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Autore: deba    18/02/2011    4 recensioni
Lina è bella, è giovane, è stronza e si rivela dolce. Alec è bello, è immortale, è stronzo e si rivela dolce. Tra segreti mai svelati, verità nascoste, bugie che fanno male e sorprese inaspettate, nascerà un grande amore?
Storia ambientata circa un anno e mezzo dopo breaking dawn.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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odio

CAPITOLO 8

 

Odio

 

 

(POV Lina)

 

 

Un raggio di sole colpì il mio volto e mi fece svegliare di soprassalto.

-Che ore sono?- pensai.

Mi girai e agguantai la nuova sveglia che avevo da poco comprato, dopo la solita fine dell’ultima. Le 10.00?? No è impossibile! Ho perso le prime due ore di scuole, e ovviamente fra poco anche la terza.

Mi voltai e un figo attaccato alla parete mi fece ragionare. Il calendario segnava che era sabato. Che stupida, al sabato non si va a scuola. Ero proprio fuori.

Mi ributtai pesantemente sul letto. Sbuffai.  Chissà che avevo per la testa. E a riguardo mi tornò in mente il sogno di quella notte. Wow. Se sapevo che ogni notte avrei incontrato un Alec così nel mondo di Morfeo, mi sarei incatenata volentieri ad un letto, per poter continuare a sognarlo per sempre.

Avevo sognato che lui mi tendeva la mano, mentre ballavo come sempre all’Irish, e io l’afferravo decisa. Dopo di che lui mi aveva portato in un posto romantico presso le rovine di un teatro romano. Era davvero un sogno, perché io non avevo mai visto un luogo simile a Volterra. E lì in quell’oscuro paradiso terrestre avevo confessato a lui di amarlo, e la paura che da ciò ne derivava e lui aveva fatto lo stesso. C’eravamo baciati, in un modo così passionale, che se anche tutto intorno avesse preso fuoco, noi non ce ne saremmo accorti. Poi avevamo parlato. Bè più che altro si era trattato di un interrogatorio. Lui continuava a fare domande su di me e sulla mia vita. Altro punto che significava essere un sogno, con Alec non si era mai riusciti a fare un dialogo così lungo, e serio oltre tutto.

Lui mi aveva chiesto della mia famiglia, se avevo sorelle o fratelli, della mia amica Serena, che gliel’avevo nominata quando c’eravamo conosciuti. Quando mi chiese del rapporto con i miei genitori, e a riguardo il tasto era stato dolente, anzi dolentissimo, non potei non evitare che gli occhi luccicassero dalle lacrime forzatamente trattenute. Ma lui le aveva notate lo stesso e ovviamente mi aveva chiesto spiegazioni. Anche se era un sogno, confessare tutto il dolore e la colpevolezza che mi davo, a causa proprio di quel rapporto che non esisteva, fu molto difficile. Ma lui mi ascoltò in silenzio, e non disse frasi del tipo “andrà tutto bene”, “vedrai che non è colpa tua” o moine del genere, non le avrei sopportate. Erano frasi fatte, che venivano usate per proforma. Io preferivo i silenzi, così carichi di parole, che non hanno un suono nella realtà, ma che nel profondo valgono più di quelle mille espressioni. E lui così fece. Mi aveva abbracciata, facendomi poi stendere con la testa sulle sue gambe, e mi aveva accarezzato i capelli per un tempo infinito. Era davvero il paradiso quello in cui credevo di essere e lui ovviamente il mio angelo custode, almeno di questo potevo ringraziare Dio; me ne aveva dato davvero uno figo.

Ero felice, estasiata, ma un brivido di gelo mi era percorso lungo la schiena e lui purtroppo aveva smesso quel fantastico accarezzare per poi allontanarmi da lui, no non volevo che il mio sogno diventasse un incubo. Per fortuna ciò non avvenne. Lui si era allontanato per sfilarsi la sua giacca e mettermela. Poi ero ritornata nella posizione per me paradisiaca fino a quando questo maledetto raggio di sole non mi aveva svegliata. Grrrr.

Altro motivo da aggiungere alla mia lista sul perché odio il sole e il caldo. Già è così. Sarò forse strana, ok togliamo il forse, sarò strana, ma io adoro il tempo nuvoloso, la pioggia, la neve e tutto quello che ha a che fare con i colori freddi.

Mi detti una scrollata ai capelli. Uff, a quanto pare i capelli stamattina si erano svegliati in modalità cespuglio selvaggio. Avrei fatto una doccia.

Mi alzai barcollante e ancora assonnata dal letto. Gli occhi vedevano ancora un po’ sfocati, fu per quello che dopo aver fatto il giro del letto e passando a fianco alla scrivania dopo essermi violentemente bloccata, avevo cominciato ad aprire e chiudere gli occhi strizzandoli, e poi con le mani a mo’ di pugni avevo iniziato a strofinarli violentemente. Quando fui sicura che vedevo davvero nitido, le ginocchia iniziarono a tremare facendomi accasciare a terra, ed il cuore partì a mille, indomabile.

Delle lacrime di gioia iniziarono a percorrere il mio viso.

Sulla sedia della scrivania, dove la sottoscritta in teoria faceva i compiti, accuratamente piegata c’era la giacca di Alec, quella del ‘sogno’.

Ma non era stato un sogno, che sciocca. Era stato tutto così bello che era sembrato davvero irreale. Mi sentivo davvero stupida, perché di sicuro nel mio viso c’era un sorriso da ebete stampato sopra. Se qualcuno mi avesse visto in quello stato di soave beatitudine, avrebbe come minimo chiamato ‘Chi l’ha visto?’ perché di sicuro non era Lina quella.

 

La mancanza di Alec al mio fianco si fece sentire presto, anzi troppo presto. E fu in quel momento che mi accorsi che di lui, non sapevo davvero niente. Nulla della sua famiglia. Nulla da dove venisse prima di arrivare nella mia scuola. Nulla di dove abitasse. Niente di niente. Decisi che quando l’avrei rivisto, l’interrogatorio sarebbe spettato a me, ma non ero molto convinta. Chissà perché, ma sapevo che non avrei saputo niente. Però ero sicura che l’avrei rivisto quella stessa sera all’Irish.

Lo stomaco a tal pensiero iniziò ad accartocciarsi su se stesso. Non so se sarei resistita fino a sera.

 

 

(POV Alec)

 

Ero felice e triste allo stesso modo e nello stesso momento. La notte passata con Lina era questo che mi aveva lasciato.

Felice, perché avevo scoperto finalmente cos’era l’amore. Felice, perché il mio amore era ricambiato. Felice, perché quella sera l’avrei rivista.

Ma ero anche triste, perché lei non sapeva cos’ero. Triste, perché se qualcuno avesse saputo di noi, sarebbe successo una tragedia. Triste, perché per quanto mi sforzassi, non riuscivo a trovare una soluzione.

Decisi allora di non pensarci, non avrebbe portato a niente.

Lasciai che solo le cose belle di Lina navigassero senza sosta nella mia immensa mente. Avrei potuto pensare ad entrambe le cose assieme, ma erano così due sentimenti contrastanti, che non li volevo a tutti i costi tenere vicino, perché uno dei due avrebbe potuto influenzare l’altro, e forse proprio quello che non volevo.

Ripensai così a quella notte. A quando si era addormentata ed io dopo averla presa tra le mie braccia l’avevo riaccompagnata a casa. Ovviamente sapevo benissimo dove abitava. L’avevo già scoperto la notte stessa al nostro primo incontro. Mi aveva incuriosito fin da subito.

Entrata nella sua stanza l’avevo messa a letto e piegato accuratamente la mia giacca su una sedia lì accanto. Volevo che al suo risveglio avesse trovato qualcosa di mio a farle compagnia, dato che io non potevo rimanere. Rimasi lì fino a quando l’alba fu alle porte. Quel giorno il tempo avrebbe fatto una pausa e fatto ricomparire il sole, il che non era affatto un bene per me.

 

Tornato poi a palazzo, feci i compiti in tipo 15 minuti. Ehi, ero pur sempre uno studente, no?

Il giorno passò a dir poco a rallentatore. Una volta arrivata la sera, mi feci un bagno. Quando uscii trovai Jane seduta sul mio letto.

“Jane, come stai?” le chiesi. Mi guardava con occhi un po’ tristi.

“bene, fratello.” Sorrise poi felicemente, come faceva in passato, ma ora per me quel sorriso era solo falso.

“sei molto strana ultimamente, lo sai?”

Restò un po’ colpita dalle mie parole, ma si riprese subito.

“direi che potrei dire lo stesso di te, fratello!”

Touché. Ma meglio non affermare le sue ipotesi.

“secondo me, no!” e cercai di cambiare subito argomento. “ perché sei qui?”

“dato che è da un po’ che non stiamo più tutti assieme, avevamo pensato, io, Heidi, Demetri e Felix, di andar fuori a far un giro stasera, è sempre sabato no?”

Mi sarebbe piaciuto uscire con loro, era da tanto che non stavo un po’ con i miei simili, ma volevo vedere lei.

“Mi dispiace, sorella. Purtroppo sono costretto a declinare il tuo invito. Per stasera avevo altri programmi!”

Fece un faccia furba, che durò un millesimo di secondo, perciò forse mi chiesi se avevo visto giusto. Lei iniziò a fare gli occhioni dolci, cosa che non le riusciva bene, avendo lei sempre un sorriso perfido, stampato a fuoco, in viso.

“dai Alec, ti prego!”

“mi dispiace davvero, Jane.”

“uff, volevamo andare in quella discoteca, l’Irish mi pare si chiamasse. Credevo ti sarebbe piaciuto!”

Cosa? Volevano andare nel locale di Lina. Perché diavolo avevano scelto proprio quello. Non potevo permettere che loro andassero lì, ma come lo avrei spiegato? Dovevo andarci, però presentarmi lì con loro, avrebbe significato ignorare Lina, loro non dovevano conoscerla. Dovevo tenerli a debita distanza. E ora però come avrei detto a Jane che avevo cambiato idea, senza insospettirla, più di quanto già non fosse? Proviamo lo stesso.

“sorella davvero andate lì?”

Fece una faccia strana.

“hai cambiato idea?” mi chiese.

“forse! Credevo che sareste andati in qualche solito locale che piace tanto ad Heidi, e che ovviamente fanno tanto schifo a me.”

Sorrise, quasi sincera.

“hai ragione. Ma l’ha scelto come sempre lei, forse i suoi gusti stanno migliorando. Allora vieni?”

“allora si, vengo.”

“bene. A mezzanotte all’ingresso Alec.” Mi baciò su una guancia e se ne andò.

Sembrava essersela bevuta. Speravo di si.

Cominciavo ad essere davvero agitato. Il mio umore stava diventando sempre più negativo, ogni secondo che passava.

 

Arrivati in discoteca, ci sedemmo sullo stesso tavolo della volta scorsa. Continuavo a guardarmi in giro. Non volevo che Lina mi vedesse. Sapevo che era già lì, perché avevo sentito il suo odore all’ingresso.

“fratello aspetti qualcuno?”

Jane, sempre lì a studiarmi.

“no, a dire il vero stavo… cercando di capire se c’era qualche turista.” Le sorrisi mostrandole i denti. Sembrava avesse abboccato.

“credo di si. In teoria c’è qualche tedesco nell’altra sala.”

“bene” le sorrisi.

 

Erano passate più di due ore è Lina non mi aveva ancora visto. Io si l’avevo vista. Vedevo che continuava a girare per il locale, probabilmente per cercarmi. Era bella, anzi bellissima. I suoi lunghi capelli neri, la accarezzavano come io avevo fatto con lei la notte prima. Il suo succinto abito grigio le fasciava in modo (troppo) perfetto il suo fantastico corpo, e purtroppo non era l’unico ad essersene  accorto. Circa altri 300 maschi la fissavano con occhi fuori dalle orbite. Li avrei ammazzati tutti volentieri. Come si permettevano anche solo a guardarla? Solo io potevo.

Wow. E questo cos’era? Gelosia? Sorrisi scuotendo la testa, Lina mi aveva proprio cambiato.

“perché sorridi, figliolo?” Felix. Non faceva altro che sfottermi ogni volta che ne aveva l’occasione.

“Felix, ricordati che ho una buona memoria.” Gli dissi ghignando.

“cos’era una minaccia questa, ragazzo?”

“no un consiglio!” gli dissi un po’ più serio.

Iniziammo poi a fissarci ostili, 1 minuto, 2 minuti, al terzo scoppiammo a ridere. Io però non scherzavo veramente, peggio per lui.

Quell’attimo però fu per me il mio più grande sbaglio. Avevo perso il mio contatto visivo con Lina, e prima che potessi guardarmi in giro per trovarla, l’aria parlò, facendomi intuire che lei si stava avvicinando a me. Che diavolo avrei fatto ora? Cercai di alzarmi per allontanarmi,  ma lei era troppo vicina. Finsi di non vederla e di incamminarmi verso la parte opposta, ma lei era arrivata velocemente e fermandomi per un braccio mi aveva costretto a girarmi verso di lei.

Mi guardava sorridente, tranquilla e con occhi maledettamente felici.

“finalmente sei arrivato! Ti ho cercato da per tutto. Per un secondo ho temuto che non saresti venuto. Non sai quanto mi sei mancato oggi!”

Si stava per avvicinare con il viso al mio, e contemporaneamente vidi gli sguardi degli altri vampiri tutti fissi su di me, seri.

Iniziai a odiarmi per quello che stavo per fare. Un odio profondo, che non avevo mai provato in tutta la mia vita e nei confronti di nessuno. Un odio derivante dal male che stavo per fare e che le avrei fatto e al quale sapevo non avrei mai ricevuto perdono. Perché neanche io mi sarei mai perdonato.

“scusami ma tu chi sei?” le dissi come avrebbe parlato il vecchio Alec.

“Alec ma stai scherzando, vero? Perché se è così non è divertente!” si era bloccata e stava diventando seria.

“carina, guarda che se ti sei fatta qualche ideuccia mentale su di un possibile noi, non è colpa mia sai!” la guardai ironico. Gli occhi pungevano, volevo piangere, ma purtroppo quelle lacrime non sarebbero mai scese dal mio viso, però dal suo si.

“sei veramente un fottutissimo stronzo!”

E così dicendo se ne andò. In lacrime.

Stavo per inseguirla, per fermarla, abbracciarla e dirle che era tutta una bugia. Ma forse era meglio così. Lei sarebbe stata salva, non avrebbe rischiato pericoli, come la morte, se fosse entrata a far parte del mio mondo.

Ripresi un certo contegno sul mio volto e mi girai per guardare gli altri, di cui sentivo ancora lo sguardo puntato su di me.

Li guardai e con una smorfia dissi “umani”, come se quella parola fosse una spiegazione ovvia. Ma purtroppo così era. Tutti si misero a ridere ed a elogiare ironicamente il mio fascino da ruba cuori. Io finsi di ridere con loro, mentre dentro, morivo per la seconda volta.

 

 

 

 

 

Mi viene da piangere, povero il mio Alec.

Sono stata troppo cattiva??

Ma piccole mie.. non sarà così per sempre…

Ditemi che ne pensate mie belle!!

Un bacione

  
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