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Autore: Persuasione    25/02/2011    3 recensioni
Come comportarsi quando ciò che cerchi è custodito proprio nelle mani di chi non vorresti mai? Questa storia inizia con una fotografia scattata nel momento sbagliato, nel posto sbagliato.
E forse non avrà mai fine.
Genere: Commedia, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo 2.
CAPITOLO DUE

POV BELLA

MEDITERRANEO: ALLA SCOPERTA DEL VECCHIO MONDO.
Prosegue il viaggio di Jessica, Angela e Bella alla scoperta delle innumerevoli facce dell'Europa, i cui inestimabili tesori alimentano da sempre la ricchezza di un pozzo profondo fatto di cultura e storia travolgenti. Stavolta le nostre inviate hanno scelto di immergersi nello splendore di una tra le perle del Mediterraneo: l'Italia. A dispetto dell'erronea equazione che si è soliti farne (Italia = pizza, mafia, sole), in questo numero spetterà alla regione Toscana l'essenziale compito di sfatare questo "dark myth", e restituire al Paese del Mare il calore dello stivale.
(Leggi l'articolo a pag. 15)

Reprimere l'impulso di sorridere fu impossibile.
Dark myth.
Ve n'erano di appellativi distruttivi che le varie dicerie popolari americane erano solite tirare in ballo quando si trattava di descrivere l'Italia. Ladroni. Snob. Poco creativi.
Nel settore mediatico in cui lavoravo ne sentivo di peggiori. Qualche settimana fa, infatti, la rivista newyorkese Newsweek non si era lasciata scappare l'opportunità di attaccare uno dei programmi italiani più gettonati nella penisola: ovvero Striscia la notizia.
Specchio del marciume di'Italia: così l'avevano definito i redattori dell'articolo; per poi incassare in silenzio il contraccolpo del direttore Antonio Ricci del programma.
Guardate al marciume che c'è in America? Il marciume c'è ovunque, santo cielo! Del resto sarebbe pressoché impensabile immaginare un mondo fatto esclusivamente di devota e sacra ortodossia.
Il tuo passato, per esempio, è pieno di marciume, Bella.
Vero. Lo era. Però in quel periodo, prima che accadesse il "fattaccio", non mi ero lamentata sul regime di vita che seguivo. O quasi.
Non permisi ai miei stessi ricordi di lavorare di lena, e tenni la mente occupata rileggendo il titolo dell'articolo. "Dark myth". Insomma, era davvero illeggibile!
Stavolta Jessica aveva fatto prendere una strana direzione alla sua fantasia.
Anche se... pensandoci bene, non era così difficile capire l'origine di quell'asserzione: di recente la mia collega bionda aveva sviluppato un insolito gusto per tutto ciò che di oscuro e sovrannaturale possa esistere nell'immaginario umano. L'influenza di Angela sulle leggende l'aveva convinta ad intraprendere un'accurata ricerca sui misteri occultati nell'AREA51. Pensava di riuscire ad ottenere informazioni al riguardo? Ah, no comment.
«Conosco quell'espressione canzonatoria, Bella. Stai ridendo di me.»
Sollevai gli occhi in direzione di Jessica, seduta proprio di fronte a me. Dopo la pubblicazione dell'articolo redatto in occasione del viaggio in Italia, avevamo trascorso la mattina al giornale raccogliendo idee sul prossimo numero. Quindi l'ora della pausa pranzo non aveva tardato ad arrivare.
«Non oserei mai.» Piegai in due la Gazzetta di Forks e la lasciai scivolare sul tavolo bianco opaco in corrispondenza del posto vuoto alla mia sinistra, sapendo che non avrebbe infastidito nessuno. «A parte quando te la vai proprio a cercare. Stavolta hai superato te stessa.»
Gomiti poggianti sul tavolo, Jessica stringeva il suo calorico cheeseburger tra le mani. Ancora non avevo capito come riuscisse a tenersi in forma. «Scommettiamo che, tempo una settimana, ed entrerà nella lingua quotidiana?» Le sue iridi azzurre tradivano una salda convinzione.
«Magari Oprah ti chiamerà per un'intervista esclusiva. Argomento del giorno: capire che razza di vocabolario utilizza Jessica Stanley.»
«Sarei vista da tutti gli States: niente di più fico.»
«Non ti è bastato il no categorico ricevuto il mese scorso? E poi non puoi mica auto-invitarti in un programma televisivo come l'Oprah Show. Devi aspettare che sia lei, eventualmente, a chiederti di rilasciarle un'intervista sulle tue "magnifiche" doti da giornalista turistica.»
Sollevò con uno scatto il mento, in un'altezzosa posa d'orgoglio. «Seconda parte del programma: cercare di capire se a Isabella Maria Swan piace rompere le palle perché indossa da anni il cardigan della nonna. Parola mia, sembri una campana che cammina. Non ho ragione, Angela?»
... molto astuto colpire i punti deboli degli altri.
Angela, chiamata in causa, non ci sentì neppure: aveva le cuffie nelle orecchie e studiava con accurata attenzione la rivista periodica del turismo americano. Soltanto quando avvertì distintamente il peso di due sguardi posati su di sé, decise di unirsi alla conversazione. «Avete detto qualcosa?»
Jessica si inclinò lateralmente sulla sedia, allungano lo sguardo verso Angela per capire la causa di tanto zelo. «Non dirmi che stai ancora ascoltando quella robaccia.»
Angela si sistemò gli occhiali sul naso, e giurai di scorgere un certo disagio nei suoi occhi. Se non fosse stata così scura di pelle, probabilmente avrei intravisto persino un rossore d'imbarazzo.«E' musica rilassante che ho chiesto al mio insegnante di yoga. Mi aiuta ad allontanare il gracchiare di una cornacchia petulante che sono costretta a sorbirmi tutte le mattine quando vengo a lavoro... e nella pausa pranzo.»
L'allusione malcelata non fu presa in considerazione; al contrario accese ben altri pensieri in Jessica.
E brava Angela!
«Insegnante di yoga?! Quindi adesso abbiamo assunto toni distaccati e professionali. Mi piace: è così che iniziano le vere passioni travolgenti.»
«Eric non è il mio tipo.»
«Oh-oh! Che cambiamento repentino: da insegnante al nome proprio. Ciò significa che hai capito che fare l'amore tutte le sere con le pagine dei libri non può darti alcun piacere. I miei complimenti.» Jessica la sfiorò con un lieve colpetto sulla spalla, in segno di approvazione. «Per fortuna che c'è qualcuna che dà soddisfazioni e non va in giro vestita come una pera con vestiti befaneschi.»
... non prima di avermi lanciato occhiate ambigue.
Non dissi nulla solo perché riconoscevo una piccola verità nelle sue simpatiche accuse.
Negli ultimi due anni avevo cambiato totalmente gusti vestiari. Quando, in un passato non del tutto remoto, avevo posato come modella presso lo studio fotografico di Seattle, mi trovavo più femminile. Valorizzavo il mio corpo con qualunque accorgimento o cura.
Di recente, invece, potevo tranquillamente chiedere di partecipare al cast di Sister Act 3.
Suor Maria Isabella Swan.
Diamine, suonava pure bene!!
Se continui così, credo proprio che questo sarà il tuo destino.
Già.
«Ehi, ragazze, guardate qua!» Angela richiamò su di sé l'attenzione; togliendosi le cuffie dall'orecchio, ci mostrò una pagina della rivista che stava leggendo. La sfogliava sempre quando cercava lo spunto per il prossimo servizio, soprattutto per dimostrare la superiorità del nostro continente dal punto di vista ambientale.
Altro che Europa: l'America non ha nulla da invidiare a castelli e storia del vecchio continente.
Una contraddizione per noi che avevamo il compito di gestire le pagine del turismo nella Gazzetta di Forks.
«Stavo pensando che nel prossimo servizio potremmo fare un'escursione alle cascate del Niagara.»
Storsi il naso di fronte a tanto entusiasmo. «Non mi sembra poi così originale come meta. Voglio dire: gli americani hanno bisogno di conoscere cosa di potenzialmente bello offre il turismo su scala mondiale. Tu difendi il nostro patrimonio. Ma se proponi un'esplorazione delle cascate del Niagara nessuno avrà voglia di acquistare la Gazzetta di Forks, è qualcosa di già visto.»
Il panino che prima aveva tenuto Jessica così impegnata perse il suo interesse, e i suoi occhi azzurri ricaddero sulla rivista che sfogliava Angela. Aveva un'espressione pensosa, concentrata, tipica di chi sta elaborando una proposta troppo in fretta, e quindi passibile si assurdità. «Io dico che può funzionare con i giusti strumenti.» E mi lanciò la tipica occhiata di una giornalista che cerca l'appoggio della sua fotografa.
In effetti, era così.
«Qualunque sia la tua idea, la mia risposta è no.»
«Oh, andiamo Suor Maria, non hai ancora ascoltato la mia idea e già la bocci? Pensavo che una fotografa del tuo calibro amasse tutto ciò che di bello c'è da fotografare.»
Angela prese a sfogliare la rivista, chiudendosi in un silenzio di tacito senso di colpa - o forse curiosità.
Jessica riusciva sempre a risultare innovativa.
«Uno strumento naturale, suppongo.»
«Assolutamente! Ascoltate: il capo vuole che siano incentivate le vendite del giornale, giusto? Ogni giorno cerchiamo di proporre argomenti alternativi a quelli di economia, finanza, politica. Sappiamo che questi vengono letti da un pubblico prevalentemente maschile... un target che ha superato da un pezzo la soglia dei sessanta. Ma noi abbiamo bisogno di "carne fresca".»
La solita esagerata.
Angela smise di sfogliare. «E'per questo che Jacob ci ha assegnato la pagina della cultura e del turismo.»
«Esattamente!» Esclamò Jessica con ardore, tanto che gli occupanti degli altri tavoli ci guardarono per un secondo. «Dobbiamo trovare un espediente che aiuti a valorizzare la cultura.»
Angela scosse la testa, ma, nonostante questo, poggiò il mento nella palmo della mano, in attesa. «Stai tergiversando, e questo non è mai un buon segno. Lo sappiamo bene.»
«Io dico che la proposta di Angela sia ottima per il nostro scopo: pensa alla natura incontaminata delle cascate del Niagara. Le sfumature azzurro-verdi delle acque limpide e fresche. Al candore della spuma che le cascate danno origine.»
«Dov'è la fregatura?» La incalzai sempre più scettica.
« ... pensa ad un gruppo di modelli che posano in boxer briefs. Muscolosi, sorridenti, gocce di sudore che scivolano lungo i pettorali. Possiamo chiedere a Lauren di disegnarci una linea di biancheria intima maschile appositamente per l'occasione.»
Ecco, c'era sempre una fregatura. E, chissà per quale motivo, Lauren vi rientrava sempre. Lauren lavorava insieme a Mike e si occupava di apportare modifiche a immagini e gestire la pubblicità all'interno del giornale. Lauren era molto ammirata da Jessica per la sua capacità di disegnare capi d'abbigliamento maschile: in particolare abbigliamento intimo di ogni foggia.
Angela uscì dal suo silenzio pensoso, e, a dispetto delle mie previsione, appoggiò l'idea. «Io dico che può funzionare.»
«Non puoi pensarlo sul serio.»
Due contro uno: ciò diede a Jessica l'energia utile a continuare con la sua proposta. «Sull'elastico dei boxer possiamo chiedere a Lauren di scrivere: LA FRESCHEZZA DELLA NATURA.»
«Questo sì che si può definire messaggio subliminale.» La canzonò Angela.
«Che ne pensi?» Chiese Jessica rivolta a me.
In effetti poteva funzionare, non aveva tutti i torti.
E sapevo che da me si aspettava una risposta positiva, anche perché sapeva che in passato avevo posato perfino senza veli in determinate circostanze. E quella mia esperienza mi aveva insegnato che il livello delle vendite si alza vertiginosamente quando si tratta di quella che Jessica aveva appena definito la "freschezza della natura".
Al momento il problema era che sarebbe spettato proprio a me scattare le foto in questione.
E la cosa... proprio non mi allettava.
Prima o poi dovrai affrontare il tuo problema, Bella.
Dissimulai ogni accenno di disagio. «Non avevamo detto che durante la pausa pranzo non avremmo parlato di lavoro?»
Jessica alzò gli occhi al cielo, sprofondando sulla sedia per la delusione. «Sto solo unendo l'utile al dilettevole.»
«Bella.»
Sobbalzai quando alle mie spalle comparve Jacob. Mi voltai per incontrare lo sguardo imperscrutabile del nostro capo, nonché mio grande amico. «Ciao.»
Lanciò un saluto alle mie colleghe, che presero ad occuparsi imbarazzate delle proprie attività. «Posso parlarti un secondo?»
Annuii, rendendomi poi conto che il suo tono serio implicasse una conversazione in un contesto privato. «Certo.» Mi alzai dalla sedia rivolgendomi alle ragazze. «Torno subito.»
Seguii la sua andatura spedita, a lunghi passi avanzò fino al corridoio che precedeva l'ingresso nella mensa. Si fermò, guardandosi dapprima intorno guardingo; sembrava allarmato da qualcosa di inesplicabile. Poi diede le spalle alla porta, esordendo con una certa urgenza, «Dove l'hai trovata?»
Impiegai diversi secondi prima di capire che si riferisse alla fotografia che avevo scattato circa due settimane prima a Volterra. Avevo chiesto a Mike, esperto informatico del giornale, di analizzarla per me e cercare di capire la fonte della stranezza da me stessa immortalata.
Meno male che ti ho pregato di essere discreto, Mike.
Probabilmente il suo disordine e la sua inclinazione alla distrazione erano state immuni alle mie raccomandazioni. Che idiota.
Sottrassi con veemenza la foto alla presa di Jacob, facendo attenzione a non toccargli in nessun modo le mani. «Se si trattasse di lavoro, ti porterei il dovuto rispetto, capo. Ma siccome è una cosa privata, non posso fare altro che dirti: non puoi mettere il naso in tutto ciò che riguarda la mia vita privata, Jake.»
Non cambiò l'espressione imperscrutabile, al contrario mi parve di percepire un'aggravarsi della sua aria seria. «Non si tratta di vita privata quando chiedi ad uno dei miei dipendenti di utilizzare le nostre attrezzature per analizzare qualcosa che non sia lavoro.»
Aveva ragione, ma non glielo diedi a vedere. Anzi, cercai una scorciatoia che mi consentisse di colpirlo in qualche modo. Sembrava molto preoccupato, e non riuscivo a spiegarmelo: dopotutto non avevo commesso nessun crimine, tranne quello di chiedere ad un collega di analizzare una foto per me. «Quando mi hai assunta, mi hai detto che sarei stata libera di muovermi come meglio credevo. Purché mantenessi discrezione. Non posso farci nulla se Mike Newton è un perfetto imbecille.»
«Quando ti ho assunta, ho giurato che ti avrei offerto il mio aiuto e protezione dalla tua vita precedente. Ciò non ti dà il diritto di tirare fuori la scusa "Sono raccomandata dal capo" in contesti che vanno al di là del verosimile.»
Di nuovo aveva ragione.
Abbassai gli occhi sulla fotografia, non fissando alcun punto in particolare. Quando voleva mettermi a tacere, tirava fuori sempre quella scusa scomoda, sapendo che avrebbe avuto la meglio su di me.
Non sollevai gli occhi nemmeno quando lo sentii sospirare arrendevole: subito dopo averla tirata in ballo, si pentiva. «Bella.» Fece un passo avanti e in una frazione di secondo mi resi conto che senza volerlo avevo appoggiato la schiena contro il muro.
In trappola.


"Sai che cosa succede a chi mi rifiuta?"
Indietreggio, pur sapendo di non avere scelta. Quegli occhi azzurri in cui fino ad oggi ho trovato protezione, si sono trasformati nel blu cupo di una tempesta di mare minacciosa. Vogliono risucchiarmi. "Sta' lontano da me."
"Non sei nella situazione di potermi dare degli ordini."
Luride mani si posano sulle mie spalle.

Jacob mostrò l'intenzione di poggiare le mani sulle mie spalle. «Non toccarmi!» Mi ritrassi con un tono di voce molto più alto, tanto che Jacob fu costretto ad allontanarsi di scatto e a guardarsi di nuovo intorno. Gli sguardi curiosi che avevo attirato, si allontanarono quasi subito da noi quando videro il direttore della Gazzetta di Forks.
Mi sentii in colpa. Tenni gli occhi fissi al pavimento, ma sapevo che mi stava guardando con uno sguardo compassionevole. Proprio quello che odiavo vedergli in volto, perché era l'unica persona a totale conoscenza del mio passato. «Scusa.» Ed ero sincera. Non sapevo cosa avrei fatto senza di lui.
Incontrai il suo sguardo addolcito. «Hai trovato una coinquilina?» Ora il suo tono era quello di Jacob amichevole; del Jacob che conoscevo da tempo e che non mi negava mai nulla. Non era una domanda posta per cambiare discorso, ma strettamente legata ai timori del mio vivere sola.
Tirai un profondo respiro. «Non ancora.»
«Puoi utilizzare lo spazio-annunci del giornale fin quando vorrai.» Voleva toccarmi, e non so cosa avrei dato per poter sprofondare in un suo abbraccio confortante. Ma non riuscivo.
Da anni, ormai.
Annuii stancamente. «Grazie per tutto quello che hai fatto e continui a fare per me. Non credo esista un modo per ringraziarti come meriti.»
Jacob accennò un sorriso, ma non abbandonò la postura eretta e poderosa di un capo. «In realtà esiste.» Quindi recuperò il comportamento volitivo di un capo che non può permettersi di avere preferenze sul lavoro. «Ascoltami Bella: non voglio che tu lavori su quella fotografia. Siamo intesi?»
Sembrava sapesse più di quanto volesse lasciare intendere. O forse credeva di avere il diritto di comandarmi e controllare la mia vita privata? Sembrava che negli ultimi mesi ne avesse assunto l'improvviso monopolio, senza che io gliel'avessi chiesto espressamente. «Non lavorerò su quella fotografia utilizzando le tue attrezzature; questo sì. Ma non prendo ordini al di fuori del campo che ti spetta. Scusami.»
E lo oltrepassai tornando al tavolo delle mie colleghe, che finsero totale disinteresse.
Nascosi la fotografia nella tasca del cardigan beige, di due taglie più grandi rispetto alla mia.
Cercare di concentrarsi sulla pausa pranzo che mi restava fu impossibile.

* * *

Quando rincasai al solito orario serale, mancava una manciata di minuti alle otto.
Lasciai il cardigan nel lungo corridoio d'ingresso, appendendolo ad uno dei quattro ganci dell'attaccapanni.
Poggiai le chiavi del vecchio pick-up rosso e la borsa sul mobiletto d'ingresso, accanto al vaso dei fiori. Nel farlo mi resi conto che le rose avevano perso la loro floridezza, per cui afferrai il vaso e attraversai il corridoio sino a raggiungere l'angolo cucina contiguo all'immenso soggiorno.
Buttai le rose appassite nel secchio dell'immondizia e riversai l'acqua stantia del vaso nello scarico del lavandino. Risciacquai il vaso con un po' di detersivo aromatizzato alla vaniglia, cercando di mandarne via il lezzo di marcio e lasciai il vaso pulito sul ripiano del tavolo.
L'indomani avrei fatto un salto da Victoria's Flower sulla strada di ritorno dalla Gazzetta di Forks.
Non riuscivo a stare a lungo senza un fresco mazzo di rose in casa: il profumo di fiori mi faceva sentire bene.
Semplicemente bene.
Una sorta di aroma-terapia naturale che avevo adottato da alcuni anni. Comunque mia madre, nelle rare occasioni in cui mi aveva fatto visita a Forks, ripeteva sempre che fin da piccola avevo mostrato il pollice verde e un amore spassionato per piante e fiori. Avevo mantenuto viva quell'inclinazione, sino a farla diventare una piacevole abitudine.
Attraversando il soggiorno, cliccai il tasto di avvio dello stereo e lasciai che il ritornello melodico di Carrebian Blue invadesse la stanza. Angela mi aveva regalato il cd che utilizzava nelle sue sedute di yoga, e avevo deciso che mi sarebbe servito per placare lo stress post-lavoro.
Dal frigorifero presi la ciotola di insalata pulita che avevo lavato la sera precedente e con essa mi diressi al piano superiore, col pensiero di accedere ad internet e controllare le mail in arrivo.
Nonostante la paga alla Gazzetta di Forks fosse ottima, non riuscivo a coprire tutti i costi relativi al vivere da single. Spesso arrivavo alla fine del mese con la preoccupazione di dover chiedere anticipi a Jacob, soprattutto quando la mia auto richiedeva costi di manutenzione - il che accadeva fin troppo spesso, dato che il pick-up sembrava provenire direttamente dal magazzino di una concessionaria d'auto destinate allo scasso.
Erano sei mesi che vivevo senza una coinquilina: la ragazza con cui avevo condiviso la casa negli ultimi anni, si era sposata e trasferita a Pittsburgh. Charlie, aveva più volte insistito affinché tornassi a vivere da lui; e così Renée, mia madre, non si era risparmiata gli inviti in Florida.
Ma amavo troppo la mia indipendenza per accettare il loro aiuto. Avrei anche potuto acconsentire all'idea di tornare a vivere con Charlie, dato che sarebbe stato come vivere da soli: mio padre era sempre fuori, e la casa in cui risiedeva era abbastanza grande da bastare per una famiglia intera.
Tuttavia io avevo bisogno di riservatezza e discrezione... nonché di rifuggire eventuali sguardi indagatori.
Giunta in una delle due camere che componevano il piano superiore (la mia era quella disposta sulla sinistra del corridoio), raggiunsi la scrivania posizionata sotto la finestra. L'arredamento ricordava il colore dell'iris, tra mobili, coperte e tendine. Presi posto sulla sedia girevole della scrivania e premetti un qualsiasi pulsante della tastiera, in modo che il computer si risvegliasse dallo stato di stand-by in cui ero solita lasciarlo al mattino prima di andare a lavoro. Un'abitudine che mi dava la sensazione che vi fosse qualcuno o qualcosa che mi aspettasse al mio rientro a casa la sera.
Nessuna mail.
«Che depressione.»
Forse la casa era troppo piccola? Forse il costo dell'affitto troppo alto?
Una casa di due piani, più il sotterraneo che avevo adibito a camera oscura - nonché camera destinata allo sviluppo delle foto. Al piano superiore due camere da letto spaziose, ognuna fornita del suo bagno privato. Al piano inferiore soggiorno più che confortevole contiguo all' angolo cucina - soltanto questa stanza sarebbe risultata in comune con la coinquilina. Giardino per stendere il bucato, e quindi parcheggio auto. Possibile non riuscissi a trovare nessuno interessato?
«Aspettiamo ancora un po'.»
Avevo altra scelta?
Jacob aveva detto che avrei potuto utilizzare l'angolo-annunci della Gazzetta finché ne avessi sentito il bisogno. L'unica cosa che ancora mi rincuorava. Quindi avrei fatto così.
Il pensiero di Jacob ne portò con sé altri.
Uno in particolare...
Balzai dalla sedia e a rotta di collo mi precipitai giù per le scale, poi nel corridoio. Estrassi dalla tasca del cardigan ciò che mi interessava, e tornai davanti al monitor luminoso del computer.
Avrei utilizzato altri strumenti per cercare di analizzarla.
Ma quali?
Ne studiai ancora quella stranezza. C'era qualcosa che mi attirava. Qualcosa che alimentava la mia curiosità ad indagare. Al centro erano raffigurate Angela e Jessica con i loro volti ridenti, in posizione dominante rispetto alla fontana. Sullo sfondo l'orologio su Palazzo dei Priori segnava le dodici in punto. Ma quella scia iridescente che serpeggiava a tratti irregolari e discontinui in senso trasversale era... strana.
Proprio strana.
Raggi del sole?
No.
Si sarebbe trattato di raggi del sole solo se, nel momento di scattare la foto, mi fossi trovata sotto le zone colpite dalla luce. Poiché mi trovavo all'ombra, quel raggio sarebbe risultato naturale se, per esempio, il sole avesse prima rimbalzato su una superficie riflettente. Poteva trattarsi di ostinazione, eppure ero più che sicura che il sole, nel momento in cui avevo scattato la fotografia, non si trovasse nel raggio dello scatto. Anzi, vi era una piacevole zona d'ombra nei pressi della fontana, anche perché Jessica non avrebbe lasciato che le scattassi una fotografia sotto il getto cocente del sole.
Posai la fotografia cartacea sulla scrivania, e col tasto sinistro del mouse cliccai sulla cartella FOTO VOLTERRA che avevo salvato sul desktop. Lasciai scorrere il cursore in basso, passando in rassegna tutte le foto e mi fermai solo su quella interessata. La ingrandii, focalizzandomi su quel particolare strano.
Più lo guardo e più sono sicura che non si tratta del sole, pensai tra me.
Ma che diavolo è? Aumentai il contrasto, isolando un quadrato di scia.
E fu allora che...
«Che diavolo...?»
... ebbi la sensazione di intravedere una linea ondulata che ricordava...
«Non può trattarsi di...» Sussurrai tra me, continuando tuttavia ad ingrandire ed isolarne un pezzo preciso.
«... un viso umano.»
Non c'era nessuno nell'istante in cui avevo scattato la fotografia.
Ma allora perché, sulla foto, mi sembrava di scorgere i tratti sfuocati di un sorriso?


POV EDWARD

«La decisione è stata presa.»
«Quanto tempo abbiamo?»
Silenzio, insieme ad un caleidoscopio di immagini. «Non molto.»
Il tempo visto nella visione era davvero ristretto; tergiversare ancora sarebbe equivalso al fallimento. Avevo bisogno di agire all'istante. Mostrai a mia sorella la decisione inappellabile, e attesi il suo responso. Lo valutai con attenzione, prima di chiederle, «Sicura che non v'è altra alternativa?»
Una negazione col capo. «E' l'unica soluzione che abbiamo al momento: è necessario recuperare quella fotografia.»
Senza perdere tempo, aggiunsi tra me. «Come posso fare per raggiungerla?»
«La fotografia scompare e ricompare in modo incredibile. E' come se la nascondesse in posti a me ermetici. Devi cercare di scoprire dove può averla nascosta senza dare nell'occhio.»
«Direttive?»
«Opporrà molta resistenza all'inizio, e non sarà facile convincerla. Tuttavia...» Un sorriso sornione, poi l'immagine chiara di ciò che avrei dovuto affrontare da lì a pochi mesi. «... non vedrà altre alternative di fronte a questa.»
Annuii. «Bene, procediamo subito.»


POV BELLA

Hai un nuovo messaggio.

Sobbalzai quando arrivò l'avviso di una nuova mail. Mi ero così tanto concentrata sull'analisi della foto, che quell'improvvisa rottura del silenzio mi provocò un forte batticuore. Maneggiando il mouse, spostai il cursore sull'icona della posta elettronica; poi subito in corrispondenza sul nuovo messaggio da leggere.


Da: Alice Cullen
A: Bella Swan

Buonasera sig.na Bella Swan.
Ho letto l'annuncio pubblicato sulla Gazzetta di Forks e sono interessata a condividere le spese. Mi trasferisco a Forks dall'Italia perché nei prossimi sette mesi dovrò studiare la Contea di Clallam e i fiumi che caratterizzano lo Stato di Washington. E' per una tesi di laurea.
E' ancora disponibile l'appartamento?
E. Cullen




Stavolta il silenzio fu rotto dalla mia stessa esclamazione di vittoria.


____________________



DAL PROSSIMO CAPPY (PUBBLICAZIONE PREVISTA PER LUNEDì, IN QUANTO è QUASI PRONTO) RISPONDERò ALLE RECENSIONI TRAMITE IL NUOVO FORMAT "RISPONDI".
GRAZIE A CHI LEGGE =***
   
 
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