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Autore: RedJoanna    16/02/2011    9 recensioni
long-fic ispirata a film che hanno fatto la storia del cinema.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
Capitoli:
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 *Sproloqui dell'Autrice*: allora, vi preannuncio che non mi convince moltissimo, ma che la prossima shot sarà moooolto più corta e anche decisamente più intensa!

Ah, dedico questa shot ad Angol: buon compleanno!
Perché proprio questa shot? Il titolo dice tutto!

Un'altra dedica: il primo paragrafo di questa shot è dedicato a Giò e Nico: perché anche loro, come Kate, possano ritrovare quel sorriso che li contraddistingue dopo tante lacrime.

Buona lettura!
 

LE VACANZE ROMANE DI CASTLE E BECKETT
(Vacanze Romane)


 

  -Ma non è solo l'amore che dici di provare per me che conta!-.
-E cos'altro conta, allora?-.
-Castle, ti avevo chiesto espressamente di non indagare più su mia madre. Ti ho già perdonato una volta, non credo che lo farò ancora!-.
Oddio, no, ho la voce troppo incrinata, e il naso mi pizzica.
Sto per mettermi a piangere.
Non qui.
Apro la porta del bagno delle signorine, mi infilo nell'ultima cabina, giro la chiave e poggio la schiena contro la porta.
Mi lascio scivolare, piano, lungo la lastra di plastica, con le mani sul viso.
Scoppio in lacrime.
Ho troppi pensieri per la testa, è tutto in disordine lì dentro. Ci sono tantissime domande che mi vorticano nella mente, e tutte cominciano con la stessa parola.
Perché?
Perché mamma non c'è più?
Perché Castle l'ha saputo?
Perché ha cominciato a indagare?
Perché non rispetta le mie decisioni?
Perché è entrato nella mia vita?
Perché provo sempre forte il desiderio di baciarlo, nonostante tutto?
I fantasmi del mio passato tornano a graffiarmi. La mia vita è stata tutto un via vai di gente, senza mai punti di riferimento abbastanza saldi.
L'unico uomo che mi sia mai stato sul serio accanto è mio padre.
E Castle, ma Castle è un altro conto.
Castle non c'era quando tutto è cominciato.
Ma se ci fosse stato?
Mi sarebbe stato accanto allo stesso modo?
E io gliel'avrei concesso?
Davvero, non so cosa io provi per Castle. Dal primo giorno in cui l'ho visto, per quelle domande, in quel locale, ho sentito uno scombussolamento dentro.
Non ci ho fatto subito caso, la mia vita era sempre stata tanto vuota e monotona che quel piccolo diversivo non poteva che farmi piacere.
Ma da quando ho iniziato a vederlo tutti i giorni, bevendo il caffé che mi portava tutti i giorni, ascoltando le sue teorie astruse tutti i giorni, dandogli consigli su come comportarsi con Alexis tutti i giorni, stando con lui tutti i giorni... ho sentito che la mia vita era davvero cambiata e niente sarebbe più stato come prima.
Quell'uomo così goffo, così tenero, così travolgente, così bello... significa davvero qualcosa per me.
Ma cosa?
Certo, l'ho baciato.
Due volte.
La prima volta, quasi di mia iniziativa, un venerdì di tre mesi fa. Era davvero irresistibile, anche vestito da donna.
Ma poi ho riconosciuto di aver sbagliato.
Ero già stata abbandonata due volte, perché essere ferita ancora?
Quando qualcuno se ne va per sempre dalla tua vita, sei sempre più vulnerabile. Ma, con il passare del tempo, ti costruisci una corazza, uno scudo che ti copre dalle relazioni con tutti gli altri.
E perdi per sempre il sorriso.
La tua vita si impoverisce, diventa sottile, invisibile, e ti sfugge di mano.
Finché non ti arriva uno schiaffo in pieno viso e non capisci che il vero errore lo stai compiendo tu, in quel momento, lasciando andare tutto quello che hai costruito nella tua vita.
E quello schiaffo me l'hanno assestato il cadavere di un ragazzo e la sua fidanzata.
Ho pensato:-E se succedesse a me?-.
Lui era lì.
Non potevo tollerare che se ne andasse per sempre.
E l'ho baciato..
Gli ho detto di amarlo, ed era davvero quello che credevo in quel momento.
Sono passati più o meno due mesi e lui ha continuato a indagare sul conto di mia madre, nonostante, dopo la morte di Coonan, gliel'avessi proibito.
Che testa dura.
Sa benissimo che io non tollero che scavi nel mio passato.
Che non voglio che il dolore ritorni, a distruggermi dentro.
E che non è facile che io perdoni.
Perché perdere un'altra occasione?
Falla finita, Kate. Smettila di piangere, altrimenti le idee non ti si chiariranno mai.
-Kate...-.
Dio!
Ma chi...
No, ma tu guardalo.
Fa capolino dalla cabina accanto alla mia, dall'alto.
Ha una faccia così tenera che è davvero difficile impedirmi di sorridere.
Ma cosa è capace di combinarmi?
Non è il momento di lasciarsi andare, Kate. Assolutamente no.
-Castle, esci di qui-.
-Fammi parlare almeno-.
Sospiro. Sentiamo che ha da dire.
-Senti, Kate, so di avere sbagliato, ma non potevo lasciare che andasse a finire così. Dopo la morte di Coonan, io... non mi sono dato pace. Sapevo che era colpa mia e non potevo tollerare che per colpa mia tu non avessi giustizia. Per questo ho deciso di andare a fondo. Se non vorrai perdonarmi, lo accetterò serenamente. So riconoscere i miei errori, anche se credo di averli commessi in buona fede. Se tu me lo chiederai, sparirò senza battere ciglio. Ma sappi che ti amerò sempre-.
Sono così scossa che ci impiego un po' a mettere insieme le parole pronunciate da Castle e a capirne il senso.
Si sente in colpa.
Ha sbagliato per una buona causa.
Mi ama talmente tanto da essere disposto a uscire dalla mia vita, come prezzo da pagare per il suo sbaglio.
Ma devo pensare.
E non connetto se ho lui vicino.
-Ora vai via-.
Piego il capo.
C'è silenzio per qualche secondo.
-Va bene-.
Lo sento uscire dal bagno.
Bene, ora che sei davvero sola, Kate, cerca una soluzione.
Sei sempre così brava a trovare soluzioni.
Ma ora ne vedo una sola.
-Addio, Castle- mormoro a fior di labbra uscendo dal bagno.

 

 


-Beckett?-.
-Sì?-.
Ryan ha sollevato la testa dalla sua scrivania.
-Si sente la mancanza di Castle. Perché non lo chiami?-.
Deglutisco. E tu, perché non ti fai i fatti tuoi?
Esposito, raggiungendo la mia postazione, gli dà uno schiaffo sulla nuca.
-E' arrivato questo. Per te-.
Mi porge una busta da lettera bianca.
Sopra c'è un'etichetta dattiloscritta con il mio nome e l'indirizzo del distretto, ma la busta sembra sia stata recapitata a mano. Niente francobollo, niente timbro postale.
Lancio uno sguardo ad Esposito. Capisce al volo e va a sedersi.
Sbircio anche la postazione di Ryan. Mi stava fissando, ma, appena ha notato il mio sguardo, ha abbassato il capo sulle sue scartoffie.
Apro la busta e ne estraggo un cartoncino rosso.
Anche il cartoncino contiene qualcosa.
Mi sembra di giocare con le matrioske, come facevo da piccola.
E il mio passato ritorna a punzecchiarmi le pareti dello stomaco.
Prima di rimettermi a piangere, sarà meglio vedere cosa c'è dentro il cartoncino.
Devo osservarlo per qualche minuto per realizzare cosa sia.
E' un biglietto aereo per Roma.
Ma siamo sicuri che sia per me?
Ups. Questo cos'è?
E' un fogliettino scritto al computer.
"Corri a casa, prepara la valigia per tre giorni, afferra il passaporto e precipitati al JFK. Tranquilla, Montgomery sa tutto. Ti aspetto lì".
Kate, rileggi.
Hai letto male.
Ennò, mi sa tanto di aver letto benissimo!
C'è qualcuno che mi chiede di scappare a Roma per tre giorni.
Ma chi?
Non sarà mica...
No. Non può essere.
Quando gli ho detto di andarsene, una settimana fa, non ha opposto resistenza. Ha preso le sue cose, ha salutato tutti ed è andato via.
Mi sfioro la guancia sinistra, dove ha posato un piccolo bacio prima di sparire, nello stesso punto dove l'aveva lasciato quel giorno di ormai un anno e mezzo fa, poco dopo il nostro primo incontro.
Ma quell'ultimo lieve bacio non è stato carico di calore come il primo. Era, invece, un bacio pesante di disperazione, di desiderio represso.
E io in quel momento sapevo di stare distruggendo per sempre quello che rimaneva di me, ma non ho potuto evitarlo.
Troppi fantasmi.
E comunque, è andato via.
Rileggo il testo del biglietto.
"Tranquilla, Montgomery sa tutto".
Bene, il mittente del messaggio l'ha anche scritto.
Montgomery sa tutto.
E' la persona giusta a cui chiedere spiegazioni.
Mi alzo dalla scrivania e mi dirigo a grandi passi verso il suo ufficio.
La porta è aperta.
-Buongiorno, signore-.
-Detective! Hai ricevuto il biglietto?-.
-Sì, e sono qui proprio per avere ulteriori...-.
-Non perda tempo, detective! All'aeroporto scoprirà tutto-.
-Ma, signore...-.
-E' un ordine-.
Sorride.
Beh, se è un ordine, non posso oppormi.
Esco dall'ufficio e torno alla scrivania.
Mi siedo. Devo fare il punto della situazione.
Allora.
Hai ricevuto un biglietto per Roma, la città eterna, quella città che hai sempre sognato di visitare, da quando eri bambina e sfogliavi i libri di fotografia di tuo padre.
Ma è come un appuntamento al buio.
Non sai chi ti abbia mandato il biglietto, chi te l'abbia acquistato e perché.
Il tuo capo ha le risposte alle tue domande, ma non vuole fornirtele.
C'è solo una cosa da fare.
Indubbiamente non è la più saggia, ma buttiamoci, no?
-Ciao, Ryan, ciao, Esposito. Ci vediamo fra tre giorni-.
Getto loro qualche sguardo veloce mentre racimolo le mie cose. E, dai loro occhi, sembra proprio che anche loro sappiano.

 


Sono all'aeroporto. Mi guardo intorno.
Non c'è nessuno di mia conoscenza.
Non c'è nessuno che agita le braccia o che chiama il mio nome.
Sembra che dei rappresentanti di ogni parte del mondo si siano dati appuntamento proprio qui.
Ma chi di loro ha dato appuntamento a me?
Mi avvicino ad uno degli schermi dove scorrono gli orari dei voli.
Roma Fiumicino, terminal 4, gate A7.
Ore 17.29. In orario.
Sbircio l'orario sul cellulare di mio padre.
Sono ancora le 15.10. Il check-in si fa due ore prima della partenza, quindi ho ancora venti minuti per dare un'occhiata intorno.
Sono una detective: devo ragionare, mi dico, mentre passeggio per la sala d'attesa davanti a uno dei banconi del check-in.
Il mittente è stato attento a non far trapelare nemmeno il minimo indizio che potesse portare a lui.
Ha consegnato la busta a mano, ha intestato il biglietto aereo a me e ha scritto tutto al computer.
Quindi, non vuole che io capisca chi lui sia prima di trovarmelo di fronte.
E sia. Tanto, prima o poi, lo incontrerò.


Sono ormai arrivata al gate e non ho ancora incontrato nessuno.
Le poltroncine davanti al banco di controllo dei biglietti sono vuote.
Nessuno.
Comincio a pensare che sia stato solo uno scherzo.
Ma Montgomery sarebbe capace di creare così tanta confusione?
Io non credo.
Montgomery sapeva e non mi ha voluto dire.
Che nervi.
Mi guardo ancora intorno.
Nessuno.
-Attenzione, prego. La signorina Katherine Beckett è pregata di presentarsi al gate 7 del terminal 4-.
La hostess al banco del gate si allontana dal microfono.
Mi avvicino con il trolley dietro.
Le porgo il biglietto.
Ha un sorriso tirato, stanco. Abitudinario.
Sorridere perché si deve.
Che brutta cosa.
-Buon viaggio-.
-Grazie-.
Mi infilo nel cunicolo trasparente che porta all'entrata dell'aereo.
Do una rapida occhiata al biglietto per ricordare il posto assegnatomi.
A27.
-Benvenuta a bordo, signorina-.
-Grazie!-.
Un'altra hostess mi saluta, con lo stesso finto sorriso di quella del banco del gate.
Sollevo il trolley ed entro nell'aereo.
Percorro il corridoio.
E' una settimana che non sorrido.
Che non sorrido sul serio, intendo.
Da quando ho perso quella persona che aveva significato così tanto per me, i miei sorrisi sono diventati come quelli delle hostess, pari pari, spenti, smorti, senza significato.
Come vorrei sorridere spontaneamente per qualcosa che mi fa gioire il cuore.
Ora.
Ecco, AB27.
-Buongiorno, detective-.
Un tuffo al cuore.
Conosco questa voce troppo bene per confonderla con quella di qualcun altro.
Abbasso lo sguardo sul posto B27.
E lì, seduto, proprio davanti a me, con quel paio di occhi azzurri in cui annego ogni volta, con quel sorrisetto di sfida e di tenerezza, c'è lui.
E le labbra mi si curvano irrimediabilmente in un sorriso.


Mi passo le mani sul viso, per scolorire e per riprendere lucidità.
Kate, tu l'hai cacciato via. Gli hai fatto promettere che non si sarebbe più fatto vedere.
"Castle, lo so che non mi ascolti mai, ma, ti prego, ti scongiuro, sparisci per sempre dalla mia vita".
Parole testuali.
Parole tue, Kate.
Sono combattuta tra il rimpianto di non avere portato con me la pistola, per non avere rogne all'imbarco, e tra la voglia pazza di saltargli al collo e non scollarmi più da lui.
No, niente abbracci e niente sparatorie.
Una via di mezzo.
Parlare.
-Castle, ti avevo chiesto di non farti vedere mai più-.
-Ma hai detto tu stessa che non ti ascolto mai!-.
Ha sempre una risposta a tutto?, penso, cercando evitare che il sorriso mi si ridipinga sulle labbra.
Ok, Kate.
Sei una poliziotta. Dimostralo.
-Fuori da questo aereo. O me ne vado io-.
-Signore e signori, benvenuti a bordo. Vi preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza-.
Dannazione.
Il sorriso sulle labbra di Castle diventa ancora più largo mentre fa spallucce.
-Ups!- mormora.
Ringhio.
In trappola.
Mi arrendo, senza troppi rimorsi.
Sollevo il trolley per metterlo nello scomparto.
-No, aspetta. Faccio io. Tu va' a sederti-.
Si è alzato dalla poltroncina e tende la mano.
Vuole la valigia.
Stringo il manico tra le dita.
Voglio vincere questo set, visto che l'altro l'ho già perso.
Non sono una donzella in difficoltà, posso anche mettere un trolley in uno scomparto da sola.
Non ho bisogno di aiuto, del suo aiuto.
Ma che sta facendo?
Avvicina il suo viso al mio.
Le labbra alla mia guancia.
E il cuore è partito in quarta, senza che io inserissi la marcia.
Chiude gli occhi.
No, non voglio baciarlo.
Oddio, sì, certo che voglio baciarlo!
Ma non devo.
Ma voglio!
Ma non devo.
Ma voglio!
Ha le labbra posate sul mio orecchio.
Le dita sulle mie.
Sussurra:
-Lascia fare a me...-.
Respira, Kate, respira.
E cerca di capire cosa ti ha detto.
Prima che abbia potuto pensare alcunché, mi ha sfilato il trolley dalle dita e l'ha sistemato nello scomparto.
Mi lascio cadere sulla poltroncina.
2 a 0 per lui.
Sta tornando a sedersi.
Devo evitare il suo sguardo, non sono ancora pronta ad affrontarlo.
Afferro la cintura e faccio finta di avere difficoltà ad allacciarmela, così perdo tempo.
Click.
Lui ha allacciato la sua.
E sento il suo respiro sul collo.
Le sue braccia intorno alle mie.
Un'occasione ghiotta per essere a contatto con me, quella della cintura.
Che scema.
Click.
Me l'ha allacciata.
Si affretta a liberarmi dal suo tocco.
Sta guardando davanti a sé.
Tace.
E' a disagio, non sa cosa dire.
Allora comincio io, senza nemmeno guardarlo in faccia, stringendomi la borsa al petto.
-Ti ridarò i soldi del viaggio il prima possibile-.
Porta il suo sguardo su di me, lo sento pesare delicatamente sulla guancia destra.
-Ma neanche per sogno!-.
Prima che io possa ribattere, mi sussurra:
-Mi sei mancata, Kate. Solo io so quanto-.


-Kate...-.
-Mh?-.
-Stiamo atterrando-.
Che bello svegliarsi con la sua voce, dolce e profonda, nelle orecchie.
Non ho mai fatto caso a quanto fosse bello il suo timbro.
Hey.
Non credevo di aver messo un cuscino dietro la testa prima di addormentarmi.
Apro gli occhi.
Non è un cuscino.
E' la spalla di Richard.
Dio.
Il mio cuore si è fermato.
E ora riprende a battere, al quintuplo della velocità normale.
Sollevo la testa, piano, controvoglia.
Fosse per me, resterei poggiata alla sua spalla per tutta la vita, e anche di più.
Prima di cadere in tentazione incrociando il suo sguardo, dirigo gli occhi verso il finestrino.
Il sole sta sorgendo su Roma, ancora avvolta in una nube sfumata di pigrizia estiva.
Che bello.
Hey, Kate, ti rendi conto?
Sei a Roma!
Con... Richard Castle.
Quell'uomo che fino a un anno e mezzo fa era solo il tuo scrittore preferito.
E ora...
E ora?
Siamo sicuri che sia ancora solo il tuo scrittore preferito, Kate?
-Signore e signori, buongiorno. Ci stiamo preparando all'atterraggio, dunque vi preghiamo di riportare i sedili in posizione eretta e di allacciare le cinture. Grazie-.
Afferro la cintura di sicurezza e la allaccio.
Evitiamo il bis del decollo.
E mi chiedo, perché devo essere così dura con lui?
Questi pensieri mi fanno venire i complessi.
E perché non dovrei esserlo dato che non rispetta le mie decisioni?, ribatto a me stessa.
-Kate?-.
-Dimmi-.
Riporto automaticamente lo sguardo su di lui.
Dio, che occhi.
Cerco di concentrarmi più su quello che ha da dire che su quello che lui è.
Cioé l'uomo più affascinante e dolce che io abbia mai incontrato.
Falla finita, Kate!
-Sai che parli nel sonno?-.
Che cosa?
-Come... come sarebbe a dire che parlo nel sonno?-.
-Che, mentre sei in uno stato di trance dovuto al...-.
-Castle-.
-Sì?-.
-Piantala. Ho detto... qualcosa?-.
La paura mi attanaglia lo stomaco.
Cosa posso aver detto?
-Si dice che, quando una persona è ubriaca o dorme, dica la verità-.
-E...?-.
-E mi piace molto crederlo, dopo quello che hai detto mentre dormivi-.
Sorride. Con l'angolo destro delle labbra più in alto dell'altro, un sopracciglio sollevato.
Ho detto qualcosa che deve avergli fatto piacere.
E, di conseguenza, a me non dovrebbe fare così tanto piacere.
Oddio, no.
-Castle. Che. Cosa. Ho. Detto-.
-Hey, se dici così, vuol dire che hai qualcosa da nascondere-.
Che impertinente.
Sa sempre come rigirare la frittata.
Nervi!


Kate.
Questa è Roma.
E tu sei qui.
Non ci posso credere.
Sono sul balcone di una lussuosissima camera d'albergo da cui vedo il Colosseo.
Castle... ha davvero fatto tutto questo per me?
Ma perché?
Io l'ho cacciato via, gli ho detto di sparire.
E lui, non solo ha trasgredito ad un mio ordine (tanto per cambiare), ma mi ha anche trascinato qui!
Perché?
Mi giro.
Sta finendo di sistemare le sue cose nell'armadio.
Rabbrividisco nello scorgere un solo letto nella stanza.
Matrimoniale.
Ma cosa gli è saltato in testa?
Torno a guardare la città davanti a me, ammirandone tutti i palazzi, tutte le finestre, tutte le mattonelle
Cerco di impedirmi di pensare.
-Stai tranquilla, io dormirò sul divano-.
Sobbalzo.
Mi ha spaventata.
Questo vizio di arrivarmi alle spalle!
Quindi... era solo per fare stare me più comoda?
Mi sento in dovere di oppormi.
"Non preoccuparti, Rick, possiamo condividere il letto".
Kate! Ma ti ha dato di volta il cervello?
-Non preoccuparti, Castle, posso dormire io sul divano-.
-Neanche per idea-.
Si appoggia cone le braccia conserte all'inferriata del balcone.
Osserva il mondo davanti a sé.
Seguo il suo sguardo.
Roma è talmente bella...
Sorrido.
E quel sorriso si allarga, diventando una risata di gioia, come quella di una bambina felice.
Rido, dopo non so quanto tempo.
-Sei contenta?-.
Mi sta guardando.
Sorride, con tenerezza.
-E come potrei non esserlo? Sono a Roma con...-.
Kate! Chi va con lo zoppo impara a zoppicare?
-Con?-.
-Eh?-.
-Niente-.
Fiuuu.
E la prossima volta conta fino a dieci prima di parlare.
E poi non parlare!
Continua a sorridere.
Anche lui sembra felice.
-Grazie...-.
Dillo.
Dì il suo nome.
-...Castle-.
Non ce l'ho fatta.
-Per te, questo e altro-.
Si avvicina al mio viso.
Ora mi bacia.
E io ricambio.
Sì, certo che ricambio.
E poi lo chiamerò sempre Rick.
Chiudo gli occhi.
Le sue labbra calde mi sfiorano... la fronte.
Vi si poggiano, delicate.
E poi... se ne vanno.
Riapro gli occhi.
E' tornato in camera.
Sorrido, disegnando piccoli cerchi con le dita sull'inferriata.
E, senza rendermene conto, quei cerchi diventano cuori.


Siamo stati a San Pietro, ai Musei Vaticani e a Castel Sant'Angelo oggi.
Ma ero troppo concentrata sull'opera d'arte che mi portava a braccetto per pensare a quelle che mi circondavano.
Nel fast-food dove abbiamo pranzato, ha fatto sfoggio di un italiano perfetto.
Gliel'ha insegnato Martha, ha detto.
Tornando in albergo, ci fermiamo alla Fontana di Trevi.
E' affollata da turisti di tutte le parti del mondo. di spalle, intendi a lanciarsi una moneta alle spalle o a fotografare la leggendaria Fontana.
Apro la mia tracolla ed estraggo dieci centesimi dalla tasca interna.
Mi avvio verso la Fontana.
Ecco, lì c'è un piccolo spazio, tra un omino giapponese e un donnone probabilmente tedesco.
Mi siedo sul bordo.
Chiudo gli occhi mentre stringo la moneta tra le mani.
Spero di tornare a Roma di nuovo.
Lo spero tanto.
Magari da sola, senza distrazioni.
Ma da sola, non sarebbe stato la stessa cosa.
Tanto per cominciare, se non fosse stato per lui, non ci sarei mai venuta qui.
E poi...
Allora, Kate, chiarisciti le idee.
Castle ti piace, sì o no?
Plop.
Apro gli occhi e mi giro.
Eccolo là, che sorride, accanto a me.
-Cosa aspetti a lanciare la moneta? Non vuoi tornare a Roma?-.
-Io? Certo-certo che sì!-.
Solo se ci sarai ancora tu con me, però.
Tiro la moneta alle mie spalle.
Plop.
Si alza e mi offre al braccio.
Accetto volentieri e mi poggio a lui con delicatezza.
Mi fa sentire così bene.
Mi fa sentire amata.
In fondo, me l'ha detto, no?
Lui mi ama.
Lui.
Mi.
Ama.
Sarà questo il motivo per cui ha fatto questa follia?
Beh, sempre che mi ami ancora, dopo quello che è successo.
Sono stata troppo dura con lui.
E mi dispiace davvero molto.
Ma questo non deve saperlo con certezza.


Nuovo giorno.
Il secondo giorno qui a Roma.
Ieri notte, Castle ha fatto il bravo.
Effetivamente l'ho avvertito che avrei dormito con la pistola sotto il cuscino.
Dopo avergli proposto di lasciarmi dormire sul divano per cedergli il letto, ma invano.
Come è anche vero che la pistola non l'avevo portata con me, ma questo lui non poteva saperlo.
Fatto sta che non si è mosso dal suo posto.
Meno male.
Ancora non capisco come mai abbia preso una camera per due, invece che due singole.
Oggi siamo stati al circo Massimo e al Colosseo.
Io sempre stretta al suo braccio.
Con una tachicardia perenne.
Il sole sta tramontando, stiamo per tornare in albergo.
Ma prima, una fermata alla Bocca della Verità.
C'è una leggenda collegata, ma non me la ricordo.
E non mi va di fare la figura della sciocca ignorante davanti a lui.
-C'è una storia riguardo alla Bocca della Verità. Morde la mano di chi mente. Quindi, ora io ti porrò una domanda...-.
-Castle. Non ci provare-.
Capito l'antifona. Farà una di quelle domande a trabocchetto.
Ma tanto la Bocca non morde sul serio.
Vero?
Ma tanto poi...
-Tanto poi potrai vendicarti, detective-.
Ci tiene molto a fare questo gioco.
E allora giochiamo.
-Va bene, Castle. Sentiamo-.
Finge di pensarci su.
Ma tanto sapeva cosa chiedermi anche prima di partire.
-Allora. Detective Kate Beckett, sei innamorata in questo momento?-.
Beh, dai, pensavo peggio.
Allora, Kate, sei innamorata?
No.
Sì.
No.
Sì.
Beh, forse questa domanda.
Castle mi... intriga. Mi piace.
Ma sono davvero innamorata, nonostante tutto?
Forse sì.
-No-.
Avvicino la mano alla Bocca, con la massima cautela.
E se mordesse sul serio?
Non dovrei solo sopportare la ferita alla mano, ma anche quella nel mio orgoglio.
Castle saprebbe.
A meno che già non sappia.
Che cosa avevo detto nel sonno?
Punto gli occhi in quelli di Castle.
Sorride, con un sopracciglio sollevato.
Infilo i polpastrelli nella Bocca.
Non voglio vedere, non voglio...
Estraggo la mano di scatto.
Mi lascio scappare un sospiro.
Salva.
Richard ride.
Ha una risata bellissima, spontanea, cristallina, chiara, contagiosa.
Di solito.
Ma questa qui, di divertimento, ha solo una lieve punta.
Suona come malinconica, quasi forzata.
L'ho ferito.
Ancora.
-Ok, detective- riprende, dopo aver deglutito -Ora tocca a te-.
Bene.
Pensa, Kate, pensa.
Qualcosa di abbastanza cattivo.
Qualcosa che metta a tacere le domande che ti assalgono quando pensi a lui.
-Richard Castle... quando finirai i tuoi libri, continueremo a sentirci?-.
-Certo che sì!- risponde.
E sembra sincero.
Infila con spavalderia la mano nella Bocca.
La estrae.
E urla.
E urlo anch'io.
Non ha più la mano.
Mio Dio.
-Ahahahahahahahahah!-.
Ride.
Con brio e sincerità, stavolta.
E la mano gli rispunta dalla manica.
Perfettamente intatta.
Oh, me l'ha fatta!
Che bambino!
Come ho fatto a cascarci?
Semplice.
Non ci sono cascata.
Quell'urlo dovuto al fatto che non vedere la mano di Rick al suo posto, voleva dire che avesse mentito.
E che, terminata la saga di Nikki Heat, mi avrebbe abbandonata.
Ma, in fondo, è solo una leggenda.
E' frutto dell'immaginazione di qualcuno.
Invece, quello che sto vivendo ora non è frutto della mia immaginazione.
Vero?


Ultimo giorno a Roma.
Rick è distrutto.
Non è abituato a dormire su un divano.
Si aggira con gli occhi chiusi, stiracchiandosi, per la stanza e mi tocca avvertirlo ogni volta che si avvicina pericolosamente ad una parete.
Così, ho proposto di rifare le valigie.
Seduta sul trolley in un disperato tentativo di chiuderlo (chissà perché, durante le vacanze, i vestiti lievitano), già provo rimpianto per la vacanza che sta finendo.
Una parte di me, lo so, rimarrà qui, a Roma.
Tutto merito suo.
Gli lancio uno sguardo.
Che tenero.
Si è addormentato come un bambino, raggomitolato sul letto, dove si era momentaneamente sdraiato.
Tiro la zip del trolley cercando di fare il minor rumore possibile per non svegliarlo.
Esco dalla stanza, di soppiatto.
Non l'ho mai fatto io per lui, ma muoio dalla voglia di farlo.


Rientro nella camera.
In punta di piedi.
Mi avvicino al letto.
Sta ancora dormendo profondamente, nella stessa identica posizione in cui l'ho lasciato.
Poggio il bicchierone di carta sul comodino, accanto alla sua testa.
Gli scosto con due dita una ciocca di capelli che gli copre una tempia.
Mi piego su di lui, cercando di regolarizzare il respiro.
Kate, ma che stai facendo?
E lasciami fare, per una volta!
Trattengo il respiro.
Sento il suono del cuore che mi palpita, irrefrenabile.
Poso le labbra sulla sua tempia.
Piano, con delicatezza.
Aspiro un po' del suo profumo e mi risollevo.
Si sta muovendo.
L'ho svegliato.
Kate, adesso sparisci!
Mi muovo veloce e felpata verso l'altro lato della stanza e faccio finta di armeggiare con il trolley.
-Kate?- mi chiama, con la voce impastata dal sonno.
Lo sento aspirare l'aria.
Profumata di caffé macchiato con una montagna di panna su.
Solleva la testa dal cuscino.
Sposto lo sguardo su di lui.
Sorride.
Ha capito.
Ed è contento di aver capito.
Ricambio il sorriso.
Rimaniamo a guadarci sorridenti, in silenzio, come due ragazzini che scoprono nuove emozioni.
La temperatura delle guance si fa troppo alta.
Distolgo gli occhi.
Lo sento sorseggiare piano il caffé.
-Kate?-.
-Sì?-.
Lo guardo.
Mi porto una mano alla bocca in un tentativo mal riuscito di mascherare una risata.
Ha il naso totalmente sporco di panna. E anche le labbra sono nello stesso stato.
-Puoi venire un secondo, per favore?-.
-Eccomi-.
Mi avvio verso il letto.
Mi sorride, con le labbra bianche.
-Non è che hai preso un tovagliolo?-.
Dio, vero.
Mi è totalmente uscito di mente.
-No, mi dispiace-.
-Non preoccuparti. Vuoi assaggiare un po' di panna?-.
-Oh... sì, grazie-.
Mi siedo sul letto e mi avvicino a lui.
Il cuore mi batte fortissimo.
Mi sento una ragazzina alla prima cotta.
Mi guardo intorno, aspetto che lui mi porga il bicchiere.
Ma non lo fa.
Dov'è la panna?
Che cosa sta facendo?
Mi si sta avvicinando.
Mi sta sistemando, piano, una ciocca di capelli dietro un orecchio, accarezzandomi la guancia.
Cerco di guardarlo negli occhi.
Normalmente mi verrebbe da ridere: quell'espressione concentrata che ha sul viso non si coniuga bene con tutta quella panna sul naso e sulla bocca.
Ma mi sta accarezzando!
Mi ha preso il viso tra le mani.
E lo avvicina al suo.
Ci siamo.
Chiudo gli occhi, mentre il cuore è ormai totalmente irrefrenabile.
Probabilmente morirò prima ancora che le sue labbra tocchino le mie.
E invece no.
Lo sento, quel calore sulle labbra che mi riscalda ancora di più tutto il corpo.
Sento in bocca il sapore della panna.
E prendo l'iniziativa.
Interrompo il bacio a stampo per uno più passionale.
Le sue mani scivolano lungo la mia schiena, stringendomi in un abbraccio forte e caldo, protettivo.
Per la prima volta, mi sto lasciando andare.
Rick mi solleva dal letto, mi sostiene con le sue braccia.
Si poggia alla parete.
Tick.


You and me we're meant to be
Walking free in harmony
One fine day we' ll fly away
Don' t you know that Rome wasn' t built in a day...


Da dove viene questa musica?
Ci stacchiamo.
La radio dietro il letto.
Rick, poggiandosi alla parete, l'ha accesa.
Restiamo qualche secondo a fissare, muti, la radio.
Non ho mai sentito questa canzone prima, ma mi piace.


In this day and age it's so easy to stress
'Cause people are strange and you can never second guess
In order to love child we got to be strong
I'm caught in the crossfire why can't we get along

'Cause you and me we're meant to be
Walking free in harmony
One fine day we' ll fly away
Don' t you know that Rome wasn' t built in a day...


Il respiro mi viene di nuovo a mancare.
Il calore mi avvolge di nuovo.
Ho di nuovo il sapore della panna tra le labbra.
Il cuore continua a galoppare senza lasciarmi un attimo di tregua.
E non riesco a pensare lucidamente.
Richard mi sta baciando.
E io ho finalmente capito con certezza quello che provo per lui.
Io lo amo.
Solo questo conta, no?

 

 I'm having a daydream, we're getting somewhere
I'm kissing your lips and running fingers through your hair
I'm as nervous as you 'bout making it right
Though we know we were wrong, we can' t give up the fight
Oh no

'Cause you and me we're meant to be
Walking free in harmony
One fine day we' ll run away
Don' t you know that Rome wasn' t built in a day...



Ecco qui il link della canzone, così potete ascoltarla anche voi: http://www.youtube.com/watch?v=7FmognvrztU&feature=related
Ecco qui il link dela canzone, così potete asxolE 

 
 

 

 

   
 
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