CAPITOLO 7
Paura
(POV
Lina)
-l’unica
possibilità è ignorarlo-
Ecco
a cosa avevo pensato appena fui sveglia. Quello che era successo quella notte
in discoteca mi aveva veramente scioccato. Il perché poi, quello, non riuscivo
proprio capirlo. Io per prima avevo iniziato a giocare con lui, anche se non
sapevo che lui sapesse la mia identità. Come avesse fatto a scoprirmi poi? Ciò
nonostante anche lui mi aveva ripagato alla stessa moneta. Ma perché volermi
baciarmi? Avremmo potuto stuzzicarci e basta. Sarebbe finita lì. Invece lui mi
stava per baciare, ed io volevo che mi baciasse, e non solo perché credevo non
sapesse chi fossi in realtà. Pensare ad Alec mi metteva agitazione, ma se
l’agitazione fosse negativa o positiva, non l’avevo ancora capito.
Andai
a scuola quindi con quella decisione che avevo preso non appena sveglia. Entrai
un secondo prima dell’inizio della lezione e lui sembrava agitato fino a quando
non mi vide. No, non è possibile! Di sicuro lui non si sarà fatto tutti i
problemi che mi sono fatta io. Lo fulminai con lo sguardo, e per poco non mi
presi a schiaffi per quel gesto, perché quei suoi occhi verdi misto viola mi
stavano per incantare, ma il mio orgoglio, la rabbia di quella notte e una
sferzata di aria fredda arrivata da non so dove mi svegliarono giusto in tempo,
per permettermi di sedermi al mio banco con gesto teatrale.
Lui
tentò più volte di punzecchiarmi, usando anche il nomignolo ‘carina’ che odiavo
tantissimo, ma non so come riuscii a trattenermi, a fatica, ma ci riuscii. Lui
si stancò molto facilmente e mi lasciò perdere. A quanto pare avevo ragione.
Non gliene fregava proprio niente di me.
Terminate
le lezioni ebbi l’ennesima conferma dei miei pensieri, lui si alzò di scatto e
senza degnarmi di uno sguardo se ne andò.
-stronzo!-
Incavolata
nera mi inoltrai fuori verso il freddo che mi circondava. Stupida, stupida,
stupida. Cosa credevi? Le lacrime mi pungevano gli occhi, volevano scendere.
Stavo
camminando quando un campanellino mi disse : - girati-!
Lo
feci e non potevo credere ai miei occhi. Alec mi aveva seguita. Il piacere per
quella scoperta, non durò molto, perché la rabbia che provavo era tanta. Si
alzò un vento gelido, e come quello con rabbia gli dissi:
“che
diavolo vuoi?”
I
suoi occhi, così, non li avevo mai visti. Non erano più scontrosi, sembravano
preoccupati. Possibile?
Non
feci a tempo a fare altre supposizioni perché mi spinse, anzi mi scaraventò
contro il muro e mi baciò.
In
quell’istante il mio cervello andò in stand by. Io non comandavo più il mio
corpo. Avrei potuto sforzarmi forse, ma non lo feci, lasciai, per una volta
tanto, che fosse un altro il muscolo a comandare: il cuore.
Avevo,
senza oppormi, contraccambiato il suo bacio. Che da dolce e tenero, era passato
ad uno eccitante e passionale. Ci staccammo per me troppo presto, entrambi con
il fiato corto.
Ci
fissammo entrambi senza parlare. Io ero sconvolta. Sconvolta dalla felicità che
il mio cuore provava. E anche lui era sconvolto. Lo notavo. Alla fine dei
conti, io e lui eravamo davvero simili. Anche adesso che i fatti avevano
parlato, le parole che avrebbero dovuto combaciare tutti i pezzi di questo
incasinatissimo puzzle, tardavano ad arrivare. Lo fissai negli occhi, che
stranamente si erano inscuriti. Lui faceva lo stesso.
Basta!
Avevo capito che ora, parole non ne sarebbero giunte, ne da me, ne da lui.
Così
senza ripensamenti presi la borsa, che mi era caduta a terra, e me ne tornai a
casa.
Non
mi voltai per vedere come lui avesse reagito!
Appena
arrivai a casa mi fiondai in doccia, avevo la testa che mi faceva male, i
pensieri mi vorticavano come un uragano senza sosta!
Quello
era stato senz’altro il bacio più bello di tutta la mia vita. Doveva avere
freddo Alec perché mi sembrava quasi che fosse gelido il suo viso, ma tutto
intorno era gelido, e quel nostro contatto aveva infuocato tutto.
Il
mio cuore prese a battere a mille al solo ripensare a tutta la scena. Mi stavo
forse innamorando? Ok ho capito, togliamo il forse.
Una
lacrima scese indisturbata. No non volevo innamorarmi. Non volevo dover
dipendere di nuovi di qualcuno, che forse non ci sarebbe stato per sempre.
Come i miei genitori. Come Serena. La
solitudine inferta, dopo aver provato affetto assieme a qualcuno, faceva
davvero male. E io temevo di riprovarla ancora. Ma ero sicura che ormai non ci
fossi già troppo dentro?
Mi
stavo preparando per un’altra serata all’Irish. Non sapevo se Alec sarebbe
venuto o meno. Ma sentivo che stasera ci sarebbe stata la svolta finale.
Arrivata
al locale, mi fiondai da Matt a buttar giù qualcosa roba schifosa per farmi
perdere il senso della realtà, ma mi sentivo ancora troppo me stessa.
Andai
così a cambiarmi e a diventare subito un’altra.
Iniziai
a ballare ad occhi chiusi, perché solo così mi sembrava di essere in un altro
mondo. Quando li riaprii trovai davanti alla mia postazione Alec. Era immobile,
serio e mi fissava. Continuai a ballare
guardandolo negli occhi. Sembrava che tutto il mondo circostante stesse
evaporando, che la musica non ci fosse e più e che le persone non ci fossero
più. Lì in quella dimensione c’eravamo solo io e lui.
Alec
senza dir nulla alzò il suo braccio verso di me, tendendomi la mano. Di sicuro
dietro quel gesto c’erano altri significati. Io li tradussi come : ‘ se mi vuoi
prendimi!’.
Ma
io cosa volevo?
Lui.
Si,
volevo lui e basta. Chi se ne frega se avrei sofferto di nuovo, sapevo che me
ne sarei pentita se ora non afferravo quella mano e che Serena me l’avrebbe
rinfacciato a vita, non appena glielo avessi detto.
Senza
indugio afferrai saldamente la sua mano, per dimostrargli la mia sicurezza. Lui
accennò un sorriso e poi mi rapì nel buio della notte.
(POV
Alec)
Mi
aveva lasciato in mezzo alla strada non appena l’avevo baciata, ma sapevo che
non era perché voleva scappare, doveva riflettere come me. Noi due eravamo
molto simili.
L’avevo
pensata per tutto il giorno. Continuavo a chiedermi cosa fosse quell’emozione
che avevo provato non appena l’avevo baciata. Era forse quello che chiamavano
amore, vero amore?
Perché
non assomigliava per niente al sentimento che provavo verso Jane. Jane l’amavo
incondizionatamente da sempre, perché era mia sorella, avrei ucciso chiunque le
avrebbe fatto del male. Ma a parte questo non c’era altro. Nei confronti di Lina
provavo questo, e mille altre emozioni, emozioni che non avevo mai provato.
Come il forte bisogno di sentirla e stringerla tra le mie braccia. Di averla
anche solo vicino, come durante le ore di scuola.
-Alec-
immaginavo mentre mi chiamava… -Alec- la sua voce si era fatta insistente e
odiosa come quella di una bambina pestifera. Bambina pestifera?
“ALEC”
il mio nome fu pronunciato con un ringhio.
“Jane!”
mi girai e la guardai confuso. Come diavolo era possibile che non mi fossi
accorto di lei. Da quanto mi chiamava?
“a
cosa diavolo stavi pensando per non esserti accorto di me ?” mi chiese furiosa.
“io…
ti chiedo perdono sorella. Pensavo alla
battaglia in Romania!” non mi avrebbe mai creduto.
“non
ti credo!” appunto.
“no
davvero!” riprovai.
“senti
Alec, non prendermi in giro! Si può sapere che ti sta succedendo?”
Mi
sono innamorato sorella. Ma non lo dissi ad alta voce. Sapevo che dovevo
mantenere il segreto il più a lungo possibile. Non potevo innamorarmi di
un’umana. Solo ora me ne ero reso conto. Per lei sarebbe stata la fine, ma ora
c’ero troppo dentro. Lo sentivo. Avrei cercato di proteggerla da questo mio
mondo il più possibile.
“…
e poi solo perché stai andando a scuola, non vuol dire che devi per forza
evitare tutti?” aveva continuato lei. “non fare cose di cui poi potresti pentirti
fratello, non voglio perderti!” disse triste. Ma lo disse anche come se fosse
consapevole che invece le avrei fatte lo stesso. Che sapesse? Eppure ero stato
attento e mi ero sempre guardato le spalle quanto si trattava di Lina! No forse
ero solo spaventato per la mia nuova rivelazione e temevo di essere scoperto, e
questo mi portava ad essere paranoico.
“torna
in te stesso Alec” mi disse quasi pregandomi, poi senza lasciarmi controbattere
se ne andò.
Rimasi
di sasso dal suo comportamento. Ancora. Ero così occupato a preoccuparmi di
Lina, che avevo scordato Jane e i suoi modi strani che da un po’ di tempo a
questa parte aveva.
Stavo
quasi per raggiungerla quando mi accorsi che si era fatto buio da un po’. Il
desiderio di rivedere la mia dea fu più forte. Andai così a cacciare qualche
turista sperduto, dato che dopo averla baciata oggi, avevo provato anche un
forte attacco di sete nei suoi confronti, e questo non doveva più riaccadere.
Saziato
mi avviai verso l’Irish.
Entrai
giusto quando lei aveva iniziato a ballare. Senza guardarmi in giro e
trascinato avanti solo dalla attrazione che avevo per lei, avanzai fermandomi
giusto davanti di lei. Ero fermo, immobile. Volevo solo guardarla. Stava
ballando ad occhi chiusi. Ero felice della mia scelta, ovvero amarla. Lei aprì
gli occhi e i suoi occhi si specchiarono nei miei. Per tutto il tempo in cui
ballò, non staccò un attimo il suo sguardo da me. Pareva quasi che lì ci
fossimo solo noi due e il suo cuore che batteva all’impazzata e basta. Dopo un
po’ non riuscii più a trattenere quella parte di me che la desiderava, ma come
sapere se anche lei aveva deciso di volermi veramente? Decisi di porre il
quesito con un gesto, sperando che lei avrebbe capito: le tesi la mia mano. Lei
sembrò riflettere e prendere la sua decisione finale. Stavo contando ogni
millesimo di secondo, che per me sembrava infinito. Per mia gioia però lei
afferrò decisa la mia mano. Ora non avrei più desiderato altro. La portai via
con me.
Volevo
stare da solo con lei, ma dove avremmo potuto andare? Decisi per un luogo che
di notte era deserto e che a me piaceva molto. Lì non saremmo stati disturbati,
e poi da un certo punto di vista pensavo fosse anche romantico dato che era
illuminato solo dalla luce della luna. Non ero solito fare cose del genere,
perciò sperai le sarebbe piaciuto.
La
guidai in silenzio, così come lo era lei, fino a Viale Francesco Ferrucci. Lì
c’erano le rovine storiche del teatro romano. Era un luogo silenzioso che io
adoravo quando ci tenevo a starmene da solo con i miei pensieri. Dato che però
ora i miei pensieri era Lina, lei ci sarebbe stata a pennello lì.
“Alec
è davvero bello qui. Ci crederai mai se ti dico, che in 17 anni che vivo in
questa città, non ci ho mai messo piede?”
Ero
sorpreso. “dici davvero?”
Annuì
dolce. il suo viso al chiarore di luna era mozzafiato, per fortuna io, potevo
sopravvivere anche senza respirare.
Ci
sedemmo sulle rovine degli spalti.
Lei
mi prese una mano e sussultò al contatto, e sapevo anche perché.
“hai
freddo?” mi chiese preoccupata. Per un istante non la riconobbi. Non l’avevo
mai vista così, così indifesa. Lei sempre attenta e con le unghie affilate.
Le
sorrisi dolce e mentii per il suo bene
“un
po’”.
Lei
ricambiò il sorriso, che però scomparve subito, mentre i suoi occhi
abbandonavano i miei e iniziarono a guardare tutto e niente davanti a sé.
“ho
paura…”iniziò a dire.
Ecco
lo sapevo, non poteva andare tutto bene da subito. Non ci avevo pensato alla
paura che di sicuro io gli incutevo involontariamente.
“…
ho paura dell’amore che provo per te!”
Oh!
Alec?
Ci sei?
Alec?
Niente
da fare lo stiamo perdendo…
“Alec”
questo richiamo però mi risvegliò, perché arrivava da lei e perché era arrivato
con voce sofferente.
Non
avevo ancora risposto alla sua confessione, che di sicuro non le era stato facile
ammettere.
“Lina…”
Dopo
questa frase non avrei più potuto vivere senza di lei
“…anch’io
ho paura dell’amore che provo per te!”
Ooooohh!
Mi
sono emozionata rileggendo…hahaha che cretina che sono!!!
Ditemi
se la pensate come me!!hihihi
Un
bacio mie care!!