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Autore: deba    21/02/2011    4 recensioni
Lina è bella, è giovane, è stronza e si rivela dolce. Alec è bello, è immortale, è stronzo e si rivela dolce. Tra segreti mai svelati, verità nascoste, bugie che fanno male e sorprese inaspettate, nascerà un grande amore?
Storia ambientata circa un anno e mezzo dopo breaking dawn.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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niente bugia, niente verità

CAPITOLO 9

Niente bugia, niente verità

 

(POV Lina)

 

Non riuscivo a smettere di piangere. Erano ore ormai che andavo avanti così, ma non riuscivo a fermare le lacrime. Non riuscivo a capire, per quanto stronza io potessi essere, come una persona potesse comportarsi così? E poi credevo che sarei riuscita a cambiare, perché per Alec mi costringevo ad essere migliore. Non era lui che me lo aveva chiesto, ero io che volevo essere per lui il massimo che si potesse desiderare.

Dopo che gli avevo confessato il mio amore, mi ero subito sentita diversa, migliore. Lo era stata ancor di più, dopo che lui aveva confessato a sua volta di amarmi. E ora lì, in quel posto dove quei segreti erano stati svelati, io ero tornata a rettificare tutto. Esatto. Mi ero recata inconsapevolmente alle rovine del teatro, perché per me era diventato il posto più bello del mondo, e ora anche il peggiore. Ma almeno quel posto mi aveva confermato che non mi ero inventata nulla. Lui mi aveva veramente confessato il suo amore. Ma perché allora poi si era comportato così? Cos’era cambiato in un solo giorno? I suoi occhi erano tristi mentre mi parlava, significava forse che si era sentito in colpa per avermi illuso? Presa in giro? Che brutto pezzo di …. No, non riuscivo a dirlo, nonostante tutto.

Che rabbia.

Ecco. Come il mio solito il dolore che provavo si trasformò  ben presto in rabbia, quella che mi avrebbe fatto fare sicuramente qualcosa di stupido. Come la rabbia aumentò anche il gelo circostante aumentò. Sembrava stesse arrivando una tempesta. Non mi importava. Non me ne sarei andata. Ormai più nulla avrebbe potuto farmi più male.

Che nervi. Chissà cosa avrei combinato ora? Già non mi fidavo affatto di me stessa. Quando in passato, il dolore che avevo provato per l’assenza di affetto in casa si era fatto più grande, l’avevo senza rendermene reso conto trasformato in rabbia. Avevo iniziato a frequentare gente sbandata, rubare nei negozi, arrivare a casa ubriaca, ma quello era il minimo, di più era quando arrivavo ubriaca alle feste mondane stile ‘alta società’. Poi iniziai a sbattermene della scuola e a trattare di merda tutti. Ma le cazzate che facevo venivano sempre tutte messe a tacere con i schifosissimi soldi di papà. Poverello ora avrebbe dovuto iniziare a sborsarne di nuovo. Già. La stronza sbandata voleva tornare in careggiata.

 

La domenica sera andai all’Irish, ma non avrei ballato. Non volevo essere nessun’altra se non la stronza bastarda che conoscevo benissimo. Me stessa.

Andai da Matt e iniziai a bere come una spugna. Più i bicchieri andavano giù più quel dolore enorme che provavo al petto diminuiva, non mi sembrava vero. Stavo per buttar giù un altro shot quando incrociai due tristissimi occhi color verde misto viola. Il piacere che provai durò solo un secondo perché la rabbia che provavo si fece sentire subito e anche una brezza fredda di aria mi aveva lucidamente portato contatto con la realtà. Lo fissai con astio. Quando lui però fece un passo verso di me, mi fiondai sul prima ragazzo che incontrai nel mio cammino e lo baciai. Baciava bene non c’era che dire, ma a me non piacque lo stesso. Non erano quelle le labbra che volevo avere. Quando mi scostai dallo sconosciuto che mi fissava eccitato, mi accorsi che stavo piangendo. Quando mi voltai verso la direzione in cui l’avevo visto, Alec non c’era più e così anche quel poco di bene che avevo provato prima. Il dolore all’altezza del cuore si era fatto subito più forte di prima e barcollante mi allontanai dallo sconosciuto.

Andai verso il guardaroba, volevo andarmene, non aveva più senso rimanere lì. Durante il tragitto in taxi verso casa, sentivo nella schiena dei brividi, una sensazione strana che hai quando ti senti osservata, eppure ero in macchina e il tassista fissava la strada. L’alcol quando si metteva, tirava proprio dei brutti scherzi. Arrivata a casa mi fiondai a letto, l’indomani andare a scuola sarebbe stato davvero difficile.

 

Mi alzai ovviamente con un gran mal di testa e una sensazione di morsa allo stomaco. Ero agitata, chissà mai perché?! Sbuff! Che falsa ironia. Avrei voluto starmene a casa, ma no, non era giusto per me stessa. Dovevo imparare ad affrontare le mie paure.

Andai a truccarmi, molto accuratamente. Poi decisi di indossare una maglia attillata bianca con una stampa nera stramba davanti e sopra ci mise un altrettanto attillato gilet nero, stile cameriere e giubbetto in pelle. Poi un paio di jeans neri attillati a tubo e ai piedi un paio di tronchetti neri. I tacchi non erano un mio solito abbigliamento da scuola, ma per oggi avrei fatto un eccezione, Alec doveva rodere.

 

Arrivata all’entrata della scuola un ragazzo mi si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia.

“ciao!”

E questo chi diavolo è? Mi guardava estasiato. Aspetta, aspetta. Oh oh! È il ragazzo che ho baciato ieri sera. Non credevo frequentasse la mia scuola. Che palle, solo questo ci mancava.

La mia mente perfida però iniziò a macchinare qualcosa: perché no? Avrei potuto sfruttarlo un'altra volta no?

“ciao, frequenti la mia scuola?”

Restò un po’ deluso.

“ma dai sono Diego, le nostre madri sono molto amiche.”

Aaaaaaahhh! Ora capisco perché non sapevo della sua esistenza. Tutto quello che era collegato ai miei genitori era per me off limits.

In quell’istante vidi però Alec che aveva appena svoltato l’angolo e si dirigeva verso l’entrata. Non ci pensai due volte. Sbattei Diego sul muro e lo baciai, lui ovviamente non si tirò indietro. Cercai di non cadere nella tentazione di sbirciare la reazione del mio, no! Non era più mio! E come la sera precedente una lacrima scivolò via dai miei occhi. Mi staccai di forza e feci per andarmene ma andai a sbattere contro qualcosa di duro. Alec. Era praticamente in piedi a due passi da me e la mia marionetta, e ci fissava. I suoi occhi andavano da me al mio vicino e si alternavano in due espressioni differenti che mi fecero paura. Quando guardava me era triste e molto pensieroso, quando guardava il ragazzo al mio fianco sembrava che nei suoi occhi ci fosse una furia quasi omicida. Ma fortunatamente era solo una mia impressione, vero?

Diego prese un pizzico di coraggio e cercò di parlare:

“Qua-qualche problema, amico?”

Bè coraggio era una parola grande.

Alec ora lo fissava con tutta la sua attenzione e potei quasi giurare che i suoi occhi erano diventati neri.

“Vattene”

Quella parola uscì dalla bocca di Alec come una lama tagliente, quando si dice “se le parole potessero ferire”.

Il ragazzo era a dir poco in preda al panico, mi guardò spaventato e mi sussurrò, forse perché aveva perso momentaneamente l’uso delle sue facoltà mentali, “ci vediamo”.

Non gli risposi neanche. Mi girai verso Alec, che mi stava già osservando e gelida come il tempo circostante gli dissi:

“che diavolo vuoi tu?”

Pensare il suo nome era un conto, dirlo ad alta voce era un altro.

“io…”

Aveva iniziato, ma poi si era subito fermato. Sembrava non sapesse cosa dire. Allora io feci per entrare, ma lui mi bloccò per un braccio. Quel contatto aveva provocato una scarica elettrica che dal braccio si era diffusa in tutto il corpo, non mi accorsi neanche come, ma un secondo dopo gli ero praticamente appiccicata addosso con le mie labbra incollate alle sue. Per fortuna però riuscii a prendere in mano le mie emozioni e mettermele in tasca così da riuscire a staccarmi da lui.

“scusami” gli dissi veloce “è stato un momento di debolezza, ultimamente faccio solo sbagli!” frecciatina.

Volevo andarmene, le lacrime stavano per arrivare e quel breve contatto era stata la mia condanna a morte certa.

“no!” mi disse fermandomi ancora. “non voglio che tu te ne vada, io devo parlarti…”

“E allora sbrigati a dire quello che hai da dire, così la chiudiamo qua una volta per tutte.”

“ma io non voglio chiudere niente!”

Disse facendo quasi tuonare il cielo. Aveva cambiato idea adesso? Ma per cosa mi aveva preso? Una ruota di scorta da usare quando gli serviva? La mia dignità aveva pur sempre un valore. La rabbia mi offuscò la vista, le lacrime era in procinto di scendere, mentre qualche goccia dal cielo già aveva iniziato il suo percorso.

“La vuoi smettere di prendermi in giro tu? Io non sono la tua bambola con cui giocare quando ne hai voglia!”

“Lina quello che ti ho detto l’altra sera, non lo pensavo davvero, era solo un bugia”.

Ma cosa diavolo….?

“e perché mai lo avresti fatto? Volevi vedere se la ‘carina’ si era veramente preso una cotta per te?” sputai inviperita.

“no, l’ho fatto per salvarti la vita…”

Silenzio.

Il mio cervello mi dava solo silenzio. Stavo cercando di dare un senso alle sue parole, ma non arrivava nessun suggerimento, proviamo con la ‘telefonata a casa ’?

Dalla mia bocca non fuoriuscì alcun rumore, quindi lui continuò a parlare:

“… tu forse non capirai le mie parole, ma ci sono cose che tu non sai e che per il tuo bene è meglio che non sappia. Le persone con le quali ero venuto all’Irish, non avrebbero accettato la nostra relazione e questo avrebbe potuto metterti in pericolo, per questo ho deciso di fingere che tra me e te non ci fosse nulla. L’ho fatto per te. L’ho fatto perché ti amo.”

Ma dove diavolo mi ero andata ad incasinare? Soprattutto in dove diavolo era immischiato Alec? Sicuramente farà parte di qualche brutto giro dove o fai quello che ti dico o me la prendo con le persone che ami. Mi sembrava di essere finita in un film con Silverster Stallone.

Io ovviamente volevo sapere di più, ma dalle sua espressione capivo che quello che mi aveva detto era già troppo. E poi non mi era passato per la mente neanche un secondo che quello che mi aveva detto fosse una menzogna. I suoi occhi erano dannatamente sinceri.

“sai vero che invece di darmi delle risposte, ora hai solo dato vita a nuove domande vero? E che per me questa spiegazione non può bastare?”

Gli dissi amaramente e ancora un po’ sconvolta dalla piega che aveva preso la conversazione.

“si lo so..” mi disse triste.

In quel momento suonò la campanella, ci guardammo negli occhi e in silenzio ci avviammo in classe

Per tutta la durata delle lezioni non ci scambiammo nemmeno una parola, solo occhiate furtive, mentre ognuno era immerso nei proprio pensieri.

All’uscita mi ero avviata verso la strada di casa, ma sentivo la sua presenza dietro di me, così mi fermai, ma senza voltarmi.

“se tutto questo è per te troppo da sopportare posso capire. Non voglio mentirti, ma non posso dirti neanche la verità. Forse è meglio farla finita davvero per il bene di entrambi. Sappi che ‘a modo mio ti amerò per sempre’…”

Sentirgli dire queste parole, mi fece provare un senso di vuoto dentro che quasi persi l’equilibrio. Mi voltai per dirgli che avevo deciso. Deciso che non m’importava. Che saremmo stati attenti. Che l’importante era stare insieme. Perché nonostante tutto, anch’io lo amavo e senza di lui non potevo più stare. Ma lui non c’era. Nonostante la strada alle mie spalle fosse diritta di lui non c’era traccia neanche in lontananza. Si era come volatilizzato. Provai a chiamarlo ad alta voce, ma niente. Ed ora? sentivo che era importante parlargli e subito, ma non sapevo dove cercarlo. Mi stavo davvero agitando in maniera convulsa. Allora mi avviai verso l’unico posto che mi collegava a lui. Le rovine del teatro.

Lì di lui non c’era nemmeno l’ombra, ma non per questo me ne andai. Sarei rimasta anche tutta la notte. Aveva detto che in quel posto ci andava sempre per pensare, allora sarebbe di sicuro arrivato prima o poi.

 Aveva iniziato a piovigginare e non avevo l’ombrello, ma di questo non mi preoccupavo. Più nulla aveva importanza se non si trattava di Alec. I pensieri vorticavano impazziti e intanto il tempo passava. La fame e il sonno verso sera iniziarono a farsi sentire, ma ancora non volevo andarmene. Una volta divenuto buio, il paesaggio circostante mi fece venire i brividi. Era diverso dalla prima volta in cui c’ero stata. Ora era tutto tetro e un po’ spaventoso, mentre le nuvole nascondevano a tratti la luna. I brividi iniziarono a farsi più forti, che ci sia qualcuno? Un ramo dietro di me si spezzò e di scatto mi voltai verso l’ombra scura che c’era in piedi alle mie spalle.

 

 

 

 

Mie belle!

Come state?? Forse speravate in una pronta riunione pacifica in questo capitolo.. ma voglio fare le cose con calma.

Prossimamente comunque tutti i segreti verranno a galla, anche di quelli inimmaginabili!!!

Vi voglio bene!

  
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