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Autore: Beatrix Bonnie    18/02/2011    6 recensioni
Che cosa convinse Albus Dumbledore ad affrontare in un duello il suo eterno nemico, Gellert Grindelwald? Perché improvvisamente il grande mago cambiò idea e decise di andare incontro al suo destino?
Storia prima classificata al contest "Free Contest" indetto da AliH e vincitrice del premio "Miglior personaggio originale".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Für der Obergute'
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III



Dankrad appoggiò le spalle al muro e chiuse gli occhi disperato. Dumbledore non aveva creduto ad una sola parola del suo racconto, non aveva accettato di duellare con Grindelwald, non gli aveva nemmeno permesso di parlare. Eppure Cyrillus, il padre di Gerwine, aveva sempre cantato le lodi di quel grande mago britannico. Be', quando Dankrad l'aveva incontrato, non gli era sembrato affatto un grande mago: non appena aveva capito quale fosse la sua richiesta, l'aveva scacciato in malo modo.
E ora lui si ritrovava a vagare per le strade deserte di Londra, senza sapere cosa fare per salvare l'unica donna che avesse mai amato.
«Ehi amico, ti sei perso?» domandò una voce tranquilla alla sua destra.
«Ich verstehe dich nicht» cantilenò Dankrad, voltandosi apatico verso il giovane che aveva parlato: nonostante il buio, si vedeva che era un bel ragazzo alto, moro, con affascinanti occhi scuri e un sorriso seducente. Forse per la sua calma, per l'aurea di fascino che emanava, o forse anche solo per la sua bella presenza, Dankrad si fidò immediatamente di lui.
«Oh, sei tedesco? Non temere, anche io lo parlo un po'» gli rispose il giovane, parlando perfettamente la lingua, senza nessuna inflessione particolare.
Dankrad gli rivolse un mezzo sorriso di gratitudine.
«Che ci fa un ragazzo tedesco a Knockturn Alley?» gli chiese allora il giovane, sempre in tono gentile.
Dankrad si strinse nelle spalle. «Girovagavo. Io sono Dankrad, e tu?»
L'inglese parve irrigidirsi per un attimo, come se non volesse far sapere il suo nome. Ma dopo una manciata di secondi tornò sorridente. «Tom».
A Dankrad parve un nome veramente banale per un mago di così bella presenza, tuttavia non gli sembrava il caso di insultare una delle poche persone che parlava la sua lingua in quel dannato paese. Così cercò di essere gentile. «Piacere Tom. Tu che ci fai qui?»
Il ragazzo sorrise e il suo volto sembrò illuminare la notte. Era tremendamente affascinante. «Lavoro da Borgin & Burkes, come commesso» rispose con semplicità.
Non sapeva perché, ma Dankrad era convinto che quel lavoro fosse assolutamente inadeguato per il bel Tom. Si prese a fissare un punto imprecisato nel vuoto, poi si rese conto che, anche se Tom non glielo aveva chiesto espressamente, sarebbe stato il caso di spiegare il motivo per cui un tedesco si trovava in Inghilterra. «Io dovevo incontrare Dumbledore. Sai, non è affatto il grande mago che dicono» biascicò scuotendo la testa con disappunto.
Stranamente Tom fu d'accordo con lui. «No, lo so. Molti si lasciano incantare dalle sue belle parole, ma in concreto è solo un codardo» commentò con il tono di uno che la sa lunga.
Dankrad si voltò verso di lui con un sorriso di gratitudine: non sapeva se Tom avesse detto quelle parole solo per confortarlo o perché le pensava veramente, ma comunque fosse andata, apprezzò il gesto.
«Cos'è che porti al collo?» domandò allora Tom, accennando con il capo al suo ciondolo.
Dankrad lo osservò un attimo, come se non si ricordasse perché quel luccicante cristallo brillasse sulla sua pelle infreddolita. «Questo?» gli fece eco scioccamente. «È il Cristallo di Ghiaccio».
«Il Cristallo di Ghiaccio, quello originale del tesoro dei Nibelunghi?» chiese Tom, con crescente interesse.
Dankrad stava ancora osservando il ciondolo, quindi non poté notare il lampo di selvaggia bramosia che illuminò i begli occhi di Tom. «Proprio lui» asserì infine, con un cenno di assenso.
Il giovane inglese si sporse impercettibilmente verso di lui. «E come funziona? È vero che nessuno può levarlo al portatore?» domandò con voce leggermente incrinata dall'emozione. Le sue mani si aprirono e si chiusero un paio di volte, come se sperasse di afferrare il prezioso manufatto germanico. Possibile che si trovasse realmente ad un soffio dal Cristallo di Ghiaccio?
«Esatto, nemmeno con la forza» confermò Dankrad, sempre fissando il gioiello. Per lui non aveva importanza che si trattasse di un reperto del tesoro dei Nibelunghi: era semplicemente l'unica cosa che gli ricordava Gerwine.
Gli occhi di Tom si dilatarono per la brama. E poi azzardò una nuova domanda: «Nemmeno se il portatore... morisse?»
Dankrad non notò il tono del suo interlocutore: credeva che si trattasse di pure curiosità per un manufatto magico così raro. «Nemmeno se morisse. L'unico modo è che sia colui che lo porta a toglierselo dal collo» spiegò, alzando finalmente gli occhi sul giovane inglese.
Tom divenne improvvisamente docile e ogni bramosia scomparve dal suo volto. Il tedesco non si accorse di nulla.
Tom fece un sorriso gentile, come per ringraziarlo di quelle informazioni, poi si voltò anche lui verso il muro che avevano di fronte, perso nei propri pensieri. Non c'era modo di strappare via il Cristallo di Giaccio all'ingenuo tedesco? Possibile che non riuscisse a trovare la soluzione, lui il più grande mago di tutti i tempi?
Un leggero sorriso increspò le labbra del giovane inglese. Avrebbe sempre potuto convincerlo. Con le buone... o con le cattive.
«Tu non te lo leveresti per nulla al mondo, vero?» gli chiese in tono affabile. Sarebbe stato semplice ingannarlo, ingenuo e disilluso com'era.
Dankrad fece un profondo respiro prima di rispondere. «In realtà non è mio, è della mia fidanzata. Ma in effetti...» il ragazzo si interruppe, come colpito da un'illuminazione. Rimase sospeso nell'aria fredda di Knockturn Alley, con un braccio sollevato e il volto pietrificato. «Credo... credo che potrei togliermelo, sì!» sussurrò infine, con il viso attraversato da un'espressione straniata. E poi finalmente sorrise. «Potrei donarlo a Dumbledore!»
«A Dumbledore?» gli fece eco Tom, scioccato. Non doveva andare a finire così!
Drankrad annuì convinto: sembrava un goloso che avesse appena visto una montagna fatta di dolci. «Sì, così forse lo convincerei ad aiutarmi. Voglio dire, è un dono non da poco e, senza il suo aiuto contro Grindelwald, Gerwine morirebbe e io non vorrei avere più niente a che fare con questo ciondolo» esclamò estasiato, esponendo le sue ragioni al giovane inglese. Poi si sporse verso di lui e gli strinse la mano calorosamente. «Grazie Tom, sei un amico!»
E con quelle parole si smaterializzò, lasciando il giovane Riddle solo in mezzo ai vicoli bui di Knockturn Alley, a mordersi le dita per essersi lasciato sfuggire un così prezioso manufatto magico.

Ma per chi l'avevano preso? Per la fata turchina? Tutti quei tedeschi che venivano da lui a piagnucolare, a pregarlo di affrontare Grindelwald, a supplicarlo di eliminare il dittatore. Non potevano risolverseli da soli i loro problemi?
L'ultimo poi aveva una storia davvero toccante: un ebreo, quindi perseguitato dai Nazisti di Hitler, ma contemporaneamente un Nato Babbano, quindi perseguitato dagli Obermenschen di Grindelwald. Ma non era tutto! La sua ragazza era la figlia del capo della resistenza ed era stata catturata per essere usata come esca. Era così pateticamente assurda quella accozzaglia di elementi diversi che nemmeno il più credulone del mondo avrebbe mai potuto accettare che si trattasse di una storia reale.
Perché non lo lasciavano in pace?
Non capivano che lui non poteva, non poteva affrontare Gellert Grindelwald?
Ben presto la rabbia e lo sdegno furono sostituiti dall'angoscia. Una serie di dolorosi ricordi gli aggredì la mente tanto che fu costretto a prendersi la testa tra le mani. Quello che... c'era stato. Tra loro.
Non era più in grado di formulare pensieri di senso compito. Avrebbe solo voluto fuggire, fuggire lontano. Lontano da quei problemi, da tutte le responsabilità. Era vero, lui era l'unico che avrebbe potuto affrontare il potente dittatore in un duello e sopravvivere abbastanza a lungo da poterlo raccontare, ma... non poteva. Incontrare nuovamente Grindelwald sarebbe stato come ammettere quello che era successo, ammettere che lui era responsabile della morte di sua sorella Ariana, che da giovane aveva complottato con il futuro dittatore, che... l'aveva amato.
Si morse il labbro con tale violenza da farlo sanguinare. Quante persone erano morte e stavano ancora soffrendo per la sua codardia? Non poteva restare con le mani in mano... doveva intervenire!
Ma, no... non contro Grindelwald. Per quanto fossero mostruose le cose che aveva fatto, per quanto male avesse sparso nel mondo magico, non riusciva a pensare a lui come un nemico.
E aveva paura, mostruosamente paura di trovarsi nuovamente faccia a faccia con lui.
Un suono sordo contro la porta lo riscosse dai suoi cupi pensieri. Qualcuno stava bussando timidamente.
«Avanti» sussurrò Dumbledore, cercando di mostrarsi presentabile.
La faccetta di uno studente con la divisa di Corvonero fece capolino dietro la porta. «Professor Dumbledore, scusi l'orario» disse impacciato.
Il mago fece un gesto con la mano, come a segnare che non era importante. «Vieni pure avanti, Dennis».
«Il preside Dippet mi ha dato questo per lei. È arrivato via gufo» spiegò Dennis, porgendo un pacco al professore.
Dumbledore annuì pensieroso.
Quando il giovane studente fu uscito dal suo ufficio, il mago scartò con interesse l'involucro. Tre oggetti rotolarono sulla sua scrivania: una lettera, una boccetta di cristallo contenente uno strano liquido argenteo e una scatolina di velluto blu. Dumbledore srotolò la pergamena sempre più perplesso, ma per qualche secondo non capì nulla di quello che c'era scritto.
E poi realizzò: era tedesco.

Herr Dumbledore, Vi prego di leggere queste poche righe. So che avete già rifiutato di ascoltarmi, ma solo Voi potere aiutarmi! La scatola blu contiene un dono per Voi: è il Cristallo di Ghiaccio, il gioiello più prezioso del tesoro dei Nibelunghi. Nella boccetta, invece, ci sono i miei ricordi: se non Vi hanno convinto le mie parole, forse può farlo ciò che ho visto con i miei stessi occhi.
Servo vostro,
Dankrad Lewish


Dumbledore finì di leggere la lettera e poi si lasciò sfuggire un sospiro. Quel giovane tedesco era davvero ostinato! Il suo sguardo indugiò un attimo sulla boccetta contenente i ricordi, poi si lasciò rapire dalla scatoletta blu. Le sue dita sfiorarono il morbido velluto che la ricopriva, fino alla chiusura argentata. Un debole tocco e il sigillo si aprì.
Il gioiello che conteneva era talmente meraviglioso che sembrava brillare di luce propria. Dumbledore allungò la mano per toccarlo, ma si bloccò appena in tempo: sapeva che appena la sua pelle avesse sfiorato il freddo cristallo, esso sarebbe apparso al suo collo, per restarvi finché lui non avesse voluto levarselo. Ma in realtà non fu quello a fermarlo, fu un ricordo, un'immagine che comparve improvvisamente davanti ai suoi occhi.
Il ragazzo tedesco, lui aveva al collo il Cristallo quando si erano incontrati.
Senza nemmeno rendersene conto ritirò la mano e prese a fissare il vuoto: aveva come l'impressione che quel Cristallo avesse un significato particolare, come una forza, un legame che riguardava la storia del giovane ebreo.
E finalmente il suo sguardo cadde sulla boccetta contenente i ricordi. Quasi mosso dalla mano invisibile di un burattinaio che comandava i suoi gesti, il professore si alzò dalla scrivania e versò il fumoso liquido argenteo nel pensatoio che teneva nel suo armadio. Tentennò un attimo, mentre un vortice di immagini increspava la superficie, poi immerse il volto nella bacinella e si lasciò avvolgere dall'oscurità.






Eccoci alla terza attesissima (immagino!) parte del racconto. Questa volta entrano in scena due tra i personaggio più difficili da descrivere della saga Canon (o almeno è così per me): Tom Riddle e Albus Silente. Quanto al primo, la giudice AliH mi aveva fatto notare che appariva poco “riddlesco” al suo primo apparire e non posso che concordare con lei; tuttavia credo che Tom appaia sempre come un ragazzo gentile e disponibile al primo approccio, tanto più quando vuole ottenere qualcosa come qui, il Cristallo di Ghiaccio (come avrebbe fatto a sopportare le lamentele Ginny per un anno intero, altrimenti?). Quanto a Silente, non so come mi sia uscito e non sono sicura che sia molto IC; tuttavia, ho scelto di caratterizzarlo in questo modo perché, da quello che dice ad Harry a King's Cross, credo che abbia tentennato parecchio prima di risolversi a incrociare la sua bacchetta con Grindelwald e sono sicura che gli siano state fatte parecchie pressioni, che in questo racconto lui rifiuta in modo categorico e quasi sdegnoso perché in fondo è un modo come un altro per rispondere al senso di colpa che lo opprime (una sorta di “me ne frego, che si arrangino” detto da una persona da cui non ci aspetteremmo e che ha paura di affrontare qualcosa che sa benissimo sia compito suo).
Bene, nella prossima parte ci saranno i ricordi di Dankrad: cosa avrà da dire a Silente il giovane tedesco? Lo scoprirete la prossima volta!
Ah, la frase in tedesco pronunciata da Dankrad a Tom significa semplicemente “Io non ti capisco”.
A presto!



EDIT: continua l'opera di risistemazione dei dialoghi!

   
 
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