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Autore: Miss Ron    16/02/2011    7 recensioni
In un altro tempo, in un altro universo, dove eventi e personaggi passati si mescolano con eventi e personaggi presenti diventando un tutt'uno, quale sarebbe stato il loro destino?
"Albus rivolse a Gellert uno sguardo scettico.
-Ammesso che un Mago Oscuro possa amare, e che possa amare un Mago della Luce,- disse -credi davvero che basterebbe questo per salvarlo dalla dannazione eterna?-
-Ne sono certo.- rispose il biondo -L'amore è più potente di qualsiasi altra cosa, compresi la Luce, l'Oscurità e persino la Morte.-"
Pairing principale: Tom/Harry
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald, Harry Potter, Severus Piton, Tom O. Riddle
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La promessa della Morte'
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 Capitolo XXXII
Se qualcuno ci lascia

 

Ci sono persone
che sono state
considerate coraggiose
solo perché
avevano troppa paura per scappare.
Fuller
 

 

Albus osservava la scena, deliziato. Le sfide intellettuali gli erano sempre piaciute, nonostante fosse raro assistere ad una che riuscisse a coinvolgerlo veramente. Quella non era fra queste, ma, in ogni caso, era divertente osservare Terrence Abbott discutere così animatamente con Hermione.
-Ma è evidente!- esclamò Terrence con gli occhi incollati sui suoi appunti. –L’uovo ha risposto positivamente al test col primo degli elementi, il che significa che è stato certamente sottoposto ad un incanto di Rilevazione…-
-Cosa ti fa pensare che non siano stati i Maridi ad incantarlo?- ribatté la strega. –In I nostri Fratelli Magici si dice che…-
-Ehm… Scusate, ma che importanza ha?- intervenne Harry. –Non stiamo andando un po’ fuori tema?-.
-No, Harry, non fermarli- lo implorò con tono ironico Micheal Wells. –Proprio ora che la discussione stava diventando interessante-.
Tutti ridacchiarono.
Era da due settimane che quell’eterogeneo gruppo di studenti reclutati da Harry, tra i suoi amici e quelli di Cedric, si riuniva in una delle più appartate sale di lettura della biblioteca per organizzare l’Operazione Seconda Prova. Ormai, erano tutti abbastanza in confidenza, anche se Harry non riusciva proprio a simpatizzare con Terrence (era saccente, logorroico e pomposo quanto Percy Weasley) e continuava a sentirsi a disagio con Sally-Anne (se la immaginava solamente quella luce maniacale che ballava nei suoi occhi ogni volta che lo vedeva anche solo parlare con Cedric, vero?).
Anche a Hermione capitava, a volte, di avere qualche screzio con Terrence. Era raro per lei incontrare qualcuno degno di essere definito suo rivale in campo accademico, ma se ciò si era in precedenza trasformato in amicizia (e forse qualcosa di più), per quanto riguardava Albus e rispetto, per quanto riguardava Percy, con Terrence era diventata antipatia a pelle, simile a quella che Harry aveva provato la prima volta che aveva incontrato Bellatrix Black e aveva compreso, con irrefutabile certezza, che non sarebbe mai andato d’accordo con lei. Hermione e Terrence erano soliti quindi vivacizzare le loro riunioni con battibecchi più o meno gravi, anche se loro si ostinavano a definirli “discussioni intellettuali”. Harry, personalmente, era convinto che ad entrambi, semplicemente, piacesse troppo avere sempre ragione, ma non lo avrebbe mai confessato ai diretti interessati: Grifondoro o non Grifondoro, ci teneva alla sua vita. In ogni caso, a parte i suoi contrasti con Percy Weasley 2-La Vendetta, Hermione era entusiasta di essere stata coinvolta nell’Operazione Seconda Prova. D’altronde, lei era fatta così: datele una giusta causa per la quale lottare e Hermione Jean Granger lotterà fino alla morte.
I loro sforzi comuni, inoltre, avevano dato i loro frutti. Per giorni avevano sottoposto l’uovo d’oro ad ogni magia a loro conosciuta, senza però ottenere nessun risultato. Certo, Harry non definiva “nessun risultato”, il fatto che una magia di Abbott si era ritorta contro di lui e, non si sapeva come, gli erano spuntate sulla testa due tenerissime orecchie da coniglio. Indimenticabile, davvero indimenticabile. In ogni caso, alla fine, tra incidenti collaterali, discussioni, libri polverosi, chiacchiere e qualche sana risata, erano giunti alla soluzione: l’acqua. L’acqua era stata la chiave per trasformare quegli urli striduli che quell’uovo emanava in una voce che cantava un indovinello di facile risoluzione.
-Io sono preoccupata per la parte finale della filastrocca- intervenne Sally, seduta affianco a Cedric. –Sapete il “Abbiam preso ciò che ti mancherà” e il “Ciò che fu preso mai ritornerà”. Cosa vorranno dire?-.
William Tower, che fino a quel momento si era limitato a poggiare la testa sul tavolo e dormicchiare, suggerì con voce impastata: -Forse gli ruberanno la bacchetta-.
-Non è un po’ esagerato?- chiese Sally portando inconsciamente la mano ad afferrare la sua fedele compagna. Per un Mago, la propria bacchetta non è solo uno strumento magico, è una parte di sé.
-Pare che nulla sia esagerato per gli organizzatori del Torneo- rispose Al –Dopotutto, ci deve essere una ragione, se le edizioni precedenti hanno riscontrato un così alto tasso di mortalità, però dubito che con “quello che ti mancherà” intendano la bacchetta. Tanto per cominciare, privarlo di essa, andrebbe contro le nostre leggi più importanti, in secondo luogo, si presume che i Campioni diano prova delle loro abilità magiche-.
-E allora cosa?- chiese Hermione pensierosa.
-Secondo i miei appunti,– intervenne Terrence –proprio come la Prima Prova solitamente mira a testare il coraggio e le conoscenze dei Campioni, facendoli scontrare con Creature Magiche altamente pericolose definite anche Noti Ammazzamaghi e senza dare loro la possibilità di prepararsi adeguatamente, la Seconda Prova, per tradizione, ha lo scopo di testarne la sagacia e il sangue freddo-.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Harry espresse ad alta voce la domanda che tutti, ne era certo, si stavano ponendo:-E con ciò?-.
“E’ proprio come Percy” rifletté con un pizzico di cattiveria “Parla tanto, ma è raro che dica qualcosa di anche solo vagamente utile”.
Cedric aveva sorriso, Harry avrebbe potuto scommetterci, le sue labbra si erano piegate all’insù, ma solo per un attimo, poi l’affetto che nutriva per Terrence, la sua lealtà da perfetto Tassorosso e la sua impeccabile educazione avevano avuto la meglio e lui era tornato ad assumere un’espressione seria.
In realtà, essere tanto insolente con qualcuno che non lo aveva provocato in nessun modo non era da Harry, ma in quel periodo tendeva ad irritarsi per nulla (la responsabilità andava attribuita al litigio/bacio a tradimento con Tom, senza alcun dubbio). La sua sempre attivissima coscienza, in ogni caso, gli stava già facendo notare che non era giusto prendersela con Abbott solo perché, per lui, era un periodo no, perciò, nel tentativo di smorzare un po’ la sua provocazione, aggiunse:
-Voglio dire sono l’unico che si preoccupa di come Cedric riuscirà a trattenere il respiro per un’ora?-.
-Per quello non c’è problema- gli rispose il Campione. –Esiste un incantesimo che mi fornirà una risorsa d’ossigeno inestinguibile-.
-Sei un buon nuotatore?- s’informò Hermione.
Lo chiese a Cedric, ma questi non fece in tempo a rispondere perché Sally-Anne si sentì in dovere d’intervenire. –Ced è bravo in tutto- disse.
Contrariamente a ciò che sosteneva Zacharias Smith, Harry non era né egocentrico né paranoico, la Tassorosso gli stava veramente rivolgendo uno sguardo allusivo mentre parlava.
Il Grifondoro si ritrovò ad arrossire leggermente, anche se sperava di essersi immaginato tutto; Al sorrise con l’aria di chi si stava divertendo un mondo (Harry si appuntò mentalmente di fargliela pagare); Hermione, invece, fu abbastanza sensibile da tentare di trattenersi (Harry gliene fu grato); Cedric sembrava imbarazzato quanto lui (ma Harry non poté fare a meno di rimproverarlo tra sé e sé per la sua incapacità di tenere a bada la lingua dei suoi amici); Mike diede a Sally una gomitata su un fianco per zittirla (Oh, mio Dio! Quindi anche Mike sapeva!), Will non diede segno di aver sentito cosa stavano dicendo (il che probabilmente era vero, visto che trascorreva la maggior parte del suo tempo nel suo mondo di sogni); e Terrence… beh, Terrence stava rileggendo i suoi appunti.
Albus (forse nel tentativo di farsi perdonare il suo non riuscire ad impedirsi di trovare divertenti i tentativi, per niente velati, di Sally di impersonare Cupido) si schiarì la voce, attirando l’attenzione di tutti, e disse:-Credo che non ci sia molto altro da fare. Cedric, ti consiglio di esercitarti il più possibile nelle immersioni: devi abituarti all’ambiente sott’acquatico il più velocemente possibile. Per il resto credo che tenere le orecchie e gli occhi aperti per cogliere eventuali indizi, dovrebbe essere sufficiente-.
Annuirono tutti con convinzione, tranne Harry che no, anche se aveva attirato l’attenzione su di sé, non lo aveva perdonato per l’ilarità con cui aveva accolto il suo Perksoso Problema.
In ogni caso, si alzarono, afferrarono le loro pesanti borse colme di libri (oh! Il dolce peso della cultura!), e si diressero verso l’uscita della biblioteca in perfetta armonia.
Avevano compiuto soltanto qualche passo lungo il corridoio quando una figura femminile dai lunghi capelli biondi, li raggiunse con la velocità di un fulmine, urtò contro Sally facendola cadere e li superò velocemente senza neanche chiederle scusa o aver dato prova di aver notato la loro presenza. Era la professoressa Redbird.
-Sarà successo qualcosa?- chiese Hermione preoccupata.
Harry continuò ad osservare il punto in cui era scomparsa la donna con aria meditabonda. Era riuscito ad intravedere il suo viso, anche se solo per un attimo: sembrava sconvolta.
 
***
 
Esme non considerava Prince un amico. Se le avessero chiesto cos’era per lei, avrebbe potuto rispondere diplomaticamente “un collega”, oppure, più sinceramente, “un bastardo”, di sicuro non “un amico”. Per questo era curioso, quanto mai strano e qualcuno avrebbe potuto definire, inspiegabile che, ora, in quel momento di crisi, fosse andata a rifugiarsi proprio da lui.
-E’ assurdo- ripeté rannicchiata sulla poltrona dell’ufficio dell’uomo torturando con le mani quel dannato pezzo di pergamena.
Teddeus era in piedi, appoggiato alla libreria e osservava la donna con sguardo pensoso.
-Vi scrivevate?- chiese.
-Certo- rispose lei con tono secco. Certo che si scrivevano. Gli voleva bene, accidenti, gli voleva bene.
-E ha mai accennato a qualcosa? Sembrava scontento?-.
-NO!- esclamò Esme a voce più alta di quanto avrebbe voluto, ma era sconvolta… non capiva… Perché? Perché?! –Sembrava… felice- tentò di spiegare –O comunque, più felice rispetto a come si sentiva in qualsiasi altra scuola che ha frequentato. Diceva di detestare il vicepreside e le sue assurde regole, che la disciplina era veramente soffocante, che c’erano un sacco di stupidi mocciosi viziati, che lo seccava terribilmente doversi sempre inchinare e alzarsi in piedi davanti ad ogni insegnante, “come se fossero le reincarnazioni di Merlino” scriveva, ma stava bene-.
Teddeus non poté fare a meno di chiedersi, se la donna si studiasse a memoria ogni missiva del cugino.
-Gli vuoi bene- commentò un po’ sorpreso.
Esme gli rivolse uno sguardo che non riuscì a definire. –Sono tutta la sua famiglia- disse. –Se non ci fossi almeno io, sarebbe completamente solo-.
-E tua madre?- replicò il pozionista.
-Ci ha provato- borbottò la strega. –Non posso credere che se ne sia andato,- continuò fissando un punto indistinto alle spalle di Teddeus. -non posso credere che sia scappato da Durmstrang e che non si stia facendo più risentire-.
-Ti aspettavi regolari lettere via gufo?- ironizzò Teddeus.
-Sì, me le aspettavo,- rispose Esme seriamente –non mi aspettavo che sparisse in questo modo… nel nulla!-.
Teddeus corrugò le sopracciglia. –Raccontami tutto dall’inizio, con calma-.
-Non c’è molto da raccontare- replicò la strega. –Il professor Kühn, il vicepreside, ha spedito una lettera a mia madre, che poi ha informato me, dichiarando che Gellert era scappato dalla scuola, che la sua stanza era deserta e che erano stati portati via tutti i suoi averi. Hanno trovato solo un messaggio destinato a me. Questo-. Tese il foglietto di pergamena, che aveva torturato con le mani fino a quel momento, all’insegnante e lui lo afferrò.
Sopra al biglietto, vi erano scritte solo poche frasi.
So che sarai molto sorpresa e delusa,
ma ho scoperto che le scuole non fanno per me.
Mi farò vivo io, quindi non cercarmi.
Starò bene.
Gellert
-I suoi amici sono stati interrogati,- continuò intanto Esme -ma pare che nessuno sappia niente. Naturalmente, potrebbero aver mentito-.
-Avete informato le autorità?-.
-Ovvio, per il momento, non sono riusciti a rintracciarlo-.
-Come ha fatto a fuggire da Durmstrang?-. Allo sguardo che lei gli rivolse, continuò:-Prima di essere assunto a Hogwarts, ho insegnato, per un certo periodo lì. Quell’istituto è protetto da incantesimi estremamente sofisticati, alcuni dei quali Oscuri. Non è come qui, a Hogwarts, dove i fondatori, oltre a proteggere la scuola, si sono anche divertiti a disseminare in giro per il castello vari passaggi segreti, là è praticamente impossibile entrare e uscire di soppiatto. Come ha fatto Grindelwald a scappare, senza che gli insegnati fossero avvisati da uno dei sistemi d’allarme? Per non parlare della Traccia, tramite la quale il Ministero avrebbe dovuto individuarlo immediatamente-.
-Gellert è estremamente brillante- rispose la strega. –Avrà trovato un modo per superare le barriere della scuola e si sarà reso irrintracciabile-.
-Tutte magie di livello avanzato- le fece notare lui. –Tuo cugino sarà pure brillante, ma rimane un quattordicenne-.
Esme aggrottò le sopracciglia, perplessa: non capiva dove volesse andare a parare con quel discorso.
-L’anno scorso ho insegnato a Potter l’incanto Patronus,- replicò -anche quella è Magia Avanzata-.
Teddeus assottigliò le labbra, irritato: ma quella stupida non doveva essere un genio?
-Dove credi che potrebbe essere andato?- ritentò.
-Se ne avessi anche solo una vaga idea, non sarei qui con te, ma fuori a cercarlo- ribatté la bionda mordacemente.
-Giusto- convenne Teddeus ignorando volutamente il tono provocatorio che la strega aveva utilizzato. –Non ha un posto dove andare, quindi perché non tornare semplicemente a casa?-.
-Ottima domanda,- commentò la strega –un’ottima domanda che gli porrò quando lo ritroverò-.
-Non pensi che possa essere stato rapito?- chiese infine il mago tentando il tutto per tutto.
Esme aveva sempre pensato che Teddeus non fosse del tutto normale, ma quel giorno ne ebbe la conferma.
-Rapito?- ripeté come se il mago avesse detto una grande sciocchezza e, in effetti, l’aveva detta.
–Da chi? Perché?- chiese con tono ragionevole nel tentativo di far riattivare il criceto della sua testa.
-Sei tu l’ex Auror- sbottò l’uomo, ormai al limite della sua pazienza –Prova a pensarci-.
Esme chiuse e riaprì le palpebre ripetutamente come nel tentativo di risvegliarsi da un brutto incubo, ma purtroppo quello non era un incubo. Comunque sia, Teddeus doveva essere uscito di senno. Gellert non era stato rapito. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto rapirlo? Il denaro era l’unica motivazione che le veniva in mente, ma, se così fosse stato, a quel punto li avrebbero già contattati per il riscatto e non si sarebbero certo preoccupati di portarsi dietro i suoi averi. No, Gellert era scappato. Ma dove? E perché? Tutte domande, queste, a cui doveva ancora trovare una risposta.
-E’ il figlio di Era Redbird- le fece notare Teddeus interrompendo il corso dei suoi pensieri. –Può darsi che qualcuno sia in cerca di vendetta-.
-E la cerca dopo tredici anni dalla morte di sua madre?- replicò la strega per poi rivolgergli uno sguardo assorto. –Perché insisti con questa teoria del rapimento? Non è che sai qualcosa di questa storia che non mi vuoi raccontare?-.
-No, Esme- mentì lui con l’espressione più sincera del suo repertorio.
La strega continuò ostinatamente a fissarlo negli occhi, affidandosi al suo istinto per cercare nella postura, nel viso, nel tono della voce, una traccia di menzogna, ma non la trovò. In effetti, non trovò assolutamente niente, oltre alla solita maschera imperturbabile che tanto odiava, però era proprio per questa sua qualità che si era rivolta a lui. Sperava, grazie ad essa, di riuscire a ritrovare la calma e la lucidità mentale che l’avevano abbandonata quando era venuta a sapere della fuga di Gellert. Non che ci fosse riuscita.
Si alzò e fece per uscire dalla stanza quando cambiò idea, si voltò e chiese:-Le somiglio? Assomiglio ad Era Redbird?-.
La domanda lasciò Teddeus evidentemente spiazzato.
Esme se lo era chiesto molte volte. Sapeva di aver preso dalla famiglia di suo padre, e di conseguenza anche da quella di Era Redbird, e le bastava guardare suo cugino per vedere quanto si somigliassero, ma non poteva fare a meno di domandarsi se c’era molto della strega oscura in lei, se anche quando guardava sua figlia, Maria rivedeva l’assassina  di suo marito e se Gellert ricercasse per questo in lei una figura materna. Teddeus doveva saperlo, dopotutto l’aveva conosciuta, la Redbird era solo di pochi anni più vecchia di lui ed erano stati entrambi dei Serpeverde.
-Hai suoi capelli- rispose questi  lentamente –e i suoi occhi, ma per il resto non potreste essere più diverse-.
Esme annuì e poi uscì dalla stanza.
 
***
 
Secondo l’esperienza di Alphard quando si perde qualcuno che si ama, la prima reazione è la negazione o, almeno lo era stata per lui. All’inizio, infatti, non riusciva ad accettarlo, non poteva accettarlo.
–E’ impossibile- si diceva.
Si comportava come se si aspettasse che, da un momento all’altro, ricomparisse, in modo da permettergli di uscire da quell’agghiacciante parentesi della sua vita che, nel profondo del cuore, sapeva essere solo un brutto sogno. Purtroppo, però, l’evidenza non poteva essere negata in eterno. Alla fine, accettò la verità, dovette accettarla, non aveva altra scelta, perché per quanto il dolore che provava fosse ragguardevole, il suo raziocinio lo era di più e gli sussurrava all’orecchio quelle parole che erano come tante pugnalate al cuore. Non tornerà. La Morte è un nemico imbattibile, un nemico che neanche i Maghi sono riusciti a sconfiggere.
-O meglio, questo è quello che tutti credono. E se ci fosse un modo per riportarli indietro?- ti aveva chiesto Teddeus e da quella domanda aveva avuto inizio tutto.
Ora, Alphard era abbastanza saggio per rendersi conto che era stata una follia, ma allora era disperato e si era aggrappato con una tenacia morbosa alla sua unica speranza, che speranza poi non era.
Forse, Gellert Grindelwald si era ritrovato nella sua stessa situazione.
Strinse convulsamente la mano attorno alla tazza di the che stava bevendo seduto su una delle seggiole che circondava il tavolo di quercia della sua cucina mentre tentava, con tutte le sue forze, d’ignorare la lettera appoggiata lì sopra, lettera che, purtroppo, non aveva resistito alla tentazione di leggere.
E’ opera della Confraternita, naturalmente.  Ignoro cos’abbiano in mente, ma fra qualche anno potremmo ritrovarci davanti una nuova Fenice Oscura.
So che vorresti poter dimenticare il tuo passato, ma è impossibile. Sei stato un Confratello, hai giurato fedeltà al credo di Morgana, non  puoi tornare indietro. Sai dei Doni, sai cosa stanno progettando, hai davvero intenzione di fingere che non stia succedendo nulla?
Ho ricominciato a collaborare con loro, non lo negherò, ma ho le mie ragioni che tu puoi facilmente intuire. Non ti chiedo di seguire il mio esempio, non lo farei mai, ti chiedo solo di aiutarmi a distruggerli quando verrà il momento, dopo che avrò ottenuto ciò che desidero.
Questo era ciò  che Ted gli aveva scritto. Gellert Grindelwald era sparito e, con ogni probabilità, la responsabilità era da attribuire alla Confraternita. Alphard sarebbe stato ben felice di ignorare questa notizia, ma, ora, grazie al ben poco provvidenziale gufo di Teddeus, non poteva più farlo.
Col senno di poi si chiedeva perché avesse aperto quella missiva, visto che, solo due mesi prima, aveva promesso a Caius che d’ora in poi avrebbe ignorato i tentativi del pozionista di riallacciare i contatti con lui. Sfortunatamente, però, la curiosità aveva avuto il sopravvento. Quella era la decima lettera che gli spediva, un numero ragguardevole considerando che per quattordici anni entrambi erano stati, anche se per motivi diversi, ben felici di fingere di non aver mai conosciuto l’altro.
In particolare, Alphard aveva deciso di relegare Ted e l’amicizia che li aveva uniti nella parte della sua vita che andava dimenticata, se desiderava poter riacquistare la sua sanità mentale e una parvenza di vita normale. Anche Teddeus aveva rinnegato la loro amicizia, ma non per dimenticare, piuttosto lo disprezzava per il suo desiderio di lasciarsi il passato alle spalle, eppure, ora, stava chiedendo il suo aiuto. Alphard sapeva che lo aveva fatto perché non aveva altra scelta, lo scrittore era l’unico al di fuori della Confraternita, a conoscere la vera storia dei Doni della Morte e, di conseguenza, era l’unico a cui Teddeus poteva richiedere soccorso senza infrangere il giuramento a cui era vincolato a vita.
Allungò un braccio fino a sfiorare con un dito il punto della lettera in cui era stato scritto il nome “Gellert Grindelwald”.
Gellert Grindelwald…
Se chiudeva gli occhi, poteva ancora rivedere com’era Era Redbird, durante il loro ultimo incontro. Poteva vedere il viso raggiante, i lunghi capelli sciolti che ricadevano come una cascata dorata sulla schiena, la tunica viola scuro che indossava e il ventre leggermente arrotondato a causa della gravidanza. Il Mondo Magico era nel caos, numerose famiglie babbane venivano trucidate ogni giorno, i giganti avevano abbandonato le loro montagne e trascorrevano le giornate a distruggere città, chiunque osasse tentare di contrastarla veniva consegnato ai Dissennatori o ai branchi di Licantropi che le avevano giurato fedeltà, le Cacce ai Babbani stavano superando il Quidditch in quanto a popolarità, il Ministero non sapeva più come continuare a nascondere alla comunità non magica l’esistenza del loro Mondo, ogni giorno i suoi seguaci aumentavano di numero e con essi le famiglie che pressavano il Ministero affinché accogliesse le richieste di Era e lo Statuto Internazionale di Segretezza venisse abolito. Tutto questo a causa sua, eppure, mentre pranzavano insieme nella veranda di casa sua, Era sembrava una qualunque donna in cinta con nessun pensiero in testa oltre a quello del benessere del bambino che portava in grembo.
-Lo desidero con tutta me stessa- aveva detto con aria sognante. –Si chiamerà Gellert, come il padre di Rick*. Io avrei preferito un nome britannico, magari appartenuto a qualche grande mago del passato, come Mordred o Salazar, ma Godrikus ci teneva tanto, quindi ho deciso di farlo contento-.
Anche Lily Potter, all’epoca, stava scegliendo il nome da dare al suo futuro bambino. Glielo aveva rivelato Caius, una notte di dicembre di qualche anno fa, mentre fuori nevicava e loro stavano abbracciati vicino al camino. Se fosse stato un maschio, lo avrebbero chiamato Harry, come un caro amico di Lily, una delle prime vittime della guerra, se fosse stata una femmina, Elizabeth, come la madre di James. Naturalmente, era destino che lei avesse un maschio, ma questo la giovane aspirante Guaritrice, al contrario di Era, non poteva saperlo.
Caius, dopo aver scoperto la verità, aveva tentato di avvisarla. Certo, aveva deciso, per la psiche chiaramente instabile di Alphard di fingere che la Confraternita non esistesse, ma non poteva fingere di non essere a conoscenza dei suoi piani per il bambino che una sua amica portava in grembo, perciò le aveva raccontato tutto, lui poteva. Disgraziatamente, non era stato sufficiente a salvarla perché Era non si era fatta scrupoli a sfruttare il legame che univa il suo bambino al piccolo Harry per trovare i Potter, non si era fatta scrupoli ad uccidere James e non si era fatta scrupoli a disobbedire agli ordini della Confraternita uccidendo Lily e tentando di uccidere il neonato. Quel neonato che, però, era stato salvato dalla stessa Magia Antica che lo aveva messo in pericolo e che aveva segnato la fine di Era Redbird, la Fenice Oscura, la più potente strega Nera dai tempi di Morgana.
Tutto ciò, però, non era bastato per fermare la Confraternita che, a sentire Ted, aveva semplicemente deciso di aspettare. Dopotutto, erano secoli che attendevano la nascita di Harry e Gellert: qualche decennio in più, non faceva, per loro, alcuna differenza. E, ora, erano tornati in azione e avevano cominciato proprio dal figlio di Era.
“…fra qualche anno potremmo ritrovarci davanti una nuova Fenice Oscura”.
Alphard non voleva averci niente a che fare con tutta quella storia. Che il mondo cadesse pure in malora, dopo molte difficoltà, lui era finalmente riuscito a ricostruirsi una vita e non aveva nessuna intenzione di rinunciarci. Sapeva di essere profondamene egoista, ma era la sua natura: a parte Caius e la sua famiglia non gli importava di niente. Non più.
Era ancora lì, seduto su una delle seggiole che circondavano il tavolo di quercia della sua cucina, su cui erano appoggiati la lettera di Ted e la sua tazza di the, quando con un sonoro “CRACK!”, davanti a lui si materializzò Caius.
Non si affrettò a nascondere la missiva. Un gesto simile avrebbe solo insospettito l’Auror e lui non aveva ancora deciso se parlargli o meno  della scomparsa di Grindelwald, non voleva turbarlo.
-Grindewald è scomparso- disse il biondo per prima cosa.
A quanto pare, gliene avrebbe dovuto parlare.
-Lo so- rispose lo scrittore –Prince mi ha spedito un gufo- prima che suo marito avesse modo di replicare, continuò –Lo so, lo so. Non avrei dovuto leggere la lettera, te lo avevo promesso, ma è la decima che mi spedisce. Doveva per forza essere successo qualcosa e ho pensato che avresti preferito essere informato in anticipo, se la Confraternita avesse deciso di accogliere un altro Mago Oscuro determinato a conquistare il mondo-.
Caius aprì la bocca per ribattere, ma poi ci ripensò, si sedette di fronte all’altro e chiese:-Quindi la scomparsa di Grindelwald, è opera della Confraternita? E per questo che Prince ti aveva chiesto di andare a Durmstrang? Sapeva che Grindelwald studiava lì e voleva che lo tenessi d’occhio?-.
Alphard sapeva che non era finita lì, lo conosceva troppo bene per farsi ingannare. Appena avessero concluso il discorso su ciò che era accaduto al quattordicenne, avrebbero ripreso quello sul perché lui non avesse continuato ad ignorare i tentativi di Ted di riallacciare i rapporti.
-Sì, centra la Confraternita- rispose con un tono che sperava risultasse distaccato, poi inarcò le sopracciglia, perplesso. –Come fa ad esserti già arrivata la notizia? Grindelwald non ha niente a che fare col nostro Ministero-.
-Sì, ma Esme Redbird ci ha chiesto di diffondere la notizia e tenere gli occhi aperti: visto che nessuno sa dove sia, potrebbe essere anche essere giunto qua-.
Alphard annuì con aria distratta.
-Ma non è qui, vero?- continuò Caius –Dov’è?-.
-Non lo so- rispose l’altro –e neanche Ted. La Confraternita non lo aveva avvisato, ma quando ha saputo della sua scomparsa, ha fatto due più due-.
-Alphard,- Caius parlò a voce molto bassa, era quasi un sussurro –io non posso ignorare il rapimento di un ragazzino-.
-Sì, invece, puoi farlo- ribatté suo marito.
-Alphard- questa volta lo disse come se fosse un avvertimento ed alzò il tono.
-Ascolta,- il mago si passò una mano tra i sottili capelli neri –non è stato rapito, di questo sono certo. I rapimenti non sono nel loro stile. Se è con la Confraternita e perché ha deciso di seguirli di sua spontanea volontà-.
-Oh! Ti prego, non dire idiozie- esclamò l’Auror –Ha quattordici anni! Sai quanto ci vuole per manipolare un quattordicenne? Niente, assolutamente niente-.
-Se somiglia, anche solo vagamente, alla madre, non è tipo da lasciarsi manipolare-.
-Grindelwald non è sua madre, non facciamo stupidi paragoni- sibilò il biondo, poi, con tono più calmo, continuò:-Sua cugina è disperata, si vede che gli vuole bene e io avevo un’idea su dove avrebbe potuto essere e sono rimasto zitto-.
-Perché cosa volevi dirle?- urlò quasi l’altro –Cosa volevi dirle?! Volevi parlarle della Confraternita? Dei suoi piani? Delle predizioni dei centauri? E, dimmi, esattamente, come avresti giustificato queste tue conoscenze? Oh, beh, certo, dimenticavo: non sono problemi tuoi questi-.
-Alphard, piantala-.
-No, non la pianto- ribatté l’ex Serpeverde. –Non la pianto affatto. Se l’esistenza della Confraternita dovesse diventare nota, mi verrebbero a cercare e mi ucciderebbero, lo sai. Ho rischiato molto, permettendoti di venire a conoscenza della verità: non farmene pentire-.
-Quindi, mi stai chiedendo di restare zitto e non fare niente mentre loro continuano con i propri porci comodi-.
-In effetti, sì,- dichiarò Alphard –ma non te l’ho chiedo adesso, te l’ho chiesto anni fa, ora desidero solo che tu mantenga fede alla parola data-. Siccome, Caius non accennava a rispondere, continuò con tono meno sferzante:-Anche se dicessi qualcosa, non cambierebbe niente. Una delle loro adepte, è diventata la più potente strega oscura dei tempi moderni e, nonostante ciò, quasi nessuno sa della loro esistenza: sanno mantenere bene i segreti-.
L’Auror sospirò profondamente. –Scusa, è assurdo che ti dica certe cose, visto che non c’è nessuno che più di me, desidera che tu stia alla larga da tutta questa faccenda, ma… quando ho visto Esme Redbird tanto disperata… sapere qualcosa e non poter fare niente…-.
-Cavalleria Grifondoro- lo interrupe Alphard con un’espressione falsamente disgustata. -Avevo messo in conto di doverci coesistere per il resto della vita quando ho deciso di sposarti-.
Caius piegò le labbra in un sorriso pigro. –Sei la persona più importante della mia vita, lo sai?-.
-Sì, ma tu continua pure a ripetermelo. E’ sdolcinato e un po’ melenso, ma sai com’è: tutto ciò che accresce il mio ego è ben accetto-.
Caius ridacchiò per poi posare lo sguardo sulla lettera di Teddeus ancora posata sul tavolo. L’afferrò, l’accartocciò e poi, con un tiro degno dell’ex Cacciatore che era, la lanciò dritta dentro il camino dove fu carbonizzata dallo scoppiettante fuoco.
Fosse stato così facile eliminare anche Prince e in resto della Confraternita dalla loro vita…
-Allora, cosa devo fare affinché quell’essere comprenda che ti deve lasciare in pace?-.
 
***
 
Il primo, vero, ricordo di Felix risale a quando aveva tre anni.
Era una fredda sera di dicembre e lui aveva trascorso ore e ore a piangere a squarciagola perché voleva il suo papà. Sua madre, una Metamorfomagus spagnola, per quanto avesse sempre cercato di educarlo con severità in modo da farlo diventare un uomo forte, alla fine, si era intenerita e aveva portato lui e sua sorella gemella Aida nel letto matrimoniale per leggergli un libro di fiabe, dono del loro padre inglese.
Quella fu la prima volta che Felix sentì parlare dei Doni della Morte.
Anni e varie esperienze dopo, Felix sorrideva al ricordo. Trovava, infatti, che ci fosse una qualche ironia nel fatto che il suo primo ricordo riconducesse a ciò che era diventato il fulcro della sua esistenza adulta.
 
-A volte, mi chiedo se tu non sia completamente folle- interloquì sua sorella scuotendo i capelli, in quel momento dell’orribile color grigio fumo che assumevano quand’era irritata.
Quello era uno dei lati negativi dell’essere Metamorfomagus, rifletté Felix, non vi era modo per nascondere le proprie emozioni: è sufficiente osservare il colore dei capelli dell’interessato per sapere esattamente cosa pensava. Certo, con l’esercizio si può imparare a evitare di mutare a meno che non lo si desideri, ma per riuscirci erano indispensabili concentrazione e autodisciplina, due qualità di cui sua sorella era sempre stata carente. Senza contare che, al momento, non desiderava affatto nascondere i suoi sentimenti, anzi voleva fargli comprendere esattamente quanto fosse irritata dalla decisione che aveva preso senza chiedere l’opinione di nessuno.
-Gellert è un ragazzo brillante e potente- replicò sorseggiando il suo Idromele. –Ci sarà molto utile, vedrai-.
Si trovavano nel Galles, per la precisione nel salotto della casa appartenuta a Salazar Serpeverde. Soggiornavano sempre lì quando mettevano piede in Gran Bretagna. Era tutto tranne che accogliente, ma, nonostante i secoli trascorsi, era ancora impregnata della magia della nobile Casata dei Serpeverde e il mago, per questo motivo, la preferiva rispetto a qualsiasi altro posto.
La Casata dei Serpeverde… Felix non poté trattenere un sorriso amareggiato nel ricordare che fine aveva fatto quella nobile Casata. L’incontro con i Gaunt era stato davvero deludente.  Se non avessero discorso nella Lingua Maledetta, Felix sarebbe ritornato sui suoi passi e avrebbe dichiarato alla Confraternita che si erano sbagliati, che non potevano essere i discendenti diretti del grande Serpeverde. Povero, vecchio Sal, tanto lavoro, tanti sacrifici e, infine, cos’aveva ottenuto? Assolutamente niente, neanche degli eredi degni di questo nome.
-Tu ti fidi di quel ragazzo?- continuò sua sorella, ignara delle divagazioni mentali dell’uomo.
-No,- rispose lui –non mi fido di Gellert Grindelwald, proprio come non mi fidavo di sua madre, ma è intelligente e dotato, questo è innegabile, e ci sarà utile-.
-Utile?!- strillò Aida –Utile?! Non credi che stiamo già affrontando abbastanza rischi? Ora dobbiamo anche metterci ad allevare una probabile futura serpe in seno? Già, c’è Prince, che potrebbe tradirci da un momento all’altro, poi c’è Alphard Black e devo ancora comprendere la ragione per cui non lo abbiamo ammazzato…-
-Perché questi sono i nostri dogmi- la interrupe lui. –Non uccidiamo a meno che non sia strettamente indispensabile. Il lasciarci la minor quantità possibile di cadaveri alle spalle e ciò che ci ha permesso di rimanere una confraternita segreta, senza contare che Alphard è un membro di una delle più potenti famiglie Purosangue inglesi: la sua morte non passerebbe certo in sordina. In quanto a Gelt… credo che nel suo caso il rischio valga la candela, è come sua madre: ha tutte le carte in regola per diventare un grande-.
Sua sorella increspò le labbra. Non era d’accordo, non era per niente d’accordo, ma se il resto della Confraternita avesse dato il proprio consenso, lei sarebbe stata costretta ad accettare Gellert Grindelwald come suo Confratello e figlio spirituale di Morgana. Esalò un profondo sospiro. Non le era mai piaciuta Era Redbird e non vedeva come, con suo figlio, avrebbe potuto essere diverso. Fin dal suo primo incontro con la famigerata Fenice Oscura, che era stata invitata ad entrare nella Confraternita da Godrikus, aveva immediatamente compreso che la sua arrogante bellezza, la sua ambizione sfrenata e le sue manie di protagonismo non avrebbero portato altro che guai e non si era sbagliata. A causa sua, avevano rischiato di perdere l’ultimo dei Potter, a causa sua avevano rischiato di perdere la Bacchetta della Morte. Non era quello il piano, ma Era aveva dovuto fare di testa sua, come sempre. Quella sciagurata non sarebbe neanche dovuta entrare nella Confraternita, ma Godrikus aveva tanto insistito, era innamorato il poverino, innamorato… Al solo sentire quella parola, veniva invasa dalla nausea.
 Come se ciò non bastasse, ora, suo fratello sembrava ansioso di ripetere lo stesso errore facendo entrare nella Confraternita quel dannato moccioso. Se la decisione fosse dipesa esclusivamente da lei, avrebbero utilizzato Gellert Grindelwald come se fosse un oggetto, senza metterlo a conoscenza di nulla, ma sfortunatamente la decisione non dipendeva esclusivamente da lei.
La verità era che avrebbe dovuto insistere fin dall’inizio per potersi occupare lei di Grindelwald. Era scontato che suo fratello si sarebbe lasciato ammaliare, proprio come si era lasciato ammaliare da Era, che gli era sempre piaciuta, con cui era sempre andato d’accordo, con cui aveva anche avuto una rela…
Spalancò gli occhi mentre un dubbio atroce si faceva strada nella sua mente.
-Grindelwald…- mormorò –è… è tuo figlio?-.
Felix ricambiò il suo sguardo con uno che esprimeva altrettanto stupore per poi scoppiare a ridere di gusto.
–Come ti è venuto in mente?- chiese con gli occhi lacrimanti.
-Hai avuto una relazione con Era- gli ricordò lei per niente rassicurata: Morgana sola sapeva quanto suo fratello fosse abile nel mentire.
-E con ciò?- chiese Felix ritornando serio –E’ finita presto. No, te lo potrei giurare, Gellert è un Grindelwald-.
-Lo spero- mormorò Aida ancora dubbiosa. –Dov’è ora?- chiese poi.
-A casa nostra, naturalmente. E non fare quella faccia- aggiunse osservando l’espressione orripilato comparsa sul volto di lei –Dove avrei dovuto lasciarlo? A casa nostra non possono rintracciarlo e poi Lulù si occuperà di lui.  Disporrò, al più presto, una riunione della Confraternita – disse. –Non saranno felici che non abbia chiesto la loro opinione prima, ma penso che quando lo conosceranno, saranno lieti di averlo tra noi-.
-Voglio conoscerlo- dichiarò improvvisamente la strega.
Suo fratello le rivolse uno sguardo perplesso. –E’ ovvio che lo conoscerai-.
-No, non hai capito- replicò lei. –Voglio conoscerlo prima che entri a far parte della Confraternita-.
-Ah. E perché? Voi due non andrete d’accordo- l’avvisò.
-Lo so già questo,- sbuffò lei –ma voglio assicurarmi che sappia bene cosa significa essere un figlio di Morgana, voglio assicurarmi che sappia che dovrà obbedire alle nostre regole e sottostare alle nostre decisioni-.
Suo fratello ghignò, per poi avvicinarsi e scoccarle un bacio affettuoso sulla guancia.
–Gellert è una carta vincente- le assicurò.
-Godrikus aveva detto la stessa cosa a proposito di Era- gli ricordò lei.
-E’ vero- convenne il mago –e non sbagliava. Era ci ha dato Gellert, dopotutto-.
 
*Ovviamente Rick è il diminutivo di Godrikus

  
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