scrutavano avidi ma disturbati, come se non volessero
davvero
guardarla ma non potessero farne a meno.
Fece un
passo avanti, e con la stessa voce cauta e gentile che aveva usato con
Ginny,
tentò di indovinare il motivo del suo malumore:
«
Tua
cugina non c’è? E’ stata male?
»
Le spalle
di Ginny tremarono, come scosse da un brivido.
Da quello,
Hermione Granger avrebbe dovuto dedurre che il suo tentativo non aveva
fatto
che peggiorare di nuovo la
situazione.
Ci
pensò
Draco a sottolineare la cosa, ringhiando:
«
Vuoi
proprio litigare?! »
«
Non è
colpa sua, cretino! » la difese Ginny, avanzando di un altro
passo.
Colpa sua
per cosa? E perché Ginny
sembrava
saperlo e non gliel’aveva detto?
«
Taci! »
La gelò però Draco, schioccando le parole con
ancora più rancore del solito « Fatti
gli affari tuoi! E questa volta sul serio! »
«
C’è
qualcosa che non so? » domandò, un tono un
po’ più freddo e contrariato di
quello che si sarebbe aspettata.
Ginny si
girò verso di lei, agghiacciata.
Gli occhi
quasi
fuori dalle orbite e tutta l’aria di volerla pietrificare.
Ma non ne
ebbe il tempo.
« Qualcosa che non so? » Le fece
il verso
Draco, e non si capiva se era più indignato o più
scioccato. Ancora una volta,
il ragazzo le tolse ogni dubbio: « Sono disgustato!
»
La musica
cominciava ad alzarsi nella sala. Intorno a loro, alcune coppie
cominciavano a
muoversi. Altre si avvicinarono al buffé. Altre ancora
osservavano un diverbio
che si stava consumando tra il Serpeverde e la Grifondoro
più discussi della
scuola. Se si fossero soffermati a guardare con più
attenzione, avrebbero visto
Blaise che si era riservato un posto d’onore non molto
lontano, e, mangiando
con discrezione qualche tartina, aveva gli occhi bramosi fissi su di
loro. Al
suo fianco c’era Theodore, che osservava la scena
visibilmente preoccupato.
Mentre
comparivano
all’ingresso Seamus, Neville e Dean, tutti scompigliati e
tesi, ma soprattutto
ignari di quanto stava succedendo, lei sbarrò gli occhi per
l’ennesima volta, e
domandò sconcertata:
«
Da
cosa? »
Ginny fu
scossa dall’ennesimo tremito, mentre Draco, al culmine dello
sdegno e
dell’esasperazione, urlò:
«
Da te! »
Senza
parole, rimase risentita a guardarlo.
«
Pucey
Davis! » Continuò Draco avanzando di un passo, e
gesticolando in modo scomposto
e confuso, come se anche quello che si agitava dentro di lui fosse
piuttosto
scomposto e confuso. Una cosa però era estremamente chiara
in lui: « Persino
Paciock sarebbe stato meno umiliante!
»
«
Cosa?!
»
Ribatté, facendo a sua
volta un passo in avanti allo steso modo, al punto che le loro facce
erano a una
spanna sola di distanza.
Si
guardavano in cagnesco, come se fossero pronti a darsele da un momento
all’altro. In quell’idillio, Colin Canon si
intromise col suo sorriso ingenuo e
sfavillante, e domandò con gioia:
«
Una
foto ricordo?! »
I due si
girarono all’unisono, e ruggirono:
«
Sloggia,
Canon! »
E Colin
Canon, tutto mogio, se ne andò a fotografare qualche altra
idilliaca coppia.
*** *** ***
Sabato 13
Febbraio. Ore 23.23
Hogwarts. Aula di Trasfigurazione
Il fatto
che Hermione fosse una cretina era dimostrata dal fatto che il cappello
parlante, tra tutti i posti in cui avrebbe potuto mandarla, aveva
scelto la
Casa dei Grifondoro.
Detta
anche, in gergo comune, la Casa dei Cretini.
Per cui era
chiaro che non era proprio una persona a posto.
Ma
accettando l’invito di Pucey Davis, aveva superato ogni
limite consentito di
cretineria, e lui, Draco Malfoy, era lì pronto a perdonarla
e riprendere a
parlarle.
E per
perdonarla e lasciarsi quella spiacevole questione alle spalle, non
chiedeva
molto. No: chiedeva solo di udire dalla bocca di Hermione stessa che
era stata
così stupida che non osava nemmeno chiedergli di perdonarlo.
Che Pucey Davis
era stato un madornale sbaglio. Che anche Victor Krum lo era stato
– meglio
abbondare, intanto che sarebbe stata in vena di scuse. Che la sua vita
era
senza senso da quando aveva pensato di andare a quella festa con un
altro. E
che poteva anche non parlargli per anni, ma lei avrebbe continuato a
sperare in
una loro riconciliazione.
Solo
questo, e poi l’avrebbe perdonata.
Draco il
Misericordioso, l’avrebbero chiamato i romani. Altro che
Commodo.
Quando
però
aveva visto Hermione in fondo alla sala, aveva dimenticato
tutto… e l’unica
cosa che aveva ardentemente desiderato era di vomitarle addosso tutta
la cieca
rabbia che gli era montata dentro.
E,
possibilmente, rompere qualcosa.
Sarebbe
stato Draco il Misericordioso solo dopo.
Prima
avrebbe spaccato qualcosa.
Hermione
doveva averlo capito, perché dopo essersi scambiata con lui
altri insulti, l’aveva
trascinato via dalla Sala Comune, in un’aula vuota, dove,
ansimante, bellicosa
e basita, lo osservava a un paio di metri di distanza.
Ad un
tratto, gli domandò, sconvolta:
«
Qual è
il tuo problema? »
E lui lo
sapeva… lo sapeva eccome qual era.
Ma in quel
momento in cui erano soli preferiva spiegare al mondo e a lei
qual’era il
problema di Pucey Davis:
«
E’ turpe! »
«
Draco!
»
«
Non
difenderlo! » Inveì, alterato. « Che
è? Ti piace?! Quella sottospecie di arredo
pulcioso da bagno!? »
Sconvolta e
arrabbiata a sua volta, Hermione tentò di nuovo di fermarlo:
«
Draco!
Smettila! »
Smetterla?!
«
Ma ti
senti?! » Urlò al culmine del raccapriccio.
« E’
un tappeto!
»
« E
tu
sei l’essere più abissalmente cretino che io abbia
mai conosciuto! »
«
Almeno
non puzzo! »
«
Neanche
lui puzza! »
«
Certo
che puzza! » La contraddisse caustico, la faccia trasfigurata
dalla rabbia « Tutti
i tappeti puzzano! Perché ci si pesta sopra i piedi!
»
«
Pucey
non- »
Draco
sbarrò gli occhi, inorridito.
«
Adesso
ti metti pure a chiamarlo per nome?! »
«
Io
l’ho sempre chiamato per nome! » Gridò
Hermione, e ansimando per lo sforzo di
continuare a stargli dietro. « E non capisco
perché fai così: mi ha invitato, e
io ho detto di si! Sapevo che tu ci andavi con tua cugina! »
«
Silenzio!
» La zittì furibondo. « Non
c’entra niente questo! C’entra il fatto che sono
allibito che tu sia caduta così in basso da farti
accompagnare da un fallito!
Un monumentale fallito! »
«
Sempre
meglio che essere degli stupidi ignoranti che giudicano le persone in
base ai
loro soldi! » Strillò Hermione, quasi disperata.
« E
chi
ha parlato di soldi?! » Ribatté allucinato, anche
lui con un fondo di
disperazione nella voce « Aiuta i Tassorosso
quello! »
Sul viso
un’espressione sconvolta, attonita, quasi smarrita.
Provò
a
dire qualcosa prima di richiudere la bocca e guardarlo come se non
trovasse
parole per ribattere. Lui ne fu certo: non trovava parole
perché si stava
rendendo conto che non si poteva obiettare al fatto dei Tassorosso.
Ciò significava
che presto si sarebbe scusata. Che si stava rendendo conto di quanto
era stata
stupida, di quanto era stata una donnicciola sciocca a lasciarsi andare
un uomo
baldo, valoroso e Serpeverde quanto lui.
Si stava
rendendo conto di tutta la sua cretineria.
L’accenno
di un sorriso soddisfatto si stava dipingendo sul suo viso, al pensiero
di
quanto sarebbe stato misericordioso a concederle il tanto desiderato
perdono,
quando la udì esclamare con una qual sorta di esasperata
rassegnazione:
«
Ma sei
un vero deficiente! »
Il sorriso
si gelò sul suo viso prima di formarsi.
Assottigliò
gli occhi in due fessure così sottile che non si vedevano
più nemmeno le
pupille.
«
… sai
che ti dico? »
Hermione lo
guardò un po’ sconsolata, come se non ci fosse
niente che potesse dirle per
farle cambiare umore.
In
realtà,
c’era eccome.
«
Che Davis
lo è. » sibilò, e lampi
d’orgoglio ferito e rivendicazione cocente scintillavano
dalla fessura sottilissima dei suoi occhi « E che formate
proprio una bella
coppia! Di deficienti! »
E in
effetti dopo queste parole Hermione non sembrava più molto
sfiduciata.
«
Ah si?
» Vibrò anzi, come se stesse trattenendo in gola
tutta la sua rabbia.
Un tic
nervoso cominciò a gonfiarle la palpebra più
bassa dell’occhio sinistro. Le
narici si dilatarono al punto da renderle il naso molto simile a quello
di un
toro incazzato. E i pugni si strinsero in modo così serrato
lungo i fianchi che
le nocche cominciarono a scrocchiare. Deglutì
inconsciamente, perché sapeva che
non era un buon senso. Ma siccome non c’erano libri nei
dintorni, osò
confermare, spavaldo:
«
Si! »
«
Bene. »
Disse, con la stessa, pericolosa calma trattenuta.
«
Bene! »
«
Bene. »
«
Ben- »
« Stupeficium! »
« Protego! » Strillò
stridulo, non sapendo
bene dove trovò tutta quella prontezza.
E
scattò di
lato, col cuore in gola.
Udendo il
suono di qualcosa che si sfracellava, si girò e
sbiancò di fronte alla sedia
maciullata che si era schiantata contro il muro al suo posto.
Così
strillò
di nuovo, ancora più stridulo:
« Ma che fai?! »
Hermione
aveva una risposta molto ragionevole:
« Stupeficium! »
« Protego! » Urlò
atterrito, puntando la
bacchetta davanti a sé.
« Stupeficium! » Continuava a
incalzarlo
Hermione, l’aria da assatanata e i capelli ridotti ad uno
scempio. Un’altra
sedia prese il suo posto e venne distrutta nella furia assassina di
quella
pazza scatenata- « Stup-
»
« Expelliarmus! »
E
incredibilmente fu più veloce: la bacchetta di Hermione
volò dall’altra parte
della stanza, e lui, ancora la bacchetta puntata, accarezzò
per un attimo
l’idea di schiantarla. Quando lei lo sconsigliò
molto vivamente, sibilando,
verde di rabbia:
«
Non oserai! »
«
Tu
l’hai appena fatto! » le fece notare allucinato, il
braccio sempre teso e
pronto.
«
Te
l’eri meritato! » lo zittì lei, gli
occhi ridotti a due sottili e funeste
fessure che lo fissavano con tanta irritazione e rabbia che sembrava
stesse
recitando un’oscura maledizione mentale.
E Draco
Malfoy conosceva Hermione Granger abbastanza bene da sapere che averla
privata
della sua bacchetta non era sufficiente per mettersi al riparo dalla
sua
follia.
Decise
infine che, per fugare ogni dubbio, era davvero meglio schiantarla.
Senonché
dall’uscio,
giunse loro una voce:
«
Ma qui
che succede? »
Ed ecco
l’oggetto del contendere comparire nell’arena.
La donzella
in difficoltà che il Drago
voleva
accoppare, e difesa da un cuore ardimentoso.
Nel solo
guardare Pucey Davis che li fissava con un’ aria del tutto
innocente ed ebete,
provò l’insano desiderio di prenderlo a sprangate.
«
Malfoy?
» Domandò lo sveglissimo principesso. «
Ma che fai? »
«
Stanne
fuori, stuoia! » ringhiò, minaccioso. E avrebbe
volentieri puntato la bacchetta
contro Pucey se solo Hermione non gli avesse ricordato la sua presenza,
urlando
ormai quasi sull’orlo delle lacrime:
«
Smettila
Draco! »
Ed era
molto meglio continuare a tenere lei sotto tiro.
«
Stuoia?
» Ripeté invece Pucey, smarrito.
Abbassò
la
bacchetta e puntò un dito contro il nuovo arrivato,
guardando però Hermione con
l’aria di uno che le sta mostrando la dimostrazione assoluta
della propria
ragione.
« E
poi
sarei io l’imbecille?! » La accusò
indignato. « E’ più lento di Weasley! »
Il
principesso sembrò aver capito tutto e chiese, in tono
perspicace:
«
Lento…? Stiamo parlando di Quidditch, vero? »
Cercò
di
tendere ancora di più il braccio e il dito, già
piuttosto tesi. E cercò di
spalancare ancora di più le palpebre, come se volesse che
Hermione notasse la
devastazione nei suoi occhi, mentre ripeteva:
« Visto? »
E non era
davvero possibile che non vedesse.
Per
l’ennesima volta, Hermione tentò di aprire la
bocca, ma non riuscì a dire
nulla. Doveva vederlo anche lei che razza di idiota si era scelta!
Doveva
vedere come aveva messo in imbarazzo anche lui, esponendolo alla
derisione di
tutti quelli che in eterno gli avrebbe rinfacciato che qualcuno aveva
preferito
Pucey Davis a lui! Era una questione d’orgoglio, maledizione!
E a quel
punto, nemmeno lei non poteva davvero ignorare il suo monumentale
errore e
chiedergli come una gnorri quale diavolo fosse il suo problema!
Perché
ormai
era davvero troppo evidente quale
fosse!
«
Forse…
forse dovrei lasciarvi soli… » Buttò
lì Pucey, vedendo che la situazione, non
appena calava il silenzio, era tesa come una corda di violino.
« Ti aspetto in
Sala, ok, Hermione? Sai, la festa è appena iniziata, in
realtà… »
Infatti, il
suo problema era evidente…
Il suo
più
grande problema…
Le guance
di Hermione.
Quelle
guance rosse che risaltavano sulla pelle chiara. O i suoi capelli. Che
dire dei
suoi capelli? Di quelle ciocche scomposte che sfuggivano dalle forcine.
E che
dire degli occhi? Così scintillanti quando
l’avevano salutato. E non poteva
dimenticare il vestito. Non avrebbe mai
potuto dimenticare quel vestito che le calzava troppo bene ed era
troppo blu
per non ricordargli che l’aveva messo per qualcun altro.
Ecco i suoi
più grandi problemi.
Sin dal
primo momento che l’aveva vista, dal fondo della sala, si era
dimenticato
l’orgoglio e la derisione degli altri: si era solo reso
conto, anche lui come
lei, che Hermione sarebbe cresciuta. Sarebbe diventata una pallida imitazione di donna, ma pur sempre una donna. E forse qualcuno sarebbe stato così pazzo da invitarla a uscire. E, come stava accadendo
anche in
quel momento, l’aveva assalito la sensazione contorcente,
avvilente e
insopportabile che lei potesse essere felice di fargli un po' di posto accanto a sé.
Potesse essere felice di far occupare a qualcun altro il posto più vicino a lei per sentirla
straparlare, per farle
gli sgambetti, per tirarle palline di carta per essere notato.
E quello
era intollerabile per un milione almeno di motivi.
Tutti
superflui e tutti capitali nello stesso tempo, su cui nemmeno voleva
discutere
con se stesso.
L'unica
cosa importante su cui riflettere era che sarebbe stato Draco il
Misericordioso
soltanto dopo.
In quel momento,
voleva solo spaccare qualcosa e spiegare a Pucey Davis di di levarsi immediatamente da quel posto, perché
se non
si fosse levato, avrebbe spaccato lui.
«
Avresti dovuto sin dall’inizio non intrometterti »
Disse quindi, con un astio e
una cattiveria tali da zittire la risposta di Hermione sulle sue stesse
labbra,
e indurre sia Hermione che il suo cavaliere per la serata a guardarlo
basiti. «
Solo perché ti ha detto che viene con te alla festa ti sei
montato la testa »
Continuò, velenoso e sapendo di esserlo. Che lo capisse. E
lo capisse bene quell’idiota
che cosa era stato: « Ma adesso che ci sono io non servi più. Per cui sciò, vattene! »
Che capisse
che lui, Draco Malfoy, non l’avrebbe mai invitata ad un
ballo. Avrebbe forse accondisceso ancora ad accompagnarla - ma questa volta avrebbe preteso che firmasse un contratto scritto in cui si impegnava a farlo - ma l'avrebbe fatto per bontà e per divertirsi alle sue spalle. In ogni caso non l'avrebbe mai invitata, ma poteva star certo che non avrebbe lasciato che qualche altro imbecille lo facesse.
Che Davis capisse
di essere il terzo incomodo lì.
E non gli
importava nemmeno molto come era capitato: se Blaise gli aveva detto
una
cavolata, se Hermione non aveva capito niente, o chissà
cos’altro. Non stavano
parlando di quello: per quello, semplicemente, Hermione
l’avrebbe pagata cara
per poter espiare tutte le sue colpe.
Ciò che era importante far capire, ciò di cui stava parlando, era che Pucey Davis era l'ultimo intruso che avrebbe tollerato. Perchè quel posto non era in vendita, e, per quel che gli riguardava, nemmeno Hermione poteva decidere di farlo occupare da qualcun altro. Non senza sapere che sarebbe stato immediatamente schiantato. E, a buona posa, che anche lei si sarebbe presa la sua dose di incantesimi. Ecchediamine!
E quei
pensieri erano così veri e imperativi, nella sua testa, che
la sua espressione
era divenuta limpida e altera. Era così certo di quello che
aveva detto che il
suo tono di voce era calmo e fiero. Era così sicuro di
sé che il suo mento era
sparato in alto, con tutto l’orgoglio e la vanità
possibili stampati sul viso.
Si voltò
verso Hermione.
La certezza
assoluta che lei, a quel punto, l’avrebbe adorato
come un dio.
Se vi state
chiedendo se Draco Malfoy aveva mai sentito parlare di emancipazione
femminile,
di lotta contro l’oggettivazione delle donne, di
rivendicazione del diritto
sacrosanto di scegliere se accettare o meno le avance di un uomo. Se
insomma vi
state chiedendo se Draco Malfoy sapeva che il patronus di Hermione era
il
simbolo per eccellenza di “potere femminile” e quei
pensieri non erano altro
che la letterale espressione del giogo paternalistico del maschilismo.
E se
infine vi state chiedendo se Draco Malfoy si era accorto che in tutto
quel
discorso Hermione ne usciva come una specie di donna scarlatta, frivola
e
sciocca che pur di avere un partner per una festa accettava di andarci
con
chiunque… vi posso dire che effettivamente no, Draco Malfoy
era del tutto
ignaro a questi fatti.
Per questo
fu piuttosto scioccato quando si voltò verso di lei e la
trovò con due pezzi di
marmo al posto delle mascelle. L’espressione glaciale. E gli
occhi penetranti
che gli promettevano qualcosa di molto doloroso, lento e sanguinolento.
Avrebbe
potuto essere la morte, ma se non poteva mettere la mano sul fuoco che
fosse la
cosa peggiore augurabile a qualcuno, non poteva essere certo che si
trattasse
proprio di quello.
« Accio
Bacchetta » scandì Hermione,
netta.
Fu strano
rendersi conto che il riflesso condizionato di brandire la propria
bacchetta
per difendersi non si attivò. Ma fu ancora più
strano vedere che Hermione gli
diede semplicemente le spalle.
La calma prima della tempesta.
Questo era l’avvertimento
della sua saggia voce interiore.
Voce che
lui subito zittì, sprezzante.
« Vieni
via » Disse Hermione a Pucey, afferrandolo per un braccio e
così riscuotendolo
dal torpore che l’aveva colto. Poi, sempre senza voltarsi,
aggiunse serafica
rivolta a Draco: « Ti consiglio di non seguirmi. »
« Altrimenti? »
La
provocò lui, altero. Pronto a ribattere ad ogni insulto con
uno
peggiore.
Che capisse bene anche
lei che se voleva perseverare nella sua demenza,
gliel’avrebbe fatta pagare
molto cara. Che se prendeva le parti del Paladino dei Tassorosso
avrebbe
iniziato con lei una lotta senza quartiere che l’avrebbe
indotta alla resa. Che
se era così sciocca da non inchinarsi immediatamente al suo
regale cospetto la
sua ira sarebbe stata così grande che avrebbe scatenato
tuoni e fulmini contro
di lei. Che l’aver messo quel vestito blu per Pucey Davis e
non per lui, non
sarebbe mai e poi mai stato dimenticato.
Che capisse bene anche
lei che non avrebbe ricavato altro che pane per la sua focaccia.
Con questo umore e
questo proposito Draco Malfoy attese la furia di Hermione Jane Granger.
Lei però non disse una
parola.
Si voltò soltanto verso
di lui, e una lingua di fuoco le uscì dagli occhi,
carbonizzando ogni cosa.
E addio al pane, alla
focaccia, e alla sua faccia.