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Autore: ghirigoro    20/02/2011    6 recensioni
Questo sarebbe il finale alternativo che avevo scritto tempo fa, con l'intenzione di pubblicarlo come seguito di Dear Uncle Slash.
Alla fine vorrete uccidermi, promesso.
Ecco cosa sarebbe successo se Samantha non avesse perso il bambino.
"Mi guardano entrambi e mi si stringe il cuore. Dio, come gli somiglia..."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono appena tornata dal lavoro, sono stanca morta, è tardi e ho ancora un casino di cose da fare. Sbuffo e mi rimbocco le maniche, rassegnata, e comincio a lavare i piatti.
Sento suonare al campanello.
Mi asciugo le mani e corro alla porta.
-Chi è?-
-Sono io!-
Riconosco la voce.
Spalanco la porta, non ci posso credere. Non può essere veramente...
-Ciao Samantha.-
-ZIO!!!-
Da dietro di lui sbucano due teste bionde.
-Ciao, Sam!-
-E' passato tanto tempo, eh?-
-STEVEN!!! DUFF!!!-
-Ehi piccola!-
-AXL!
Gli salto letteralmente addosso, abbracciandolo.
-Oddio ma cosa ci fate qua?! Non dovreste essere in tour o robe del genere?!-
-Eeeh il caro zio Slash ha insistito tanto per aggiungere New York alle tappe, quindi eccoci qui!- spiega Duff, scompigliando i capelli allo zio.
-Come avete fatto a trovarmi?! Mi sono appena trasferita!-
-Karen non è mai stata una tipa discreta, appena le ho telefonato mi ha vomitato addosso tutto!-
-Ma come ha fatto se stava al telef... oooooh sì sì ho capito!-
-Sempre il solito, eh Steve? Dio come siete cambiati! Che ti è successo al labbro, Duff?-
-Aaah niente, rissa in un bar.-
-Axl ma... ti sei truccato?-
-Miss Vanity Fair ha cominciato ad impastricciarsi la faccia da quando ha letto su un giornale...- comincia lo zio.
-Che le teenager preferiscono le rockstar curate ma virili a quelle sporche e incrostate di fango. Basilare, no?-
-Per me è un po' una roba da frocio...-
-Almeno i miei pantaloni non sono così attillati da poter distinguere ogni cellula del culo, Slash!-
-Ehi io metto in mostra il mio pacco, signorina bella! Si chiama merchandising!-
-Tu...-
Scoppio a ridere senza contegno, mi sono mancati da morire i loro battibecchi.
-Ahahahah ritratto non siete cambiati per niente!-
Ridono anche loro, mentre la mia vicina di casa esce fuori a ficcare il naso nei miei affari.
Di colpo smettono. Qualcosa mi si avvinghia alla gamba e piagnucola. Merda.
Duff sbianca e balbetta qualcosa che sembra un: -Quello è...-
-Questo...- mi muore la voce in gola; -...è Gabriel... mio figlio...-

Dio, l'hanno presa bene. Siamo... siamo ancora tutti vivi.
Sono seduta sul divano con Gabriel in piedi sulle mie gambe, lo zio è di fianco a me e gli altri seono seduti sulle sedie attorno al tavolo del salotto.
Nessuno osa parlare, solo Gabriel a volte emette qualche lamento, nervoso, tirandomi i capelli.
Povero, tutti lo fissano come se fosse un'apparizione, e lui se ne accorge.
Lo zio lo prende in braccio e se lo mette sulle ginocchia.
-E' cresciuto molto dall'ultima volta che l'ho visto.- osserva, scompigliandogli i capelli.
-Tu lo sapevi?!-sbotta incredulo Axl.
-Sì... però ho preferito non dirvelo, ragazzi.-
-Perchè cazzo non avresti dovuto dircelo?!-
-Gliel'ho chiesto io.- intervengo.
Axl si gira e ricade all'indietro sullo schienale della sedia.
-Ne parliamo dopo.-
Duff sbuffa e si alza in piedi.
-Ok basta, adesso! Non siamo venuti qui per incazzarci e fare gli stronzi! Dovrebbe essere una visita di piacere! Quanto tempo ha?-
Si avvicina al piccolo e si lascia mordicchiare un dito, sorridendo.
-Tre mesi. E' nato il 29.-
-Già tre mesi? Sembra molto più piccolo!- esclama Steven.
-Naah, mi ricordo che mio fratello era più o meno così! E poi che ne sai tu di bambini, Steven?-
-Niente, era un'impressione! I miei genitori mica facevano figli a destra e a manca, Duff!-
Duff lo incenerisce con lo sguardo. -Che stai cerc...-
-Ok ok basta, per favore!- li calmo.
-Ma tu senti questa stupida pecora...- borbotta Duff.
Axl si alza e si siede di fianco a me.
-Posso...?- chiede indicando Gabriel. Annuisco e lo zio glielo passa, di controvoglia.
Axl se lo sistema sulle ginocchia, ma Gabriel si alza in piedi e gli tira la bandana.
-Ah, ti piace? La vuoi? Tieni, ecco.- Se la sfila e la da al bambino, che la prende soddifatto e la morde.
-Scusa per averti mentito.- gli sussurro, in modo che solo lui possa sentire.
-E' una bella bugia.- risponde, giocando con Gabriel.
Sorrido, non se l'è presa.
-Dove diavolo è finito Izzy? Quanto ci vuole a trovare un parcheggio?- sbuffa lo zio.
"Oh. Mio. Dio. Che diavolo faccio adesso?!"
Gabriel mi tocca una guancia e mugola, come per chiedermi se c'è qualcosa che non va.
-Va tutto bene, Gabe. Gioca con lo zio Will, eh?-
-Quindi io sono lo zio Steve!- esclama entusiasta Steven, saltando sulla sedia.
-E io lo zio Duff! O lo zio Mickey!- si aggiunge l'altro. Ah, litigi su litigi ma alla fine sono culo e camicia!
-Bravi, e io sono lo zio Slash. Cioè... sarei più nonno Slash, o prozio Slash, ma mi va benissimo anche zio Slash.-
-E' inquietante quante volte sei capace di infilare il tuo nome in una frase.- osserva Axl, preso a convincere Gabriel a non staccargli la ciocca di capelli che gli sta tirando.
-Gabe, lascia...- gli dico dolcemente aprendogli la manina.
-Grazie... credevo sarei rimasto calvo. Piccolo furfante che non sei altro!-
In tutta risposta il piccolo si pulisce il nasino nella sua maglietta.
-Ma che fai?! Non si fa, Gabirel!- lo sgrido prendendolo in braccio. -Scusami, è veramente dispettoso!-
-Non fa niente, tanto dovevo già lavarla...-
Gabe piagnucola e si sporge verso il pavimento, cercando di divincolarsi.
-Cosa c'è, tesoro? Vuoi andare giù? Dove devi andare?-
Lo appoggio a terra e subito scatta in piedi, correndo scompostamente verso una sedia vuota di fianco allo zio.
Duff lo aiuta a salirci, dando fpndo alla sua esperienza da fratello maggiore.
-Aspetta, ti aiuto io! Eeeeeccolo qui, attento a non cadere eh!-
-Tienilo, pertica bionda che non sei altro! Se si fa male te la spacco in testa, quella sedia!-
-Slash stai calmo, santo cielo! Sei peggio che con Sam!-
-Lei non è un cosino fragile di tre mesi!- esclama lo zio.
Qualcuno bussa alla porta.
-Vado io.- mi affretto a dire, odiandomi subito per averlo detto. Mi sono appena scavata la tomba.
Apro e mi trovo davanti la mia vicina, che sbircia subito in casa senza ritegno. Suo figlio Joel, che mi fa una corte spietata da quando mi ha vista, mi saluta da dietro di lei. Dev'essere passato a trovarla.
-Buonasera signora Berger. Ha bisogno di qualcosa?- chiedo cercando di non far trapelare la mia improvvisa voglia di ammazzarla di legnate con il suo stesso bastone.
-Chi sono quei ragazzi? Non sapevo che dovessero venire!-
-Tecnicamente non sono tenuta a dirle chi mi viene a trovare e quando.- ribatto acida.
-Chi sono, allora?-
-Penso che questi non siano affari suoi, signora. Ora, scusi, ma devo ritornare di là.-
-Aspetti, aspetti!- esclama lei mentre le chiudo la porta in faccia.
-Chi diavolo era?-
-La mia vicina di casa, zio. Quanto la vorrei ammazzare, si fa sempre gli affari degli altri! E' colpa sua se in questo palazzo non c'è nessuno che mi saluta, è andata in giro a dire che sono una sgualdrina, perchè non sto con il padre del bambino.-
Sento ancora bussare alla porta. Oh, adesso mi ha stancata.
La spalanco e sto per urlare a quella vecchiaccia di andarsene affanculo, quando mi blocco.
-Ehm... ciao...-
-Izzy, finalmente! Quanto tempo ci hai messo?- lo salutano gli altri da dentro.
-Posso entrare? Quella vecchietta mi sta guardando male.- mi chiede, rivolgendomi un sorriso.
Annuisco e mi sposto, per farlo passare. La signora Berger ci scocca un'occhiata scioccata.
-Siediti pure...- mormoro richiudendo la porta.
Si avvicina ad una delle sedie e si ferma.
"Oh, cazzo..."
Tende le braccia e prende in braccio Gabriel, che lo guarda calmandosi.
-E'... tuo?- mi chiede voltandosi verso di me.
Mi guardano entrambi e mi si stringe il cuore. Dio, come gli somiglia.
-Sì, è... è mio.-
-Come si chiama?-
-Gabriel.-
-Ah... ciao, Gabe, lo sai chi sono?-
No, non lo sa chi sei! Vorrei tanto piangere...
-Steven, ho... ehm... dimenticato una cosa in macchina!- dice Duff trascinando l'amico sul pianerottolo.
-Ehm... io e Slash andiamo a fumarci una sigaretta giù in strada...- aggiunge Axl raggiungendoli, tirandosi dietro lo zio e richiudendo la porta.
Nervosa, guardo Gabriel, ancora in braccio a Jeff.
Povero, il mio bambino, in braccio al suo papà e nessuno dei due lo sa.
-E' piccolo...-
-Ha... ha tre mesi.-
Jeff socchiude la bocca e sta un attimo in silenzio. Giusto il tempo di fare qualche calcolo, mi dico.
-Io sono...-
Annuisco, sul punto di piangere.
Culla il bambino che si agita tra le sue braccia e si gira di nuovo a guardarmi.
-Perchè non me l'hai... detto?-
-Io... volevo solo... tornare a New York... e tu mi... tu mi avevi appena...-
Richiudo la bocca, con le lacrime che mi impediscono di parlare.
-Oh...- si lascia sfuggire, con Gabriel che gli tocca la faccia. Anche lui ha capito chi è quel ragazzo che lo guarda assorto.
Il piccolo mi guarda e piagnucola, tendendo una manina verso di me.
-Andiamo dalla mamma?- gli chiede dolcemente Jeff, avvicinandosi.
Gli sfilo il bambino dalle braccia e lui nasconde il visino nell'incavo del mio collo, sbadigliando.
-Ha sonno?-
Annuisco e lo porto cullandolo nella sua cameretta, accendendo la luce sul comodino. Anche Jeff mi segue.
Mi avvicino al lettino e cerco di arrivare alle coperte senza svegliare Gabriel. Stupide sbarre...
-Dai qua...- Jeff lo prende in braccio e riesco finalmente a raggiungerle, scostandole.
-Attento a non svegliarlo...- sussurro, mentre lui lo sistema nel lettino.
Lo ricopro e gli accarezzo la testa.
-Non riesco ancora a crederci...- mormora Jeff, senza staccare gli occhi dal bambino, da dietro di me.
-Cosa?-
-Che questo è... è mio figlio...-
Lo guardo per un attimo, non riesco a smettere di sentire questo stupido peso sul petto...
-Avevo paura che sarebbe cresciuto senza un padre.-
-Adesso... adesso però sono qui, no? ...sempre che tu voglia che io rimanga...-
Mi volto e lo stringo, soffocando un singhiozzo nel tessuto della sua camicia.
-Certo che lo voglio, stupido!-
-Mi sei mancata.-
-Anche tu... Ti devo... ti devo far vedere delle cose.-
Mi scosto e mi avvicino all'armadio, apro un cassetto e tiro fuori l'album.
-Queste sono tutte le sue foto... ci sono anche le ecografie e c'è il braccialetto che aveva alla nascita...-
Glielo porgo e lui lo prende, sorridendo.
-Ti andrebbe di andare di là e di farmele vedere?- mi chiede.

-...e questa ecografia l'ho fatta a otto mesi.-
-Questa è la testa vero?- Annuisco e mi sorride, cambiando pagina. Sfila dalla plastica una foto. Ci siamo io e Gabriel.
-Qui aveva poco più di due mesi.-
La osserva, socchiudendo la bocca. Fa passare un dito sui lineamenti che hanno in comune, sui capelli neri e sugli occhi.
-Ti somiglia tantissimo.- sussurro.
-Eri bellissima.-
Per un attimo i nostri sguardi si incrociano, mi prende la mano e me la stringe.
-Cosa farai?- gli chiedo.
-Penso che... verrò a vivere con voi, oppure verrete voi a Los Angeles. Staremo insieme, come una famiglia.-
-Prima però... devi sapere una cosa.-
Mi guarda, senza capire la mia improvvisa agitazione.
Tendo un braccio e apro il cassetto della scrivania di fianco al divano, e ne estraggo una boccetta.
-Che cos'è?-
-E' una medicina che devo dare a Gabriel ogni giorno.-
-E' malato?- chiede preoccupato.
-Non proprio... durante la gravidanza ho avuto delle complicazioni. Avrei potuto anche perdere il bambino, ma per fortuna non è successo.-
-Perchè mi stai dicendo queste cose?- Sembra allarmato.
-Perchè queste complicazioni sono dovute alla tua tossicodipendenza, Jeff. E se vuoi che io e Gabriel veniamo a vivere con te, mi devi promettere che la smetterai con tutto.-
Mi fissa negli occhi, confuso e spaventato, quasi non respira.
Scatta in piedi e si preme i pugni contro le tempio, gli occhi gli si riempiono di lacrime.
-E'... è colpa mia! Avrei potuto ucciderlo, avrei...-
Mi alzo e gli prendo le mani, devo calmarlo.
-Jeff, guardami. Non me ne importa di ciò che sarebbe potuto succedere, l'importante è che Gabriel sta bene, no?-
Si abbandona sul divano e nasconde gli occhi contro i palmi delle mani.
Mi inginocchio tra le sue gambe, sta piangendo.
-Mi faccio vomitare.- geme.
-Non devi dire queste cose.-
Gli alzo il viso e lo bacio... mi è mancato da morire.
Mi solleva velocemente da terra e mi sistema su di lui, stringendomi i glutei.
-Cerca di fare attenzione, questa volta.- gli sussurro all'orecchio, facendolo sorridere.


Qualche mese dopo, Londra, The Ritz Hotel

Mi sveglio, tasto il letto di fianco a me. Dov'è andato Jeff?
Mi alzo controvoglia e controllo l'orologio: sono le tre della mattina.
Esco dalla camera e vado in cucina, dove c'è la luce accesa.
-Jeff?-
Eccolo lì, mezzo addormentato, in boxer, in piedi davanti al microonde con Gabriel in braccio.
Mi avvicino e prendo il bambino.
Jeff si gira e apre gli occhi.
-Che stai facendo?-
-Gabe... stava piangendo... così gli ho scaldato il latte...- risponde in uno sbadiglio.
Sospiro, sorridendo.
-Sta già dormendo di nuovo. Vai a letto, non dormi da quasi tre giorni. Sicuro che sia stata una buona idea farti raggiungere da me e Gabriel mentre sei in tour, anche se solo per qualche giorno?-
Lui annuisce, e vado a rimettere Gabriel nel lettino.
Quando torno Jeff è ancora in cucina, con la testa appoggiata all'anta dell'armadietto e gli occhi chiusi.
Lo sveglio delicatamente e lui mi bacia il collo, appoggiandosi contro il ripiano.
-Da quanto tempo non lo facciamo?- mi sussurra all'orecchio, infilandomi una mano sotto la maglietta.
-Da quando ti addormenti in giro per la stanchezza.- gli rispondo, facendo scivolare una mano nei suoi boxer e massaggiandogli l'erezione.
Mi sfila gli slip e mi fa sedere sul tavolo dietro di me, aprendomi le gambe e sistemandosi in mezzo. Quando mi penetra mi lascio scappare un urletto, potrebbe essere meno frettoloso a volte.
-Dietro il muro c'è la stanza di Duff...- ansimo mentre comincia a spingere.
-Duff può andare affanculo.-

Qualche giorno dopo

Mi avvicino a lui, da dietro, e gli bacio il collo. Sta facendo i pancake? Quanto lo amo.
-Mmmmh, baci di prima mattina... non me la racconti giusta, Sam. Allora? Cosa c'è?-
Sbuffo. Dev'essere sempre così intuitivo?
-C'è che la deve smettere di mettermi incinta, signor Stradlin.-
-E lei la deve smettere di farmi eccitare, signora Isbell.- ride lui girandosi e baciandomi.
-Freeena frena frena che diavolo hai detto?! Come incinta?! Come eccitare?!- urla lo zio sputando in faccia il caffè a Steven.
-Ssssch, zio, spaventi il bambino!-
-Ma lui ti ha messa incinta!- si giustifica indicando con un dito Jeff, che se la ride sotto i baffi.
-Sempre questa mania del sesso libero, eh Izzy?- borbotta Axl.
-Non dire certe cose di fronte al bambino!- lo riprende Duff staccando un morso del suo pancake, con in braccio Gabriel.
-Oggi si fa il check-sound al The Marquee alle cinque, poi siete liberi di tornare all'hotel o di andare in giro, però per le nove dobbiamo essere di nuovo lì, PUNTUALI, Steven!, e poi il concerto inizierà alle dieci.-
-Allora Slash ti vedi ancora con Perla? Oppure Renèe ti tiene il guinzaglio?- chiede Duff addentando di nuovo il pancake.
-Mah, non so nemmeno come ho fatto a sposarla, quella là! Dovevo essere ubriaco! Comunque con la mia dolce Perla va tutto liscio come l'olio.-
-Forse io e Perla potremmo avere un figlio, un giorno...- mormora lo zio.
Ci guardiamo tutti.
-Naaaah!-


Adesso potete pure uccidermi.
Magari fosse andata così, eh? Ma sono troppo stronza!
Avevo scritto l'inizio (neanche il primo paragrafo) di questa storia con l'intenzione di pubblicarla come seguito della mia prima storia... in effetti rileggendo mi verrebbe quasi da cancellare quello che sto scrivendo adesso...
Mah, ditemi voi! Tutti i commenti sono ben accetti, chiaramente!
Arrivederci!
  
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