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Autore: suni    22/02/2011    13 recensioni
Remus si limitò a scrollare le spalle, stabilì che non fosse necessario bussare e afferrò con decisione la maniglia, facendola scattare. Quindi, dopo aver infilato la testa all'interno e constatato che l'atrio era immerso in una penombra silenziosa, si avventurò dentro.
“Sirius?” esordì.
E poi iniziò.
“LURIDA FECCIA! VERGOGNA DEL MONDO MAGICO! COME OSI, TUUU, LERCIO IBRIDO...”
“Zittaaa! Per Merlino, zitta!”

(Velatissimo slash)
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Terzo gradino della Scalata al Wolfstar.

Prompt: Ordine della Fenice

Buona lettura.



12, Grimmauld Place




La piazza era racchiusa in un perimetro di eleganti palazzi vittoriani ormai un po' decaduti, abbandonati ad un declino malinconico. Remus li osservò quasi senza respirare, un po' perché il silenzio immobile che regnava sul luogo sembrava respingere il minimo suono, un po' perché l'emozione gli chiudeva la gola.

Anche se gli sembrava piuttosto stupido, visti il frangente e le circostanze che lo portavano lì. Eppure, al di là dei fatti, gli rimaneva incollato addosso un senso irrefrenabile di stupore, di curiosità anche infantile. Non cambiava sostanzialmente le cose cercare di concentrarsi sul pensiero più impellente – la rinascita dell'Ordine, la ripresa della guerriglia, il ritorno dell'Oscuro – perché di fatto quella piazza Remus l'aveva voluta vedere un'infinità di volte nel corso degli anni, e non l'aveva mai fatto. Prima perché era un ragazzino che non poteva andare semplicemente dove gli paresse, dopo perché a Sirius evidentemente non sorrideva l'idea di portarlo lì e mostrargli quel posto che era una ferita mai completamente cicatrizzata, e dopo ancora perché il dolore sarebbe stato troppo violento da sopportare.
I suoi occhi scorrevano sulle facciate di quei palazzi, sulle finestre, quasi tutte celate da imposte chiuse o socchiuse, sui portoni raffinati e un po' usurati. In mezzo alla piazza due alberi e un grappolo di panchine, deserte, sembravano voler scoraggiare i visitatori più che invitarli.
Gli sembrò un posto triste.
Ma forse era solo perché lui lo collegava a Sirius, e se una volta ai suoi occhi Sirius era stato una figura allegra, solare e straripante vitalità, oggi era diventato un essere opaco, spento, straziato. Uno che si trascinava stancamente e dolorosamente avanti in mezzo ai suoi tarli e ai suoi fantasmi, ferito a morte, ancora caparbiamente aggrappato a un'esistenza che ormai aveva solo le fattezze di Harry Potter. L'unica cosa che contasse più.
Remus lo sapeva benissimo. In qualche modo era lo stesso anche per lui: non era più la sua vita che contava – non la era più da parecchio tempo, da quando era precipitata più di dieci anni prima – ma quella degli altri, quella dopo. Particolarmente quella di Harry.
Sospirò tra sé e si decise a fare qualche passo avanti, aggrottando gravemente la fronte. Tutto quel che importava, adesso, era far ripartire l'Ordine della Fenice, riorganizzarlo, racimolare quel che rimaneva dei suoi vecchi membri e aggregarne di nuovi per dargli nuova linfa e altro respiro. E se lì doveva essere, lì sarebbe stato.
Non si faceva illusioni: sapeva benissimo che non sarebbe stato semplicemente affrontare quel compito trascorrendo le giornate fianco a fianco con Sirius, con quel Sirius che non era più Sirius, ma che pure era proprio Sirius, il suo grande amico, un estraneo incomprensibile reso tale dagli anni, il compagno di sempre, amore finito in tragedia.
Non gli interessava questo, tuttavia. Quel che contava era l'Ordine.
Rallentò il passo, raggiungendo le panchine per oltrepassarle, e le osservò di sfuggita senza poterselo impedire.
Di certo, delle volte si era seduto lì. Forse. Con Regulus, magari, sotto lo sguardo severo e vigile di Walburga pronta a impedire qualunque contatto con la sudicia feccia che appestava i dintorni. Cercò di focalizzarlo, ancor più piccolo di come, vagamente, lo ricordava al tempo in cui l'aveva conosciuto. Il viso pallido, un po' paffuto e ingentilito dall'infanzia. Occhi grigi e luminosi, ancora troppo grandi in quel faccino di bimbo. Manine nervose, strette in grembo, tutto un piccolo corpo contenuto nello sforzo dell'autocontrollo, della compostezza. Se lo ricordava, all'inizio del primo anno, come una cosetta dibattuta nel tentativo costante di un'elegante coercizione di sé, una violenza imposta che era diventata auto-inflitta con l'abitudine di tutta un'infanzia.
Erano bastate poche settimane a Grifondoro per spazzare via tutta quella facciata e lasciar straripare il vero Sirius. A ripensarci, adesso, gli sembrava di aver assistito allo sbocciare di un qualche fiore, uno di quelli che la sera sono ancora boccioli verdognoli e il mattino dopo eccoli lì, apoteosi di petali e colori.
Quanto l'aveva amato, quel fiore scombinato.
Scosse la testa, tornando ad osservare la linea dei palazzi di fronte a lui. Era cominciato tutto su quella piazza, lì dov'era nato Sirius.
Riprese a camminare fino a raggiungere il marciapiedi opposto, e lì aggrottò la fronte e fece ondeggiare lo sguardo sui numeri civici. Dieci, undici, tredici. Lì, nel mezzo.
Si prese ancora due secondi, due soltanto, per due pensieri sgorgati da soli. Un cane nero addormentato sul pavimento freddo della Stamberga davanti al suo sguardo ancora appannato dal sonno e dalla stanchezza successiva alla trasformazione, e poi la faccia di Frank mentre la sua voce tremante gli annunciava la morte di James e Lily.
Strizzò gli occhi.
L'Ordine della Fenice si trova al numero dodici di Grimmauld Place, Londra.
Ed era lì.
Un vecchio portone imponente, austero. Una maniglia in ottone lavorato, che sembrava quasi minacciarlo. C'era un'aria di rifiuto su quella facciata di palazzo raffinato e qualcosa di freddo. Ma Remus si limitò a scrollare le spalle, stabilì che non fosse necessario bussare e afferrò con decisione la maniglia, facendola scattare. Quindi, dopo aver infilato la testa all'interno e constatato che l'atrio era immerso in una penombra silenziosa, si avventurò dentro.
Sirius?” esordì.
E poi iniziò.
LURIDA FECCIA! VERGOGNA DEL MONDO MAGICO! COME OSI, TUUU, LERCIO IBRIDO...”
Zittaaa! Per Merlino, zitta!”


Il tè fumava nelle tazze.
Remus cercava di non sembrare troppo incuriosito mentre si guardava intorno con, per la verità, un'insopprimibile curiosità, appunto.
Era una bella cucina, o almeno doveva esserla stata. Mobili lavorati, eleganti, suppellettili pregiate. Era sicuro che, con una bella pulita, quel posto sarebbe stato anche troppo raffinato.
Beh...” mormorò.
Spero tu ora comprenda meglio perché non ti ho mai presentato in famiglia,” osservò ironicamente Sirius, tagliente.
Remus annuì pacatamente.
Me n'ero fatto un'idea, ma l'esperienza è stata illuminante,” confermò, azzardando un sorriso.
L'altro non lo ricambiò. Remus lo sapeva inquadrare con uno sguardo, ma quel giorno a chiunque sarebbe bastato quello per indovinare che Sirius era di un malumore leggendario. Non si sarebbe stupito se da un momento all'altro avesse preso a ringhiare al vuoto, e a giudicare dall'espressione della sua faccia scavata, contratta in una smorfia di rabbia nemmeno troppo repressa, non era del tutto improbabile che lo facesse davvero.
Una volta, durante una delle sue settimane più colleriche della loro permanenza a Hogwarts, James aveva attaccato al suo baldacchino un cartello, scritto di suo pugno con un inchiostro incantato, luminoso. Attenzione, morde.
Remus soffocò un principio di riso nostalgico, a quel ricordo.
A Sirius non sfuggì.
Che c'è da ridere?” brontolò.
Il licantropo scosse blandamente la testa.
Non mi fai visitare la magione?” domandò a sua volta, glissando.
Sirius gli lanciò uno sguardo sospettoso, come valutando se lo stesse sottilmente sfottendo o meno. Dovette optare per la seconda soluzione e si strinse nella spalle, alzandosi con uno sbuffo.
E' tutto sporco e disgustoso, ma se ci tieni,” borbottò torvo.
Remus annuì fermamente.
Veramente, sì,” confermò serio.
Gli occhi grigi di Sirius si sollevarono dritti su di lui, stranamente vivi in quel corpo fiacco e magro. Lo studiarono per qualche secondo gravemente, molto meno annebbiati di quanto si aspettasse. Poi le sue labbra si piegarono in una sorta di sorriso rassegnato, amaro.
Ci tieni da vent'anni.”
Una constatazione a mezza voce, detta quasi con tono di rimprovero.
Remus si strinse semplicemente nella spalle.
Sei nato qui,” commentò logicamente.
Sirius sembrò per un istante trovarlo quasi divertente.
Già,” commentò, con un'incomprensibile ilarità che subito si fece tetra. “E sarebbe stato da capire subito che non poteva venirne niente di buono, da uno nato qui dentro,” aggiunse, sputando quasi le parole con livore. “Vieni.”
Remus preferì non commentare quell'ultima affermazione, limitandosi a seguirlo.
Le tazze rimasero lì, abbandonate.
Era una casa ricca, bislacca. Remus non aveva mai messo piede in un luogo tanto Pureblood, e si stupì della quantità di marchingegni e di oggetti che proclamavano quella superiorità di sangue. Tutto indicava uno sfarzo ormai perduto, sommerso dalla polvere e dall'abbandono, ma permaneva una certa parvenza di ordine.
Hai pulito?” chiese, scorrendo il dito su un ripiano quasi spolverato.
Sirius scosse la testa, infastidito.
Kreacher, l'Elfo di mia madre. Vive ancora qui, ma dev'essersi nascosto per la tua puzza di inferiore, il piccolo bastardo,” spiegò sprezzante.
Salottino, corridoio, servizi, la cucina che aveva già visitato.
Lì c'è la biblioteca, ma preferisco che tu non ci entri prima che Albus le abbia dato un'occhiata per identificare gli incantesimi di protezione,” annunciò Sirius, indicando una porta chiusa.
I libri potrebbero aggredirmi?” s'informò Remus.
O peggio.”
C'era un arazzo dall'aria solenne, nel salotto del primo piano. La nobile e antichissima Casata dei Black faceva bella mostra di sé sulla parete, severa. Remus si trattenne ad osservarlo, meditabondo.
Accanto al nome di Regulus Black c'era una piccola bruciatura appena visibile, uno stralcio di realtà cancellata.
Eri qui,” osservò, sfiorando quella cicatrice del tessuto con un dito.
Sì. E qui,” confermò Sirius, portando la propria mano appena accanto alla sua, “c'era Andromeda. E lo zio Alphard, te lo ricordi?” aggiunse, con un accenno di sorriso, puntando il dito sopra il suo.
Remus annuì.
L'hanno cancellato per causa mia, sai. Per tutti quei soldi che mi ha...”
Mi ricordo,” confermò Remus.
Sirius trasse un respiro profondo.
Quanti danni per un solo uomo,” mormorò.
Remus deglutì pesantemente.
Non solo danni. Non solo quelli.
Magari non gli dispiace. Essere stato cancellato, intendo,” osservò conciliante.
Già. E tutto il resto magari non dispiace a James.”
Le parole di Sirius furono seguite da un silenzio denso, affilato.
Rimasero lì fermi davanti all'arazzo, condividendo lo stesso disagio. James.
Non so perché l'ho detto,” ammise infine Sirius sottovoce.
Hai sempre avuto questa tendenza a parlare più in fretta di quanto pensi. Lo diceva anche Snape,” minimizzò Remus, sollevato da quel nuovo intervento.
Sirius schioccò la lingua, levando gli occhi al cielo.
Buono, quello.”
Remus ridacchiò, appena forzatamente.
Sirius riprese a camminare, continuando la visita affrettata. Saltò un paio di porte passandole sotto silenzio e spalancò la terza, facendogli segno di entrare. Remus eseguì, seguendolo, e nel momento stesso in cui varcava la soglia si rese conto di qual era quella stanza, per l'odore, o l'aria, o qualcos'altro, e rimase immobile senza quasi riuscire a guardarsi intorno.
Era quella lì. Quella stanza aveva sentito i primi vagiti di Sirius, i suoi primi pianti, forse la sua prima risata. Aveva visto i suoi primi passi, ascoltato i primi litigi, racchiuso la sua rabbia e la sua ribellione finché non erano diventate troppo grandi per restare imprigionate dai suoi muri.
Il pezzo mancante all'immagine che Remus aveva avuto di lui, all'epoca in cui Sirius era la cosa più importante della sua vita, ce l'aveva adesso, finalmente, davanti agli occhi.
Quella stanza non era mai stata pulita, né sistemata, e si vedeva. Solo il letto era stato rifatto di fresco, forse perché l'animagus aveva ripreso a dormirci. Tutto il resto era sporco e consunto. Uno scrittoio scuro, un armadio a tre ante, una sedia, una poltroncina, tutto spoglio, impersonale. Eppure quella camera ripeteva il suo nome.
E' rimasta roba tua?” chiese a mezza voce.
Sirius annuì noncurante, indicando l'armadio.
Avevano bloccato la porta.”
Remus già non lo ascoltava più. Aveva socchiuso un'anta e spinto lo sguardo all'interno. Qualche vecchio vestito da bambino, alcuni libri ingialliti, antiquati giocattoli con la vernice scrostata. Un mantello piccino, appeso alla meglio.
Le Avventure di Klaus il Vampiro,” mormorò, afferrando quel volumetto dimesso e rovinato. “Adoravi questo libro.”
Se lo ricordava. Gliel'aveva regalato James la prima volta che avevano festeggiato il Natale da amici, e Sirius aveva passato gli anni seguenti a rileggerlo a tempo perso, anche quand'era diventato un po' troppo grande.
Sì. Mi sembra assurdo che l'avessi lasciato qui,” commentò Sirius, pensoso.
Quando abbiamo traslocato in mansarda lo cercavi,” affermò Remus di soprassalto, rammentando il giorno in cui erano andati a vivere insieme. Gli tornò in mente vivida l'immagine, Sirius in mezzo a scatole disfatte, nel caos creativo della loro mansarda in condivisione, corrucciato, esasperato. “Ma insomma, dove cavolo è finito Klaus?” sbottava, buttando libri qua e là.
L'ho cercato per quattro anni, ma non mi ha mai sfiorato l'idea che fosse qua. Ero sicurissimo di averlo preso,” aggiunse Sirius, guardandolo sfogliare distrattamente il libro. “Pensavo fosse in qualche vecchia aula di Hogwarts. L'altro ieri quando l'ho trovato ci sono quasi rimasto secco.”
Remus visualizzò rapidissima l'immagine di Sirius che, alla vista del libriccino, tratteneva il fiato con un gemito strozzato e lo afferrava di slancio, stringendoselo al petto tra i singhiozzi convulsi. Gli tremò la mano e la vista gli s'offuscò leggermente.
Merlino,” sussurrò.
Tornò a guardarsi intorno prendendo fiato. La finestra si affacciava sui cortili interni dei palazzi, e quel davanzale doveva aver ospitato un bel po' di volte il sedere di Sirius mentre fumava di straforo.
Sirius che, al momento, si sedette sul letto imitando con gli occhi la sua panoramica sulla stanza.
Te l'aspettavi diversa?” chiese.
Remus aggrottò la fronte.
Non lo so. Non riuscivo a farmi davvero un'immagine di questo posto.”
C'erano poster, e caos dappertutto,” precisò l'animagus.
Questo lo so benissimo. Ho vissuto con te per dieci anni,” gli rammentò ironicamente Remus.
Ogni volta Kreacher veniva incaricato di riordinare, e dopo due ore era tutto uguale a prima,” continuò Sirius, assorto.
Ha tutta la mia comprensione,” fece Remus accorato.
Sirius sorrise di sbieco.
Eri il mio Elfo Domestico.”
Spero che un Kelpie ti divori, Black.”
Il sorriso di Sirius divenne una rauca risata, a cui lui si unì silenziosamente, per non coprirla.
Vieni, di là c'è Becco.”
Sembrò cambiare tutto, dopo quel riso. Sirius lo presentò all'ippogrifo e gli tennero compagnia per una mezz'ora. Era buffo vedere come quelle due creature selvatiche sembrassero essere diventate quasi simbionti, ma dopotutto Sirius era sempre stato bravo con gli animali selvaggi, come con tutto quel che era pericoloso. Poco mancava che Fierobecco gli facesse le fusa. Sirius sorrideva e continuava a spiegare a macchinetta ogni cosa sulle abitudini dell'ippogrifo, con foga, accarezzandogli di tanto in tanto la schiena massiccia.
...E ha tentato di far fuori quell'imbecille del moccioso di Lucius! Non è un animale meraviglioso?”
Remus ridacchiò di gusto, scuotendo la testa.
Immagino che ai tuoi occhi lo renda quasi un eroe,” acconsentì.
Puoi anche togliere il quasi, Lupin,” affermò l'altro con enfasi. Poi diede un'ultima pacca alla creatura e, da accucciato che era, si rialzò in piedi per riguadagnare la porta.
Remus lo seguì di nuovo.
Com'è volare su un ippogrifo?” chiese incuriosito.
Meno comodo che su una scopa. Ma più stabile quando ci fai l'abitudine.”
Sono molto diffidenti.”
E allora?”
Remus rallentò il passo, facendosi nuovamente serio.
Allora non credo che Becco si sarebbe affezionato a uno che è soltanto troppi danni per un solo uomo,” osservò, citando le sue parole di poco prima.
Sirius si voltò a guardarlo quasi ferito, stringendo le labbra. Chinò lo sguardo, e scosse la testa. Passandosi la mano sul viso.
Anche le belve sbagliano.”
Credo di saperne più di te, sulle belve.”
Ma sbagliano. Ti sei sbagliato anche tu,” ribadì Sirius, sbuffando. “Non avresti dovuto volermi bene. Né tu, né James.”
Remus diniegò con decisione.
Non è a te che dovevamo non voler bene.”
Sirius scrollò le spalle come a lasciar perdere, imboccando le scale per tornare al piano di sotto.
Come vuoi,” sussurrò.
No,” lo contraddisse Remus, con fermezza. “E' un dato di fatto. Tu non...” insistette, seguendolo. “Va bene, hai fatto le stupidaggine più clamorosa che si possa concepire e te ne vorrò sempre ma...”
Ma che? Che cos'altro ho fatto invece di migliore? Merlino, Remus, cosa?”
Remus rimase lì sul gradino, impalato.
Che aveva fatto. Gli aveva ficcato quasi di violenza in testa l'idea che anche lui meritasse di essere amato. Gli aveva regalato una vita normale, per tutto il tempo che c'era riuscito. Aveva dato a James il fratello che sognava da quand'era alto mezzo metro. E tutto il resto.
Lo guardò grave.
Mi hai ritrasformato in un essere umano.”
Sirius per un istante sembrò boccheggiare di sorpresa, poi sorrise freddamente.
Ah sì? Per questo hai passato dodici anni a trascinarti di tana in tana facendo lavori miserabili, quando sei uno degli uomini più intelligenti d'Inghilterra?”
Remus scrollò il capo, senza cedere.
No. Quello è perché Voldemort si è preso tutta la mia vita, quella che Peter gli ha svenduto. Peter. Non tu. Tu sei solo stato così stronzo da pensare che vi potessi tradire.”
Tu raccontavi un sacco di balle!” sbottò Sirius, con eccessiva foga, puntandogli un dito contro. “Non eri mai nel fottuto posto in cui dicevi di essere e sostenevi di essere con questa o quella persona quando non era mai vero. Non...”
Albus mi aveva affidato un incarico segreto!” si difese irosamente lui, sdegnato.
E io che cazzo ne sapevo?” ringhiò Sirius, e sembrò quasi un lamento. “Potevi almeno dirmi questo, senza specif...”
Non potevo!”
Ero lo stronzo con cui vivevi!”
Così stronzo da spacciarmi per spia! Non mi sarebbe venuto in mente di pensare una cosa simile di te nemmeno se...” sbraitò Remus, perdendo le staffe.
Ma che cazzo ne sai? Io ti dicevo anche quando andavo al cesso!” ruggì Sirius, mollandogli uno spintone.
Oh ho ho, Sirius, sorpresa! Ti sei dimenticato di dirmi che non eri il Custode, mentre parlavi della tua regolarità intestinale!”
Ma vaffanculo, Moony!”
Ma vacci tu, pezzo di merda!” replicò lui per le rime, sfogando un pensiero che gli ronzava in testa da una dozzina d'anni. “Stai osando dire che è colpa mia se...” continuò, arpionando la sua spalla quasi da slogarla.
No, imbecille!” abbaiò Sirius divincolandosi. “Sto dicendo che non...non... Godric, non....”
Si prese la faccia tra le mani, schiacciandovi i palmi ed emettendo un suono gutturale incomprensibile.
Lo so,” mormorò Remus.
Gli era scivolata via di dosso la rabbia come acqua. Svuotato, completamente svuotato. Non era colpa di nessuno. Era colpa di tutti.
Sirius prese un respiro spezzato e si voltò, abbandonando le mani lungo il corpo.
Sai che, domani arriva Molly Weasley. Bisogna che almeno la cucina faccia meno schifo. Bisogna preparare per l'Ordine, è questo che conta. Dobbiamo...” iniziò, facendo per raggiungere la stanza.
No. Sirius, no,” replicò lui, e posò di nuovo la mano sulla spalla ma senza violenza, soltanto trattenendolo. La sentì tremare sotto le sue dita. Era sottile, pelle e ossa. “Prima bisogna che ci perdoniamo davvero.”
Io non ho niente da perdonarti,” fece Sirius a voce bassa, voltandosi comunque verso di lui.
Io, allora.”
Sirius inspirò profondamente. Aveva ancora la mano di Remus sulla spalla, e sollevò la propria imitando il suo stesso gesto.
Mi dispiace, Remus. Non...”
S'interruppe di nuovo, chinando la testa in avanti, e Remus coprì la distanza che li separava perché si appoggiasse al suo sterno.
Lo so,” mormorò. “Lo so che non volevi, e che hai fatto del tuo meglio. È andato tutto storto.”
Sirius non rispose, appoggiando solo delicatamente le braccia intorno al suo torace. Remus gli circondò le spalle con le proprie.
Mi dispiace,” ripeté l'animagus contro il suo petto, e anche se era una frase di una banalità assoluta si sentiva vibrare tra le lettere tutto il resto, tutto il dolore, e lo strazio, tutti lì in quelle due parolette insignificanti. “Per Godric, mi dispiace.”
Lo so,” ripeté Remus pianissimo, piegando la testa verso il suo orecchio. “Ma bisognava che me lo dicessi così.”
Sirius sbuffò piano, sollevando leggermente il capo. Rimasero con le guance appoggiate, vicinissimi, ciascuno sentendo il respiro dell'altro contro il proprio orecchio, reciprocamente ignari degli occhi chiusi, in un abbraccio più stretto.
Mi manchi, pensò Remus ancor più banalmente, lo pensò così forte che non ebbe nemmeno bisogno di dirlo, e la stretta di Sirius che si fece un po' più forte rispose la stessa identica cosa.
Diventò più morbido, naturale, finché le loro braccia si iniziarono a sciogliere quasi da sole e i loro colli si raddrizzarono. Rimasero faccia a faccia per qualche secondo, ancora vicinissimi, guardandosi dritti negli occhi, ritrovandoli. Occhi che si erano guardati un'infinità di volte trovando quasi tutto nelle iridi opposte.
E poi Sirius accennò un leggerissimo sorriso, e Remus gli scrollò piano la spalla.
E adesso andiamo a rimontare questo Ordine della Fenice, Pad,” affermò risoluto.
Sirius annuì allo stesso modo.
Gli altri arrivano domani,” annunciò, con un'occhiata critica alla magione polverosa. “Diamoci sotto, Moony.”
E si slacciarono, perché era ora di darsi da fare.



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Più che sull'Ordine della Fenice in sé, mi sono concentrata sulla sua sue sede. Immagino non sia un grande problema, comunque. Per il resto, non ho molto da dire. È scombinata e improbabile, oltreché disarticolata, ma mi è uscita così.

   
 
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